Cassa Commercialisti autonomia e contributivo

La Cassa di previdenza dei Dottori Commercialisti ha recentemente incisivamente innovato il proprio ordinamento previdenziale, in particolare esercitando la facoltà d’opzione per il sistema contributivo di cui al comma 12 dell’art. 3 della L. n. 335/95. L’introduzione del sistema contributivo è stata una lungimirante scelta della categoria in considerazione della necessità di mantenere in equilibrio nel lungo periodo la giovane Cassa di previdenza

In considerazione di recenti interventi della Suprema Corte di Cassazione è doveroso, tuttavia, interrogarsi se le modifiche normative introdotte non abbiano ecceduto i limiti della potestà normativa riconosciuta alla Cassa do Previdenza dei Dottori Commercialisti, nella sua qualità di ente privatizzato.
Con numerosi recenti interventi, infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto di delimitare la potestà normativa degli enti privatizzati, sostanzialmente confinandola nell’ambito normativo di cui all’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 a mente del quale gli enti, nell’esercizio dell’autonomia normativa e in esito alle risultanze bilancistiche, possono esclusivamente adottare provvedimenti di riparametrazione delle aliquote contributive, di modifica dei criteri di determinazione dei trattamenti e dei loro coefficienti di rendimento oppure adottare integralmente il sistema contributivo definito ai sensi della L. n. 335/95, nel rispetto del pro rata con riferimento alle anzianità contributive già maturate.
E’ stato altresì precisato che l’elencazione dei provvedimenti di cui al menzionato art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 è tassativa (Cass. Civ. Sez. lav. n. 22240/2004 li definisce un “numerus clausus”) e che non è ammissibile una modificazione dei requisiti d’accesso ai trattamenti pensionistici essendo unicamente consentita una modificazione dei criteri di determinazione degli stessi.
Stanti tali premesse, l’innalzamento dei requisiti anagrafico contributivi per l’accesso alla pensione di vecchiaia della Cassa di previdenza dei Dottori Commercialisti appare la modifica che, anche in considerazione della particolare portata economico finanziaria, presenta i maggiori rischi di un sindacato giudiziale d’illegittimità.
Ed infatti, Cass. Civ. Sez. Lav. n. 7010/2005 ha chiaramente precisato come non sia ammissibile una modificazione, per via regolamentare, dei requisiti d’accesso alla pensione e le tabelle D ed E del Regolamento di disciplina del regime previdenziale hanno, invece, espressamente modificato i requisiti per la maturazione della pensione di vecchiaia e di vecchiaia anticipata (ex anzianità).
E’ pur vero che tali modificazioni sono state introdotte nel contesto di una complessiva riforma comportante l’introduzione del nuovo sistema contributivo e che sono chiaramente giustificate da ragioni d'equità intergenerazionale ma, sotto il profilo strettamente normativo, è anche vero che l’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 prevedeva, al riguardo, che l’opzione avrebbe dovuto essere esercitata per il sistema contributivo definito ai sensi della L. n. 335/95 che nulla specificatamente disponeva in merito all’elevazione dei requisiti d’accesso alla pensione di vecchiaia.
In tale prospettiva non ci si può esimere dall’esaminare ulteriori profili della riforma che analogamente presentano rischi di incorrere in un sindacato giudiziale d’illegittimità che potrebbe condurre ad una disapplicazione delle norme di regolamento ed all’applicazione della previgente disciplina di legge.
In primo luogo la previsione di un contributo di solidarietà a carico di tutti i pensionati (tabelle F del Regolamento di disciplina del regime previdenziale) non sembra poter rientrare tra quelli che il Legislatore ha definito criteri di determinazione del trattamento pensionistico ma, piuttosto, appare una forma di prelievo su pensioni in corso di godimento (la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 22240/2004, ha già dichiarato l’illegittimità dell’introduzione di un massimale di pensione considerato come un limite esterno al trattamento pensionistico e non già come una modificazione del suo criterio di determinazione).
Nell’ambito di un’interpretazione lata del concetto di criterio di determinazione del trattamento pensionistico sembrano poter, invece, rientrare le limitazioni alla perequazione del trattamento pensionistico medesimo di cui alla tabella C del regolamento di disciplina del regime previdenziale.
Merita, poi, particolare attenzione la modalità con la quale la Cassa ha disciplinato il calcolo della quota pensionistica maturata sino al 31.12.2003.
L’art. 10 del Regolamento di disciplina del Regime previdenziale ha, infatti, disposto che la medesima sia calcolata ai sensi della normativa previgente con riferimento ai redditi professionali indicati in apposita tabella (tabella B).
Tale tabella prevede un incremento graduale dei redditi da inserire nella base pensionabile e, in particolare, individua i medesimi con un procedimento a ritroso nel senso che saranno presi in considerazione solo i redditi (in numero gradualmente crescenti sino a raggiungere il numero finale di 25) dichiarati sino al 31.12.2003 e non quelli dichiarati successivamente.
Tale previsione appare una modificazione di un criterio per la determinazione della pensione (certamente ammissibile) ma compromette, sia pure con gradualità, il principio del rispetto del pro rata.
Inoltre, la considerazione dei soli redditi dichiarati sino al 2003 non appare in linea con il sistema contributivo definito ai sensi della L. n. 335/95 che, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione dei dipendenti, considera, invece, le retribuzioni percepite sino all’anno del pensionamento.
La disposizione che impone l’opzione per il sistema contributivo definito ai sensi della L. n. 335/95 pone dubbi anche in ordine al prescelto requisito d’accesso alla pensione unica contributiva in quanto la L. n. 335/95 prevede il requisito anagrafico di 57 anni e quello contributivo minimo di 5 anni, nonché, a prescindere dal requisito anagrafico, quello contributivo di 40 anni, l'art. 13 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale, prevede il requisito anagrafico di 62 anni correlato a quello contributivo minimo di 5 anni e non prevede la possibilità dell’accesso con 40 anni di contributi a prescindere dall’età.
Ulteriore modifica implicante un’incisione sui requisiti d’accesso ai trattamenti pensionistici è quella che ha rimosso il vincolo della cancellazione dall’Albo professionale ai fini dell’accesso alla pensione d’anzianità (ora di vecchiaia anticipata); non sembra, tuttavia, ipotizzabile in materia un contenzioso.
Tra le singolari norme del regolamento meritano, infine, segnalarsi quelle che, ai fini della determinazione del minimo per le pensioni d’inabilità e per le pensioni indirette, lo hanno quantificato nel 70% del minimo in vigore.

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