Cass Civ Sez Lav n 14779 2008

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. MATTONE        Sergio                 -  Presidente   - 
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio       -  Consigliere  - 
Dott. D'AGOSTINO     Giancarlo          -  Consigliere  - 
Dott. DE MATTEIS     Aldo                  -  Consigliere  - 
Dott. LA TERZA       Maura                   -  rel. Consigliere  - 
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
CASSA  NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE, in  persona  del  legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in  ROMA  VIA  BOCCA  DI  LEONE  78,  presso lo  studio  dell'avvocato  LUCIANI  MASSIMO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

ricorrente –

contro

F.P.,  S.E.R.I.T.  PESCARA, CONSIGLIO  DELL'ORDINE  DEGLI  AVVOCATI DI ROMA;

intimati –

avverso  la  sentenza n. 82/04 della Corte d'Appello  di  CAMPOBASSO,  depositata il 17/05/04 R.G.N. 74/02;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del  06/03/08 dal Consigliere Dott. LA TERZA Maura;
udito l'Avvocato LUCIANI MASSIMO;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.  MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d'appello di Campobasso, parzialmente riformando la statuizione resa dal locale Tribunale, per quanto ancora interessa in questa sede, dichiarava non dovuta dalla dottoressa F.P. la sanzione di cui alla cartella esattoriale n. (OMISSIS), emessa dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense a causa del mancato invio, per l'anno 1993, del c.d. modello 5 relativi ai redditi del 1992, durante il quale la predetta era stata iscritta nell'albo degli avvocati di Roma. Riteneva infatti la Corte territoriale che la pretesa della Cassa fosse prescritta, giacchè la cartella era stata notificata il 17 febbraio 1999, e quindi oltre il termine di cinque anni dall'annualità a cui si riferiva. Secondo i Giudici d'appello il termine di prescrizione quinquennale di cui alla L. n. 335 del 1995, si applicava anche alle casse privatizzate e non solo con riguardo ai contributi, ma anche con riguardo alle sanzioni, sul rilievo che queste, avendo natura puramente accessoria dei contributi medesimi, ne seguirebbero la sorte.
Avverso detta sentenza la Cassa propone ricorso affidato ad un motivo, illustrato da memoria.
Le controparti ( F.P., Serit Pescara e Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma) non hanno svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo si ascrive alla sentenza la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, lett. b), e comma 10, e L. n. 576 del 1980, artt. 17 e 19, ed in subordine la illegittimità costituzionale della suddetta norma della L. del 1995, per avere ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale anche alla contribuzione degli enti privatizzati, i quali sono completamente auto finanziati, essendo escluso, in caso di squilibrio, qualunque possibilità di concorso della finanza pubblica, ed essendo connotati da una disciplina particolare, alla quale non si potrebbe estendere la normativa prevista per i contributi Inps. In via subordinata la Cassa ricorrente eccepisce l'illegittimità costituzionale della suddetta normativa: Inoltre la sentenza sarebbe errata per avere applicato lo stesso termine di prescrizione quinquennale alla sanzione di cui alla L. n. 141 del 1992, art. 9, per avere omesso di presentare le comunicazioni annuali obbligatorie, e quindi non essendo la violazione connessa al mancato o tardivo versamento dei contributi non potrebbe applicarsi lo stesso regime sanzionammo previsto per questi casi.
La prescrizione per dette sanzioni rimarrebbe decennale, mentre non sarebbe operante il termine quinquennale previsto dalla L. n. 1689 del 1981, art. 28, in quanto previsto in via generale per le sanzioni amministrative e quindi non idoneo a derogare alla disciplina speciale vigente nel regime di previdenza forense. Il ricorso non merita accoglimento.
Questa Corte si è già espressa in materia con la sentenza n. 20343 del 20/09/2006 in cui si è affermato che ha natura amministrativa la sanzione pecuniaria comminata dalla L. n. 576 del 1980, art. 17, comma 4, primo periodo, (successivamente modificato dalla L. 11 febbraio 1992, n. 141, art. 9), per inottemperanza all'obbligo di comunicazione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense dell'ammontare del reddito professionale entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi e, che, come tale, è soggetta alla prescrizione quinquennale decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione. Invero la natura amministrativa della sanzione di cui è causa era già stata riconosciuta dalla precedente sentenza di questa Corte 4290 del 24/03/2003.
I passaggi motivazionali sono i seguenti:
1. La prescrizione quinquennale (di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 9 e 10, Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) riguarda anche i crediti contributivi degli enti previdenziali privatizzati (per quel che qui interessa, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, Attuazione della delega conferita dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 7, comma 32, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza) - secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 5522/2003, con riferimento alla stessa Cassa nazionale di assistenza e previdenza forense, e n. 6340/2005, con riferimento alla Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti) - e si estende agli accessori ed alle sanzioni per le omissioni contributive.
2. Non si estende, invece, alla sanzione pecuniaria - sulla quale si controverte nel presente giudizio - che è comminata (dalla L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 17, comma 4, primo periodo, come successivamente modificata dalla citata L. n. 141 del 1992) per inottemperanza all'obbligo di comunicazione (di cui ai commi precedenti) - strumentale rispetto alla (insorgenza e, soprattutto, alla liquidazione della) obbligazione contributiva, dell'ammontare del reddito professionale (entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi). Non influisce sul presente giudizio, che riguarda una sanzione comminata nel 1993, la modifica al regime sanzionatorio apportato dalla Cassa ricorrente con il "Regolamento per la disciplina delle sanzioni" deliberato dal Comitato dei Delegati in data 19 maggio 2000, approvato con Ministeriale del 20 novembre 2000 e successiva modifica deliberata dal Comitato dei Delegati in data 6 ottobre 2006 e approvata con Ministeriale del 29 gennaio 2007.
3. Invero la sanzione in esame, avendo natura amministrativa pecuniaria, è soggetta alla prescrizione, parimenti quinquennale (di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 28, Modifiche al sistema penale), che decorre "dal giorno in cui è stata commessa la violazione" (sul punto vedi, per tutte, Cass. n. 5957/98).
Nè la prospettata disciplina generale (di cui alla cit. L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 28) - in materia di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie - risulta derogata da disposizione speciale in materia di prescrizione della sanzione amministrativa (di cui alla L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 17, comma 4, primo periodo, cit.), di cui si discute nel presente giudizio.
E' ben vero, infatti, che la disposizione - intitolata prescrizione dei contributi (di cui alla stessa L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 19, cit. come modificata nel 1992) - sancisce testualmente: "La prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa e di ogni relativo accessorio si compie con il decorso di dieci anni. Per i contributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge, la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell'obbligato, della dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23". Tuttavia la prescrizione decennale - che ne risulta prevista - riguarda i "contributi dovuti alla Cassa , nonchè "ogni relativo accessorio" e sanzione "ai sensi della presente legge" (e, come tale, risulta tacitamente abrogata a seguito della entrata in vigore alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 9 e 10, cit.:
vedi Cass. n. 5522/2003, cit.).
Infatti la decorrenza (prevista dalla stessa L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 19, comma 2) - "dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell'obbligato, della dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23" - concorre ad escludere che la prescrizione decennale - stabilita contestualmente - possa, comunque, riguardare la sanzione amministrativa pecuniaria (di cui alla L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 17, comma 4, primo periodo, cit.), essendo la sanzione stessa comminata - per quanto si è detto -proprio per inottemperanza all'obbligo di comunicazione (di cui ai commi precedenti) dell'ammontare del reddito professionale (entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi).
4. Pertanto il credito per la sanzione amministrativa pecuniaria - fatto valere nel presente giudizio - è soggetto (ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 28, cit.) alla prescrizione - parimenti quinquennale - che la sentenza impugnata ha applicato allo stesso credito, sia pure qualificandolo - erroneamente, per quanto si è detto - come credito contributivo.
5. La questione di costituzionalità sulla applicazione del termine di prescrizione quinquennale dei contributi di competenza della Cassa, non è rilevante, giacchè la controversia non verte sul regime prescrizionale dei contributi, ma sul regime prescrizionale delle sanzioni, che si ritiene di durata quinquennale, parificandolo a quello generale previsto per tutte le sanzioni dalla citata disposizione della L. n. 689 del 1981, ed escludendo così ogni dubbio di incostituzionalità.
6. La correzione della motivazione in diritto della sentenza impugnata (ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2) - sul punto della qualificazione giuridica del credito - consente, quindi, di non cassare la sentenza medesima, risultandone il dispositivo conforme al diritto, laddove ritiene lo stesso credito - sia pure erroneamente qualificato (come credito contributivo, appunto) - estinto per prescrizione, parimenti quinquennale.
Tanto basta per rigettare il ricorso sulla base del seguente principio di diritto:
Ha natura di sanzione amministrativa pecuniaria la sanzione - comminata (dalla L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 17, comma 4, primo periodo, Riforma del sistema previdenziale forense) per inottemperanza all'obbligo di comunicazione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (di cui ai commi precedenti) dell'ammontare del reddito professionale (entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi) e, come tale, è soggetta alla prescrizione quinquennale (di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 28, Modifiche al sistema penale), che decorre "dal giorno in cui è stata commessa la violazione".
6. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
La Cassa ricorrente non può essere condannata, tuttavia, alla rifusione delle spese di questo giudizio di cassazione (ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 1), in quanto nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; Nulla per spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2008.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2008
 
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