Cass Civ Sez Lav n 14802 2006

 
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. MATTONE        Sergio               -  Presidente   - 
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio     -  rel. Consigliere  - 
Dott. CELENTANO      Attilio             -  Consigliere  - 
Dott. STILE          Paolo                        -  Consigliere  - 
Dott. MORCAVALLO     Ulpiano        -  Consigliere  - 
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
C.V., domiciliato in ROMA presso LA CANCELLERIA  DELLA CORTE  SUPREMA  DI  CASSAZIONE, rappresentato e difeso  dall'Avvocato ANGELONE RENATO, giusta delega in atti;

ricorrente

contro

CNPAF - CASSA NAZIONALE PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE;

intimato –

e sul 2^ ricorso n. 00507/04 proposto da:
CNPAF  -  CASSA NAZIONALE PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE in persona del  legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata  in ROMA  VIA  SAVASTANO  20, presso lo studio dell'avvocato  DE  STEFANO MAURIZIO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

ricorrente incidentale

contro

C.V.;

intimato –

avverso la sentenza n. 5246/02 del Tribunale di NAPOLI, depositata il 28/11/02 - R.G.N. 47505/98;                                   
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 26/04/06 dal Consigliere Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI;
udito l'Avvocato ANGELONE; udito l'Avvocato DE STEFANO;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. FUZIO  Riccardo che ha concluso per il rigetto del ricorso principale ed accoglimento dell'incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'avv. C.V. ha convenuto in giudizio la Cassa Nazionale Assistenza e Previdenza Forense deducendo di essere stato iscritto alla Cassa fino alla data delle dimissioni in data 28 dicembre 1999 e di aver presentato domanda di riscatto di cinque anni al fine di conseguire la pensione di vecchiaia; la Cassa non aveva accolto la sua istanza di riscatto e gli aveva richiesto il pagamento del contributo minimo per l'anno 1994.
Chiedeva quindi che venisse dichiarato non dovuto il contributo richiesto, e che venisse accertato il diritto al riscatto di 5 anni di anzianità e alla pensione di vecchiaia; in subordine la condanna della Cassa alla restituzione dei contributi versati.
Il giudice adito dichiarava non dovuti i contributi per l'anno 1994 e rigettava le altre domande; il Tribunale di Napoli con la sentenza oggi impugnata confermava tale decisione.
In relazione al disposto della L. n. 141 del 1992, art. 1, che riconosce il diritto alla pensione di vecchiaia in presenza dei requisiti di età e anzianità contributiva previsti, sempre che l'iscritto non abbia presentato domanda di rimborso dei contributi, il giudice dell'appello rilevava che la domanda di pensione diviene inammissibile quando sia esaurito il procedimento di rimborso dei contributi con la delibera del competente organismo; nella specie la domanda presentata dall'avv. C. era stata accolta prima della presentazione della domanda di riscatto pervenuta alla Cassa il 22 giugno 1994.
Risultavano così travolte anche le altre richieste connesse dell'attore in primo grado.
Avverso questa sentenza l'avv. C. propone ricorso per Cassazione con due motivi. La CNAPF resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato con unico motivo, illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti avverso la stessa sentenza devono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ..
2. Con il primo motivo del ricorso principale si denunciano, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, i vizi di violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. ed omesso esame di un punto della controversia, nonchè difetto di motivazione. La parte osserva che il Tribunale ha rigettato la "domanda di accertamento del diritto alla ricongiunzione dei contributi assicurativi ed in particolare al riscatto degli anni versati all'INPS", con la conseguente domanda di accertamento del diritto a pensione, sul rilievo che la richiesta di restituzione dei contributi presentata dall'avv. C. il 18 ottobre 1993 era stata accolta prima della presentazione della istanza di riscatto pervenuta alla Cassa il 22 giugno 1994.
Secondo la parte, il giudice dell'appello non ha tenuto conto del fatto che in (data 9 marzo 1992 l''avv. C., avvalendosi della facoltà di cui alla L. n. 45 del 1990, art. 8, aveva presentato domanda di ricongiunzione dei contributi versati all'INPS prima dell'inizio dell'attività forense; la ricongiunzione dei contributi "si era già verificata" prima che il C. presentasse la domanda di restituzione dei contributi.
Non ha considerato, poi, che con la domanda del 18 ottobre 1993 il professionista aveva chiesto la pensione di vecchiaia e subordinatamente la restituzione dei contributi; alla data del 22 giugno 1994 la volontà espressa con la suddetta domanda era stata disattesa, donde l'inefficacia della domanda di restituzione dei contributi.
3. Con il secondo motivo dello stesso ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 142 del 1992, art. 1 e della L. n. 45 del 1990, art. 8.
Premesso che il rimborso può essere richiesto da chi non ha ancora compiuto i 65 anni di età o non ha i contributi necessari per il conseguimento della pensione, la parte sostiene che essendosi maturati i presupposti per l'attribuzione della prestazione "le vicende giuridiche posteriori ... si palesano irrilevanti, a fronte della maturazione di un diritto per sè irrinunciabile".
La domanda doveva essere comunque accolta in base al disposto della L. n. 45 del 1990, art. 8, perchè "anche a non tener conto degli effetti della ricongiunzione, la Cassa avrebbe dovuto ammettere l'avv. C. all'esercizio della facoltà di riscatto".
4. Con l'unico motivo del ricorso incidentale la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense denuncia la violazione dell'art. 437 cod. proc. civ., comma 2, lamentando l'omessa pronuncia sull'eccezione di novità della domanda, presentata per la prima volta in appello, con riferimento alla domanda di ricongiunzione ai sensi della L. n. 45 del 1990. Si afferma che tale motivo di censura, ancorchè proposto in via condizionata, dovrebbe essere esaminato prioritariamente in quanto attinente ad una questione pregiudiziale.
La parte rileva che la questione dell'operatività della ricongiunzione dei contributi maturati dal professionista presso la gestione cui era stato iscritto come lavoratore dipendente o autonomo non era mai sottoposta al giudice di primo grado, in quanto la domanda proposta con il ricorso introduttivo riguardava esclusivamente il diritto al riscatto degli anni di laurea e di praticantato.
In relazione a tale eccezione sollevata in appello, il Tribunale ha statuito solo sull'ammissibilità della domanda relativa alla illegittimità della richiesta dei contributi.
5.0. Le censure mosse dall'una e dall'altra parte possono essere esaminate congiuntamente per la loro connessione logica, e richiedono anzitutto un richiamo delle disposizioni di legge rilevanti in materia.
5.1. La L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 2 (nel testo dettato della L. 11 febbraio 1992, n. 141, art. 1) dispone che "la pensione di vecchiaia è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno sessantacinque anni di età, dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa e sempre che l'iscritto non abbia richiesto il rimborso di cui all'art. 21, comma 1." Secondo la disposizione richiamata "coloro che cessano dall'iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione hanno diritto di ottenere il rimborso dei contributi di cui all'art. 10, nonchè degli eventuali contributi minimi e percentuali previsti dalla precedente legislazione, esclusi quelli di cui alla tabella E allegata alla L. 22 luglio 1975, n. 319".
5.2. La citata L. n. 141 del 1992, art. 24 prevede la possibilità di riscatto del periodo legale del corso di laurea in giurisprudenza, del periodo di servizio militare o servizi equiparati, del periodo di praticantato.
5.3. La L. 5 marzo 1990, n. 45 prevede invece (art. 1) la facoltà del libero professionista che sia stato iscritto a forme obbligatorie di previdenza per lavoratori dipendenti, pubblici o privati, o per lavoratori autonomi, di chiedere la ricongiunzione di tutti i periodi di contribuzione presso le medesime forme previdenziali, nella gestione cui risulta iscritto in qualità di libero professionista (è possibile anche la ricongiunzione di periodi di contribuzione presso diverse gestioni previdenziali per liberi professionisti). Ai sensi dell'art. 8 della stessa legge, nei confronti dei soggetti che si avvalgono delle facoltà ivi previste non si applicano le norme di cui alla L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 21.
6.1. Si tratta evidentemente di due istituti distinti, fondati su presupposti completamente diversi, posto che mentre il riscatto consente di far confluire nella posizione assicurativa contributi aggiuntivi per periodi non lavorati, la ricongiunzione concreta un meccanismo di trasferimento di contributi già accreditati presso altre gestioni previdenziali, con oneri a carico dell'assicurato.
6.2. Come rileva la difesa dalla Cassa, l'esercizio della facoltà di ricongiunzione non è stato dedotto a sostegno della domanda formulata dal ricorrente in primo grado: questa risulta fondata solo sull'affermazione al diritto del riscatto di cinque annualità richieste per il raggiungimento del requisito assicurativo, e non contiene l'allegazione degli specifici elementi costitutivi della fattispecie della ricongiunzione, ai quali si fa riferimento solo nell'atto di appello (ove si parla di contributi versati per un'attività impiegatizia in epoca precedente all'esercizio della professione forense).
Tale prospettazione delinea quindi, inammissibilmente, una causa petendi della domanda diversa e nuova rispetto a quella formulata nell'atto introduttivo del giudizio.
6.3. La sentenza impugnata non contiene peraltro alcuna statuizione in ordine alla questione della maturazione, sotto questo profilo, del diritto alla pensione di vecchiaia, risultando fondata esclusivamente sul rilievo della preclusione all'esercizio della facoltà di riscatto, derivante dal precedente esaurimento della procedura di rimborso dei contributi.
Per questi rilievi appare dunque infondata la censura proposta dal ricorrente principale, con la denuncia di violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., non risultando validamente proposta la domanda di cui si lamenta l'omesso esame; il ricorso incidentale è d'altro canto inammissibile per difetto di interesse, perchè attribuisce alla sentenza impugnata una portata diversa da quella effettiva, in assenza di una statuizione relativa al diritto alla ricongiunzione (l'affermazione, contenuta nella motivazione, della ammissibilità di una domanda, prospettata nell'atto di appello, relativa alla "illegittimità della richiesta di rimborso di contributi versati", non attiene evidentemente a tale questione).
6.4. Le ulteriori censure del ricorrente principale non meritano accoglimento, risultando conforme a diritto in relazione all'espressa disposizione della L. 20 settembre 1980, n. 576, citato art. 2 (nel testo dettato dalla L. 11 febbraio 1992, n. 140, art. 1 la decisione che ha escluso il diritto alla prestazione pensionistica in relazione alla richiesta di rimborso dei contributi e all'esaurimento della relativa procedura in epoca precedente alla presentazione della domanda di riscatto.
Non si contesta, d'altro canto, che la domanda di restituzione dei contributi sia stata presentata in presenza del presupposto previsto dalla L. n. 576 del 1980, art. 21, relativo alla mancata maturazione dei requisiti assicurativi per il diritto alla pensione. L'assunto del perfezionamento di questi presupposti indipendentemente dalla vicenda in esame non ha dunque alcun fondamento giuridico.
7. Il ricorso principale deve essere quindi respinto, e va dichiarata l'inammissibilità del ricorso incidentale. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, devono essere poste a carico del ricorrente principale.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l'incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio in Euro 25,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, il 26 aprile 2006.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2006
 
 
 
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