Cass Civ Sez Lav n 20788 2007

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. CICIRETTI    Stefano                        -  Presidente   - 
Dott. CELENTANO    Attilio                     -  Consigliere  - 
Dott. DE RENZIS    Alessandro                 -  Consigliere  - 
Dott. D'AGOSTINO   Giancarlo                 -  rel. Consigliere  - 
Dott. TOFFOLI      Saverio                          -  Consigliere  - 
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
C.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE TRASTEVERE  259, presso lo studio dell'avvocato PATTA Gaetano, che lo rappresenta  e difende, giusta delega in atti;

ricorrente –

contro

INARCASSA  -  CASSA  NAZIONALE DI PREVIDENZA ED  ASSISTENZA  PER  GLI  INGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI;

intimato –

e sul 2 ricorso n 01882/05 proposto da:
INARCASSA  -  CASSA  NAZIONALE DI PREVIDENZA ED  ASSISTENZA  PER  GLI  INGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del  legale  rappresentante  pro tempore, elettivamente domiciliato  in  ROMA  VIA  BOCCA  DI  LEONE 78, presso lo studio dell'avvocato LUCIANI  Massimo,  che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

ricorrente –

contro

C.G.;

intimato –

avverso  la  sentenza n. 916/03 della Corte d'Appello  di  CATANZARO,  depositata il 14/11/03 - R.G.N. 399/2000;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del  19/06/07 dal Consigliere Dott. D'AGOSTINO Giancarlo;
udito l'Avvocato PATTA;
udito l'Avvocato LUCIANI;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.  NARDI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale  ed assorbito l'incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 14.10.1997 al giudice del lavoro di Paola C. G. conveniva in giudizio la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per ingegneri e architetti (INARCASSA) per sentire dichiarare non dovute le somme richieste dalla Cassa a titolo di sanzioni e interessi per ritardato versamento del contributo soggettivo e integrativo per gli anni 1982/1990. Il ricorrente eccepiva in via preliminare la prescrizione quinquennale del credito vantato dalla Cassa, atteso che il pagamento era stato richiesto per la prima volta in data 23.4.1996; sosteneva, altresì, che il ritardo era giustificato, poichè la Cassa aveva omesso l'invio del modello di autoliquidazione dei contributi.
L'Inarcassa si costituiva e resisteva. Il Tribunale di Paola, con sentenza resa il 13.1.2000, rigettava la domanda. Tale decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro con sentenza del 17.7.2003.
La Corte territoriale osservava che la Cassa non era obbligata a trasmettere i modelli di autoliquidazione dei contributi, che gli iscritti avevano l'onere di richiedere alla Cassa medesima o all'ordine di appartenenza. La Corte riteneva poi infondata l'eccezione di prescrizione, perchè nel maggio 1991 la Cassa aveva trasmesso agli iscritti una circolare con la quale aveva precisato che l'atto aveva l'effetto interruttivo della prescrizione delle sanzioni dovute per il ritardo nel versamento dei contributi per coloro che non erano in regola. Tale atto interruttivo comportava il permanere della durata decennale della prescrizione ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10.
Il giudice del gravame, infine, rigettava la domanda di indebito arricchimento in quanto il lasso di tempo utilizzato dalla Cassa per la richiesta del pagamento delle sanzioni non può essere assunto a ragione di indebito vantaggio patrimoniale.
Per la cassazione di tale sentenza l'arch. C.G. ha proposto ricorso sostenuto da tre motivi. Inarcassa ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato, con un motivo, depositando altresì memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente,deve disporsi la riunione dei ricorsi a norma dell'art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale, il sig. C., denunciando violazione degli artt. 36 e 37 dello statuto della Cassa e della L. n. 6 del 1981, si duole: che il giudice di appello non abbia considerato che a norma dell'art. 36, comma 6, dello statuto il consiglio di amministrazione deve predisporre il modulo con il quale deve essere fatta la comunicazione annuale del reddito professionale;
che l'esponente ha trasmesso i dati non appena la Cassa ha trasmesso i moduli; che le dichiarazioni fiscali sono state rese sempre entro il 31 agosto dell'anno successivo a quello di riferimento, ad eccezione degli anni 1982 e 1984; che lo statuto, infine, all'art. 36, comma 4, prevede una sanzione per il solo caso di omessa o infedele dichiarazione e non per il semplice ritardo e allo stesso modo dispone anche la L. n. 6 del 1981, art. 16.
Con il secondo motivo, denunciando insufficiente motivazione, il ricorrente si duole che la Corte di Appello abbia rigettato il motivo di impugnazione con il quale aveva dedotto l'indebito arricchimento della Cassa, senza spiegare le ragioni per le quali riteneva che l'ingiustificato ritardo con il quale la Cassa aveva preteso il pagamento delle sanzioni non costituisse per l'Istituto motivo di ingiustificato arricchimento.
Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 2934, 2935, 2937 e 2943 c.c., e violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, il ricorrente si duole che il giudice del gravame abbia considerato atto interruttivo della prescrizione la circolare trasmessa nel 1991 con la quale la Cassa comunicava agli iscritti che era in atto un condono invitandoli ad aderirvi e che non conteneva alcuna indicazione del credito dell'ente nè alcuna intimazione di pagamento. Si duole altresì che la Corte non abbia tenuto presente la lettera del 17.12.1996 nella quale la Cassa dichiarava che le sanzioni per cui è causa sono state richieste per la prima volta il 23.4.1996.
Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato Inarcassa censura la sentenza impugnata per aver ritenuto applicabile nella specie il disposto della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 10, omettendo di pronunciare sulla dedotta inapplicabilità del termine di prescrizione quinquennale di cui al dell'art. cit., comma 9.
Sostiene la Cassa che la disciplina della prescrizione dei suoi crediti previdenziali resta fissata della L. n. 6 del 1981, art. 18, che fissa in dieci anni il relativo termine. Rileva la ricorrente che il sistema previdenziale delle categorie professionali, ormai privatizzato dalla L. n. 509 del 1994, si basa sull'autofinanziamento, per cui il regime di prescrizione dei crediti previdenziali è soggetto ad un rigore particolare che lo rende legge speciale rispetto al sistema previdenziale pubblico, sicchè ad esso non si applicano le modifiche apportate della L. n. 335 del 1995, cit. art. 3, al regime della prescrizione nel settore della previdenza sociale obbligatoria. Una diversa interpretazione farebbe sorgere una questione di illegittimità costituzionale dellA L. n. 335 del 1995, art. 3, per contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost..
Il ricorso principale, nel suo complesso, non è meritevole di accoglimento.
Con il ricorso introduttivo l'arch. C. aveva chiesto al giudice adito di dichiarare che il ricorrente non era tenuto al pagamento della somma di L. 6.619.566 pretesa da Inarcassa a titolo di sanzioni ed interessi per il ritardo nel versamento dei contributi relativi agli anni 1982/1990, somma di cui la Cassa aveva chiesto il pagamento con lettera del 23.4.1996.
La sentenza impugnata, nel riassumere lo svolgimento del processo, afferma per certo che la pretesa della Cassa si riferisce a sanzioni "per il ritardo nel versamento dei contributi relativi agli anni 1982/1990". In nessun punto della sentenza le sanzioni vengono riferite al ritardo nella presentazione delle dichiarazioni annuali.
Di conseguenza, mentre nessuna rilevanza può attribuirsi all'affermazione del professionista di aver sempre presentato regolarmente le dichiarazioni fiscali entro il 31 dell'anno successivo a quello di riferimento, con esclusione degli anni 1982 e 1984, il ritardo nel versamento dei contributi per gli anni in questione non forma oggetto di contestazione alcuna.
Ne consegue che non ha alcuna attinenza con il decisum sostenere che nessuna sanzione è prevista per il caso di omessa o infedele dichiarazione, in quanto la sentenza impugnata ha considerato legittima la pretesa della Cassa in relazione al diverso comportamento illegittimo dell'iscritto consistito nel ritardato versamento dei contributi dovuti.
Del tutto correttamente, poi, la Corte territoriale ha giudicato irrilevante e non esimente la circostanza dell'omessa trasmissione all'iscritto dei moduli da utilizzare per l'autoliquidazione dei contributi, potendo detti moduli essere richiesti direttamente alla Cassa o all'Ordine di appartenenza.
Il primo motivo di ricorso è, dunque, del tutto infondato.
Parimenti destituito di fondamento è il secondo motivo.
Il ricorrente sostiene che la Cassa, intimando il pagamento delle sanzioni a distanza di anni dall'illecito contestato, avrebbe mirato a conseguire un ingiustificato arricchimento.
Il ricorrente pretende di accreditare lo strano principio per cui il tempo impiegato dal creditore per riscuotere il proprio credito si traduce in un danno ingiustificato per il debitore che non provvede al pagamento dovuto.
Tale pretesa del ricorrente è stata a ragione disattesa dal giudice di appello. La Corte territoriale ha rilevato al riguardo, con argomentazioni che non si possono non condividere, che il lasso di tempo utilizzato dalla Cassa per la richiesta delle somme dovute a titolo di sanzioni non può essere assunto a ragione di indebito vantaggio patrimoniale per la maggiorazione dovuta agli accessori, poichè, per un verso, l'appellante era nelle condizioni di poter tempestivamente sanare la sua posizione contributiva e, per altro verso, perchè non è stata fornita la prova che la Cassa abbia intenzionalmente dilazionato la richiesta al fine di conseguire le maggiori somme connesse agli accessori. Vi è solo da aggiungere che gli accessori costituiscono soltanto l'adeguamento del credito al diminuito potere di acquisto della moneta e non rappresentano affatto un incremento patrimoniale.
Il terzo motivo del ricorso principale è infondato per le seguenti ragioni.
La Corte territoriale ha ritenuto: a) che la prescrizione del credito in esame è quinquennale dovendo applicarsi il disposto della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10; b) che la Cassa ha interrotto la prescrizione inviando al debitore nel maggio 1991 una circolare, con allegato estratto conto, nella quale aveva indicato, in modo chiaro e preciso, l'effetto interruttivo per le sanzioni dovute per "eventuali omissioni o ritardi nei versamenti contributivi"; tale intimazione avrebbe avuto l'effetto di far permanere la precedente prescrizione decennale, giusta il disposto del cit. art. 3, comma 10, secondo cui il termine di a prescrizione quinquennale si applica anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della Legge (26 agosto 1995), fatti salvi i casi in cui vi è già stata interruzione dei termini.
Il ricorrente contesta l'efficacia interruttiva della predetta circolare in quanto questa altro non era che un lettera inviata a tutti gli iscritti per invitarli ad aderire al condono previdenziale in corso, priva di qualsiasi indicazione del credito e di alcuna intimazione di pagamento. Lamenta inoltre che il giudice del gravame non avrebbe tenuto conto di una lettera con la quale la Cassa aveva dichiarato che le sanzioni per cui è causa erano state richieste per la prima volta in data 23.4.1996.
Il ricorrente, che censura la valutazione data dal giudice di appello alla circolare in questione e l'omessa considerazione della lettera del 17.12.1996, ha però omesso di trascriverne il contenuto in ricorso.
E' principio consolidato di questa Corte che la parte che denunci un vizio di motivazione per l'omesso o errato esame da parte del giudice di merito di un documento ritenuto decisivo è tenuta a riprodurle in ricorso il testo, o almeno le parti che interessano direttamente la causa, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutarne la decisività. Infatti il ricorso per cassazione - in ragione del principio di autosufficienza - deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far ricorso a fonti esterne allo stesso ricorso e quindi ad elementi o ad atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. tra le tante Cass. n. 12362 del 2006, Cass. n. 13556 del 2006, Cass. n. 11501 del 2006).
Poichè la ricorrente non ha assolto a tale onere, le censure proposte con il terzo motivo si rivelano del tutto irrilevanti, in quanto non idonee a dimostrare l'asserito vizio logico della motivazione.
Il rigetto del ricorso principale comporta l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
In definitiva, riuniti i ricorsi, deve essere respinto il ricorso principale e dichiarato assorbito il ricorso incidentale, con conseguente condanna del ricorrente principale al pagamento in favore di Inarcassa delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:
Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l'incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 27,00, per esborsi ed in Euro duemila per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2007.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2007

 

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