avvocati e gestione separata merito 2019

avvocati e gestione separata merito 2019

Con una recente sentenza del Tribunale di Perugia del 17 aprile 2019 2019 è stata dichiarata l'illegittimità dell'iscrizione d'ufficio disposta dall'Inps nei confronti di un avvocato esercente la professione ma non iscritto alla Cassa, in espresso dissenso dal consolidato orientamento di segno contrario della Suprema Corte

Il problema è noto e diffuso sul territorio nazionale. La parte ricorrente, era un avvocato che, nel 2010, non essendo tenuto all’iscrizione, a fini previdenziali, alla Cassa Forense, per mancanza dell’esercizio continuativo della professione di cui all’art. 22 della l. n. 576/1980, non avendo raggiunto i limiti di reddito determinati dal Comitato dei Delegati della Cassa, non aveva l’obbligo di versare al medesimo ente il contributo soggettivo di cui all'art. 10 della l. n. 576 del 1980, rimanendo soggetto esclusivamente all'obbligo di versare il contributo integrativo di cui all'art. 11 l. n. 576/80, gravante su tutti gli iscritti agli albi degli avvocati, come percentuale sul volume d’affari complessivamente realizzato. In relazione ai relativi redditi professionali, l'Inps ritiene dovuto (ANCHE) il contributo alla Gestione Separata di cui al comma 26 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995.

Secondo il Tribunale perugino, e, più di recente, anche secondo la Corte di Appello di Palermo (che ha ribadito il proprio dissenso alle conclusioni cui è pervenuta la Suprema Corte di Cassazione), ai sensi del combinato disposto dei commi 25, 26 e 27 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995 ed alla luce della norma di interpretazione autentica di cui al comma 12 dell'art. 18 del d.l. n. 98 del 2011, con specifico riferimento alle attività per lo svolgimento delle quali sia presupposto necessario quello dell'iscrizione all'albo professionale ed in relazione alle quali sussista un ente previdenziale di categoria, istituito ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994 o ai sensi del d.lgs. n. 103 del 1996,  non è dovuto alcun contributo alla Gestione Separata di cui all'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995, essendo, in relazione a tali attività, dovuta la contribuzione soggettiva e/o integrativa all'ente previdenziale di categoria libero professionale.
 
Secondo quanto osservato dal Tribunale, dall’esame combinato dei commi 25 e 26 della l. n. 335 del 1995, appare chiara la volontà del Legislatore di distinguere le attività autonome dei professionisti iscritti ad albi o elenchi previste e disciplinate, sotto il complessivo profilo previdenziale, dal comma 25 e dalle norme della previdenza di categoria degli ordinamenti degli enti istituiti ai sensi dei d.lgs. n. 509/94 e d.lgs. n. 103 del 1996 (e dalla Gestione Separata di cui al comma 26, solo in difetto di costituzione di un autonomo ente previdenziale esponenziale) dalle altre attività autonome (per il cui esercizio non sia condizione necessaria quella dell’iscrizione ad apposito albo o elenco)di cui al successivo comma 26 dell’art. 2 della l. n. 335 del 1995 soggette, in mancanza di diversa copertura previdenziale, alla tutela ed alla contribuzione presso la Gestione Separata Inps. Con riferimento alle attività professionali riservate, il cui esercizio sia, cioè, subordinato all’iscrizione ad albi od elenchi, ove sussista o sia stato istituito ai sensi del d.lgs. n. 509/1994 o ai sensi del d.lgs. n. 103 del 1996 un ente previdenziale di categoria, non è configurabile alcun obbligo di iscriversi alla Gestione Separata di cui al comma 26 dell’art. 2 della L. n. 335 del 1995 in quanto il Legislatore ha espressamente previsto che, in relazione a tali tipologie di attività, la copertura previdenziale da parte della Gestione Separata dell’Inps possa operare solo in presenza. A) di conforme delibera adottata dagli organismi rappresentativi della categoria ai sensi della lett. d dell’art. 2, comma 25 della l. n. 335 del 1995 e dell’art. 3, comma 1 lett. d del d.lgs. n. 103 del 1996 o B) in mancanza di costituzione di uno specifico ente previdenziale di riferimento ai sensi del comma 2 dell’art. 3 del d.lgs. n. 103 del 1996.
 
Il Tribunale aggiunge che tale interpretazione risulta armonica rispetto alla norma di interpretazione autentica contenuta nel comma 12 dell’art. 18 del d.l. n. 98 del 2011, a tenore del quale "L'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti.

Dalla lettura della norma di interpretazione autentica risulta, infatti, che sono tenuti a contribuire alla Gestione Separata dell’Inps: A) tutti i soggetti che svolgono attività professionali il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad albi (salva l’ipotesi in cui non sia stato istituito un ente previdenziale di categoria) - prima parte del comma 12 - B) gli iscritti ad albi professionali che svolgano sia attività di natura autonoma riservate che attività non riservate ed in questo caso (SOLO) con riferimento alla parte di attività non riservata per la quale non sussista l'obbligo di versare alcun tipo di contributo all’ente di previdenza di categoria e, quindi, nè il contributo soggettivo (per gli avvocati, quello di cui all’art. 10 della l. n. 576 del 1980) nè il contributo integrativo (per gli avvocati, quello di cui all’art. 11 della l. n. 576 del 1980) -seconda parte del comma 12. [sul punto si evidenzia, sin d’ora, l’esistenza di un cospicuo contenzioso (che, presumibilmente, ha indotto il Legislatore all’introduzione, nella norma di interpretazione autentica, del riferimento alla mancata soggezione a contribuzione presso gli enti previdenziali libero professionali)  volto all’individuazione, sul piano astratto, delle attività non riservate ma comunque soggette a contribuzione presso la Cassa di Previdenza di categoria rispetto a quelle estranee allo svolgimento della professione anche in senso lato e, come tali, non assoggettabili ad alcuna contribuzione (né soggettiva né integrativa) presso detti enti cfr. ad esempio, Cass. n. 5975/2013, secondo cui “L'obbligo per gli iscritti alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per avvocati e procuratori di versare una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel volume d'affari ai fini dell'Iva si riferisce soltanto ai redditi derivanti dallo svolgimento dell'attività professionale. Pertanto, restano esclusi i redditi percepiti da un avvocato in conseguenza dell'attività svolta quale consigliere di amministrazione di una società di capitali, in difetto di prova circa il fatto che gli stessi possano ricondursi in qualche modo all'esercizio di attività professionale

Il Tribunale dà atto del consolidato e diverso indirizzo della Suprema Corte ma ritene di dovere dissentire per i seguenti motivi.
 
Tribunale di Perugia sent. 17 aprile del 2019
...
10.    E’ nota la giurisprudenza apparentemente ormai consolidata della S.C. (cfr. sentt. nn. 3044/2017, 32167/2018, 32166/2018), cui risulta essersi uniformata la Corte di Appello di Perugia, cha ha espresso diverso avviso in merito alla questione controversa e, tuttavia, come si avrà modo di argomentare nel prosieguo della sentenza, vi sono molteplici e convergenti motivi, sistematici e di stretta interpretazione che inducono a dissentire dalle conclusioni cui è pervenuta la Corte e che, in larga parte, non sembrano essere stati valutati dalla Corte nelle pronunce sopra richiamate.
11.    Deve, innanzitutto, premettersi che il percorso logico e motivazionale di tutte le sentenze pronunciate dalla Suprema Corte sul tema controverso si presta, ad avviso di questo giudice, a rilievi critici, sia sotto il profilo del metodo interpretativo, sia sotto il profilo del merito dell'interpretazione.
12.    L'argomento centrale su cui s’incentra l’iter logico delle richiamate pronunce della Suprema Corte è quello che l'art. 18, comma 12 del d.l. n. n. 98 del 2011, nella parte in cui ha previsto che siano tenuti all'iscrizione alla Gestione Separata (solo) i soggetti che svolgano attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, si riferirebbe (esclusivamente) alle attività riservate ad iscritti ad albi i cui redditi non siano assoggettati a contribuzone utile alla pensione presso gli enti previdenziali dei liberi professionisti e, cioè, in concreto, solo all'obbligo di versamento del contributo soggettivo e non a quello avente ad oggetto (solo) il contributo integrativo.
13.    Tale interpretazione sistematica della norma di interpretazione autentica è, ad avviso della Corte, imposta dalla lettura congiunta della norma di interpretazione autentica con le norme di cui all'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995 (ossia quelle che avrebbero dovuto essere autenticamente interpretate) il quale, per quanto rileva, stabilisce che “…sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell'art. 49 del testo unico delle imposte sui redditi…”. Secondo l’iter motivazionale seguito dalle pronunce della S.C., la norma in questione sarebbe volta ad assoggettare a contribuzione, nella prospettiva dell'universalità delle tutele, presso la nuova Gestione, qualsivoglia attività autonoma fiscalmente identificabile sulla base dei parametri indicati dal medesimo art. 2 comma 26 e che non risulti, in concreto, diversamente coperta sotto il profilo previdenziale ed in quanto, anche sulla base della citata pronuncia delle S.U. n. 3240 del 2010, in mancanza di una copertura previdenziale in relazione alle attività fiscalmente riconducibili tra quelle di cui all'art. 2 comma 26, queste ultime dovrebbero essere necessariamente assoggettate a contribuzione presso la Gestione Separata.
14.    Ora, sul piano del metodo, non appare condivisibile l'interpretazione sistematica della norma di interpretazione autentica giustificata dal fatto che tale modalità di interpretazione sarebbe imposta dalla saldatura con la normativa autenticamente interpretata e con la presunta ratio sottesa a tale normativa. Tale ragionamento, infatti, finisce per essere circolare e tautologico. Il conio di una norma di interpretazione autentica presuppone il dubbio sulla normativa autenticamente interpretata ed è strumentale alla corretta interpretazione di quest'ultima mentre, a ben vedere, la Suprema Corte ha seguito il percorso esattamente inverso finendo per interpretare sistematicamente, anzichè letteralmente, la norma di interpretazione autentica proprio sulla base della disposizione dubbia che la prima avrebbe dovuto interpretare.
15.    Sul piano del merito, la Suprema Corte ha argomentato, come visto, l'interpretazione sistematica e non letterale della norma di cui all'art. 18, comma 12 sulla base della presunta logica sottesa all'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995 il quale presupporrebbe che qualsivoglia attività di lavoro autonomo e, quindi, anche l'attività di natura professionale degli iscritti ad albi con enti previdenziali di riferimento, ove non soggetta a contribuzione utile a fini pensionistici presso detti enti, dovrebbe (necessariamente) essere soggetta a contribuzione presso la Gestione Separata e, per questo, come visto, ha interpretato sistematicamente (e non sulla base della lettera) il riferimento da parte del Legislatore al termine contribuzione limitandolo alla contribuzione utile a fini pensionistici ed escludendo, pertanto, la contribuzione integrativa.
16.    Ora, in primo luogo il principio dell'universalizzazione delle tutele, elaborato dalle SS.UU. della Corte con la sentenza n. 3240 del 2010 e come implicitamente ma inequivocabilmente desumibile dalla sentenza stessa non può che essere considerato tendenziale e non già assoluto così come presupposto dalle recenti pronunce della S.C. da cui si intende dissentire. A tale riguardo, si evidenzia che lo stesso perimetro applicativo dell'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995, per espressa disposizione di legge, si arresta di fronte alle attività di lavoro autonomo svolte occasionalmente e produttive di un reddito inferiore a €5.000,00 annui (cfr. art. 44 comma 2 della l. n. 326 del 2003 di conversione del d.l. n. 269/2003). D'altronde, la stessa sentenza delle SS.UU. n. 3240 del 2010, pur muovendo dall'elaborazione di detto principio, risolve la questione sottoposta alla sua attenzione con l'esclusione dell'assoggettamento a contribuzione di una quota di redditi prodotta nell'esercizio dell'attività di amministratore di una società, così confermando che il principio dell'universalizzazione delle tutele va inteso in senso solo tendenziale e, quindi, come volto ad estendere l'ambito della copertura previdenziale della Gestione Separata a tutte le attività autonome produttive di reddito non soggette a distinta copertura previdenziale soltanto laddove, alla luce del complesso delle ulteriori fonti di disciplina dell'ordinamento previdenziale, detta copertura, di natura residuale, non debba essere esclusa.
17.    Nel caso di specie, l'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995 non può essere interpretato isolatamente e senza considerare quanto prevede il comma 25 del medesimo art. 2 con specifico riguardo alla tutela previdenziale delle attività libero professionali dei professionisti iscritti ad albi, senza ancora un ente previdenziale di riferimento anche perchè è proprio in relazione al rapporto tra il comma 25 e il comma 26 dell'art. 2 e allo scopo di regolare eventuali intersezioni tra i relativi campi applicativi che è intervenuta la norma di interpretazione autentica.
18.    Il comma 25 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995 ha previsto che "Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, norme volte ad assicurare, a decorrere dal 1° gennaio 1996, la tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi, in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) previsione, avuto riguardo all'entità numerica degli interessati, della costituzione di forme autonome di previdenza obbligatoria, con riferimento al modello delineato dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e successive modificazioni ed integrazioni; b) definizione del regime previdenziale in analogia a quelli degli enti per i liberi professionisti di cui al predetto decreto legislativo, sentito l'Ordine o l'Albo, con determinazione del sistema di calcolo delle prestazioni secondo il sistema contributivo ovvero l'inclusione, previa delibera dei competenti enti, in forme obbligatorie di previdenza già esistenti per categorie similari; c) previsione, comunque, di meccanismi di finanziamento idonei a garantire l'equilibrio gestionale, anche con la partecipazione dei soggetti che si avvalgono delle predette attività; d) assicurazione dei soggetti appartenenti a categorie per i quali non sia possibile procedere ai sensi della lettera a ) alla gestione di cui ai commi 26 e seguenti.
19.    Il comma 25 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995, coevo (naturalmente) al successivo comma 26 ha inteso disciplinare, ad avviso di questo giudice, in via integrale e senza alcuno spazio residuo, la previdenza dei liberi professionisti che esercitino attività riservate ossia attività il cui esercizio è subordinato all'iscrizione ad appositi albi ed elenchi. Come è agevole rilevare dall'esame delle lettere a e b del citato comma 25, il Legislatore presuppone come esistente e sufficiente il sistema ordinamentale di previdenza degli enti di cui al d.lgs. n. 509/94 (ossia gli enti previdenziali privatizzatisi ai sensi de richiamato decreto legislativo n.509/94, esponenziali, tra gli altri delle categorie professionali degli avvocati e degli ingegneri in relazione ai quali si è sviluppato in prevalenza il presente contenzioso - così come di quelle dei notai, dei medici, dei dottori commercialisti, dei ragionieri, dei geometri, dei consulenti del lavoro, dei veterinari). All'epoca in cui è entrata in vigore la l. n. 335 del 1995, non esistevano ancora, invece, enti previdenziali esponenziali di altre categorie professionali dotate di albi, come quelle degli psicologi, dei biologi, dei periti industriali, degli attuari, degli agronomi dei geologi ecc. Con riferimento a tali ulteriori categorie professionali ancora sfornite di ente previdenziale di riferimento e, quindi, prive di una specifica forma di previdenza categoriale, il Legislatore aveva posto una serie di opzioni alternative e, in particolare, quella di costituire, sul modello degli enti privatizzatisi ai sensi del d.lgs. n. 509/94, un ente previdenziale di categoria o pluricategoriale (lettere a e c) o, in mancanza (e solo in mancanza di opzione), quella di confluire nella Gestione Separata dell'Inps (lettera d).
20.    In attuazione della delega di cui al comma 25 dell’art. 2 della l. n. 335 del 1995, il d.lgs. n. 103 del 1996 ha stabilito, all’art. 3, che “…gli enti esponenziali a livello nazionale degli enti abilitati alla tenuta di albi od elenchi provvedono a deliberare con la maggioranza dei componenti dell'organo statutario competente, ove previsto, alternativamente… “a) la partecipazione all'ente pluricategoriale di cui all'art. 4, avente configurazione di diritto privato secondo il modello delineato dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, in cui convergano anche altre categorie alle quali appartengono i soggetti di cui all'art. 1; b) la costituzione di un ente di categoria, avente la medesima configurazione di diritto privato di cui alla lettera a) alla condizione che lo stesso sia destinato ad operare per un numero di soggetti non inferiore a 8.000 iscritti; la relativa delibera deve essere assunta con la maggioranza dei due terzi dei componenti dell'organo statutario competente; c) l'inclusione della categoria professionale per la quale essi sono istituiti, in una delle forme di previdenza obbligatorie già esistenti per altra categoria professionale similare, per analogia delle prestazioni e del settore professionale, compresa fra quelle di cui all'elenco allegato al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, a condizione che abbia conseguito la natura di persona giuridica privata; d) l'inclusione della categoria nella forma di previdenza obbligatoria di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335” La disposizione prosegue significativamente stabilendo che, in mancanza di opzione, i soggetti “appartenenti alle categorie professionali interessate sono inseriti nella gestione di cui [all’art. 2, comma 26 della l. n. 335 del 1995]”.
21.    Dall’esame delle norme di cui al comma 25 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995 e delle conformi norme di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 103 del 1996, appare, ad avviso di questo giudice, assolutamente chiara la volontà del Legislatore di distinguere le attività autonome dei professionisti iscritti ad albi o elenchi previste e disciplinate, sotto il complessivo profilo previdenziale, dal comma 25 e dalle norme della previdenza di categoria degli ordinamenti degli enti istituiti ai sensi dei d.lgs. n. 509/94 e d.lgs. n. 103 del 1996 (e dalla Gestione Separata di cui al comma 26, solo in difetto di costituzione di un autonomo ente previdenziale esponenziale) dalle altre attività autonome (per il cui esercizio non sia condizione necessaria quella dell’iscrizione ad apposito albo o elenco)di cui al successivo comma 26 dell’art. 2 della l. n. 335 del 1995 soggette, in mancanza di diversa copertura previdenziale, alla tutela ed alla contribuzione presso la Gestione Separata Inps.
22.    Appare, peraltro, al riguardo, indice rivelatore della correttezza di tale ricostruzione sistematica il fatto che, nella stessa norma di interpretazione autentica, il comma 12 dell'art. 18 del d.l. n. 98 del 2011, dopo avere espressamente escluso dall'ambito applicativo dell'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995 sia le attività per il cui svolgimento sia necessaria l'iscrizione all'albo professionale, sia le attività soggette al versamento contributivo agli enti previdenziali libero professionali abbia, poi, fatto espressamente salva la previsione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 la quale, a sua volta, è, come visto, esattamente riproduttiva dell'art. 2, comma 25 lett. d della l. n. 335 del 1995. Tale norma di salvezza, infatti, dimostra chiaramente che, come regola, tutte le attività per il cui svolgimento sia necessaria l'iscrizione all'albo e, quindi, di regola assoggettate a contribuzione (soggettiva e/o integrativa) presso gli enti previdenziali libero professionali (ove istituiti) non sono soggette a contribuzione presso la Gestione Separata. Fanno eccezione, e tanto è, non a caso, espressamente previsto dalla norma di interpretazione autentica, soltanto le attività per il cui svolgimento sia necessaria l'iscrizione ad albo o elenco professionale, laddove non sia stato costituito un ente previdenziale di riferimento o un ente pluricategoriale. Resta, al riguardo, da evidenziare che, nella prospettiva interpretativa abbracciata dalla S.C., tale espressa norma di salvezza non riveste alcuna funzione e risulta del tutto inutile in quanto è evidente che, in mancanza di un ente previdenziale di categoria, l'attività non risulta soggetta ad alcuna forma di contribuzione (nè soggettiva nè integrativa) se non eventualmente quella alla Gestione Separata dell'Inps.
23.    Ne discende che l'interpretazione dell'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995 che ha poi orientato l'interpretazione della norma di interpretazione autentica secondo cui le attività riservate dei liberi professionisti rientrerebbero, in astratto, tra le attività soggette a contribuzione presso la Gestione Separata stante la loro riconducibilità fiscale nel campo applicativo di tale comma 26, non tiene conto del fatto che dette attività dovevano ritenersi escluse a monte da tale campo applicativo in base a quanto implicitamente o espressamente previsto dal comma 25 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995 il quale, come visto, prevede che, in relazione a tali attività, avrebbe potuto operare la Gestione Separata solo in mancanza o in caso di mancata costituzione di un ente previdenziale esponenziale di riferimento.   
24.    Che tale sia l'interpretazione sistematica e logica del rapporto esistente tra il comma 25 e il comma 26 della l. n. 335 del 1995, si desume, anche in tal caso inequivocabilmente, dal comma 27 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995 che individua il momento dell'insorgenza dell'obbligo di iscrizione alla Gestione Separata nella data di inizio dell'attività così escludendo che una stessa attività possa, in dipendenza di elementi successivi e non preventivabili ab origine, essere soggetta a due distinte coperture previdenziali e, cioè, alternativamente all'ente di previdenza libero professionale di categoria o alla Gestione di cui all'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995. Nella prospettiva ermeneutica abbracciata dalla Suprema Corte, invece, nel caso di specie, tale disposizione non potrebbe trovare effettiva applicazione in quanto il professionista sarebbe soggetto all'iscrizione alla Gestione Separata, non già in dipendenza del semplice avvio dell'attività, così come normativamente previsto, ma in relazione ad elementi ulteriori e tendenzialmente ab origine incerti che si verificano o possono verificarsi nel corso dello svolgimento dell'attività professionale (quali il mancato raggiungimento di determinate soglie reddituali, come nel caso degli avvocati, o il contestuale avvio di una diversa attività di lavoro, rispetto a quella professionale, soggetta a distinta forma di copertura previdenziale, come nel caso degli ingegneri e degli architetti).  
25.    A questo punto, chiarito; a) che la pronuncia della Suprema Corte si fonda, ad avviso di questo giudicante, su un presupposto indimostrato e inesatto e, cioè, che l'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995 sia destinato alla copertura previdenziale e senza alcuna eccezione di ogni attività autonoma per la quale non vi sia contestuale assoggettamento a contribuzione utile a fini pensionistici presso altro ente di previdenza e b) che, sul piano sistematico, sussistono molteplici decisivi argomenti per ritenere che le attività professionali di professionisti iscritti ad albo per i quali sia stato istituito un ente previdenziale di categoria siano escluse a monte dall'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata di cui al comma 26 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995 per effetto di quanto disposto dal comma 25 dell'art. 2 della l. n. 335/1995 e dall’art. 3 del d.lgs. n. 103 del 1996, vanno esaminate le norme di cui al comma 11 e di cui al comma 12 dell'art. 18 del d.l. n. 98 del 2011 volte a fornire l'autentica interpretazione dell'ambito delle attività autonome soggette a contribuzione presso la Gestione Separata con specifico ed evidente riguardo alle attività dei professionisti iscritti ad albi professionali.
26.    Il comma 11 dell'art. 18 sopra citato prevede che "Per i soggetti già pensionati, gli enti previdenziali di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti e regolamenti, prevedendo l'obbligatorietà dell'iscrizione e della contribuzione a carico di tutti coloro che risultino aver percepito un reddito, derivante dallo svolgimento della relativa attività professionale. Per tali soggetti è previsto un contributo soggettivo minimo con aliquota non inferiore al cinquanta per cento di quella prevista in via ordinaria per gli iscritti a ciascun ente. Qualora entro il predetto termine gli enti non abbiano provveduto ad adeguare i propri statuti e regolamenti, si applica in ogni caso quanto previsto al secondo periodo". Il comma 12 prevede che "L'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11. Resta ferma la disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103. Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi del citato articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
27.    La norma di interpretazione autentica è stata interpretata dalla S.C. (e ciò già di per sè costituisce un'anomalia) non in senso letterale ma mediante una duplice evidente forzatura della lettera della disposizione sopra trascritta.
28.    In primo luogo, il comma 12, ove interpretato in senso letterale, prevede che i soggetti che svolgano attività il cui esercizio sia subordinato all'iscrizione in appositi albi professionali siano esclusi dall'iscrizione alla Gestione Separata a prescindere dall'ulteriore condizione dell'assoggettamento o meno dell'attività a contribuzione presso gli enti previdenziali dei liberi professionisti. Sarebbe, dunque, sufficiente la prima parte della disposizione, a prescindere dalla seconda, su cui solo ha incentrato la propria attenzione la S.C., per escludere l'assoggettabilità a contribuzione presso la Gestione di cui all'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995 delle attività riservate svolte dai professionisti iscritti ad albo professionale. La disposizione prosegue nei termini che seguono "ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti". Ora, ovvero può essere interpretato come forma rafforzata della congiunzione disgiuntiva (o) oppure con funzione esplicativa (ossia). Nell'un caso e nell'altro, però, la seconda parte della disposizione non potrebbe, se non alterando i due predetti unici significati ipotizzabili del termine ovvero, limitare la portata dell'esclusione dell'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata stabilito dalla prima parte (che, come visto, escludeva dall’assoggettamento a contribuzione presso tale Gestione, tutte le attività riservate in quanto tali). Sia, infatti, che il termine ovvero sia interpretato con il significato di oppure sia che lo si interpreti con il significato di ossia non può, però, sostenersi, se non mutando il senso letterale della congiunzione utilizzata dal Legislatore (ovvero), che le attività per il cui esercizio sia necessaria l'iscrizione all'albo siano escluse dall'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata solo se, in relazione ad esse, sia dovuto il contributo (soggettivo) utile a pensione presso gli enti libero professionale. In sostanza, la S.C. ha, così interpretando la norma, trasformato la congiunzione ovvero da disgiuntiva o esplicativa (quale è) a subordinativa mutando conseguentemente il rapporto tra le due proposizioni coordinate dalla congiunzione ovvero da disgiuntivo o esplicativo (quale dovrebbe essere) a avversativo.  
29.    Si osserva ulteriormente che, secondo la prospettiva abbracciata dalla S.C., sarebbe stato sufficiente prevedere l'esclusione dall'ambito dell'assicurazione della Gestione Separata delle attività i cui redditi fossero assoggettati a contribuzione presso la Gestione Separata. Sarebbe stata, cioè, sufficiente la seconda proposizione contenuta nella norma non risultando, invece, in alcun modo necessaria o utile la prima proposizione (e, cioè, quella che stabiliva, in primo luogo, l'esclusione dall'ambito dell'assicurazione della Gestione Separata, di tutte le attività riservate in quanto tali). Si osserva, infine, che, l'interpretazione della norma abbracciata dalla S.C. ha, di fatto, trasformato radicalmente il testo della disposizione (di interpretazione autentica) nei termini seguenti "...i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali [a condizione che] si tratti di attività soggette al versamento del contributo utile a pensione..." mentre, val la pena ricordarlo essa stabiliva precisamente quanto segue "...i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11".
30.    In secondo luogo, la disposizione su cui ha incentrato la propria attenzione la S.C. prevede, dopo ovvero, che siano esclusi dall'iscrizione alla Gestione Separata Inps i soggetti che svolgano attività soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti (o più precisamente che debbano iscriversi a tale gestione solo i soggetti che svolgano attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11). Ora, secondo l'interpretazione della lettera della disposizione, il riferimento generico a contribuzione non consente alcuna distinzione in merito alla tipologia del contributo. Come visto la S.C. ha ritenuto, però, di circoscrivere il riferimento normativo alla contribuzione soggettiva utile alla maturazione del trattamento pensionistico con ciò forzando, per la seconda volta, il significato letterale della disposizione. Tale interpretazione restrittiva del termine contribuzione contenuta nel comma 12, peraltro, appare disarmonica rispetto ad ulteriori riferimenti contenuti nel medesimo testo legislativo ove, al comma 11, si fa esplicito e consapevole riferimento alla contribuzione soggettiva, distinguendola chiaramente da quella integrativa con ciò rendendo incomprensibile il motivo per cui, nel comma successivo, come ritenuto dalla S.C., laddove il Legislatore avesse realmente inteso riferirsi esclusivamente alla contribuzione soggettiva (utile a fini pensionistici), non lo abbia fatto espressamente, così come nel comma precedente.
31.    Inoltre, e ciò appare significativo e decisivo nel senso dell'esclusione dall'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata delle attività per le quali sia dovuto anche solo il contributo integrativo da parte dei professionisti, la lettura della norma di interpretazione autentica fornita dalla S.C. appare non coerente e, in definitiva, incompatibile con la parte finale del comma 12 dell'art. 18 del d.l. n. 98 del 2011, laddove è espressamente previsto: a) che "Resta ferma la disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 e b) [che]  Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi del citato articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
32.    L'art. 3, comma 1 lett. d del d.lgs. n. 103 del 1996, come già premesso esattamente riproduttivo dell'art. 2, comma 25 della l. n. 335 del 1995, lett. d prevede la possibilità, per i professionisti iscritti a determinati albi e non [ancora] muniti di ente previdenziale di categoria, di confluire presso la Gestione Separata Inps. Tale norma di salvezza ha un senso soltanto laddove si supponga che la regola sia quella che lo svolgimento di attività per il cui esercizio sia necessaria l'iscrizione ad albo, così come effetivamente in precedenza previsto dalla disposizione in esame, determini ex se, l'esclusione dell'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata. Solo sotto tale condizione, la norma di salvezza ha una logica ed un effettivo contenuto esplicativo. Ove, invece, come presupposto dalle sentenze della S.C., fosse solo lo svolgimento di attività con redditi assoggettati a prelievo contributivo presso enti di previdenza libero professionali a determinare l'esclusione dell'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata, la norma di salvezza non avrebbe alcuna logica in quanto è evidente che i professionisti privi di ente previdenziale di categoria di riferimento sarebbero soggetti all'iscrizione alla Gestione Separata già in base alla norma di interpretazione autentica senza alcuna necessità di ulteriori norme che lo stabiliscano ed in particolare dell'art. 3 comma 1 lett. d del d.lgs. n. 103 del 1996 che, invece, il Legislatore ha ritenuto di fare espressamente salvo.
33.    Come visto, poi, il comma 12 dell'art. 18 prosegue nei termini che seguono "...Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi del citato articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995...."
34.    Anche tale norma di salvezza ha una ipotizzabile portata dispositiva e logica soltanto laddove si supponga che, all'esito della norma di interpretazione autentica, l'Inps avrebbe potuto trovarsi esposta ad azioni di recupero dei contributi in precedenza versati dai professionisti. Ora tale evenienza non appare ipotizzabile laddove le attività escluse dall'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata fossero, come ritenuto dalla S.C., solo quelle per le quali i professionisti risultassero già iscritti ai propri enti di previdenza di categoria ed assoggettate a prelievo contributivo utile a fini pensionistici. In relazione ad esse, infatti, mai alcun dubbio era emerso in merito alla possibilità di una contestuale iscrizione e contribuzione alla Gestione Separata Inps (il che avrebbe comportato una palese, inammissibile e mai ammessa duplicazione della contribuzione dovuta per analoghi redditi) e, dunque, l'eventualità di un'azione di ripetizione da parte dei contribuenti nei confronti dell'Inps non risultava, già sul piano astratto, configurabile. La disposizione acquisisce un senso, invece, laddove il comma 12 si interpreti nel senso di escludere tutte le attività riservate e/o comunque soggette ad un qualunque prelievo contributivo presso gli enti di previdenza libero professionali (anche solo del contributo integrativo) dall'ambito dell'obbligo di iscrizione e contribuzione alla Gestione di cui all'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995. Nell'ottica di tale lettura della norma di interpretazione autentica, infatti, era ben ipotizzabile, alla data dell'entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011, l'esistenza di versamenti, eventualmente compulsati dall'Inps, effettuati da parte di professionisti non iscritti all'ente di previdenza di categoria in relazione a redditi per i quali fosse stato versato il solo contributo integrativo o in relazione ai quali fosse controversa la riconducibilità dell'attività produttiva di reddito nel novero di quelle il cui esercizio fosse subordinato all'iscrizione ad albo professionale e logica, quindi, la previsione di una norma di salvaguardia in favore dell'Istituto.
35.    Tutte le evidenziate forzature interpretative e le illogiche conseguenze cui esse conducono e che si sono sopra sottolineate risultano, invece, superate laddove il comma 12 dell'art. 18 del d.l. n. 98 del 2011, come peraltro fatto chiaro dalla lettera della norma, sia letto nel senso, non condiviso dalle sentenze della S.C. da cui questo giudice intende dissentire, che siano tenuti a contribuire alla Gestione Separata dell’Inps: A) tutti i soggetti che svolgono attività professionali il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad albi (salva l’ipotesi in cui non sia stato istituito un ente previdenziale di categoria) - prima parte del comma 12 - B) gli iscritti ad albi professionali che svolgano sia attività di natura autonoma riservate che attività non riservate ed in questo caso (SOLO) con riferimento alla parte di attività non riservata per la quale non sussista l'obbligo di versare alcun tipo di contributo all’ente di previdenza di categoria e, quindi, nè il contributo soggettivo (per gli avvocati, quello di cui all’art. 10 della l. n. 576 del 1980) nè il contributo integrativo (per gli avvocati, quello di cui all’art. 11 della l. n. 576 del 1980) seconda parte del comma 12.
36.    Così letta la norma, alla congiunzione ovvero, conformemente all'art. 12 delle Preleggi, potrebbe essere attribuito un importante significato esplicativo dell'esclusione già disposta dalla proposizione precedente della norma. Poteva, infatti, esservi il dubbio che tutte le attività autonome svolte dagli iscritti all'albo fossero escluse dall'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata e, invece, il Legislatore ha inteso ulteriormente precisare che solo le attività svolte dagli iscritti all'albo soggette a contribuzione (soggettiva e/o integrativa) presso gli enti previdenziali libero professionali avrebbero potuto considerarsi escluse con ciò implicitamente stabilendo l'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata della quota parte di attività, svolta da professionisti ma non riconducibile all'esercizio della professione regolamentata.
37.    In realtà, però, alla congiunzione ovvero può anche essere attribuito, anche in tal caso conformemente al canone di cui all'art. 12 delle Preleggi, un fondamentale significato disgiuntivo rispetto alla proposizione precedente. Il Legislatore, infatti, avendo stabilito, nella proposizione precedente, che fossero escluse, dall'assoggettamento a contribuzione presso la Gestione Separata, (solo) le attività per il cui esercizio fosse condizione necessaria l'iscrizione all'albo (attività riservate strictu sensu), ha ritenuto opportunamente di precisare che, però, anche le attività non strettamente riservate ma comunque soggette a contribuzione (soggettiva e/o integrativa) presso gli enti previdenziali dovevano ritenersi escluse dall'ambito dell'assicurazione della Gestione di cui all'art. 2 comma 26 della l. n. 335 del 1995 (si ricorda, ancora una volta, l'ampio contenzioso giurisprudenziale inerente le tipolgie di attività tipiche e non strettamente tipiche soggette a contribuzione - soggettiva e/o integrativa - agli enti di previdenza libero professionali cfr., tra le molte pronunce della S.C., Cass. Civ. Sez. Lav. nn. 5975/13 secondo cui “L'obbligo per gli iscritti alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per avvocati e procuratori di versare una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel volume d'affari ai fini dell'Iva si riferisce soltanto ai redditi derivanti dallo svolgimento dell'attività professionale. Pertanto, restano esclusi i redditi percepiti da un avvocato in conseguenza dell'attività svolta quale consigliere di amministrazione di una società di capitali, in difetto di prova circa il fatto che gli stessi possano ricondursi in qualche modo all'esercizio di attività professionale”, nonché, sempre sul tema, 8835/2011, 3468/2005, 1586/2000, 2910/1999, 7384/1996 ).
38.    Come già sopra evidenziato, sulla base di tale lettura della norma, acquisiscono una logica le norme, di cui alla parte conclusiva del comma 12 secondo le quali "Resta ferma la disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 e b) [che]  Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi del citato articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995”.
39.    E' evidente, infatti, che, avendo, il Legislatore, nella parte precedente del comma 12, stabilito l’esclusione dall’ambito assicurativo della Gestione Separata Inps di tutte le attività per il cui esercizio fosse condizione necessaria quella dell'iscrizione all'albo, ha, successivamente, ritenuto di fare espressamente salva una disposizione che stabiliva che, in mancanza di costituzione di uno specifico ente previdenziale di riferimento, i professionisti muniti di albo dovessero confluire presso la Gestione Separata Inps.
40.    E' altrettanto evidente che l'espressa esclusione, dell'ambito dell'assicurazione della Gestione Separata, delle attività per le quali i professionisti avessero versato anche solo la contribuzione integrativa rendeva, nell'ottica del Legislatore del 2011, ipotizzabile l'esercizio di azioni di ripetizione da parte dei contribuenti e, in tale ottica, ragionevole la norma di salvezza dei versamenti già effettuati.
41.    Infine, a chiusura del cerchio, dai Lavori Parlamentari risulta che il Legislatore del 2011 aveva inteso definitivamente escludere tutte le attività riservate dall'iscrizione alla Gestione Separata anche in tal caso in contrasto con le conclusioni cui invece è pervenuta la S.C. (che ha limitato l’esclusione alle attività riservate soggette a contribuzione utile a fini pensionistici). Nei Lavori Parlamentari si legge, infatti, che il motivo dell'intervento era proprio quello di risolvere definitivamente un problema che era sorto a fronte del tentativo, da parte dell'Inps, di conseguire la contribuzione nelle frequenti ipotesi in cui i professionisti, sulla base delle norme ordinamentali delle rispettive categorie, proseguissero la propria attività dopo il pensionamento senza essere però soggetti ad obblighi contributivi presso l'ente previdenziale di riferimento. Si legge che "la proposta intende quindi offrire una soluzione alla questione, da una parte imponendo per il futuro l'obbligo per i citati enti previdenziali di diritto privato di prevedere negli statuti e regolamenti l'obbligatorietà dell'iscrizione e della contribuzione in tutti i casi di svolgimento dell'attività professionale (ossia, anche una volta maturato il diritto al trattamento pensionistico). Dall'altra precisando che sono soggetti all'iscrizione presso la gestione separata Inps coloro che svolgono attività il cui esercizio non è subordinato all'iscrizione ad apposti albi o elenchi".
42.    E', dunque, evidente che l'intenzione del Legislatore era proprio quella, peraltro coerente con la lettera della norma successivamente emanata, di escludere l'operatività della Gestione Separata Inps con riferimento a tutte le attività riservate per le quali fosse condizione necessaria quella dell'iscrizione ad appositi albi ed elenchi. E', altresì, evidente che il Legislatore intendeva escludere dall'ambito dell'assicurazione della Gestione Separata le attività riservate in quanto tali (salva l'ipotesi in cui non fosse stato costituito l'ente previdenziale di categoria ai sensi  dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103) non emergendo, invece, in alcun modo, la volontà di limitare tale esclusione alle ipotesi in cui, in relazione a dette attività riservate, i professionisti fossero tenuti al versamento del contributo soggettivo. Tale intenzione si è perfettamente tradotta nel testo dell'art. 18. comma 12 laddove è stata prevista, in primo luogo e senza condizioni, l'esclusione, dall'ambito assicurativo della Gestione Separata, di tutte attività il cui esercizio "sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali" ed è perfettamente coerente con l'introduzione delle due norme di salvaguardia di cui s'è già trattato e di cui alla parte finale del comma 12.
43.    In tale prospettiva la previsione dell'ulteriore esclusione di tutte le attività soggette a versamenti contributivi agli enti previdenziali libero professionali, in armonia con la volontà del Legislatore e coerentemente con la lettera della norma, non ha affatto inteso limitare l'ambito dell'esclusione delle attività riservate (circoscrivendola, così come ipotizzato dalla S.C., a quelle soggette all'obbligo di versamento del contributo soggettivo) ma, piuttosto, come già sottolineato, includere, nell'ambito delle attività escluse dall'assoggettamento all'assicurazione della Gestione Separata, tutte le attività collaterali alla libera professione e non riservate (si pensi, ad esempio, con riferimento alla professione forense all'attività stragiudiziale e di consulenza) svolte dai professionisti iscritti all'albo per le quali fosse comunque dovuta la contribuzione agli enti previdenziali libero professionali (fosse essa integrativa o soggettiva).
44.    Detta intenzione, che, come noto, riveste un ruolo non marginale in generale nell'ambito dell'operazione interpretativa della legge ai sensi dell'art. 12 della Preleggi e che dovrebbe assumere un ruolo fondamentale con riferimento alle norme di interpretazione autentica, si pone, invece, in contrasto con le conclusioni cui è pervenuta la S.C. in base alle quali non tutte le attività riservate risultano escluse dall'ambito assicurativo della Gestione Separata ma solo quelle, per lo svolgimento delle quali sia necessaria l'iscrizione all'albo professionale e per le quali, tuttavia, vi sia (necessariamente) obbligo di versare il contributo soggettivo all'ente previdenziale di categoria, con l'eccezione, dunque, di quelle per le quali vi sia unicamente l'obbligo di versare il contributo integrativo. Limitazione, questa, però, non desumibile nè dalle intenzioni del Legislatore manifestate in sede di lavori preparatori nè, come visto, dalla piana lettura della norma di interpretazione autentica.
45.    Resta solo da ricordare che la lettura della norma di cui al comma 12 dell'art. 18 del d.l. n. 98/11, che questo giudice ritiene di adottare in contrasto con quanto ritenuto dalla S.C., è coerente con la logica di sistema desumibile dai commi 25, 26 e 27 dell'art. 2 della l. n. 335 del 1995 e di cui si è dato conto nei punti precedenti.  
RICHIEDI CONSULENZA