integrazione al minimo e ripetizione indebito

La disciplina della ripetizione di indebito con riferimento all'integrazione al trattamento minimo dell'Inps

L’art. 52 della legge n. 88/1989 prevede che “Le pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per 'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni obbligatorie sostitutive o, comunque, ntegrative della medesima, della gestione speciale minatori, delle gestioni speciali per i commercianti, gli artigiani, i oltivatori diretti, mezzadri e coloni nonché la pensione sociale, di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 53, possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura ommesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione. 2. Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle  somme corrisposte, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. Il mancato recupero delle somme redette può essere addebitato al funzionario responsabile soltanto in caso di dolo o colpa grave.” L’art. 13, primo comma, ella legge 412/1991 ha interpretato autenticamente la norma precedente stabilendo che “Le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, della L. 9 marzo 1989, n. 88, si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle omme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all'interessato e he risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all'ente erogatore, salvo che l'indebita percezione sia dovuta  dolo dell'interessato. L'omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall'ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite…” aggiungendo, al comma successivo, che “L'INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l'anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.”L’art. 6 del d.l. 463/1983, convertito con modificazioni nella legge 638/1983 e s.m. prevede, nei limiti di interesse, che: 1. L'integrazione al trattamento minimo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni sostitutive ed esclusive della medesima, nonché delle gestioni previdenziali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, della gestione speciale minatori e dell'ENASARCO non spetta ai soggetti che posseggano: a) nel caso di persona non coniugata, ovvero coniugata ma legalmente ed effettivamente separata, redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore a due volte l'ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l'importo mensile in vigore al 1° gennaio di ciascun anno; b) nel caso di persona coniugata, non legalmente ed effettivamente separata, redditi propri per un importo superiore a quello richiamato al punto a), ovvero redditi cumulati con quelli del coniuge per un importo superiore a quattro volte il trattamento minimo medesimo. Per i lavoratori andati in pensione successivamente al 31 dicembre 1993 e fino al 31 dicembre 1994, il predetto limite di reddito è elevato a cinque volte il trattamento minimo. 1-bis. Dal computo dei redditi sono esclusi i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, il reddito della casa di abitazione e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. Non concorre alla formazione dei redditi l'importo della pensione da integrare al trattamento minimo. Per i lavoratori autonomi agricoli, il reddito dichiarato dal titolare dell'azienda ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche viene imputato, indipendentemente dalla effettiva percezione, a ciascun componente attivo del nucleo familiare, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro effettivamente prestato da  ciascuno di essi in modo continuativo, attestato con dichiarazione dello stesso titolare dell'azienda. 2. Qualora il  reddito, come determinato al comma 1, risulti inferiore ai limiti ivi previsti, l'integrazione al minimo è riconosciuta in  misura tale che non comporti il superamento del limite stesso………..4. Per l'accertamento del reddito di cui al primo comma gli interessati devono presentare alle gestioni previdenziali di competenza la dichiarazione di cui all'art. 24 della legge  13 aprile 1977, n. 114. 5. Le pensioni non integrate al trattamento minimo di cui al presente articolo sono assoggettate  alla disciplina della perequazione automatica delle pensioni integrate al trattamento minimo secondo i rispettivi  ordinamenti. 6. Le pensioni integrate al trattamento minimo i cui titolari superino il limite di reddito di cui ai  precedenti commi successivamente alla data di decorrenza della pensione, ivi comprese quelle aventi decorrenza anteriore al 30 settembre 1983, sono assoggettate alle disposizioni di cui ai commi precedenti dalla cessazione del diritto alla integrazione. In tal caso l'importo della pensione non integrata è determinato, all'atto della cessazione del diritto all'integrazione, applicando all'importo in vigore alla data di decorrenza della pensione, calcolato sulla base dei periodi di contribuzioni utili, le percentuali di rivalutazione dei trattamenti minimi di pensione dei rispettivi ordinamenti nel frattempo intervenute………11-ter . Chiunque compie dolosamente atti che procurino a sé o ad altri la corresponsione dell'integrazione al minimo non spettante è tenuto a versare alla gestione previdenziale interessata, a titolo di sanzione  amministrativa, una somma pari al doppio di quello indebitamente percepita, ancorché il fatto costituisca reato. 11- quater  Nei casi in cui risulti che l'integrazione al trattamento minimo sia stata erogata sulla base di una dichiarazione non  conforme al vero, ferme restando le sanzioni previste dalle leggi vigenti, l'integrazione stessa è annullata o  rideterminata nella misura effettivamente spettante e la somma indebitamente erogata può essere recuperata senza tener  conto dei limiti stabiliti dalla normativa vigente in materia. 11-quinquies Le gestioni previdenziali possono procedere al recupero sul trattamento di pensione delle somme erogate in eccedenza anche in deroga ai limiti posti dalla normativa  vigente….”.

Sulla base delle norme richiamate, il Tribunale di Perugia, con sentenze del 6.7.2018 - est. M. Medoro - e del 7.3.2018 - est. A. Colaiacovo, ha ritenuto che, con riferimento all'integrazione al minimo di cui all'art. 6, comma 11 quinquies del d.l. n. 463 del 1983 non possa operare la disciplina limitativa della ripetibilità delle somme erroneamente corrisposte a titolo pensionistico dall'Inps di cui all'art. 52 della l. n. 88 del 1989.
In senso contrario deve, però, essere richiamata la giurisprudenza della S.C., formatasi in relazione all'ipotesi in cui  l'Istituto, contestualmente debitore di una pluralità di trattamenti pensionistici, abbia erroneamente individuato la pensione soggetta ad integrazione al minimo ed abbia corrisposto ratei pensionistici integrati al minimo che si siano, successivamente, rivaleti indebiti. In tale caso, la S.C. ha ritenuto operante la disciplina limitativa della ripetizione dell'indebito pensionistico di cui all'art. 52 della l. n. 88 del 1989 traendo argomento dalla pluralità dei rapporti previdenziali e dall'autonomia dei distinti trattamenti pensionistici (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 17/10/2011,  n. 21427 secondo cui "Le pensioni godute dallo stesso soggetto, che siano erogate da uno stesso istituto assicuratore o da istituti diversi, una quale pensione diretta e l'altra quale pensione ai superstiti, ineriscono a rapporti ben distinti, e questa distinzione si estende anche alle eventuali integrazioni al minimo, costituenti accessori della pensione in relazione a cui sono dovute o di fatto sono corrisposte; ne consegue che, in caso di riconoscimento della integrazione al minimo della pensione su cui questo beneficio effettivamente spetti, in base all'art. 6, comma 3, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in l. 11 novembre 1983 n. 638, non sono ravvisabili ragioni sufficienti per escludere l'operatività delle norme limitative della ripetizione, quali l'art. 52 l. 9 marzo 1989 n. 88, e l'art. 1, comma 263, l. 23 dicembre 1996 n. 662, con riferimento alle somme che siano state nel frattempo erroneamente corrisposte a titolo di integrazione al minimo su un'altra pensione). Al di là della questione specifica sottoposta al vaglio della S.C., che riguardava la possibilità (esclusa) di disporre la compensazione tra l'integrazione al minimo effettivamente corrisposta ma indebita e quella dovuta su un distinto trattamento pensionistico e erroneamente non corrisposta, è un dato di fatto quello che, in relazione all'integrazione al minimo erronamente liquidato, la Corte ha affermato l'applicabilità dell'art. 52 della l. n. 88 del 1989. In tale prospettiva, si ritiene che, peraltro in armonia con il tenore letterale della norma, l'art. 6, comma 11 quinquies del d.l. n. 463 del 1983 debba essere riferito esclusivamente all'ipotesi in cui il recupero avvenga mediante trattenuta sul trattamento specifico cui accede l'integrazione al minimo. In ogni altra diversa ipotesi, troverà applicazione la generale disciplina limitativa della ripetizione d'indebito di cui all'art. 52 della l. n. 88 del 1989.
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