L'articolo 1 della Legge fallimentare le imprese soggette a fallimento e a concordato preventivo, i requisiti che escludono la soggezione alla disciplina del fallimento - giurisprudenza
Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo
(1) (2).
Art. 1
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato
preventivo gli imprenditori che esercitano una attivita' commerciale, esclusi
gli enti pubblici.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul
concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino
il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di
deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attivita' se di durata
inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore
ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre
esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio
dell'attivita' se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo
annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore
ad euro cinquecentomila.
I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma
possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia,
sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo
per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.
(1) Articolo modificato dall'articolo
unico della legge 20 ottobre 1952, n. 1375 e successivamente sostituito
dall'articolo 1 del D.Lgs.
9 gennaio 2006, n. 5 e dall'articolo
1 del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs.
169/2007.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 22 dicembre
1989, n. 570, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo
comma del presente articolo, nel testo precedente la modifica, nella parte
in cui prevedeva che quando è mancato l'accertamento ai fini dell'imposta
di ricchezza mobile, sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori
esercenti un'attività commerciale nella cui azienda risulta investito
un capitale non superiore a lire novecentomila.
Cassazione civile sez. I 30 luglio 2012 n. 13542
In tema di fallimento, spetta all'imprenditore di dimostrare il possesso congiunto dei requisiti dimensionali che escludono la sua fallibilità, in coerenza con il principio di prossimità della prova vigente nel nostro ordinamento, atteso che non si può porre a carico del creditore l'onere di allegare dati contabili di cui non ha la disponibilità e che sono, invece, nella piena disponibilità del debitore.
Cassazione civile sez. I 17 luglio 2012 n. 12215
La sottrazione dell'impresa agricola alle norme sul fallimento non è di ostacolo all'applicabilità del r.d. n. 267 del 1942, art. 1, che dichiara soggetta alle norme in materia di fallimento l'impresa commerciale, nonostante che l'impresa medesima svolga contemporaneamente anche un'attività di natura agricola.
Cassazione civile sez. VI 28 giugno 2012 n. 11007
Ai fini della prova da parte dell'imprenditore della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'art. 1, secondo comma, l. fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non costituiscono prova legale, per cui, ove non considerati attendibili, l'imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza comunque dei requisiti della non fallibilità.
Cassazione civile sez. I 04 giugno 2012 n. 8930
In tema di dichiarazione di fallimento, a prescindere dai requisiti dimensionali dell'impresa e dalla natura dei debiti contratti (per i quali non rileva la causa sottesa alle obbligazioni contratte), la mancata produzione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria rappresenta un inadempimento dell'onere della prova di non raggiungere la soglia di fallibilità.
Cassazione civile sez. I 23 marzo 2012 n. 4738
In tema di presupposti per la dichiarazione di fallimento, agli effetti dell'art. 1, comma 2, lett. a, legge fall., nel testo modificato dal d.lg. 9 gennaio 2006 n. 5, applicabile ratione temporis, nella nozione di investimenti nell'azienda non deve essere considerato il totale di quelli effettuati nel corso degli anni dall'imprenditore, posto che, a tale stregua, finirebbe con il divenire fallibile anche l'esercente un'attività di modestissime dimensioni protrattasi per lungo tempo, ma occorre verificare se l'attivo, che fa parte dello stato patrimoniale da indicare in bilancio ex art. 2424 c.c., negli ultimi tre esercizi sia stato o meno inferiore a 300.000 euro; infatti, il legislatore ha voluto che la ricorrenza di tale presupposto, complementare a quello dei ricavi, fosse riferita ad un periodo prossimo alla manifestazione dell'insolvenza, come confermato dalla circostanza che si tratta dello stesso periodo in relazione al quale, ai sensi del novellato art. 14 legge fall., l'imprenditore che richieda il proprio fallimento è tenuto a depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie
In tema di fallimento, spetta all'imprenditore di dimostrare il possesso congiunto dei requisiti dimensionali che escludono la sua fallibilità, in coerenza con il principio di prossimità della prova vigente nel nostro ordinamento, atteso che non si può porre a carico del creditore l'onere di allegare dati contabili di cui non ha la disponibilità e che sono, invece, nella piena disponibilità del debitore.
Cassazione civile sez. I 17 luglio 2012 n. 12215
La sottrazione dell'impresa agricola alle norme sul fallimento non è di ostacolo all'applicabilità del r.d. n. 267 del 1942, art. 1, che dichiara soggetta alle norme in materia di fallimento l'impresa commerciale, nonostante che l'impresa medesima svolga contemporaneamente anche un'attività di natura agricola.
Cassazione civile sez. VI 28 giugno 2012 n. 11007
Ai fini della prova da parte dell'imprenditore della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'art. 1, secondo comma, l. fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non costituiscono prova legale, per cui, ove non considerati attendibili, l'imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza comunque dei requisiti della non fallibilità.
Cassazione civile sez. I 04 giugno 2012 n. 8930
In tema di dichiarazione di fallimento, a prescindere dai requisiti dimensionali dell'impresa e dalla natura dei debiti contratti (per i quali non rileva la causa sottesa alle obbligazioni contratte), la mancata produzione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria rappresenta un inadempimento dell'onere della prova di non raggiungere la soglia di fallibilità.
Cassazione civile sez. I 23 marzo 2012 n. 4738
In tema di presupposti per la dichiarazione di fallimento, agli effetti dell'art. 1, comma 2, lett. a, legge fall., nel testo modificato dal d.lg. 9 gennaio 2006 n. 5, applicabile ratione temporis, nella nozione di investimenti nell'azienda non deve essere considerato il totale di quelli effettuati nel corso degli anni dall'imprenditore, posto che, a tale stregua, finirebbe con il divenire fallibile anche l'esercente un'attività di modestissime dimensioni protrattasi per lungo tempo, ma occorre verificare se l'attivo, che fa parte dello stato patrimoniale da indicare in bilancio ex art. 2424 c.c., negli ultimi tre esercizi sia stato o meno inferiore a 300.000 euro; infatti, il legislatore ha voluto che la ricorrenza di tale presupposto, complementare a quello dei ricavi, fosse riferita ad un periodo prossimo alla manifestazione dell'insolvenza, come confermato dalla circostanza che si tratta dello stesso periodo in relazione al quale, ai sensi del novellato art. 14 legge fall., l'imprenditore che richieda il proprio fallimento è tenuto a depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie
Cassazione civile sez. I 04 maggio 2011 n. 9760
Ai fini dell'accertamento del requisito di fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, lett. c, legge fall., occorre procedere a valutazione dell'esposizione complessiva dell'imprenditore, anche con riguardo ai debiti non scaduti, trattandosi di requisito assunto dal legislatore quale indice dimensionale dell'impresa; pertanto, vanno considerati anche i debiti condizionati, come quelli derivanti dalla prestazione di garanzie, che presuppongono la preventiva escussione del debitore. (Nell'enunciare il principio, la C.S. ha respinto il ricorso avverso la sentenza impugnata, la quale aveva tenuto conto, ai fini dimensionali, dell'intero credito vantato da un creditore, sebbene condizionato alla preventiva escussione del debitore ceduto in virtù di cessione pro solvendo).
Cassazione civile sez. I 03 dicembre 2010 n. 24630
In tema di presupposti dimensionali per l'esonero dalla fallibilità del debitore, nel computo dei ricavi, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, il triennio cui si richiama il legislatore nell'art. 1, comma 2, lett. b), l.fall. (nel testo modificato dal d.lg. 5/2006, applicabile "ratione temporis") va riferito agli ultimi tre esercizi, in cui la gestione economica è scadenzata, e non agli anni solari; a tale interpretazione si perviene, in assenza di un dato letterale della norma sufficientemente chiaro ed inequivoco che ne permetta la ricostruzione del significato e la connessa portata precettiva, mediante il ricorso al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, nell'esame complessivo del testo, della "mens legis", con una interpretazione sistematica delle norme ed il richiamo, tra esse, dell'art.14 l.fall., che, in tema di istanza di fallimento, impone al debitore che chieda tale dichiarazione di depositare le scritture contabili e fiscali degli ultimi tre anni, cioè degli ultimi tre esercizi cui ha riguardo la documentazione funzionale all'accertamento delle sue condizioni di fallibilità, mentre la modifica letterale del citato art.1, intervenuta ad opera del d.lg. 169/2007, pur non fungendo da fonte di interpretazione autentica, ha proprio voluto eliminare ogni incertezza sull'interpretazione effettiva della disposizione, nel senso sopra indicato.
Cassazione civile sez. I 29 ottobre 2010 n. 22150
Ai fini dell'accertamento del requisito dimensionale per l'assoggettabilità a fallimento, nel quadro normativo formato dall'art. 1, comma 2, lett. a, legge fall., nel testo introdotto dal d.lg. n. 5 del 2006, successivamente modificato, in senso solo correttivo e non modificativo del d.lg. n. 169 del 2007, nella nozione di ««capitale investitoo» nell'azienda, rilevante ai fini dell'integrazione del predetto parametro dimensionale, devono essere inclusi i crediti che, peraltro rientrano nell'attivo patrimoniale ai sensi dell'art. 2424 c.c..
Cassazione civile sez. I 28 maggio 2010 n. 13086
L’art. 1 comma 2 della legge fallimentare modificato dal decreto correttivo n. 169/2007 chiaramente privilegiando il criterio quantitativo rispetto a quello per categorie, ha posto termine al dibattito esegetico sorto circa la sopravvivenza in ambito concorsuale della nozione di piccolo imprenditore avendo eliminato qualsiasi spazio di applicabilità al sistema concorsuale di tale ultima figura attraverso la fissazione dei limiti quantitativi entro i quali l’attività dell’imprenditore - nozione correttamente preferita a quella oggettiva dell’impresa, pur valorizzata dall’intero impianto della riforma, che, come rileva la dottrina, non rappresenta un soggetto ma qualifica l’attività esercitata dal soggetto che opera professionalmente in campo economico - deve rientrare per essere sottratta al fallimento, nell’ottica della fissazione di un limite di utilità economica dell’apertura della procedura.
Cassazione civile sez. I 29 luglio 2009 n. 17553
L'art. 2424 c.c. rappresenta il parametro normativo per definire il concetto di "attivo patrimoniale" di cui all'art. 1 comma 2 lett. a) l.fall., nel testo introdotto dal d.lg. 12 settembre 2007 n. 169. Ai fini della valutazione della sussistenza del predetto requisito dimensionale, i criteri dettati dall'art. 2424 c.c., in quanto espressione della logica contabile, trovano applicazione anche nei confronti di soggetti qualificabili come piccoli imprenditori ex art. 2083 c.c. ed impongono di computare nell'attivo patrimoniale le rimanenze di magazzino, mentre nel passivo patrimoniale vanno computati i debiti eventualmente contratti per l'acquisto di quegli stessi beni.
Ai fini dell'accertamento del requisito di fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, lett. c, legge fall., occorre procedere a valutazione dell'esposizione complessiva dell'imprenditore, anche con riguardo ai debiti non scaduti, trattandosi di requisito assunto dal legislatore quale indice dimensionale dell'impresa; pertanto, vanno considerati anche i debiti condizionati, come quelli derivanti dalla prestazione di garanzie, che presuppongono la preventiva escussione del debitore. (Nell'enunciare il principio, la C.S. ha respinto il ricorso avverso la sentenza impugnata, la quale aveva tenuto conto, ai fini dimensionali, dell'intero credito vantato da un creditore, sebbene condizionato alla preventiva escussione del debitore ceduto in virtù di cessione pro solvendo).
Cassazione civile sez. I 03 dicembre 2010 n. 24630
In tema di presupposti dimensionali per l'esonero dalla fallibilità del debitore, nel computo dei ricavi, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, il triennio cui si richiama il legislatore nell'art. 1, comma 2, lett. b), l.fall. (nel testo modificato dal d.lg. 5/2006, applicabile "ratione temporis") va riferito agli ultimi tre esercizi, in cui la gestione economica è scadenzata, e non agli anni solari; a tale interpretazione si perviene, in assenza di un dato letterale della norma sufficientemente chiaro ed inequivoco che ne permetta la ricostruzione del significato e la connessa portata precettiva, mediante il ricorso al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, nell'esame complessivo del testo, della "mens legis", con una interpretazione sistematica delle norme ed il richiamo, tra esse, dell'art.14 l.fall., che, in tema di istanza di fallimento, impone al debitore che chieda tale dichiarazione di depositare le scritture contabili e fiscali degli ultimi tre anni, cioè degli ultimi tre esercizi cui ha riguardo la documentazione funzionale all'accertamento delle sue condizioni di fallibilità, mentre la modifica letterale del citato art.1, intervenuta ad opera del d.lg. 169/2007, pur non fungendo da fonte di interpretazione autentica, ha proprio voluto eliminare ogni incertezza sull'interpretazione effettiva della disposizione, nel senso sopra indicato.
Cassazione civile sez. I 29 ottobre 2010 n. 22150
Ai fini dell'accertamento del requisito dimensionale per l'assoggettabilità a fallimento, nel quadro normativo formato dall'art. 1, comma 2, lett. a, legge fall., nel testo introdotto dal d.lg. n. 5 del 2006, successivamente modificato, in senso solo correttivo e non modificativo del d.lg. n. 169 del 2007, nella nozione di ««capitale investitoo» nell'azienda, rilevante ai fini dell'integrazione del predetto parametro dimensionale, devono essere inclusi i crediti che, peraltro rientrano nell'attivo patrimoniale ai sensi dell'art. 2424 c.c..
Cassazione civile sez. I 28 maggio 2010 n. 13086
L’art. 1 comma 2 della legge fallimentare modificato dal decreto correttivo n. 169/2007 chiaramente privilegiando il criterio quantitativo rispetto a quello per categorie, ha posto termine al dibattito esegetico sorto circa la sopravvivenza in ambito concorsuale della nozione di piccolo imprenditore avendo eliminato qualsiasi spazio di applicabilità al sistema concorsuale di tale ultima figura attraverso la fissazione dei limiti quantitativi entro i quali l’attività dell’imprenditore - nozione correttamente preferita a quella oggettiva dell’impresa, pur valorizzata dall’intero impianto della riforma, che, come rileva la dottrina, non rappresenta un soggetto ma qualifica l’attività esercitata dal soggetto che opera professionalmente in campo economico - deve rientrare per essere sottratta al fallimento, nell’ottica della fissazione di un limite di utilità economica dell’apertura della procedura.
Cassazione civile sez. I 29 luglio 2009 n. 17553
L'art. 2424 c.c. rappresenta il parametro normativo per definire il concetto di "attivo patrimoniale" di cui all'art. 1 comma 2 lett. a) l.fall., nel testo introdotto dal d.lg. 12 settembre 2007 n. 169. Ai fini della valutazione della sussistenza del predetto requisito dimensionale, i criteri dettati dall'art. 2424 c.c., in quanto espressione della logica contabile, trovano applicazione anche nei confronti di soggetti qualificabili come piccoli imprenditori ex art. 2083 c.c. ed impongono di computare nell'attivo patrimoniale le rimanenze di magazzino, mentre nel passivo patrimoniale vanno computati i debiti eventualmente contratti per l'acquisto di quegli stessi beni.