Articolo 20 della Costituzione annotato con la giurisprudenza della Corte Costituzionale, il principio di laicità dello Stato
Art 20 cost
[I] Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
[I] Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
Corte costituzionale 15 luglio 1997 n. 235
Non è fondata, con riferimento agli art. 3, 8, 19, 20 e 53 cost., la q.l.c. dell'art. 8 comma 3 l. 16 dicembre 1977 n. 904 (Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e al regime tributario dei dividendi e degli aumenti di capitale, adeguamento del capitale minimo delle società e altre norme in materia fiscale e societaria) - che esonera dall'in.v.im. decennale o periodica tutti gli immobili appartenenti ai benefici ecclesiastici, indipendentemente dalla loro destinazione - e dell'art. 45 l. 20 maggio 1985 n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) - che estende tale esenzione agli istituti per il sostentamento del clero i quali, per effetto della medesima legge, succedono ai benefici estinti a tutti i rapporti attivi e passivi (art. 28) - in quanto - posto che le norme denunciate violerebbero gli art. 3, 8, 19, 20 e 53 cost. per la disparità di trattamento ch'esse determinerebbero rispetto alla disciplina tributaria prevista per i beni appartenenti a enti di culti diversi da quello cattolico (nella specie, Comunità ebraica di Venezia, ricorrente di fronte al giudice remittente); che la disparità di trattamento lamentata consisterebbe in ciò, che mentre i beni degli enti di culto cattolico sono esentati totalmente dall'imposta quale che sia la destinazione dell'immobile (disciplina denunciata), quelli degli enti di culto diverso da quello cattolico sono esentati totalmente dall'imposta solo se vi sia una destinazione diretta dell'immobile ai fini istituzionali dell'ente (art. 25 d.P.R. n. 643 del 1972, recante istituzione dell'in.v.im.); che il rispetto o la violazione del principio di uguaglianza in materia religiosa da parte delle norme tributarie statali (valutazione che presuppone un raffronto tra discipline che coinvolgono disposizioni, alcune delle quali inserite in complessi normativi distinti e diversi per contenuti, aventi base in accordi o intese tra lo Stato e le confessioni religiose) devono valutarsi tenendo necessariamente conto delle distinte discipline dei soggetti destinatari di quella normativa, dove la distinzione è conseguenza del sistema di regolamentazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose voluto dalla Costituzione; che, mentre agli istituti per il sostentamento del clero deve riconoscersi la natura di enti strumentali "ad hoc" della Chiesa cattolica, con personalità giuridica nell'ordinamento dello Stato, le comunità ebraiche sono, innanzitutto, comunità sociali che organizzano ed esprimono l'insieme degli interessi religiosi, culturali ed assistenziali qualificanti la loro identità; e che, mentre gli istituti, all'interno della complessa organizzazione della Chiesa, assicurano il sostentamento dei ministri del culto, scopo specifico e unico al quale sono finalizzate tutte le risorse di cui possono disporre, con la conseguenza che l'esenzione totale dall'in.v.im. decennale vale pe essi non tanto per l'appartenenza degli immobili a determinati soggetti, quanto per la destinazione degli stessi e dei redditi all'unica loro finalità istituzionale, al contrario, il sostentamento dei ministri del culto rappresenta una soltanto delle attività cui attendono le comunità ebraiche, nel patrimonio delle quali, per l'ordinamento dello Stato, i beni non sono distinguibili a seconda che siano utilizzati per tale fine ovvero per altri scopi, tra quelli propri delle comunità stesse - siffatta differenza di natura soggettiva direttamente collegata alla diversità delle funzioni e della destinazione oggettiva dei beni impedisce di addivenire ad una pronuncia d'incostituzionalità che, determinando l'estensione dell'esenzione totale dall'in.v.im. periodica, finirebbe per riguardare beni immobili delle comunità ebraiche destinati anche a finalità diverse dal sostentamento dei ministri del culto ebraico, eccedendosi, in tal modo, dalla portata della norma di esenzione assunta come termine di comparazione nel giudizio di uguaglianza.
Corte costituzionale 27 aprile 1993 n. 195
È costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge della regione Abruzzo 16 marzo 1988 n. 29 ("Disciplina urbanistica dei servizi religiosi") nella parte in cui limita il diritto all'erogazione dei contributi in essa previsti esclusivamente alla Chiesa cattolica e alle confessioni diverse dalla cattolica i cui rapporti con lo Stato siano regolati sulla base di intese, ai sensi dell'art. 8, comma 3 cost. L'ente pubblico può differenziare il trattamento economico delle diverse confessioni religiose a seconda della loro presenza organizzata sul territorio del comune. Invece non può costituire motivo di discriminazione il fatto che una confessione religiosa non abbia concluso con lo Stato un'intesa ex art. 8, comma 3, cost.: tale differenziazione violerebbe il principio della parità di trattamento e della "eguale libertà di culto" sancito dallo stesso art. 8 e recherebbe pregiudizio all'esercizio in concreto del diritto fondamentale e inviolabile a professare la propria fede religiosa, stabilito dall'art. 19 cost. La stipulazione di un'intesa costituisce una mera facoltà, e non un obbligo, mentre per tutte le confessioni religiose - senza distinzioni - vale il principio di eguale libertà di fronte alla legge.
Corte costituzionale 25 maggio 1990 n. 259
Sono illegittimi - in riferimento all'art. 8, comma 2, cost., nonché al principio di laicità dello Stato ricavabile dagli art. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 cost. - gli art. 1, 2, 15, 17, 18, 19, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 56, 57, 58 del r.d. 30 ottobre 1930 n. 1731 (Norme sulle comunità israelitiche e sulla unione delle comunità medesime).
Non è fondata, con riferimento agli art. 3, 8, 19, 20 e 53 cost., la q.l.c. dell'art. 8 comma 3 l. 16 dicembre 1977 n. 904 (Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e al regime tributario dei dividendi e degli aumenti di capitale, adeguamento del capitale minimo delle società e altre norme in materia fiscale e societaria) - che esonera dall'in.v.im. decennale o periodica tutti gli immobili appartenenti ai benefici ecclesiastici, indipendentemente dalla loro destinazione - e dell'art. 45 l. 20 maggio 1985 n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) - che estende tale esenzione agli istituti per il sostentamento del clero i quali, per effetto della medesima legge, succedono ai benefici estinti a tutti i rapporti attivi e passivi (art. 28) - in quanto - posto che le norme denunciate violerebbero gli art. 3, 8, 19, 20 e 53 cost. per la disparità di trattamento ch'esse determinerebbero rispetto alla disciplina tributaria prevista per i beni appartenenti a enti di culti diversi da quello cattolico (nella specie, Comunità ebraica di Venezia, ricorrente di fronte al giudice remittente); che la disparità di trattamento lamentata consisterebbe in ciò, che mentre i beni degli enti di culto cattolico sono esentati totalmente dall'imposta quale che sia la destinazione dell'immobile (disciplina denunciata), quelli degli enti di culto diverso da quello cattolico sono esentati totalmente dall'imposta solo se vi sia una destinazione diretta dell'immobile ai fini istituzionali dell'ente (art. 25 d.P.R. n. 643 del 1972, recante istituzione dell'in.v.im.); che il rispetto o la violazione del principio di uguaglianza in materia religiosa da parte delle norme tributarie statali (valutazione che presuppone un raffronto tra discipline che coinvolgono disposizioni, alcune delle quali inserite in complessi normativi distinti e diversi per contenuti, aventi base in accordi o intese tra lo Stato e le confessioni religiose) devono valutarsi tenendo necessariamente conto delle distinte discipline dei soggetti destinatari di quella normativa, dove la distinzione è conseguenza del sistema di regolamentazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose voluto dalla Costituzione; che, mentre agli istituti per il sostentamento del clero deve riconoscersi la natura di enti strumentali "ad hoc" della Chiesa cattolica, con personalità giuridica nell'ordinamento dello Stato, le comunità ebraiche sono, innanzitutto, comunità sociali che organizzano ed esprimono l'insieme degli interessi religiosi, culturali ed assistenziali qualificanti la loro identità; e che, mentre gli istituti, all'interno della complessa organizzazione della Chiesa, assicurano il sostentamento dei ministri del culto, scopo specifico e unico al quale sono finalizzate tutte le risorse di cui possono disporre, con la conseguenza che l'esenzione totale dall'in.v.im. decennale vale pe essi non tanto per l'appartenenza degli immobili a determinati soggetti, quanto per la destinazione degli stessi e dei redditi all'unica loro finalità istituzionale, al contrario, il sostentamento dei ministri del culto rappresenta una soltanto delle attività cui attendono le comunità ebraiche, nel patrimonio delle quali, per l'ordinamento dello Stato, i beni non sono distinguibili a seconda che siano utilizzati per tale fine ovvero per altri scopi, tra quelli propri delle comunità stesse - siffatta differenza di natura soggettiva direttamente collegata alla diversità delle funzioni e della destinazione oggettiva dei beni impedisce di addivenire ad una pronuncia d'incostituzionalità che, determinando l'estensione dell'esenzione totale dall'in.v.im. periodica, finirebbe per riguardare beni immobili delle comunità ebraiche destinati anche a finalità diverse dal sostentamento dei ministri del culto ebraico, eccedendosi, in tal modo, dalla portata della norma di esenzione assunta come termine di comparazione nel giudizio di uguaglianza.
Corte costituzionale 27 aprile 1993 n. 195
È costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge della regione Abruzzo 16 marzo 1988 n. 29 ("Disciplina urbanistica dei servizi religiosi") nella parte in cui limita il diritto all'erogazione dei contributi in essa previsti esclusivamente alla Chiesa cattolica e alle confessioni diverse dalla cattolica i cui rapporti con lo Stato siano regolati sulla base di intese, ai sensi dell'art. 8, comma 3 cost. L'ente pubblico può differenziare il trattamento economico delle diverse confessioni religiose a seconda della loro presenza organizzata sul territorio del comune. Invece non può costituire motivo di discriminazione il fatto che una confessione religiosa non abbia concluso con lo Stato un'intesa ex art. 8, comma 3, cost.: tale differenziazione violerebbe il principio della parità di trattamento e della "eguale libertà di culto" sancito dallo stesso art. 8 e recherebbe pregiudizio all'esercizio in concreto del diritto fondamentale e inviolabile a professare la propria fede religiosa, stabilito dall'art. 19 cost. La stipulazione di un'intesa costituisce una mera facoltà, e non un obbligo, mentre per tutte le confessioni religiose - senza distinzioni - vale il principio di eguale libertà di fronte alla legge.
Corte costituzionale 25 maggio 1990 n. 259
Sono illegittimi - in riferimento all'art. 8, comma 2, cost., nonché al principio di laicità dello Stato ricavabile dagli art. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 cost. - gli art. 1, 2, 15, 17, 18, 19, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 56, 57, 58 del r.d. 30 ottobre 1930 n. 1731 (Norme sulle comunità israelitiche e sulla unione delle comunità medesime).