In caso di domanda di risarcimento per erronee certificazioni urbanistiche rilasciate dal Comune il giudice competente è il GO
Con sentenza n 20072 del 23 settembre 2010, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, su istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, hanno chiarito che, con riferimento alla domanda risarcitoria svolta in relazione ad erronee certificazioni urbanistiche rilasciate dal Comune, è competente il Giudice Ordinario.
La conclusione trae origine dalla ricognizione della natura dell'attività certificatoria del Comune dalla quale esula ogni profilo di discrezionalità amministrativa. Ne consegue, secondo le Sezioni Unite, che, alla certificazione, non può annettersi valenza di provvedimento amministrativo e che le situazioni giuridiche eventualmente lese da erronee certificazioni sono diritti soggettivi tutelabili dinanzi al Giudice Ordinario
Cass Civ Sez Un n 20072 del 23 settembre 2010
Rientra nella giurisdizione del g.o. la domanda con la quale è stata chiesta la condanna di un Comune al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del rilascio, da parte dell'ente territoriale, del certificato di destinazione urbanistica erroneamente attestante la qualità edificatoria di un terreno risultato, in realtà, soltanto in minima parte edificabile.
IN FATTO E IN DIRITTO
La s.a.s. "Immobiliare II Poggio", nel convenire in giudizio dinanzi al tribunale di Fermo l'omonimo comune, ne chiese la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dei rilascio, da parte dell'ente territoriale, di una certificazione urbanistica erroneamente attestante la qualità edificatoria tout court di un'area risultata, in realtà, soltanto in minima parte edificabile.
Espose il ricorrente che, a causa dell'errore commesso dal dirigente dell'ufficio urbanistico - da imputarsi, per effetto del rapporto di immedesimazione organica, allo stesso comune -, non era stato possibile realizzare il preventivato intervento edilizio sul terreno in parola dopo l'acquisto, essendo stata negata alla società istante la relativa concessione.
L'ente convenuto, nel costituirsi in giudizio, eccepì il difetto di giurisdizione del G.O., vertendo, a suo dire, la controversia così introdotta su materia (quella urbanistico-edilizia) riservata alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo.
La società oggi ricorrente ha così proposto istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, sulla premessa secondo cui la lesione patrimoniale lamentata non poteva dirsi conseguenza immediata e diretta dell'illegittimo esercizio di potestà amministrative, non avendo l'attività meramente certificatoria svolta nella specie dalla P.A. alcuna natura tipicamente provvedimentale.
Il ricorso è fondato.
Parte ricorrente si duole della (incontroversa) erroneità del certificato di destinazione urbanistica, erroneità che ne aveva indotto una falsa rappresentazione della realtà (la legittimità di un intervento edilizio relativo all'intera area in questione) cui era conseguita la decisione di acquistare il terreno - decisione che non sarebbe mai stata adottata se fossero stata fedelmente e correttamente riportate, nella certificazione de qua, le reali condizioni del terreno quoad inaedificationis.
La controversia esula, dunque, dal campo (impropriamente evocato dal comune resistente) riservato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non controvertendosi, nella specie, in ordine ad alcuna ipotesi di gestione del territorio, che del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, riserva alla competenza esclusiva del G.A. Diversamente da quanto opinato dal resistente (secondo il quale il certificato in parola era un semplice attestato rilasciato a richiesta del privato, tale, pertanto, da non esonerare quest'ultimo dallo svolgimento di ulteriori attività di verifica e controllo), il rilascio della certificazione in parola integra gli estremi non già dello svolgimento di una qualsivoglia attività provvedimentale della P.A., bensì del comportamento (sicuramente colposo) del funzionario, riconducibile all'ente di appartenenza, astrattamente idoneo a risolversi in un illecito civile, con la conseguenza che spetta al giudice ordinario la cognizione (e l'accertamento in concreto) della sussistenza e della tutelebilità, sul piano risarcitorio, delle posizioni di diritto soggettivo che si assumono lese nella specie.
La disciplina delle spese segue, giusta il principio della soccombenza, come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Condanna il resistente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 3700,00 di cui Euro 200,00 per spese generali.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010