I criteri di computo dell'indennizzo per l'esproprio

L'indennizzo per l'esproprio subito costituisce presupposto di legitimità del provvedimenti di espopriazione, sia a mente dell'art. 42 Cost, sia in base a ciò che dispone l'art. 834 cc che, con riferimento alla sua concreta quantificazione, soggiunge che tale indennizzo deve essere giusto.
 
L'indennizzo per l'esproprio deve poi essere unico e spetta unicamente al titolare del diritto di proprietà o, in caso di costituzione del diritto enfiteutico, all'enfiteuta (i titolari di diritti reali minori potranno far valere i loro diritti sull'indennizzo riconosciuto al proprietario). Naturalmente, ove oggetto dell'espropriazione sia un diritto reale minore, l'indennizzo spetterà al titolare di quest'ultimo.

L'importo dell'indennizzo per l'esproprio di aree edificabili era, sino alle sentenze nn. 348 e 349 della Corte Costituzionale del 24 ottobre 2007, fissato dall'art. 5 bis del D.L. n. 333 del 1992 (riprodotto nell'art. 37 del TU in materia espropriativa) e, cioè, pari alla semisomma ridotta del 40% del valore venale del bene e del suo reddito dominicale rivalutato e moltiplicato per dieci.
 
Tale importo era considerevolmente più basso rispetto al valore di mercato dell'area e tale difformità è stata oggetto di giudizio d'illegittimità costituzionale da parte della Consulta con le riferite sentenze. La Corte Costituzionale ha, infatti, osservato come l'art. 1 del Protocollo addizionale alla convenzione  per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (CEDU), stabilisca che nessuno possa essere privato della sua proprietà se non per una causa di pubblica utilità, nelle condizioni previste dalla legge e secondo i principi del diritto internazionale. Di fatto, l'interpretazione della norma accolta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo è stata che l'espropriazione debba essere compensata dal riconoscimento di un indennizzo non inferiore al valore di mercato del bene espropriato. ove non si tratti di espropriazioni dirette a realizzare complessive riforme economico sociali.  In tale prospettiva, ha osservato la Consulta, una disposizione, come quella dell'art. 5 bis, che preveda un indennizzo di livello inferiore rispetto al valore di mercato del bene, si pone in contrasto con l'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione e, di conseguenza, con l'art. 117 della Cost., 1° comma che pone un rinvio c.d. mobile alle norme di diritto internazionale di volta in volta pertinenti.
 
In linea con le indicazioni della Corte Costituzionale è intervenuto il legislatore ordinario, con la Finanziaria 2008 (l. n. 244 del 2007) che ha fissato, nel T.U., all'art. 37, un nuovo criterio di computo dell'indennizzo dovuto per l'esproprio di aree edificabili. Tale criterio è quello del valore venale del bene, salvo che si tratti di espropriazioni relative a riforme economico sociali, nel qual caso l'indennizzo può essere diminuito del 25%. Ove, poi, il soggetto espropriato addivenga ad una cessione volontaria dell'area ovvero se l'accordo di cessione non si sia concluso per causa non imputabile all'espropriato, l'indennizzo sarà aumentato del 10%.

Il nuovo criterio di computo dell'indennizzo si applica anche alle espropriazioni in corso, salvo che la determinazione dell'indennizzo sia stata condivisa, ovvero accettata o, comunque, diventata irrevocabile.
 
La nuova norma pone problematiche interpretative, in particolare, per ciò che concerne i limiti d'ammissibilità della riduzione del 25% dell'indennità. Secondo la prevalente dottrina, le riforme economico sociali che legittimerebbero tale riduzione dell'indennizzo dovuto non potrebbero essere considerati i piani per l'edilizia economica e popolare stante la loro natura di atti pianificatori generali del territorio  ed anche in considerazione che gli assegnatari degli alloggi sono, poi, legittimati a rivenderli immediatamente.
 
La dottrina ha, al riguardo, rilevato che, quella della riforma economico sociale che legittimerebbe un indennizzo ridotto del 25%, sarebbe una clausola programmatica che dovrebbe essere specificatamente attuata dal Legislatore, non essendo consentito alla PA, in difetto di una norma primaria attributiva del relativo potere, di qualificare specifici interventi che comportino provvedimenti ablatori come volti a realizzare riforme economiche e sociali per limitare il quantum dell'indennizzo..
 
Ulteriore profilo dubbio di costituzionalità della norma è la previsione dell'incremento del 10% dell'indennità in caso di cessione volontaria del fondo edificabile. E' stato osservato che tale previsione, applicabile solo per le espropriazioni realizzate dalla PA e soltanto per quelle aventi ad oggetto fondi edificabili, presenterebbe profili di irragionevole disparità di trattamento con le altre tipologie espropriative e con le espropriazioni di competenza dei privati.

Rimangono in vigore, invece, i criteri di computo dell'indennizzo relativo all'esproprio di aree agricole o di aree edificate. Per queste ultime vale il criterio del valore venale, per le aree agricole quelle del valore venale in relazione alle colture esistenti e dei manufatti edilizi legittimamente realizzati. Ove le aree non siano coltivate, il valore venale va determinato con riferimento alle colture maggiormente praticate nella zona.
 
 
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