La disciplina dei provvedimenti di revoca

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La revoca è il provvedimento di secondo grado con il quale, sulla base di nuovi presupposti di fatto o di diritto o di sopravvenuti motivi di pubblico interesse una nuova valutazione dei fatti originari, la PA rimuove un suo precedente atto, con effetti ex nunc, in quanto sussista contemporaneamente una non rispondenza dell'atto all'interesse pubblico ed un attuale interesse alla rimozione dello stesso.

A differenza dell'annullamento d'ufficio, la revoca non incide su atti amministrativi illegittimi ma su atti amministrativi inopportuni e ad effetti durevoli. Sotto tale profilo, dunque, la revoca non trova applicazione nei riguardi dei provvedimenti vincolati, ad effetti istantanei, a provvedimenti che abbiano consumato il potere o interamente eseguiti.

La revoca è espressione dello ius poenitendi che viene riconosciuto in via generale alla PA; il relativo potere spetta, in via generale, all'organo che ha aottato l'atto di primo grado.

Salvo il caso della competenza funzionale, poi, il potere di revoca spetta altresì all'organo sovraordinato gerarchicamente a quello che ha adottato l'atto amministrativo da revocare.

La revoca trova una sua generale disciplina nell'art. 21 quinquies della L. n. 241/1990 che stabilisce come, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, sulla base di nuovi presupposti di fatto o di una nuova valutazione delle originarie circostanze di fatto, i provvedimenti amministrativi ad efficacia durevole possano essere revocati dagli organi amministrativi che li hanno adottati o da altri organi previsti dalla legge. Ove, poi, la revoca produca pregiudizi per i privati, i medesimi dovranno essere indennizzati e le controversie relative all'indennizzo sono attribuite alla competenza esclusiva del G.A.

Sotto il profilo dell'indennizzo, il D.L. n. 7/2007 ha introdotto un comma 1 bis all'art. 21 quinquies della L. n. 241/1990 che stabilisce la limitazione dell'indennizzo al danno emergente, cui l'indennizzo deve essere "parametrato" con esclusione del lucro cessante ove la revoca incida su rapporti negoziali tra la Pa e il privato.

Nella determinazione dell'indennizzo deve, peraltro, tenersi conto della conoscenza, da parte del destinatario dell'atto revocato, della contrarietà dell'atto all'interesse pubblico e del concorso del contraente o di altri soggetti nell'erronea valutazione della compatibilità dell'atto con l'interesse pubblico.

Con riferimento all'art. 1 bis, numerose sono le questioni interpretative che si sono affacciate. In primo luogo, la conoscenza o la conoscibilità della contrarietà all'interesse pubblico pone delicate questioni in ordine alla possibilità, per il privato, di sindacare il merito dell'azione amministrativa. Inoltre, si è dibattuto se la previsione sia applicabile anche ai casi di revoca per sopravvenienze in quanto, dal tenore testuale della norma, sembrerebbe doversene dedurre l'applicabilità ai soli casi di erronea valutazione originaria dell'interesse pubblico. Ulteriore questione è se il riferimento al danno emergente quale parametro per la determinazione dell'indennizzo significhi che quest'ultimo possa scendere al di sotto di tale soglia. Infine, non appare chiaro il riferimento, da parte del Legislatore, al concorso di "altri" nell'erronea valutazione della compatibilità dell'atto revocato con l'interesse pubblico.

L'indennizzo conseguente ad un atto di revoca deve, peraltro, essere mantenuto distinto dal risarcimento del danno dovuto dalla PA, per responsabilità precontrattuale, in caso di revoca dell'aggiudicazione dell'appalto per sopravvenute esigenze pubbliche.

In tal caso il risarcimento comprende il lucro cessante che, però, non può identificarsi nel mancato guadagno che si sarebbe conseguito con l'esecuzione dell'appalto ma nel mancato guadagno relativo alla perdita di diverse chances per aver erroneamente confidato nell'efficacia dell'aggiudicazione.

In ogni caso, la revoca determina l'inidoneità dell'atto revocato a produrre effetti ulteriori. La revoca è, dunque, un provvedimento con efficacia ex nunc in quanto, da una parte, l'atto divenuto inopportuno può essere stato opportuno in passato sulla base di diversi presupposti e circostanze di fatto. Inoltre, il mantenimento degli effetti medio tempore prodotti si può spiegare sulla base di esigenze di certezza del diritto.

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