La normativa civilistica che disciplina i contratti pubblici

Argomenti collegati
 
 
 
 
Con riferimento alla disciplina dei contratti pubblici, la giurisprudenza e la dottrina hanno avuto modo di occuparsi dell'ambito e dei limiti d'applicazione della normativa civilistica a  tali contratti.
 
La questione, invero, presenta diverse soluzioni coerenti con la qualificazione ab origine dei contratti pubblici come espressione di autonomia negoziale e solo connotati dalla peculiarità dell'oggetto ovvero come spendita di potere autoritativo con moduli concordati.
 
Secondo la prevalente impostazione della dottrina, i contratti ad oggetto pubblico sono espressione di potere autoritativo e, come tali, risultano solo parzialmente compatibili con la normativa civilistica in materia contrattuale di cui agli artt. 1321 e ss cc.
 
Diverso il caso in cui si tratti dell'attività negoziale posta in essere dalla PA in posizione paritaria con il privato (contratti di diritto comune) ovvero dell'attività negoziale c.d. di diritto speciale laddove l'applicabilità della normativa privatistica sarà piena salvo specifiche deroghe.
 
Per ciò che riguarda i contratti ad oggetto pubblico, invece, la peculiare connotazione pubblicistica impone di ritenere applicabili, sotto il profilo della patologia, le norme di cui agli artt. 21, septies e octies, della Legge sul procedimento amministrativo con prevalenza rispetto alle norme del codice in materia di invalidità.

In chiave generale, invece, si ritengono applicabilile norme di cui agli artt. 1326 cc e ss in materia di formazione degli accordi contrattuali.

Tra le ulteriori questioni, considerando che i contratti pubblici sono, di norma, unilateralmente predisposti, si è posta la questione se ad essi fossero applicabili gli artt. 1341 e 1342 cc che prescrivono la specifica approvazione delle clausole vessatorie.
 
La giurisprudenza, dopo un primo orientamento contrario, ha ritenuto che detto onere formale vada osservato anche con riferimento ai contratti pubblici salvo che le clausole si siano limitate a trasporre nel contratto condizioni contenute nei capitolati generali, stante la natura normativa di questi ultimi.

Ulteriore questione relativa alla disciplina dei contratti pubblici è quella dell'ammissibilità della simulazione; a fronte di un orientamento risalente che negava la possibilità di una simulazione in considerazione della necessaria prevalenza della volontà espressa formalmente, si è andato formando un orientamento giurisprudenziale che ammette, anche nel campo della contrattualistica pubblica, la possibilità di una divergenza tra la volontà formalizzata nell'accordo e quella effettiva.
 
Ulteriore questione è quella dell'obbligo di buona fede in pendenza di condizione sospensiva con riferimento alla configurabilità di una responsabilità della PA, in pendenza di approvazione, per il ritardo con il quale la PA invia il contratto all'organo di controllo o per il ritardo nell'effettuazione del controllo. Si nega, invece, l'applicabilità dell'art. 1359 cc sulla finzione d'avveramento della condizione in quanto essa finirebbe per incidere sulla discrezionalità amministrativa e, per violare, gli artt. 4 e 5 LAC.
 
Ulteriore aspetto discusso è quello relativo alla configurabilità della mora della PA allorchè non provveda al pagamento del corrispettivo per la mancata emissione del mandato di pagamento. La giurisprudenza di Cassazione, con sentenza delle sezioni unite n. 3451 del 8 giugno 1985 ha riconosciuto la configurabilità della mora della PA in caso di ritardo nel pagamento, ammettendo l'altro contraente alla risoluzione del contratto per inadempimento, nonostante il mancato pagamento fosse dipeso dalla mancata emissione del titolo di spesa.

Con riferimento all'esecuzione del contratto in pendenza dell'approvazione occorre distinguere in quanto, in caso di mancata approvazione, ove l'esecuzione non sia stata richiesta dalla PA, questa sarà tenuta al rimborso delle spese ed al risarcimento delle perdite subite nei limiti in cui tragga qualche utilità dall'iniziato adempimento. Se è, invece, la PA che impone all'altro contraente l'esecuzione del contratto prima dell'approvazione sarà sempre tenuta al pagamento del prezzo con riferimento alla parte di lavori eseguita oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute per la stipula del contratto; ciò in aderenza alla ricostruzione della fattispecie in termini di responsabilità precontrattuale.
 
Ancora, con riferimento alla clausola penale, i Giudici di Palazzo Spada hannoa ffermato l'applicabilità del meccanismo della riduzione giudiziale di clausola manifestamente eccessiva ex art 1384 cc.
 
Esperibili, secondo la comunione opinione, sono le norme di autotutela privata di cui agli artt. 1460 e 1461 cc. Per ciò che concerne 
 
E' pacificamente ammessa, invece, la responsabilità della PA per culpa in contrahendo.
RICHIEDI CONSULENZA