si ha lottizzazione abusiva (cartolare) con il frazionamento e la vendita del terreno in lotti che denuncino la vocazione edificatoria...
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La vicenda sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato attiene ad un'impugnativa di determinazione dirigenziale comunale avente ad oggetto la sospensione dei lavori su terreno agricolo e l'immissione in possesso del terreno stesso quali conseguenze di una lottizzazione abusiva c.d. cartolare intrapresa su terreni aventi destinazione agricola a mente degli strumenti urbanistici vigenti.
I ricorrenti contestavano, sotto diversi profili la dterminazione dirigenziale, sostenendo in particolare l'assenza di opere che potessero comportare la trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni e comunque la mancanza della volontà di realizzare la presupposta lottizzazione abusiva (eccesso di potere sotto forma di travisamento dei fatti).
Il TAR, sul punto confermato dalla decisione del Consiglio di Stato, ha tuttavia posto in evidenza come la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio non si verifica solo quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati ma anche "quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".
I ricorrenti contestavano, sotto diversi profili la dterminazione dirigenziale, sostenendo in particolare l'assenza di opere che potessero comportare la trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni e comunque la mancanza della volontà di realizzare la presupposta lottizzazione abusiva (eccesso di potere sotto forma di travisamento dei fatti).
Il TAR, sul punto confermato dalla decisione del Consiglio di Stato, ha tuttavia posto in evidenza come la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio non si verifica solo quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati ma anche "quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".
In particolare, in quest'ultima ipotesi, si realizza la c.d. lottizzazione cartolare, una lottizzazione abusiva presunta sulla base di attività negoziale - cartolare dalla quale emergano gli indizi normativamente individuati (o anche un solo indizio) in ordine al mutamento di destinazione del/i terreno/i.
La lottizzazione cartolare, come delineata dal richiamato art. 18 della legge n. 47/1985 e ribadito dalla giurisprudenza amministrativa su di esso formatasi, è caratterizzata proprio dal fatto che sui lotti derivanti dal frazionamento non sono state iniziate opere di trasformazione urbanistico-edilizia dei terreni. In proposito è stato posto in rilievo che "il bene giuridico protetto dall'art. 18, L. n. 47 del 1985 è non solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè dal Comune), cui spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito" (Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 6060/2006).
Al riguardo il frazionamento-vendita di un terreno, può realizzare la fattispecie della lottizzazione abusiva cartolare allorchè sia possibile desumere in maniera non equivoca "la destinazione a scopo edificatorio" degli atti posti in essere dalle parti (Cons. Stato, sez.V, n. 6810/2004), con la precisazione che "non è necessario che sia dimostrata l'esistenza di tutti gli indici rilevatori di cui all'articolo 18 ..........ma è sufficiente che lo scopo edificatorio emerga anche da un solo indizio" (Cons. Stato, sez. V, n. 3136/2004 e n.839/2009).
Nel caso in esame la destinazione a scopo edificatorio è ricavabile dalle dimensioni dei lotti derivanti dal frazionamento, che risultano del tutto esigue rispetto alla destinazione ad uso agricolo (sulla rilevanza di tale elemento v. Cons. di Stato, sez.V, n.839/2009) e dal fatto che gli acquirenti non risultavano svolgere alcuna attività di coltivazione o di sfruttamento agricolo dei terreni.
Consiglio di Stato sez. IV 13 maggio 2011 n. 2937
Il concetto di lottizzazione cartolare viene delineato dall'art. 18 l. n. 47/1985, a tenore del quale si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio non solo quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, e comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione) ma anche "quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".
FATTO
1.- Con ricorso al TAR del Lazio gli odierni appellanti esponevano quanto segue.
Con atto pubblico di compravendita del 11.9.1996 essi (ad eccezione delle ricorrenti Or. Sc. e Ma. Gr. Pi., essendo intervenuti agli atti i loro mariti) acquistarono in parti uguali dalla CIP s.r.l. un appezzamento di terreno a destinazione agricola, situato in Comune di Roma, della superficie di mq 2254 e confinante con la via Campodimele, ove sono site unità immobiliari di proprietà degli esponenti, le quali si affacciano sul terreno oggetto di compravendita.
Con determinazione dirigenziale n. 635 del 4.5.1999 il Comune di Roma ha ordinato agli esponenti la "sospensione dei lavori" con riferimento al terreno citato, ritenendo esservisi concretata una lottizzazione abusiva; gli interessati hanno quindi impugnato la citata determinazione dirigenziale n. 635/1999 con un primo ricorso dinanzi al TAR Lazio.
Successivamente il medesimo provvedimento è stato impugnato dalla società venditrice CIP s.r.l. con ricorso accolto dal TAR adìto con conseguente annullamento dell'atto gravato (sentenza Sez. II ter n. 486/200) con salvezza degli ulteriori provvedimenti emanabili da parte dell'amministrazione.
1.2. - Il Comune ha quindi notificato due atti:
a- la Determinazione dirigenziale 4.4.2001, avente come oggetto "Determinazione dirigenziale n. 635 bis del 4.5.1999 - Reiterazione", con cui è stata nuovamente ordinata agli odierni appellanti "l'immediata sospensione dell'attività lottizzatoria";
- la "Determinazione dirigenziale di demolizione, di trascrizione nei registri immobiliari ed immissione in possesso dell'Amministrazione comunale" n. 452 del 12.4.2001.
Avverso questi ulteriori atti gli esponenti hanno proposto motivi aggiunti al precedente ricorso n. 11151/1999 ed un nuovo ricorso n. 8391/2001 , formulando a sostegno di entrambe le impugnative motivi riassumibili come segue:
- Violazione della legge (artt. 4, 18 e 20 della legge n. 47/1985; art. 1 legge regione Lazio n. 34/1974); eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare sviamento, falsità della causa, difetto di presupposti, contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione.
2.- Con sentenza n. 1774/2003 il T.a.r., previa riunione dei ricorsi n. 11151/1999 e n. 8391/2001 , ha dichiarato il primo improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in conseguenza dell'emanazione dei due provvedimenti impugnati col secondo ricorso n. 8391/2001 , relativamente al quale ha disposto incombenti istruttori. Eseguiti quest'ultimi, il Tribunale, con sentenza epigrafata, ha respinto nel merito l'impugnativa.
3.- Di qui l'appello proposto ed in trattazione, con il quale viene chiesta la riforma della cennata decisione alla stregua di articolati mezzi di gravame riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.
3.1- Si è costituito nel giudizio il Comune di Roma, resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive.
Parte appellante ha riepilogato in memoria le proprie tesi e, alla pubblica udienza dell' 8 marzo 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Con atto pubblico di compravendita del 11.9.1996 essi (ad eccezione delle ricorrenti Or. Sc. e Ma. Gr. Pi., essendo intervenuti agli atti i loro mariti) acquistarono in parti uguali dalla CIP s.r.l. un appezzamento di terreno a destinazione agricola, situato in Comune di Roma, della superficie di mq 2254 e confinante con la via Campodimele, ove sono site unità immobiliari di proprietà degli esponenti, le quali si affacciano sul terreno oggetto di compravendita.
Con determinazione dirigenziale n. 635 del 4.5.1999 il Comune di Roma ha ordinato agli esponenti la "sospensione dei lavori" con riferimento al terreno citato, ritenendo esservisi concretata una lottizzazione abusiva; gli interessati hanno quindi impugnato la citata determinazione dirigenziale n. 635/1999 con un primo ricorso dinanzi al TAR Lazio.
Successivamente il medesimo provvedimento è stato impugnato dalla società venditrice CIP s.r.l. con ricorso accolto dal TAR adìto con conseguente annullamento dell'atto gravato (sentenza Sez. II ter n. 486/200) con salvezza degli ulteriori provvedimenti emanabili da parte dell'amministrazione.
1.2. - Il Comune ha quindi notificato due atti:
a- la Determinazione dirigenziale 4.4.2001, avente come oggetto "Determinazione dirigenziale n. 635 bis del 4.5.1999 - Reiterazione", con cui è stata nuovamente ordinata agli odierni appellanti "l'immediata sospensione dell'attività lottizzatoria";
- la "Determinazione dirigenziale di demolizione, di trascrizione nei registri immobiliari ed immissione in possesso dell'Amministrazione comunale" n. 452 del 12.4.2001.
Avverso questi ulteriori atti gli esponenti hanno proposto motivi aggiunti al precedente ricorso n. 11151/1999 ed un nuovo ricorso n. 8391/2001 , formulando a sostegno di entrambe le impugnative motivi riassumibili come segue:
- Violazione della legge (artt. 4, 18 e 20 della legge n. 47/1985; art. 1 legge regione Lazio n. 34/1974); eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare sviamento, falsità della causa, difetto di presupposti, contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione.
2.- Con sentenza n. 1774/2003 il T.a.r., previa riunione dei ricorsi n. 11151/1999 e n. 8391/2001 , ha dichiarato il primo improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in conseguenza dell'emanazione dei due provvedimenti impugnati col secondo ricorso n. 8391/2001 , relativamente al quale ha disposto incombenti istruttori. Eseguiti quest'ultimi, il Tribunale, con sentenza epigrafata, ha respinto nel merito l'impugnativa.
3.- Di qui l'appello proposto ed in trattazione, con il quale viene chiesta la riforma della cennata decisione alla stregua di articolati mezzi di gravame riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.
3.1- Si è costituito nel giudizio il Comune di Roma, resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive.
Parte appellante ha riepilogato in memoria le proprie tesi e, alla pubblica udienza dell' 8 marzo 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- L'appello in esame controverte della legittimità di una determinazione dirigenziale (n.635 bis/1999) con la quale il Comune di Roma ha ordinato ai ricorrenti l'immediata sospensione di attività ritenuta lottizzatoria, e di un'ulteriore determinazione (n. 452/2001) ordinante demolizione e trascrizione nei registri immobiliari ed immissione in possesso dell'Amministrazione comunale. Tali provvedimenti risultano emanati in conseguenza della violazione degli artt. 18 e 20, lettera c), della legge n. 47/1985, in relazione a quanto disposto dall'articolo 1, lettera a), della legge regionale n. 34/1975 e dall'articolo 11 delle Norme tecniche di attuazione del P.R.G. vigente all'epoca dei fatti per lottizzazione abusiva materiale negoziale.
2.- Con la sentenza impugnata il TAR, dopo aver escluso l'interesse dei ricorrenti all'annullamento della delibera n.652/bis in ragione del contenuto della sopraggiunta determinazione n. 452/2001, ha respinto le censure articolate in merito dal ricorso, ritenendo:
A - infondata in fatto la doglianza di erroneità, secondo la quale i provvedimenti di cui si tratta non avrebbero ragion d'essere, non avendo i ricorrenti mai eseguito alcuna opera sul terreno di cui è causa; sul punto il primo giudice ha osservato che gli atti gravati non contestano la realizzazione di specifiche opere materiali, ma addebitano ai "lottisti" e alla società CIP a r.l. (in via diretta, quale soggetto "lottizzatore"), "attività lottizzatoria materiale e negoziale, mediante frazionamento in vendita di un appezzamento di terreno", "attività che come è noto, in base alle previsioni di cui all'art. 18 della legge n. 47/1985 e di cui all'art. 1 della legge regionale n. 34/1974 non implica necessariamente la materiale realizzazione di opere";
B - destituita di fondamento giuridico la doglianza di erronea qualificazione dell' acquisto di una porzione del terreno interessata, come lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 18, l. n. 47/1985, difettandone nella specie le condizioni poiché, secondo i ricorrenti:
-- il frazionamento fu effettuato dalla società venditrice nel 1992, ossia quattro anni prima della cessione ad essi delle porzioni di terreno;
-- nell'atto di vendita non è stato specificato che l'appezzamento di terreno era il risultato del frazionamento di un suolo più ampio, e che gli acquirenti - ora ricorrenti - ignoravano all'epoca che vi fosse stato un frazionamento;
Il TAR ha rigettato le predette argomentazioni, osservandone l'erroneità del presupposto, in quanto la impugnata determinazione n. 452/2001 non ha qualificato l'acquisto da parte dei ricorrenti di una porzione del terreno quale lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 18, l. n. 47/1985, ma ha ravvisato l'abuso di lottizzazione "presunta", ai sensi dell'art. 18, l. n. 47/1985, ma soprattutto ai sensi dell'art. 1 della legge regionale 22 luglio 1974, n. 34, ed ha altresì separatamente considerato nella fattispecie di lottizzazione abusiva sanzionata le due distinte figure del "lottizzante" (la CIP s.r.l.) e dei "lottisti" (i ricorrenti);
C- infondata, infine, la tesi per cui la conferma della inesistenza dell'attività lottizzatoria deriverebbe dalla richiesta di archiviazione per il reato di cui agli articoli 110 c.p., 18 e 20, lettera c), l. n. 47/1985, avanzata in data 8.3.2000 nei loro confronti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma; la circostanza è stata valutata dal TAR estranea alla determinazione n. 452/2001, a prescindere dalla sua piena prova, atteso che il provvedimento muove dal verificato illegittimo frazionamento da parte di un "lottizzante", a prescindere dalla prova di uno specifico intento edificatorio dei "lottisti" odierni ricorrenti.
3.- Riassunto l'orientamento del TAR, può procedersi ad esaminare le censure proposte contro la sua decisione.
3.1.- La prima avversa il capo della sentenza che ha escluso l'interesse dei ricorrenti all'annullamento della determina n.652/bis, ed argomenta come al contrario sussiste tuttora un interesse dei ricorrenti al suo annullamento, atteso che si trattava di due distinti ed autonomi ordini a fronte di due diverse violazioni. La tesi non ha alcun fondamento.
Il TAR, nel motivare l'improcedibilità dell'impugnativa della determina n. 652/bis per effetto della sopravvenuta determinazione n. 452/2001 (impugnata con lo stesso ricorso) ha infatti posto in luce che entrambi i provvedimenti contengono tutti gli elementi fondamentali che caratterizzano la fattispecie provvedimentale disciplinata dal citato art. 18; né gli appellanti chiariscono quale utilità deriverebbe loro dall'eventuale annullamento della determina n. 635/bis, considerato che quest'ultimo non eviterebbe il permanere della seconda determinazione, che a sua volta non costituisce atto meramente conseguente alla prima.
Il primo giudice ha quindi correttamente assorbite omesso di esaminare nel merito le censure, qui riproposte, contro la cennata determina.
3.2- Con specifico riguardo alla determina n. 452/2001, l'appello deduce il travisamento di norme giuridiche (ed in particolare dell'art. 18 della legge n. 47/1985), avendo il primo giudice ritenuto la configurabilità della lottizzazione abusiva anche in assenza di intento edificatorio; l'errore sarebbe reso poi evidente dal richiamo, ritenuto prevalente sul riferimento all'art. 18 della l.n.47/1985, all'art. 1 della legge regionale n. 34/1974, tenendo conto che quest'ultima norma, anch'essa richiamata dalla determina, non individua alcuna fattispecie di lottizzazione.
La censura investe due aspetti in realtà distinti.
- Il primo attiene al concetto di lottizzazione cartolare, come delineato dall'art. 18 della legge n. 47/1985 e ribadito dalla giurisprudenza amministrativa su di esso formatasi, dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi.
La norma testé ricordata stabilisce che si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio non solo quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, e comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione) ma anche "quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".
La fattispecie contestata dal Comune agli appellanti è quella della lottizzazione c.d. cartolare, ed è caratterizzata proprio dal fatto che sui lotti derivanti dal frazionamento non sono state iniziate opere di trasformazione urbanistico-edilizia dei terreni. In proposito è stato posto in rilievo che "il bene giuridico protetto dall'art. 18, L. n. 47 del 1985 è non solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè dal Comune), cui spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito" (Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 6060/2006).
La corretta ricostruzione della figura giuridica di cui si tratta esclude poi la rilevanza di tutte le altre argomentazioni proposte dagli appellanti ed in particolare di quella relativa all'assenza di ogni intendimento edificatorio. Al riguardo il Collegio, confermato come la norma trovi applicazione non soltanto sulla base del mero frazionamento-vendita di un terreno, ma richieda un quadro indiziario dal quale, sulla scorta degli elementi indicati nella norma stessa, sia possibile desumere in maniera non equivoca "la destinazione a scopo edificatorio" degli atti posti in essere dalle parti (Cons. Stato, sez.V, n. 6810/2004), deve per altro verso ribadire che "non è necessario che sia dimostrata l'esistenza di tutti gli indici rilevatori di cui all'articolo 18 ..........ma è sufficiente che lo scopo edificatorio emerga anche da un solo indizio" (Cons. Stato, sez. V, n. 3136/2004 e n.839/2009). Nel caso in esame la destinazione a scopo edificatorio è ricavabile dalle dimensioni dei lotti derivanti dal frazionamento, che risultano del tutto esigue rispetto alla destinazione ad uso agricolo (sulla rilevanza di tale elemento v. Cons. di Stato, sez.V, n.839/2009). Del resto, e sempre sotto l'aspetto delle dimensioni dei lotti, va rilevato che la citata legge regionale considera lottizzazioni di terreno a scopo edilizio anche: ... "i frazionamenti delle aree destinate dagli strumenti urbanistici alle attività agricole, ove i lotti siano inferiori a quelli minimi previsti da tali strumenti", sicché la norma regionale offre un preciso criterio di riferimento ed applicazione della figura giuridica di cui si tratta.
A ciò deve aggiungersi che non solo non risulta che gli acquirenti svolgano alcuna attività di coltivazione o di sfruttamento agricolo dei terreni, ma che anzi gli stessi affermano espressamente (p.22 dell'appello) che il loro intendimento era quello di conseguire una maggiore valorizzazione delle loro rispettive contigue proprietà residenziali.
- Il secondo profilo, che si incentra sulla tesi per cui la legge regionale, pur invocata dall'atto impugnato, non individuerebbe alcuna fattispecie di lottizzazione, attiene all'indicazione delle norme in base alle quali la sentenza gravata ha risolto la questione centrale della controversia; si contrasta qui l'affermazione del TAR per cui il provvedimento gravato si fonderebbe soprattutto sull'art. 1 della legge regionale citata, e si evidenzia che questa si limita a definire il concetto di lottizzazione. La censura in esame, a parere del Collegio, non può assumere il rilevo che le si attribuisce.
Ed invero, dopo aver sostenuto che la legge regionale non individuerebbe alcuna fattispecie di lottizzazione, gli appellanti aggiungono subito dopo che la predetta fonte normativa si limita unicamente a definire il concetto di lottizzazione e sottolineano che il divieto applicato è contenuto nella sola legge n. 47/1985. Ma ciò, come già sopra indicato, è errato poiché la norma regionale realizza in effetti un completamento applicativo della norma statale, costituendo sostanzialmente un'unica figura giuridica applicabile alle fattispecie di lottizzazione cartolare poste in essere nel territorio laziale.
L'aggiunta, nella motivazione della sentenza, dell'avverbio "soprattutto" resta perciò un elemento del tutto inidoneo a determinare l'illegittimità dell'atto impugnato come della sentenza gravata.
Sono conseguentemente infondate anche tutte le altre argomentazioni formulate dall'appello (punti 2.2. e 2.3) e che fanno riferimento all'operata sottolineatura della legge regionale. In particolare, quanto alla volontà edificatoria (negata dagli appellanti), la presenza di altri elementi indicati dall'art. 18 conferma l'irrilevanza in sede amministrativa della eventuale archiviazione in sede penale dell'ipotesi di reato di lottizzazione abusiva, fondata sulla mancata prova della volontà in questione; questa conclusione, infatti, non esclude in alcun modo l'emanazione della diversa misura amministrativa di cui è controversia e che desume detta volontà dalla obiettiva sussistenza dei citati elementi di legge.
3.3.- Le doglianze proposte al punto 2.4. dell'appello ripropongono, infine, la già ipotizzata ricostruzione giuridica della lottizzazione abusiva cartolare su cui il Collegio si è già soffermato, con esito negativo.
4- Conclusivamente l'appello deve essere respinto.
4.1- Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c) e vanno pertanto poste a carico di parte appellante.
2.- Con la sentenza impugnata il TAR, dopo aver escluso l'interesse dei ricorrenti all'annullamento della delibera n.652/bis in ragione del contenuto della sopraggiunta determinazione n. 452/2001, ha respinto le censure articolate in merito dal ricorso, ritenendo:
A - infondata in fatto la doglianza di erroneità, secondo la quale i provvedimenti di cui si tratta non avrebbero ragion d'essere, non avendo i ricorrenti mai eseguito alcuna opera sul terreno di cui è causa; sul punto il primo giudice ha osservato che gli atti gravati non contestano la realizzazione di specifiche opere materiali, ma addebitano ai "lottisti" e alla società CIP a r.l. (in via diretta, quale soggetto "lottizzatore"), "attività lottizzatoria materiale e negoziale, mediante frazionamento in vendita di un appezzamento di terreno", "attività che come è noto, in base alle previsioni di cui all'art. 18 della legge n. 47/1985 e di cui all'art. 1 della legge regionale n. 34/1974 non implica necessariamente la materiale realizzazione di opere";
B - destituita di fondamento giuridico la doglianza di erronea qualificazione dell' acquisto di una porzione del terreno interessata, come lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 18, l. n. 47/1985, difettandone nella specie le condizioni poiché, secondo i ricorrenti:
-- il frazionamento fu effettuato dalla società venditrice nel 1992, ossia quattro anni prima della cessione ad essi delle porzioni di terreno;
-- nell'atto di vendita non è stato specificato che l'appezzamento di terreno era il risultato del frazionamento di un suolo più ampio, e che gli acquirenti - ora ricorrenti - ignoravano all'epoca che vi fosse stato un frazionamento;
Il TAR ha rigettato le predette argomentazioni, osservandone l'erroneità del presupposto, in quanto la impugnata determinazione n. 452/2001 non ha qualificato l'acquisto da parte dei ricorrenti di una porzione del terreno quale lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 18, l. n. 47/1985, ma ha ravvisato l'abuso di lottizzazione "presunta", ai sensi dell'art. 18, l. n. 47/1985, ma soprattutto ai sensi dell'art. 1 della legge regionale 22 luglio 1974, n. 34, ed ha altresì separatamente considerato nella fattispecie di lottizzazione abusiva sanzionata le due distinte figure del "lottizzante" (la CIP s.r.l.) e dei "lottisti" (i ricorrenti);
C- infondata, infine, la tesi per cui la conferma della inesistenza dell'attività lottizzatoria deriverebbe dalla richiesta di archiviazione per il reato di cui agli articoli 110 c.p., 18 e 20, lettera c), l. n. 47/1985, avanzata in data 8.3.2000 nei loro confronti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma; la circostanza è stata valutata dal TAR estranea alla determinazione n. 452/2001, a prescindere dalla sua piena prova, atteso che il provvedimento muove dal verificato illegittimo frazionamento da parte di un "lottizzante", a prescindere dalla prova di uno specifico intento edificatorio dei "lottisti" odierni ricorrenti.
3.- Riassunto l'orientamento del TAR, può procedersi ad esaminare le censure proposte contro la sua decisione.
3.1.- La prima avversa il capo della sentenza che ha escluso l'interesse dei ricorrenti all'annullamento della determina n.652/bis, ed argomenta come al contrario sussiste tuttora un interesse dei ricorrenti al suo annullamento, atteso che si trattava di due distinti ed autonomi ordini a fronte di due diverse violazioni. La tesi non ha alcun fondamento.
Il TAR, nel motivare l'improcedibilità dell'impugnativa della determina n. 652/bis per effetto della sopravvenuta determinazione n. 452/2001 (impugnata con lo stesso ricorso) ha infatti posto in luce che entrambi i provvedimenti contengono tutti gli elementi fondamentali che caratterizzano la fattispecie provvedimentale disciplinata dal citato art. 18; né gli appellanti chiariscono quale utilità deriverebbe loro dall'eventuale annullamento della determina n. 635/bis, considerato che quest'ultimo non eviterebbe il permanere della seconda determinazione, che a sua volta non costituisce atto meramente conseguente alla prima.
Il primo giudice ha quindi correttamente assorbite omesso di esaminare nel merito le censure, qui riproposte, contro la cennata determina.
3.2- Con specifico riguardo alla determina n. 452/2001, l'appello deduce il travisamento di norme giuridiche (ed in particolare dell'art. 18 della legge n. 47/1985), avendo il primo giudice ritenuto la configurabilità della lottizzazione abusiva anche in assenza di intento edificatorio; l'errore sarebbe reso poi evidente dal richiamo, ritenuto prevalente sul riferimento all'art. 18 della l.n.47/1985, all'art. 1 della legge regionale n. 34/1974, tenendo conto che quest'ultima norma, anch'essa richiamata dalla determina, non individua alcuna fattispecie di lottizzazione.
La censura investe due aspetti in realtà distinti.
- Il primo attiene al concetto di lottizzazione cartolare, come delineato dall'art. 18 della legge n. 47/1985 e ribadito dalla giurisprudenza amministrativa su di esso formatasi, dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi.
La norma testé ricordata stabilisce che si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio non solo quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, e comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione) ma anche "quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".
La fattispecie contestata dal Comune agli appellanti è quella della lottizzazione c.d. cartolare, ed è caratterizzata proprio dal fatto che sui lotti derivanti dal frazionamento non sono state iniziate opere di trasformazione urbanistico-edilizia dei terreni. In proposito è stato posto in rilievo che "il bene giuridico protetto dall'art. 18, L. n. 47 del 1985 è non solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè dal Comune), cui spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito" (Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 6060/2006).
La corretta ricostruzione della figura giuridica di cui si tratta esclude poi la rilevanza di tutte le altre argomentazioni proposte dagli appellanti ed in particolare di quella relativa all'assenza di ogni intendimento edificatorio. Al riguardo il Collegio, confermato come la norma trovi applicazione non soltanto sulla base del mero frazionamento-vendita di un terreno, ma richieda un quadro indiziario dal quale, sulla scorta degli elementi indicati nella norma stessa, sia possibile desumere in maniera non equivoca "la destinazione a scopo edificatorio" degli atti posti in essere dalle parti (Cons. Stato, sez.V, n. 6810/2004), deve per altro verso ribadire che "non è necessario che sia dimostrata l'esistenza di tutti gli indici rilevatori di cui all'articolo 18 ..........ma è sufficiente che lo scopo edificatorio emerga anche da un solo indizio" (Cons. Stato, sez. V, n. 3136/2004 e n.839/2009). Nel caso in esame la destinazione a scopo edificatorio è ricavabile dalle dimensioni dei lotti derivanti dal frazionamento, che risultano del tutto esigue rispetto alla destinazione ad uso agricolo (sulla rilevanza di tale elemento v. Cons. di Stato, sez.V, n.839/2009). Del resto, e sempre sotto l'aspetto delle dimensioni dei lotti, va rilevato che la citata legge regionale considera lottizzazioni di terreno a scopo edilizio anche: ... "i frazionamenti delle aree destinate dagli strumenti urbanistici alle attività agricole, ove i lotti siano inferiori a quelli minimi previsti da tali strumenti", sicché la norma regionale offre un preciso criterio di riferimento ed applicazione della figura giuridica di cui si tratta.
A ciò deve aggiungersi che non solo non risulta che gli acquirenti svolgano alcuna attività di coltivazione o di sfruttamento agricolo dei terreni, ma che anzi gli stessi affermano espressamente (p.22 dell'appello) che il loro intendimento era quello di conseguire una maggiore valorizzazione delle loro rispettive contigue proprietà residenziali.
- Il secondo profilo, che si incentra sulla tesi per cui la legge regionale, pur invocata dall'atto impugnato, non individuerebbe alcuna fattispecie di lottizzazione, attiene all'indicazione delle norme in base alle quali la sentenza gravata ha risolto la questione centrale della controversia; si contrasta qui l'affermazione del TAR per cui il provvedimento gravato si fonderebbe soprattutto sull'art. 1 della legge regionale citata, e si evidenzia che questa si limita a definire il concetto di lottizzazione. La censura in esame, a parere del Collegio, non può assumere il rilevo che le si attribuisce.
Ed invero, dopo aver sostenuto che la legge regionale non individuerebbe alcuna fattispecie di lottizzazione, gli appellanti aggiungono subito dopo che la predetta fonte normativa si limita unicamente a definire il concetto di lottizzazione e sottolineano che il divieto applicato è contenuto nella sola legge n. 47/1985. Ma ciò, come già sopra indicato, è errato poiché la norma regionale realizza in effetti un completamento applicativo della norma statale, costituendo sostanzialmente un'unica figura giuridica applicabile alle fattispecie di lottizzazione cartolare poste in essere nel territorio laziale.
L'aggiunta, nella motivazione della sentenza, dell'avverbio "soprattutto" resta perciò un elemento del tutto inidoneo a determinare l'illegittimità dell'atto impugnato come della sentenza gravata.
Sono conseguentemente infondate anche tutte le altre argomentazioni formulate dall'appello (punti 2.2. e 2.3) e che fanno riferimento all'operata sottolineatura della legge regionale. In particolare, quanto alla volontà edificatoria (negata dagli appellanti), la presenza di altri elementi indicati dall'art. 18 conferma l'irrilevanza in sede amministrativa della eventuale archiviazione in sede penale dell'ipotesi di reato di lottizzazione abusiva, fondata sulla mancata prova della volontà in questione; questa conclusione, infatti, non esclude in alcun modo l'emanazione della diversa misura amministrativa di cui è controversia e che desume detta volontà dalla obiettiva sussistenza dei citati elementi di legge.
3.3.- Le doglianze proposte al punto 2.4. dell'appello ripropongono, infine, la già ipotizzata ricostruzione giuridica della lottizzazione abusiva cartolare su cui il Collegio si è già soffermato, con esito negativo.
4- Conclusivamente l'appello deve essere respinto.
4.1- Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c) e vanno pertanto poste a carico di parte appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l'appello. Condanna gli appellanti al pagamento, in favore del Comune di Roma, delle spese presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in Euro tremila (3.000) oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 13 MAG. 2011
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 13 MAG. 2011