Con la sentenza n 2384 del 27 aprile 2010, il Consiglio di Stato si occupa dei criteri per la quantificazione del danno subito da una società classificatasi al secondo posto in una gara illegittimamente aggiudicata, ponendo una serie di criteri guida in punto di quantificazione e procedura di risarcimento.
In primo luogo, il Consiglio di Stato afferma la necessità di fornire un principio di prova in ordine al danno subito negando ingresso al criterio automatico del risarcimento nella misura del 10% del valore dell'appalto.
In secondo luogo, afferma, sempre in punto di quantificazione del danno, che i costi di partecipazione non debbono scomputarsi dal valore riconoscibile a titolo di risarcimento.
In terzo luogo, il Consiglio di Stato afferma la risarcibilità del c.d. danno curriculare ovvero la diminuzione del peso imprenditoriale della società a seguito dell'omessa aggiudicazione.
Infine, sotto il profilo della procedura di quantificazione del danno, il Consiglio di Stato afferma la possibilità di individuare, nella sentenza di cognizione, i criteri del risarcimento rimettendo ad un successivo accordo tra le parti, ex art. 35 del d.lgs. n 80/1998, la definizione del quantum, salvo il ricorso all'ottemperanza in caso di mancato accordo.
In primo luogo, il Consiglio di Stato afferma la necessità di fornire un principio di prova in ordine al danno subito negando ingresso al criterio automatico del risarcimento nella misura del 10% del valore dell'appalto.
In secondo luogo, afferma, sempre in punto di quantificazione del danno, che i costi di partecipazione non debbono scomputarsi dal valore riconoscibile a titolo di risarcimento.
In terzo luogo, il Consiglio di Stato afferma la risarcibilità del c.d. danno curriculare ovvero la diminuzione del peso imprenditoriale della società a seguito dell'omessa aggiudicazione.
Infine, sotto il profilo della procedura di quantificazione del danno, il Consiglio di Stato afferma la possibilità di individuare, nella sentenza di cognizione, i criteri del risarcimento rimettendo ad un successivo accordo tra le parti, ex art. 35 del d.lgs. n 80/1998, la definizione del quantum, salvo il ricorso all'ottemperanza in caso di mancato accordo.
Consiglio Stato Sez. VI del 27 aprile 2010 n. 2384
In presenza dell'annullamento di una aggiudicazione, il risarcimento spettante all'impresa che avrebbe dovuto essere aggiudicataria comprende il cosiddetto lucro cessante (quantificabile nella misura del 10%, salvo diversa concreta determinazione) e il cosiddetto dannno curriculare, consistente nella diminuzione del peso imprenditoriale dell'impresa per omessa acquisizione dell'appalto. Non devono, al contrario, essere riconosciuti i costi affrontati per la presentazione dell'offerta.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente
Sul ricorso numero di registro generale 3990 del 2009, proposto da:
Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi 12;
Softel Sas, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Lima, 15;
per la riforma della sentenza del TAR UMBRIA - PERUGIA PRIMA SEZIONE n. 00476/2008, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE APPALTO SERVIZIO DI ACQUISIZIONE DIGITALE, SCHEDATURA ETC..
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Softel Sas;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2010 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Colelli, e Verino.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
La questione sottoposta all'esame del Collegio, con atto di appello notificato il 6.5.2009, concerne una fattispecie di risarcimento del danno, da riconoscere alla società classificatasi al secondo posto, in occasione della illegittima aggiudicazione di una procedura di gara, indetta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per l'affidamento dei seguenti servizi: acquisizione digitale di complessivi 5.587 disegni, schedatura disegni, microfilmatura delle opere, indagine specialistica di n. 100 opere a campione, inserimento di immagini in database, conversione formato immagine e progettazione database relazionale.
Nella sentenza appellata (n. 212/04, emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria in data 8.8.2008 e notificata il 6.4.2009) si richiama la già avvenuta formazione del giudicato in ordine all'annullamento della predetta aggiudicazione (a seguito di sentenza del medesimo TAR dell'Umbria n. 212 del 7.4.2004, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2745 in data 8.3.2005) e si riconosce la risarcibilità dell'interesse legittimo leso della seconda classificata, nella misura del 10% dell'importo-base della gara, da ritenere "presumibilmente corrispondente al mancato utile contrattuale".
In sede di appello, il Ministero per i Beni e le Attività culturali sottolinea la mancata disamina, in primo grado di giudizio, della responsabilità dell'Amministrazione, in base ai parametri da valutare ex art. 2043 cod. civ. (accertamento dell'evento dannoso, qualificazione del danno ingiusto, profilo causale, dolo o colpa dell'agente), con conseguente insufficienza della mera declaratoria di illegittimità e sussistenza, nel caso di specie, di errore scusabile, in ordine all'erronea interpretazione dell'art. 38, comma 3, del D.P. R. n. 445/2000, di non univoca applicazione.
L'appellata società Softel s.a.s., costituitasi in giudizio, propone a sua volta appello incidentale, contestando le argomentazioni di controparte e chiedendo di valutare l'effettiva consistenza del danno economico, nella fattispecie subito.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l'appello non possa trovare accoglimento e che debba essere confermata, pertanto, la condanna al risarcimento del danno, da liquidare però con criteri diversi, rispetto a quelli indicati nella sentenza appellata, contestata sul punto dall'appellante in via incidentale.
Ai fini risarcitori, deve quindi essere considerato che l'originaria ricorrente, seconda classificata nella gara di cui trattasi, sarebbe risultata aggiudicataria in caso di corretta applicazione delle regole e dei criteri, che disciplinavano la gara stessa.
Illegittimamente infatti, come riconosciuto in sede giudiziale, l'appalto era stato aggiudicato alla società Eulogos s.p.a., che avrebbe dovuto invece essere esclusa dalla gara per non avere allegato alle autocertificazioni, circa la regolarità contributiva e l'insussistenza di cause di esclusione, una fotocopia del documento di identità del dichiarante. Tale produzione documentale, d'altra parte, costituiva elemento costitutivo dell'autocertificazione, in quanto espressamente previsto dalla legge (art. 38, comma 3, D.P.R. 28.12.2000, n. 445), in termini pacificamente recepiti dalla giurisprudenza (cfr. in tal senso Cons. St., sez. V, 4.5.2006, n. 2477 e 2478).
La responsabilità per colpa dell'Amministrazione, corrispondente a lesione di interessi legittimi inoltre - se non risulta senz'altro riconducibile a mera "inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (secondo la nozione recepita dall'art. 43del codice penale) - deve tuttavia essere riferita, in base alla nota sentenza Cass. SS.UU. n. 500/1999 e alla costante giurisprudenza successiva, a violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero a negligenza, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili. Sotto quest'ultimo profilo - e tenuto conto del principio "ignorantia legis non excusat" - può ammettersi che l'errore sull'interpretazione delle norme, da parte del soggetto pubblico chiamato ad applicarle sia, eccezionalmente, scusabile, solo in presenza di oggettiva oscurità, sovrabbondanza o repentino mutamento delle norme stesse, ovvero di verificata sussistenza di contrasti interpretativi (cfr. in tal semso Cons. St., Ad. Plen., 18.3.2004, n. 5; Cass. Civ., sez. III, 9.2.2004, n. 2494; Corte Cost., 24.3.1988, n. 364; Cons. St., sez. IV, 14.6.2001, n. 3169).
In tale situazione, non possono negarsi nella fattispecie i presupposti per la risarcibilità del danno, con particolare riguardo alla contestata colpa dell'Amministrazione, viceversa riconducibile a regole e principi che - nei termini in precedenza chiariti - appaiono oggetto di disposizioni normative e principi giurisprudenziali di univoca interpretazione.
La quantificazione del danno deve essere direttamente rapportata all'utile che l'impresa avrebbe conseguito, a seguito dell'aggiudicazione illegittimamente negata. Tale utile, che la prevalente giurisprudenza mutua dall' art. 345 della legge 20.3.1865, n. 2248, all. F (riprodotto dall'art. 122 del regolamento, emanato con D.P.R. 21.12.1999, n. 554 e dall'art. 37 septies, comma 1, lettera c, della legge 11.2.1994, n. 109), nella misura del 10% dell'importo dell'appalto, al di là di tale enunciazione di massima deve essere invece oggetto di concreta determinazione, nei casi in cui sussistano diversi rapporti fra costi e ricavi, in termini documentabili - come si afferma nel caso di specie - dalla parte interessata..
In nessun caso, invece, dovranno considerarsi rimborsabili i costi affrontati dall'impresa per la presentazione dell'offerta: non risultando, infatti, che tale costo fosse rimborsabile in caso di aggiudicazione dell'appalto, deve ritenersi che il medesimo costituisse un investimento ma anche un rischio dell'impresa, funzionale alla previsione di guadagno in astratto quantificata. Non va dimenticato, a tale riguardo, che il risarcimento del danno per illegittima aggiudicazione - in materia di pubblici appalti di lavori e servizi - è riferito sostanzialmente a quella che si definisce "perdita di chance", ovvero al guadagno che l'impresa avrebbe potuto ottenere, in base ad una ragionevole valutazione di probabilità e alle regole del mercato (cfr. fra le tante, per il principio, Cass. civ, sez. I, 25.10.2007, n. 22370; Cons. St., sez. V, 12.2.2007, n. 593 e 6.2.2007, n. 478).
Appare poi ragionevole che, in tale ottica, sia compensato anche il cosiddetto "danno curriculare", ovvero la "deminutio" di peso imprenditoriale della società, per omessa acquisizione dell'appalto che la medesima avrebbe avuto titolo a conseguire; tale "deminutio" può essere rapportata ad un inferiore radicamento nel mercato, anche come possibile concausa di crisi economica o imprenditoriale, in termini di difficile determinazione, ma in linea di massima rapportabili a valori percentuali compresi - secondo una stima già ritenuta equa (Cons. St., sez. VI, 9.6.2008, n. 2751) - fra l'1% e il 5% dell'importo globale del servizio da aggiudicare.
Nei termini sopra precisati il Collegio ritiene che la domanda risarcitoria possa essere accolta per quanto riguarda l'"an", senza però immediata definizione del "quantum", risultando necessario e sufficiente - a norma dell'art. 35 del D.Lgs. 31.3.1998, n. 80, nel testo introdotto dall'art. 7 della legge 21.7.2000, n. 205 - che si forniscano al riguardo i criteri, a cui l'Amministrazione dovrà attenersi nella successiva fase di liquidazione. Viene normalmente escluso infatti, in assenza di esplicita disciplina normativa in tal senso, che sia stata introdotta nel processo amministrativo l'azione di condanna generica, prevista dall'art. 278 cod. proc. civ., ma è la stessa norma di riferimento (art. 35 D.Lgs. n. 80/98 cit.) a rendere possibile - sulla base del mero principio di prova fornito dalla parte interessata - la fissazione di parametri, in base ai quali sia possibile pervenire ad un accordo fra le parti, fatto salvo "il ricorso previsto dall'art. 27, comma 1, n. 4 del T.U. approvato con R.D. 26.6.1924, n. 1054 (cfr. in tal senso Cons. St., sez. IV, 2.3.2004, n. 942, 28.4.2006, n. 2408 e 11.10.2006, n. 6063; Cons. St., sez. V, 27.4.2006, n. 3229 e 20.3.2007, n. 1346).
Detti parametri vengono quindi fissati, con l'attuale pronuncia, nei seguenti termini:
a) accertamento degli utili effettivi realizzabili dall'impresa, in caso di aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi, in base ad un documentato raffronto tra costi e ricavi, effettuato in contraddittorio fra le parti in base ai parametri, sussistenti alla data delle prestazioni da effettuare;
b) aggiunta della somma ritenuta corrispondente a perdita di avviamento dell'azienda, nei termini in precedenza specificati;
c) interessi e rivalutazione monetaria sulla somma dovuta, nella misura e nei modi legislativamente previsti (cfr. al riguardo, per limiti e modalità di calcolo, Cons. St. sez. VI, 6.5.2008, n. 1995 e 29.7.2008, n. 3785), dalla data della domanda a quella dell'effettivo soddisfo.
Quanto alle spese giudiziali, infine, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della relativa novità dei principi applicati.
Il Consiglio di Stato, sezione Sesta, Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, RESPINGE l'appello principale; ACCOGLIE l'appello incidentale e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, dispone il risarcimento del danno nei termini di cui in motivazione; COMPENSA le spese giudiziali.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2010 con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Domenico Cafini, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 27 APR. 2010.
In presenza dell'annullamento di una aggiudicazione, il risarcimento spettante all'impresa che avrebbe dovuto essere aggiudicataria comprende il cosiddetto lucro cessante (quantificabile nella misura del 10%, salvo diversa concreta determinazione) e il cosiddetto dannno curriculare, consistente nella diminuzione del peso imprenditoriale dell'impresa per omessa acquisizione dell'appalto. Non devono, al contrario, essere riconosciuti i costi affrontati per la presentazione dell'offerta.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 3990 del 2009, proposto da:
Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi 12;
contro
Softel Sas, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Lima, 15;
per la riforma della sentenza del TAR UMBRIA - PERUGIA PRIMA SEZIONE n. 00476/2008, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE APPALTO SERVIZIO DI ACQUISIZIONE DIGITALE, SCHEDATURA ETC..
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Softel Sas;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2010 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Colelli, e Verino.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La questione sottoposta all'esame del Collegio, con atto di appello notificato il 6.5.2009, concerne una fattispecie di risarcimento del danno, da riconoscere alla società classificatasi al secondo posto, in occasione della illegittima aggiudicazione di una procedura di gara, indetta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per l'affidamento dei seguenti servizi: acquisizione digitale di complessivi 5.587 disegni, schedatura disegni, microfilmatura delle opere, indagine specialistica di n. 100 opere a campione, inserimento di immagini in database, conversione formato immagine e progettazione database relazionale.
Nella sentenza appellata (n. 212/04, emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria in data 8.8.2008 e notificata il 6.4.2009) si richiama la già avvenuta formazione del giudicato in ordine all'annullamento della predetta aggiudicazione (a seguito di sentenza del medesimo TAR dell'Umbria n. 212 del 7.4.2004, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2745 in data 8.3.2005) e si riconosce la risarcibilità dell'interesse legittimo leso della seconda classificata, nella misura del 10% dell'importo-base della gara, da ritenere "presumibilmente corrispondente al mancato utile contrattuale".
In sede di appello, il Ministero per i Beni e le Attività culturali sottolinea la mancata disamina, in primo grado di giudizio, della responsabilità dell'Amministrazione, in base ai parametri da valutare ex art. 2043 cod. civ. (accertamento dell'evento dannoso, qualificazione del danno ingiusto, profilo causale, dolo o colpa dell'agente), con conseguente insufficienza della mera declaratoria di illegittimità e sussistenza, nel caso di specie, di errore scusabile, in ordine all'erronea interpretazione dell'art. 38, comma 3, del D.P. R. n. 445/2000, di non univoca applicazione.
L'appellata società Softel s.a.s., costituitasi in giudizio, propone a sua volta appello incidentale, contestando le argomentazioni di controparte e chiedendo di valutare l'effettiva consistenza del danno economico, nella fattispecie subito.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l'appello non possa trovare accoglimento e che debba essere confermata, pertanto, la condanna al risarcimento del danno, da liquidare però con criteri diversi, rispetto a quelli indicati nella sentenza appellata, contestata sul punto dall'appellante in via incidentale.
Ai fini risarcitori, deve quindi essere considerato che l'originaria ricorrente, seconda classificata nella gara di cui trattasi, sarebbe risultata aggiudicataria in caso di corretta applicazione delle regole e dei criteri, che disciplinavano la gara stessa.
Illegittimamente infatti, come riconosciuto in sede giudiziale, l'appalto era stato aggiudicato alla società Eulogos s.p.a., che avrebbe dovuto invece essere esclusa dalla gara per non avere allegato alle autocertificazioni, circa la regolarità contributiva e l'insussistenza di cause di esclusione, una fotocopia del documento di identità del dichiarante. Tale produzione documentale, d'altra parte, costituiva elemento costitutivo dell'autocertificazione, in quanto espressamente previsto dalla legge (art. 38, comma 3, D.P.R. 28.12.2000, n. 445), in termini pacificamente recepiti dalla giurisprudenza (cfr. in tal senso Cons. St., sez. V, 4.5.2006, n. 2477 e 2478).
La responsabilità per colpa dell'Amministrazione, corrispondente a lesione di interessi legittimi inoltre - se non risulta senz'altro riconducibile a mera "inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (secondo la nozione recepita dall'art. 43del codice penale) - deve tuttavia essere riferita, in base alla nota sentenza Cass. SS.UU. n. 500/1999 e alla costante giurisprudenza successiva, a violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero a negligenza, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili. Sotto quest'ultimo profilo - e tenuto conto del principio "ignorantia legis non excusat" - può ammettersi che l'errore sull'interpretazione delle norme, da parte del soggetto pubblico chiamato ad applicarle sia, eccezionalmente, scusabile, solo in presenza di oggettiva oscurità, sovrabbondanza o repentino mutamento delle norme stesse, ovvero di verificata sussistenza di contrasti interpretativi (cfr. in tal semso Cons. St., Ad. Plen., 18.3.2004, n. 5; Cass. Civ., sez. III, 9.2.2004, n. 2494; Corte Cost., 24.3.1988, n. 364; Cons. St., sez. IV, 14.6.2001, n. 3169).
In tale situazione, non possono negarsi nella fattispecie i presupposti per la risarcibilità del danno, con particolare riguardo alla contestata colpa dell'Amministrazione, viceversa riconducibile a regole e principi che - nei termini in precedenza chiariti - appaiono oggetto di disposizioni normative e principi giurisprudenziali di univoca interpretazione.
La quantificazione del danno deve essere direttamente rapportata all'utile che l'impresa avrebbe conseguito, a seguito dell'aggiudicazione illegittimamente negata. Tale utile, che la prevalente giurisprudenza mutua dall' art. 345 della legge 20.3.1865, n. 2248, all. F (riprodotto dall'art. 122 del regolamento, emanato con D.P.R. 21.12.1999, n. 554 e dall'art. 37 septies, comma 1, lettera c, della legge 11.2.1994, n. 109), nella misura del 10% dell'importo dell'appalto, al di là di tale enunciazione di massima deve essere invece oggetto di concreta determinazione, nei casi in cui sussistano diversi rapporti fra costi e ricavi, in termini documentabili - come si afferma nel caso di specie - dalla parte interessata..
In nessun caso, invece, dovranno considerarsi rimborsabili i costi affrontati dall'impresa per la presentazione dell'offerta: non risultando, infatti, che tale costo fosse rimborsabile in caso di aggiudicazione dell'appalto, deve ritenersi che il medesimo costituisse un investimento ma anche un rischio dell'impresa, funzionale alla previsione di guadagno in astratto quantificata. Non va dimenticato, a tale riguardo, che il risarcimento del danno per illegittima aggiudicazione - in materia di pubblici appalti di lavori e servizi - è riferito sostanzialmente a quella che si definisce "perdita di chance", ovvero al guadagno che l'impresa avrebbe potuto ottenere, in base ad una ragionevole valutazione di probabilità e alle regole del mercato (cfr. fra le tante, per il principio, Cass. civ, sez. I, 25.10.2007, n. 22370; Cons. St., sez. V, 12.2.2007, n. 593 e 6.2.2007, n. 478).
Appare poi ragionevole che, in tale ottica, sia compensato anche il cosiddetto "danno curriculare", ovvero la "deminutio" di peso imprenditoriale della società, per omessa acquisizione dell'appalto che la medesima avrebbe avuto titolo a conseguire; tale "deminutio" può essere rapportata ad un inferiore radicamento nel mercato, anche come possibile concausa di crisi economica o imprenditoriale, in termini di difficile determinazione, ma in linea di massima rapportabili a valori percentuali compresi - secondo una stima già ritenuta equa (Cons. St., sez. VI, 9.6.2008, n. 2751) - fra l'1% e il 5% dell'importo globale del servizio da aggiudicare.
Nei termini sopra precisati il Collegio ritiene che la domanda risarcitoria possa essere accolta per quanto riguarda l'"an", senza però immediata definizione del "quantum", risultando necessario e sufficiente - a norma dell'art. 35 del D.Lgs. 31.3.1998, n. 80, nel testo introdotto dall'art. 7 della legge 21.7.2000, n. 205 - che si forniscano al riguardo i criteri, a cui l'Amministrazione dovrà attenersi nella successiva fase di liquidazione. Viene normalmente escluso infatti, in assenza di esplicita disciplina normativa in tal senso, che sia stata introdotta nel processo amministrativo l'azione di condanna generica, prevista dall'art. 278 cod. proc. civ., ma è la stessa norma di riferimento (art. 35 D.Lgs. n. 80/98 cit.) a rendere possibile - sulla base del mero principio di prova fornito dalla parte interessata - la fissazione di parametri, in base ai quali sia possibile pervenire ad un accordo fra le parti, fatto salvo "il ricorso previsto dall'art. 27, comma 1, n. 4 del T.U. approvato con R.D. 26.6.1924, n. 1054 (cfr. in tal senso Cons. St., sez. IV, 2.3.2004, n. 942, 28.4.2006, n. 2408 e 11.10.2006, n. 6063; Cons. St., sez. V, 27.4.2006, n. 3229 e 20.3.2007, n. 1346).
Detti parametri vengono quindi fissati, con l'attuale pronuncia, nei seguenti termini:
a) accertamento degli utili effettivi realizzabili dall'impresa, in caso di aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi, in base ad un documentato raffronto tra costi e ricavi, effettuato in contraddittorio fra le parti in base ai parametri, sussistenti alla data delle prestazioni da effettuare;
b) aggiunta della somma ritenuta corrispondente a perdita di avviamento dell'azienda, nei termini in precedenza specificati;
c) interessi e rivalutazione monetaria sulla somma dovuta, nella misura e nei modi legislativamente previsti (cfr. al riguardo, per limiti e modalità di calcolo, Cons. St. sez. VI, 6.5.2008, n. 1995 e 29.7.2008, n. 3785), dalla data della domanda a quella dell'effettivo soddisfo.
Quanto alle spese giudiziali, infine, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della relativa novità dei principi applicati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, sezione Sesta, Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, RESPINGE l'appello principale; ACCOGLIE l'appello incidentale e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, dispone il risarcimento del danno nei termini di cui in motivazione; COMPENSA le spese giudiziali.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2010 con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Domenico Cafini, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 27 APR. 2010.
Rif. Corriere Giuridico n.7 del 2010