occupazione abusiva demaniale ed esercizio del potere di autotutela nessuna discrezionalità per l'amministrazione
Il Consiglio di Stato ha avuto modo di affrontare, riformando la sentenza del TAR, una questione inerente l'esercizio del potere di autotutela, a distanza di molto tempo, con riferimento all'occupazione abusiva del suolo demaniale marittimo da parte di un privato ed alla realizzazione, su detto suolo, di un manufatto abusivo.
Secondo i Giudici di Palazzo Spada l'esercizio del potere di autotutela demaniale previsto dagli art. 54 e 55, c. nav. non incontra limiti temporali in alcuna disposizione legislativa.
A norma degli art. 54 e 55 del codice della navigazione, l'ordine di rimettere le cose in pristino, se siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, è un atto dovuto, sicchè non può rilevare in senso contrario, il decorso del tempo e l'ingenerarsi di un affidamento di fatto da parte del soggetto autore dell'occupazione e della costruzione abusive.
Il ragionamento seguito dal TAR pugliese nella decisione gravata era essenzialmente centrato sul vizio motivazionale dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva proprio alla luce del tempo intercorso tra la realizzazione dell'opera e l'esercizio del potere di autotutela.
In particolare, quanto alla possibilità per l'amministrazione di attivare il potere di repressione degli abusi edilizi a notevole distanza di tempo dalla consumazione dell'illecito, il Tribunale di prime cure aveva rilevato come i provvedimenti che ingiungano la demolizione degli immobili in una situazione di consolidato affidamento del privato sulla legittimità del proprio operato non possano essere sorretti esclusivamente dal richiamo al carattere abusivo dell'opera realizzata.
Il decorso del tempo, in altri termini, determina l'esigenza di rafforzare l'impalcatura motivazionale di un provvedimento di natura repressiva perché esige l'efficace rappresentazione del rinnovato interesse della amministrazione procedente a rimuovere situazione antigiuridiche.
Al riguardo, il TAR traeva altresì argomenti dall'evoluzione giurisprudenziale registratasi in materia di efficacia del decorso del tempo in relazione all'esercizio dei poteri repressivi in materia di abuso edilizio, essendosi la giurisprudenza da ultimo attestata nel senso che "è illegittima l'ordinanza di demolizione che non motiva sull'interesse pubblico attuale a demolire e a sacrificare posizioni giuridiche consolidate da tempo, non potendo la motivazione essere supplita dalla considerazione del carattere di atto dovuto del provvedimento sanzionatorio (Cons. Stato, sez V, 30 marzo 1994, n. 192).
Infatti, il decorso del tempo produce inevitabilmente l'effetto di imporre una congrua motivazione nel caso di irrogazione di sanzioni dopo lungo tempo dall'accertamento della violazione, in quanto, in tal caso, possono essere maturate posizioni private di notevole rilevanza, anche incolpevoli (come quelle dell'acquirente ignaro).
Consiglio Stato sez. VI 27 dicembre 2010 n. 9408
L'esercizio del potere di autotutela demaniale previsto dagli art. 54 e 55, c. nav. non incontra limiti temporali in alcuna disposizione legislativa. Poiché, a norma degli art. 54 e 55 citati, è un atto dovuto l'ordine di rimettere le cose in pristino, se siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, le censure di eccesso di potere sono inammissibili, non essendo configurabili allorquando il provvedimento impugnato non è il risultato di valutazioni discrezionali.
Consiglio Stato sez. VI 27 dicembre 2010 n. 9408
L'esercizio del potere di autotutela demaniale previsto dagli art. 54 e 55, c. nav. non incontra limiti temporali in alcuna disposizione legislativa. Poiché, a norma degli art. 54 e 55 citati, è un atto dovuto l'ordine di rimettere le cose in pristino, se siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, le censure di eccesso di potere sono inammissibili, non essendo configurabili allorquando il provvedimento impugnato non è il risultato di valutazioni discrezionali.
FATTO
Nel ricorso di primo grado si espone quanto segue.
In data 25 giugno 2004 la Capitaneria di Porto - Guardia Costiera di Brindisi notificava al sig. C. l'ingiunzione di demolizione n. 13 del 20044, sul presupposto di aver realizzato in Ostuni, località Camerini/Fontanelle, opere edilizie entro la fascia dei 30 metri dal confine demaniale marittimo, in assenza della prescritta autorizzazione ex art. 55 cod. nav..
Il successivo I luglio il Dirigente dell'U.T.C. di Ostuni ordinava allo stesso C. di demolire le opere edilizie abusivamente realizzate, in quanto insistenti su suolo demaniale, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e prive di concessione edilizia.
Gli atti citati venivano quindi censurati per i seguenti motivi: violazione di legge ed erronea applicazione degli artt. 54 e 55 cod. nav. e degli artt. 31 e 35 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Violazione del principio di ragionevolezza. Erronea presupposizione in fatto e in diritto. Difetto di motivazione. Contraddittorietà dell'azione amministrativa. Eccesso di potere e contraddittorietà dell'azione amministrativa. Eccesso di potere e violazione degli artt. 54 e 55 cod. nav.
In data 29 settembre 2004 il Tribunale amministrativo regionale, pronunciandosi in sede cautelare, adottava la seguente ordinanza:
<<ritenuto che, ai fini della definitiva decisione sulla domanda cautelare, è necessario verificare se l'immobile per cui è causa ricada o meno nel demanio marittimo o, comunque, entro la fascia di rispetto di 30 metri dal confine del demanio marittimo;
ritenuto, quindi, che occorre acquisire una relazione di chiarimenti sul punto da parte della Capitaneria di Porto di Brindisi (...)>>.
In adempimento della medesima la Capitaneria adottava, il 12 ottobre 2004, il provvedimento prot. n. 15852, di parziale modifica del precedente decreto.
Tale ultimo atto veniva quindi impugnato con motivi aggiunti, per le ragioni che seguono: nullità degli atti amministrativi; incompetenza per territorio e per materia; vizio di forma; illegittimità derivata e invalidità; eccesso di potere; erroneità e contraddittorietà nell'indicazione della linea di confine demaniale; prescrizione e decadenza; eccesso di potere e violazione dell'art. 55 cod. nav..
Il Tribunale amministrativo regionale accoglieva il ricorso nei limiti seguenti.
Deve in primo luogo sottolinearsi, quanto alla possibilità per l'amministrazione di attivare il potere di repressione degli abusi edilizi a notevole distanza di tempo dalla consumazione dell'illecito, che i provvedimenti che ingiungano la demolizione degli immobili in una situazione di consolidato affidamento del privato sulla legittimità del proprio operato non possano essere sorretti esclusivamente dal richiamo al carattere abusivo dell'opera realizzata.
Il decorso del tempo, in altri termini, oltre a produrre effetti che l'ordinamento riconosce e consacra dando vita a istituti ampiamente disciplinati in ogni settore del diritto, ivi compreso l'ordinamento amministrativo dello Stato, determina l'esigenza di rafforzare l'impalcatura motivazionale di un provvedimento di natura repressiva perché esige l'efficace rappresentazione del rinnovato interesse della amministrazione procedente a rimuovere situazione antigiuridiche. Ciò deve dirsi in specie quando l'amministrazione, pur potendo azionare tempestivamente strumenti offerti dall'ordinamento per porre rimedio a situazioni di abuso, resta a lungo inerte, così da mostrare acquiescenza nei riguardi di una condotta abusiva.
Questa impostazione appare coerente con l'evoluzione giurisprudenziale che si è registrata in materia di efficacia del decorso del tempo in relazione all'esercizio dei poteri repressivi in materia di abuso edilizio. Invero, dopo un primo periodo nel corso del quale le corti amministrative erano attestate rigorosamente sull'assoluta impermeabilità del potere repressivo in materia edilizia al decorso del tempo, riconoscendosi che "il potere repressivo in materia urbanistica o edilizia non è sottoposto a termini di decadenza né di prescrizione; può essere esercitato pertanto anche a distanza di tempo dalla violazione, senza necessità di motivazione in ordine al ritardo, essendosi in presenza di un illecito permanente" (per tutte, Cons. Stato, VI sez, 19 ottobre 1965, n. 1162), si è prodotta una virata che riconosce effetti incontestati e incontestabili quantomeno sul piano della motivazione che deve sorreggere un atto sanzionatorio adottato a molti anni dalla commissione dell'illecito. Il Consiglio di Stato ha affermato, infatti, che "è illegittima l'ordinanza di demolizione che non motiva sull'interesse pubblico attuale a demolire e a sacrificare posizioni giuridiche consolidate da tempo, non potendo la motivazione essere supplita dalla considerazione del carattere di atto dovuto del provvedimento sanzionatorio (Cons. Stato, sez V, 30 marzo 1994, n. 192). Infatti, il decorso del tempo produce inevitabilmente l'effetto di imporre una congrua motivazione nel caso di irrogazione di sanzioni dopo lungo tempo dall'accertamento della violazione, in quanto, in tal caso, possono essere maturate posizioni private di notevole rilevanza, anche incolpevoli (come quelle dell'acquirente ignaro). [...] Questa ricostruzione appare anche in linea con l'esigenza di certezza del diritto che, addirittura di fronte alla consumazione di illeciti in ambito penale, riconosce efficacia all'inerzia degli organi preposti all'accertamento dei reati sul perdurante interesse ad esercitare lo ius puniendi che incontra l'invalicabile limite della prescrizione>>.
Tanto ricordato, il Collegio ritiene di non avere motivi per discostarsi dalle valutazioni appena esposte, sicuramente riferibili anche al caso in esame atteso il lunghissimo lasso di tempo trascorso dalla realizzazione dell'immobile in oggetto (sorto nei primi anni '30 e poi oggetto di interventi di ristrutturazione e redistribuzione dei volumi nei primi anni '70).
A quanto appena scritto, comunque, il Tribunale ritiene di dover aggiungere che l'ampiezza dell'arco temporale appena delineato, unita a quanto subito si sottolineerà sub a) e b), è tale da richiedere un'espressa e attenta ponderazione dei vari interessi in conflitto da parte della p.a. nonostante l'affermata proprietà demaniale di parte del terreno ove sorge il fabbricato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 1993, n. 838, secondo cui "nell'esercizio del potere di autotutela volta al recupero di aree demaniali mediante la demolizione di manufatti l'autorità pubblica deve congiuntamente valutare e motivare in merito all'interesse pubblico correlato al tempo trascorso dall'abuso che si assume essere stato compiuto dal privato, alle modificazioni urbanistiche verificatesi con la propria acquiescenza ed alle mutazioni fisiche e morfologiche determinatesi nell'area in contestazione").
In tal senso, difatti, depongono due ordini di considerazioni:
a) in primo luogo le pp.aa. costituite non hanno concretamente dimostrato che l'abusività del fabbricato medesimo è frutto di un effettivo scostamento dai contenuti dei titoli edilizi allo stesso relativi, escludendo con certezza che, pur erroneamente e illegittimamente, il Comune lo avesse assentito così come attualmente realizzato e in relazione alla sua effettiva ubicazione: è evidente, difatti, che in questo secondo caso l'art. 35 d.P.R. 380 del 2001 risulterebbe inapplicabile; l'affidamento dei privati sarebbe più rilevante e suscettibile di maggior tutela; e, infine, l'A.C. dovrebbe previamente ritirare detti eventuali titoli edilizi (in presenza di titoli abilitanti alla edificazione rilasciati dalla amministrazione comunale su di un'area che la stessa amministrazione successivamente qualifica come demaniale, per poter ordinare la demolizione di quanto costruito i detti titoli abilitativi devono essere previamente ritirati o annullati)).
b) in secondo luogo, poi, le particolari condizioni dell'immobile e dei luoghi - fila di abitazioni contigue, ricadente in zona di espansione sufficientemente urbanizzata -, oltre alla mancata rivendicazione della destinazione pubblica dell'area per alcuni decenni, potrebbero ragionevolmente giustificare soluzioni diverse da quella adottata, ad esempio nella direzione di una sclassificazione dell'area medesima.
In ragione di quanto fin qui esposto, e nei sensi appena indicati, gli atti impugnati risultano dunque connotati da motivazione insufficiente: il ricorso va pertanto accolto, con assorbimento di ogni altra questione formulata.
Avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, Sezione staccata di Lecce, prima sezione, del 27 maggio 2005, n. 2972 produceva appello il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti deducendo che un ordine di demolizione mantiene in ogni caso la propria natura di atto vincolato, come tale non necessitante una motivazione che vada oltre la semplice constatazione dei fatti (in tal senso Cons. Stato, V sez., 5 marzo 2001, n. 1244).
Il contro interessato A. C. presentava rappello incidentale con il quale chiedeva la condanna alle spese di entrambi i gradi di giudizio.
All'udienza del 13 luglio 2010 l'appello è stato trattenuto in decisione.
La Capitaneria di Porto di Brindisi emanava il decreto del 23 marzo 2004, n. 13 con il quale ingiungeva al sig. C. A. di demolire le opere realizzate sulla particella n. 349 del foglio 17 del Comune di Ostuni entro la fascia di rispetto dei 30 metri dal confine demaniale marittimo in assenza della prescritta autorizzazione di cui all'art. 55 del cod. nav.
La medesima autorità con nota del 6 ottobre 2004, prot. n. 15604 comunicava che <<a parziale modifica il decreto ingiuntivo n. 13/2004 (era) riferito al foglio di mappa n. 17, particella n. 355 per la parte che insiste entro la fascia dei 30 metri dalla linea di confine demaniale marittima.
Allo stato attuale pertanto, così come riportato dall'estratto S.I.D. (sistema informativo demanio) risulta:
- parte della particella n. 355 del foglio di mappa n. 17 insiste entro la fascia dei trenta metri dalla linea di confine demaniale marittima e come tale oggetto del decreto ingiuntivo n. 13/2004 emesso da questo Comando;
- parte della particella 355 del foglio di mappa n. 17 insiste sul pubblico demanio marittimo e individuata dal sistema S.I.D. con la particella n. 39047 e come tale oggetto di eventuale decreto ingiuntivo da parte della Regione Puglia, attualmente competente per territorio e per materia;
- la particella 349 del foglio di mappa n. 17 insiste sul pubblico demanio marittimo e come tale oggetto di eventuale decreto ingiuntivo da parte della Regione Puglia, attualmente competente per territorio e per materia;
- l'immobile o gli immobili insistenti sulle particelle 355, 39047 e 349 del foglio di mappa n. 17 sono letteralmente attraversati dalla linea di confine demaniale marittima, come evidenziato dall'estratto S.I.D. in precedenza citato>>.
La sentenza impugnata ha annullato sia gli atti dell'autorità statale (ingiunzione n. 13/2004, prot. 9679 e atto prot. n. 15604 del 7 ottobre 2004) che il provvedimento di demolizione del Dirigente dell'U.T.C. del Comune di Ostuni del I luglio 2004, prot. n. 164. Può sin d'ora osservarsi che l'annullamento (da parte del giudice di primo grado) dell'ingiunzione n. 13/2004 era superfluo perché il successivo atto di rettifica conteneva integralmente la disciplina del rapporto.
La sentenza, impugnata dal solo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, resta confermata nella parte in cui ha disposto l'annullamento del provvedimento comunale.
L'appello merita accoglimento.
L'esercizio del potere di autotutela demaniale previsto dagli art. 54 e 55 c.nav. non incontra limiti temporali in alcuna disposizione legislativa. Poiché a norma degli art. 54 e 55 c. nav. é un atto dovuto l'ordine di rimettere le cose in pristino, se siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, le censure di eccesso di potere sono inammissibili, non essendo configurabili allorquando il provvedimento impugnato non é il risultato di valutazioni discrezionali.
La sentenza impugnata ha accolto il ricorso in ragione delle <<particolari condizioni dell'immobile e dei luoghi (fila di abitazioni contigue, ricadente in zona di espansione sufficientemente urbanizzata)>> e della <<mancata rivendicazione della destinazione pubblica dell'area per alcuni decenni>>. Tali ragioni <<potrebbero ragionevolmente giustificare soluzioni diverse da quella adottata, ad esempio nella direzione di una sclassificazione dell'area medesima>>.
Tali considerazioni non possono essere svolte dal giudice della legittimità degli atti, ma esclusivamente dall'autorità amministrativa, essendo evidente che un provvedimento di "sclassificazione" deve precedere la valutazione sulla conservazione degli immobili. Adottare un atto di sdemanializzazione della striscia di terreno, dopo l'annullamento dell'ordine di demolizione, sarebbe attività del tutto inutile.
D'altro canto la sezione non può non osservare che l'amministrazione appellante, prima di procedere alla materiale esecuzione del provvedimento impugnato (nota del 6 ottobre 2004, n. 15604) dovrà verosimilmente valutare se conservare al bene la natura demaniale proprio in considerazione di quanto contenuto nel provvedimento stesso, ossia che l'immobile o gli immobili insistenti sulle particelle 355, 39047 e 349 del foglio di mappa n. 17 sono letteralmente attraversati dalla linea di confine demaniale marittima.
Considerato infine che l'appellato ha proposto appello incidentale in relazione alle sole spese di giudizio, la sezione ritiene, per giusti motivi, di poterle compensare per entrambi i gradi.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l'appello, nei sensi di cui in motivazione, e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso di primo grado nella sola parte in cui era diretto all'annullamento della nota della Capitanarla di Porto di Brindisi del 6 ottobre 2004, n. 15604.
Compensati spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2010 con l'intervento dei Signori:
Giuseppe Severini, Presidente
Domenico Cafini, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 27 DIC. 2010.
Art 54 CN
Occupazioni e innovazioni abusive.
[I]. Qualora siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, il capo del compartimento [16] ingiunge al contravventore di rimettere le cose in pristino entro il termine a tal fine stabilito e, in caso di mancata esecuzione dell'ordine, provvede di ufficio a spese dell'interessato [84, 1161 n. 1].
Articolo 55 CN
Nuove opere in prossimità del demanio marittimo (1).
[I]. L'esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare è sottoposta all'autorizzazione del capo del compartimento [16, 1161 n. 2].
[II]. Per ragioni speciali, in determinate località la estensione della zona entro la quale l'esecuzione di nuove opere è sottoposta alla predetta autorizzazione può essere determinata in misura superiore ai trenta metri, con decreto del Presidente della Repubblica, previo parere del Consiglio di Stato.
[III]. L'autorizzazione si intende negata se entro novanta giorni l'amministrazione non ha accolta la domanda dell'interessato (2).
[IV]. L'autorizzazione non è richiesta quando le costruzioni sui terreni prossimi al mare sono previste in piani regolatori o di ampliamento già approvati dall'autorità marittima.
[V]. Quando siano abusivamente eseguite nuove opere entro la zona indicata dai primi due commi del presente articolo, l'autorità marittima provvede ai sensi dell'articolo precedente.
In data 25 giugno 2004 la Capitaneria di Porto - Guardia Costiera di Brindisi notificava al sig. C. l'ingiunzione di demolizione n. 13 del 20044, sul presupposto di aver realizzato in Ostuni, località Camerini/Fontanelle, opere edilizie entro la fascia dei 30 metri dal confine demaniale marittimo, in assenza della prescritta autorizzazione ex art. 55 cod. nav..
Il successivo I luglio il Dirigente dell'U.T.C. di Ostuni ordinava allo stesso C. di demolire le opere edilizie abusivamente realizzate, in quanto insistenti su suolo demaniale, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e prive di concessione edilizia.
Gli atti citati venivano quindi censurati per i seguenti motivi: violazione di legge ed erronea applicazione degli artt. 54 e 55 cod. nav. e degli artt. 31 e 35 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Violazione del principio di ragionevolezza. Erronea presupposizione in fatto e in diritto. Difetto di motivazione. Contraddittorietà dell'azione amministrativa. Eccesso di potere e contraddittorietà dell'azione amministrativa. Eccesso di potere e violazione degli artt. 54 e 55 cod. nav.
In data 29 settembre 2004 il Tribunale amministrativo regionale, pronunciandosi in sede cautelare, adottava la seguente ordinanza:
<<ritenuto che, ai fini della definitiva decisione sulla domanda cautelare, è necessario verificare se l'immobile per cui è causa ricada o meno nel demanio marittimo o, comunque, entro la fascia di rispetto di 30 metri dal confine del demanio marittimo;
ritenuto, quindi, che occorre acquisire una relazione di chiarimenti sul punto da parte della Capitaneria di Porto di Brindisi (...)>>.
In adempimento della medesima la Capitaneria adottava, il 12 ottobre 2004, il provvedimento prot. n. 15852, di parziale modifica del precedente decreto.
Tale ultimo atto veniva quindi impugnato con motivi aggiunti, per le ragioni che seguono: nullità degli atti amministrativi; incompetenza per territorio e per materia; vizio di forma; illegittimità derivata e invalidità; eccesso di potere; erroneità e contraddittorietà nell'indicazione della linea di confine demaniale; prescrizione e decadenza; eccesso di potere e violazione dell'art. 55 cod. nav..
Il Tribunale amministrativo regionale accoglieva il ricorso nei limiti seguenti.
Deve in primo luogo sottolinearsi, quanto alla possibilità per l'amministrazione di attivare il potere di repressione degli abusi edilizi a notevole distanza di tempo dalla consumazione dell'illecito, che i provvedimenti che ingiungano la demolizione degli immobili in una situazione di consolidato affidamento del privato sulla legittimità del proprio operato non possano essere sorretti esclusivamente dal richiamo al carattere abusivo dell'opera realizzata.
Il decorso del tempo, in altri termini, oltre a produrre effetti che l'ordinamento riconosce e consacra dando vita a istituti ampiamente disciplinati in ogni settore del diritto, ivi compreso l'ordinamento amministrativo dello Stato, determina l'esigenza di rafforzare l'impalcatura motivazionale di un provvedimento di natura repressiva perché esige l'efficace rappresentazione del rinnovato interesse della amministrazione procedente a rimuovere situazione antigiuridiche. Ciò deve dirsi in specie quando l'amministrazione, pur potendo azionare tempestivamente strumenti offerti dall'ordinamento per porre rimedio a situazioni di abuso, resta a lungo inerte, così da mostrare acquiescenza nei riguardi di una condotta abusiva.
Questa impostazione appare coerente con l'evoluzione giurisprudenziale che si è registrata in materia di efficacia del decorso del tempo in relazione all'esercizio dei poteri repressivi in materia di abuso edilizio. Invero, dopo un primo periodo nel corso del quale le corti amministrative erano attestate rigorosamente sull'assoluta impermeabilità del potere repressivo in materia edilizia al decorso del tempo, riconoscendosi che "il potere repressivo in materia urbanistica o edilizia non è sottoposto a termini di decadenza né di prescrizione; può essere esercitato pertanto anche a distanza di tempo dalla violazione, senza necessità di motivazione in ordine al ritardo, essendosi in presenza di un illecito permanente" (per tutte, Cons. Stato, VI sez, 19 ottobre 1965, n. 1162), si è prodotta una virata che riconosce effetti incontestati e incontestabili quantomeno sul piano della motivazione che deve sorreggere un atto sanzionatorio adottato a molti anni dalla commissione dell'illecito. Il Consiglio di Stato ha affermato, infatti, che "è illegittima l'ordinanza di demolizione che non motiva sull'interesse pubblico attuale a demolire e a sacrificare posizioni giuridiche consolidate da tempo, non potendo la motivazione essere supplita dalla considerazione del carattere di atto dovuto del provvedimento sanzionatorio (Cons. Stato, sez V, 30 marzo 1994, n. 192). Infatti, il decorso del tempo produce inevitabilmente l'effetto di imporre una congrua motivazione nel caso di irrogazione di sanzioni dopo lungo tempo dall'accertamento della violazione, in quanto, in tal caso, possono essere maturate posizioni private di notevole rilevanza, anche incolpevoli (come quelle dell'acquirente ignaro). [...] Questa ricostruzione appare anche in linea con l'esigenza di certezza del diritto che, addirittura di fronte alla consumazione di illeciti in ambito penale, riconosce efficacia all'inerzia degli organi preposti all'accertamento dei reati sul perdurante interesse ad esercitare lo ius puniendi che incontra l'invalicabile limite della prescrizione>>.
Tanto ricordato, il Collegio ritiene di non avere motivi per discostarsi dalle valutazioni appena esposte, sicuramente riferibili anche al caso in esame atteso il lunghissimo lasso di tempo trascorso dalla realizzazione dell'immobile in oggetto (sorto nei primi anni '30 e poi oggetto di interventi di ristrutturazione e redistribuzione dei volumi nei primi anni '70).
A quanto appena scritto, comunque, il Tribunale ritiene di dover aggiungere che l'ampiezza dell'arco temporale appena delineato, unita a quanto subito si sottolineerà sub a) e b), è tale da richiedere un'espressa e attenta ponderazione dei vari interessi in conflitto da parte della p.a. nonostante l'affermata proprietà demaniale di parte del terreno ove sorge il fabbricato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 1993, n. 838, secondo cui "nell'esercizio del potere di autotutela volta al recupero di aree demaniali mediante la demolizione di manufatti l'autorità pubblica deve congiuntamente valutare e motivare in merito all'interesse pubblico correlato al tempo trascorso dall'abuso che si assume essere stato compiuto dal privato, alle modificazioni urbanistiche verificatesi con la propria acquiescenza ed alle mutazioni fisiche e morfologiche determinatesi nell'area in contestazione").
In tal senso, difatti, depongono due ordini di considerazioni:
a) in primo luogo le pp.aa. costituite non hanno concretamente dimostrato che l'abusività del fabbricato medesimo è frutto di un effettivo scostamento dai contenuti dei titoli edilizi allo stesso relativi, escludendo con certezza che, pur erroneamente e illegittimamente, il Comune lo avesse assentito così come attualmente realizzato e in relazione alla sua effettiva ubicazione: è evidente, difatti, che in questo secondo caso l'art. 35 d.P.R. 380 del 2001 risulterebbe inapplicabile; l'affidamento dei privati sarebbe più rilevante e suscettibile di maggior tutela; e, infine, l'A.C. dovrebbe previamente ritirare detti eventuali titoli edilizi (in presenza di titoli abilitanti alla edificazione rilasciati dalla amministrazione comunale su di un'area che la stessa amministrazione successivamente qualifica come demaniale, per poter ordinare la demolizione di quanto costruito i detti titoli abilitativi devono essere previamente ritirati o annullati)).
b) in secondo luogo, poi, le particolari condizioni dell'immobile e dei luoghi - fila di abitazioni contigue, ricadente in zona di espansione sufficientemente urbanizzata -, oltre alla mancata rivendicazione della destinazione pubblica dell'area per alcuni decenni, potrebbero ragionevolmente giustificare soluzioni diverse da quella adottata, ad esempio nella direzione di una sclassificazione dell'area medesima.
In ragione di quanto fin qui esposto, e nei sensi appena indicati, gli atti impugnati risultano dunque connotati da motivazione insufficiente: il ricorso va pertanto accolto, con assorbimento di ogni altra questione formulata.
Avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, Sezione staccata di Lecce, prima sezione, del 27 maggio 2005, n. 2972 produceva appello il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti deducendo che un ordine di demolizione mantiene in ogni caso la propria natura di atto vincolato, come tale non necessitante una motivazione che vada oltre la semplice constatazione dei fatti (in tal senso Cons. Stato, V sez., 5 marzo 2001, n. 1244).
Il contro interessato A. C. presentava rappello incidentale con il quale chiedeva la condanna alle spese di entrambi i gradi di giudizio.
All'udienza del 13 luglio 2010 l'appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
La Capitaneria di Porto di Brindisi emanava il decreto del 23 marzo 2004, n. 13 con il quale ingiungeva al sig. C. A. di demolire le opere realizzate sulla particella n. 349 del foglio 17 del Comune di Ostuni entro la fascia di rispetto dei 30 metri dal confine demaniale marittimo in assenza della prescritta autorizzazione di cui all'art. 55 del cod. nav.
La medesima autorità con nota del 6 ottobre 2004, prot. n. 15604 comunicava che <<a parziale modifica il decreto ingiuntivo n. 13/2004 (era) riferito al foglio di mappa n. 17, particella n. 355 per la parte che insiste entro la fascia dei 30 metri dalla linea di confine demaniale marittima.
Allo stato attuale pertanto, così come riportato dall'estratto S.I.D. (sistema informativo demanio) risulta:
- parte della particella n. 355 del foglio di mappa n. 17 insiste entro la fascia dei trenta metri dalla linea di confine demaniale marittima e come tale oggetto del decreto ingiuntivo n. 13/2004 emesso da questo Comando;
- parte della particella 355 del foglio di mappa n. 17 insiste sul pubblico demanio marittimo e individuata dal sistema S.I.D. con la particella n. 39047 e come tale oggetto di eventuale decreto ingiuntivo da parte della Regione Puglia, attualmente competente per territorio e per materia;
- la particella 349 del foglio di mappa n. 17 insiste sul pubblico demanio marittimo e come tale oggetto di eventuale decreto ingiuntivo da parte della Regione Puglia, attualmente competente per territorio e per materia;
- l'immobile o gli immobili insistenti sulle particelle 355, 39047 e 349 del foglio di mappa n. 17 sono letteralmente attraversati dalla linea di confine demaniale marittima, come evidenziato dall'estratto S.I.D. in precedenza citato>>.
La sentenza impugnata ha annullato sia gli atti dell'autorità statale (ingiunzione n. 13/2004, prot. 9679 e atto prot. n. 15604 del 7 ottobre 2004) che il provvedimento di demolizione del Dirigente dell'U.T.C. del Comune di Ostuni del I luglio 2004, prot. n. 164. Può sin d'ora osservarsi che l'annullamento (da parte del giudice di primo grado) dell'ingiunzione n. 13/2004 era superfluo perché il successivo atto di rettifica conteneva integralmente la disciplina del rapporto.
La sentenza, impugnata dal solo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, resta confermata nella parte in cui ha disposto l'annullamento del provvedimento comunale.
L'appello merita accoglimento.
L'esercizio del potere di autotutela demaniale previsto dagli art. 54 e 55 c.nav. non incontra limiti temporali in alcuna disposizione legislativa. Poiché a norma degli art. 54 e 55 c. nav. é un atto dovuto l'ordine di rimettere le cose in pristino, se siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, le censure di eccesso di potere sono inammissibili, non essendo configurabili allorquando il provvedimento impugnato non é il risultato di valutazioni discrezionali.
La sentenza impugnata ha accolto il ricorso in ragione delle <<particolari condizioni dell'immobile e dei luoghi (fila di abitazioni contigue, ricadente in zona di espansione sufficientemente urbanizzata)>> e della <<mancata rivendicazione della destinazione pubblica dell'area per alcuni decenni>>. Tali ragioni <<potrebbero ragionevolmente giustificare soluzioni diverse da quella adottata, ad esempio nella direzione di una sclassificazione dell'area medesima>>.
Tali considerazioni non possono essere svolte dal giudice della legittimità degli atti, ma esclusivamente dall'autorità amministrativa, essendo evidente che un provvedimento di "sclassificazione" deve precedere la valutazione sulla conservazione degli immobili. Adottare un atto di sdemanializzazione della striscia di terreno, dopo l'annullamento dell'ordine di demolizione, sarebbe attività del tutto inutile.
D'altro canto la sezione non può non osservare che l'amministrazione appellante, prima di procedere alla materiale esecuzione del provvedimento impugnato (nota del 6 ottobre 2004, n. 15604) dovrà verosimilmente valutare se conservare al bene la natura demaniale proprio in considerazione di quanto contenuto nel provvedimento stesso, ossia che l'immobile o gli immobili insistenti sulle particelle 355, 39047 e 349 del foglio di mappa n. 17 sono letteralmente attraversati dalla linea di confine demaniale marittima.
Considerato infine che l'appellato ha proposto appello incidentale in relazione alle sole spese di giudizio, la sezione ritiene, per giusti motivi, di poterle compensare per entrambi i gradi.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l'appello, nei sensi di cui in motivazione, e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso di primo grado nella sola parte in cui era diretto all'annullamento della nota della Capitanarla di Porto di Brindisi del 6 ottobre 2004, n. 15604.
Compensati spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2010 con l'intervento dei Signori:
Giuseppe Severini, Presidente
Domenico Cafini, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 27 DIC. 2010.
Art 54 CN
Occupazioni e innovazioni abusive.
[I]. Qualora siano abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, il capo del compartimento [16] ingiunge al contravventore di rimettere le cose in pristino entro il termine a tal fine stabilito e, in caso di mancata esecuzione dell'ordine, provvede di ufficio a spese dell'interessato [84, 1161 n. 1].
Articolo 55 CN
Nuove opere in prossimità del demanio marittimo (1).
[I]. L'esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare è sottoposta all'autorizzazione del capo del compartimento [16, 1161 n. 2].
[II]. Per ragioni speciali, in determinate località la estensione della zona entro la quale l'esecuzione di nuove opere è sottoposta alla predetta autorizzazione può essere determinata in misura superiore ai trenta metri, con decreto del Presidente della Repubblica, previo parere del Consiglio di Stato.
[III]. L'autorizzazione si intende negata se entro novanta giorni l'amministrazione non ha accolta la domanda dell'interessato (2).
[IV]. L'autorizzazione non è richiesta quando le costruzioni sui terreni prossimi al mare sono previste in piani regolatori o di ampliamento già approvati dall'autorità marittima.
[V]. Quando siano abusivamente eseguite nuove opere entro la zona indicata dai primi due commi del presente articolo, l'autorità marittima provvede ai sensi dell'articolo precedente.