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La buona fede e la diligenza di cui agli artt. 1175 c.c. e 1176 c.c. sono clausole generali che hanno la funzione di determinare il comportamento dovuto nell'ambito della relazione tra creditore e debitore nel rapporto obbligatorio.
Mentre la diligenza attiene, in via esclusiva, al comportamento del debitore, la buona fede riguarda sia il creditore che il debitore.
La buona fede, poi, rileva sia sotto il profilo soggettivo e, cioè, come ignoranza non colposa di ledere l'altrui diritto (si pensi alla fattispecie di cui all'art. 1153 c.c. che tutela l'acquisto a non domino di bene mobile da parte dell'acquirente di buona fede) sia sotto il profilo oggettivo.
In questa ultima accezione la buona fede rileva, sia come fonte ulteriore di obblighi distinti da quelli oggetto del regolamento contrattuale (c.d. buona fede integrativa), sia come criterio d'interpretazione del regolamento contrattuale (c.d. buona fede interpretativa) sia in funzione correttiva, rappresentando il criterio cui fare riferimento nell'individuare le ipotesi di abuso del diritto.
Con la nozione di abuso del diritto si fa riferimento all'esercizio del diritto oggetto del rapporto obbligatorio, al di fuori dell'interesse del creditore, a prescindere, cioè, dall'interesse alla cui soddisfazione mira il rapporto obbligatorio stesso.
Fattispecie tipiche di abuso del diritto sono, ad esempio, l'illegittimità dell'eccezione d'inadempimento sollevata con riferimento ad un inadempimento lieve dell'altra parte, la finzione d'avveramento della condizione quando il mancato avveramento della stessa sia dipeso da colpa della parte in favore della quale la condizione è apposta.
Alcuni distinguono la buona fede dall'abuso del diritto sostenendo che, mentre la prima attiene ad obblighi di comportamento ulteriori rispetto a quelli oggetto del regolamento contrattuale, l'abuso del diritto riguarda la modalità d'esercizio del diritto dedotto in contratto. Si usa, altresì, distinguere l'abuso del diritto ontologico che attiene, cioè, a situazioni di fatto (si pensi all'abuso di posizione dominante) dall'abuso del diritto giuridico che riguarda, invece, la modalità d'esercizio del diritto.
Come detto, la buona fede si distingue dalla diligenza in quanto questa è criterio di determinazione della prestazione dovuta e misura dell'esattezza della stessa in chiave di valutazione della responsabilità contrattuale mentre la buona fede è, piuttosto, ai sensi dell'art. 1173 c.c. uno degli altri fatti idonei a produrre obbligazioni oltre al contratto ed ai fatti illeciti. Per questo la diligenza riguarda solo il debitore mentre la buona fede coinvolge anche il creditore. Gli obblighi di comportamento che nascono dal principio di buona fede debbono essere individuati dal Giudice che, tuttavia, non svolge un'attività creativa della regola di condotta (come ad esempio allorchè giudica secondo equità) ma accerta l'obbligo di comportamento dovuto in una determinata situazione di fatto.
La responsabilità che consegue ad un comportamento contrario al canone di buona fede è di tipo contrattuale in quanto attiene alla violazione di obblighi di comportamento preesistenti. Tali obblighi, poi, consistono nell'adozione di specifiche misure di protezione degli interessi altrui e nell'astensione da condotte potenzialmente produttive di effetti dannosi.
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