Cds n 3637 2000 sulla cessione di cubatura

La sentenza del Consiglio di Stato si occupa della fattispecie nota come cessione di cubatura o cessione di volumetria, operazione attraverso la quale si realizza il trasferimento di una quota o dell'integrale facoltà di edificare del proprietario di un'area in favore del proprietario dell'area limitrofa. Con riferimento alla cessione di cubatura si sono poste problematiche di inquadramento della fattispecie contrattuale (se essa, cioè, vada interpretata come contratto ad effetto obbligatori o ad effetti reali) nonchè in  ordine alla possibile tutela dei terzi ignari della fattispecie traslativa della facoltà edificatoria.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza sotto riportata, aderisce alla tesi del contratto di cessione di cubatura come contratto atipico ad effetti obbligatori che si inserisce in un procedimento complesso volto al conseguimento, da parte del cessionario, della licenza edilizia per una volumetria maggiore. La tutela dei terzi, invece, è demandata al Comune ed alle indicazioni presenti nel certificato di destinazione urbanistica,

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui  ricorsi  in  appello  sub  n.  5236/94  e  n.  7833/94  proposti rispettivamente:

 a) dal  COMUNE  DI  IVANO  FRACENA  in  persona  del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco  Dalla Fior e prof. Paolo Stella Richter e presso  lo  studio  del  secondo elett.te dom.to in Roma, Via Mordini, n. 14;

contro

FABBRO Luigia ,  FABBRO Rina ,   FABBRI  Livio   e   FABBRO  Dario , rappresentati e difesi  dagli  avv.ti  Franco  Larentis  e  Giannetto Cavasola e presso lo studio del secondo elett.te dom.ti in Roma,  Via Depretis, n. 86, appellanti incidentali;
e nei confronti di  PASQUAZZO Ginevra ,  PASQUAZZO  Fausto   e   PASQUAZZO  Alessio, non costituiti in giudizio; 
                                       
b) da  PASQUAZZO Alfio  e  PASQUAZZO Fausto , rappresentati e  difesi dagli avv.ti Sergio Dragogna  e  Maurizio  Calò  ed  elett.te  dom.ti presso lo studio del secondo in Roma, Via Gramsci, n. 36;

contro

FABBRO Dario , rappresentato e difeso dall'avv. Giannetto  Cavasola  presso lo studio del quale è elett.te dom.to in Roma,  Via  Depretis, n. 86;                                                              
FABBRO  Luigia ,   FABBRO  Rina ,   FABBRO  Livio e PASQUAZZO Ginevra , non costituiti in giudizio;

e nei confronti

del COMUNE DI IVANO FRACENA in persona del sindaco  pro-tempore,  non costituito in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Regionale  di  Giustizia  Amministrativa di Trento del 6 novembre 1993, n. 317;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione  in  giudizio  di   Fabbro  Luigia   e litisconsorti, questo con appello incidentale, e di  Fabbro Dario ; 
Viste le memorie prodotte dalle parti  a  sostegno  delle  rispettive difese;
Vista l'ordinanza cautelare 15 novembre 1994, n. 1957  con  cui,  nel procedimento sub b),  è  stata  accolta  la  domanda  incidentale  di sospensione dell'efficacia della sentenza impugnata;                
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza  del  21  marzo  2000  il  Consigliere Stefano  Baccarini  e  uditi  l'avv.  Giorgio  Stella  Richter,    in sostituzione  dell'avv. Paolo Stella Richter per il Comune  di  Ivano Fracena, l'avv.  Manzia per delega  dell'avv.  Cavasola  per   Fabbro Luigia  e  litisconsorti  e  l'avv.  Calò  per   Pasquazzo  Alfio   e  Fausto .
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con due distinti ricorsi al Tga di Trento notificati rispettivamente il 28 marzo 1990 e il 24 aprile 1991 i sigg.ri Luigia , Rina , Livio e Dario Fabbro e Ginevra Pasquazzo , comproprietari di un'area sita nel territorio del Comune di Ivano Fracena, impugnavano dapprima la concessione edilizia del 21.9.1989 rilasciata ai sigg.ri Alfio e Fausto Pasquazzo , proprietari limitrofi, per la costruzione di una stalla per ricovero bovini, quindi la concessione edilizia del 16.1.1991 quale variante in sanatoria della precedente.
Ne deducevano l'illegittimità sotto il profilo della volumetria, dell'osservanza delle distanze e del procedimento.
Resistevano al ricorso il Comune di Ivano Fracena ed i controinteressati Pasquazzo .
Il Tga adito definiva il giudizio con sentenza 6 novembre 1993, n. 317, con cui, disposta la riunione dei ricorsi, li accoglieva sull'assunto che le dichiarazioni di trasferimento di volumetria in favore delle aree dei resistenti erano carenti nella forma e nella pubblicità.
Avverso tale sentenza propongono separati appelli, entrambi in forma principale, il Comune di Ivano Fracena ed i controinteressati Pasquazzo .
Resistono all'appello promosso dal Comune di Ivano Fracena i sigg.ri Fabbro , riproponendo con appello incidentale i motivi di primo grado assorbiti dalla sentenza impugnata.
All'odierna udienza, uditi i difensori delle parti, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

1. Va anzitutto disposta la riunione dei procedimenti, in quanto relativi all'impugnazione della medesima sentenza.
2. Nell'ordine logico delle questioni, va esaminato con priorità il secondo motivo dell'appello sub b), con il quale gli appellanti Pasquazzo deducono l'inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnazione della precedente concessione edilizia del 21.9.1988, in base alla quale i lavori erano stati prevalentemente eseguiti.
Il motivo è infondato.
La concessione edilizia impugnata era provvedimento del tutto autonomo dalla precedente concessione edilizia del 21.9.1988, decaduta per mancato inizio dei lavori nel termine decadenziale: i lavori eseguiti, pertanto, erano fondati esclusivamente sulla concessione edilizia del 1989, impugnata.
3. Con l'appello sub a) proposto dal Comune di Ivano Fracena e con il primo motivo dell'appello sub b) proposto dai sigg.ri Pasquazzo gli appellanti censurano la sentenza di primo grado che ha ritenuto illegittime le concessioni edilizie impugnate sull'assunto che gli atti negoziali dei terzi, di trasferimento di volumetria a favore del fondo degli interessati, erano carenti nella forma e nella pubblicità proprie degli atti di disposizione di diritti reali immobiliari.
I motivi sono fondati.
Il trasferimento di volumetria da un fondo ad un altro è in funzione del vincolo edilizio connesso al rapporto area-volume di cui all'art. 41 quinquies, comma 8, l. n. 1150/42 sub art. 17 l. n. 765/67.
Il fatto che nella prassi amministrativa esso sia denominato "asservimento" non esime dalla necessità di esaminare la questione della natura giuridica della fattispecie.
In proposito, la giurisprudenza della Corte di cassazione, seguendo un indirizzo dottrinario, ha segnalato ripetutamente che "la cessione di cubatura da parte del proprietario del fondo confinante, onde consentire il rilascio della concessione a costruire nel rispetto del rapporto area-volume, non necessita di atto negoziale ad effetti obbligatori o reali, essendo sufficiente l'adesione del cedente, che può esser manifestata o sottoscrivendo l'istanza e/o il progetto del cessionario; o rinunciando alla propria cubatura a favore di questi o notificando al comune tale sua volontà, mentre il c.d. vincolo di asservimento rispettivamente a carico e a favore del fondo si costituisce, sia per le parti che per i terzi, per effetto del rilascio della concessione edilizia, che legittima lo ius aedificandi del cessionario sul suolo attiguo, sì che nessun risarcimento è dovuto al cedente (Cass., 12 settembre 1998, n. 9081; in senso conforme, 22 febbraio 1996, n. 1352; 29 giugno 1981, n. 4245).
La ricostruzione più attendibile della fattispecie, dunque, è quella di un contratto atipico ad effetti obbligatori avente natura di atto preparatorio, finalizzato al trasferimento di volumetria, che si realizza soltanto con il provvedimento amministrativo.
La giurisprudenza di gran lunga prevalente del giudice amministrativo è coerente con tale orientamento.
Secondo Cons. Stato, sez. V, 26 novembre 1994, n. 1382, infatti, il c.d. contratto di asservimento ben può costituire il presupposto del rilascio di una concessione edilizia che tenga conto del trasferimento di volumetria; secondo sez. V, 4 gennaio 1993, n. 26, inoltre, per il trasferimento della volumetria non sono necessarie forme particolari.
Vero è che le esigenze di certezza giuridica della circolazione dei beni sono evidenziate da sez. V, 25 novembre 1988, n. 744, che da ciò ritiene di desumere la necessità che la pretesa al trasferimento della volumetria abbia natura reale e non obbligatoria.
Ma è vero altresì che la giurisprudenza prevalente ha segnalato che l'inedificabilità di un'area asservita costituisce una qualità obbiettiva del fondo, opponibile anche al terzo acquirente pur non vigendo l'obbligo di trascrizione del vincolo nei registri immobiliari (sez. V, 30 marzo 1998, n. 387; 21 gennaio 1997, n. 63; C.G.A., 19 ottobre 1989, n. 415).
Il vero è che, attualmente, alle esigenze di pubblicità provvede il certificato di destinazione urbanistica dell'area, che deve indicare "tutte le prescrizioni urbanistiche ed edilizie riguardanti l'area o gli immobili interessati" (art. 8, comma 9, d.l. n. 9/82 conv. dalla l. n. 94/82) e che deve essere allegato a pena di nullità a tutti gli atti tra vivi, sia in forma pubblica che in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni (art. 18, comma 2, l. n. 47/85).
Non par dubbio che l'eventuale trasferimento di volumetria da un'area ad altra area contigua influisce sulla disciplina urbanistica ed edilizia della stessa e deve essere inserito dal comune nel certificato di destinazione urbanistica, a tutela dell'affidamento dei terzi, sotto sua diretta responsabilità.
Cio posto, nessun argomento è di ostacolo a che il trasferimento di volumetria venga qualificato come contratto atipico ad effetti obbligatori, senza oneri di forma pubblica o di trascrizione.
Nella specie, la concessione edilizia impugnata validamente teneva conto dei trasferimenti di volumetria assentiti dai terzi in relazione a fondi contigui a quello edificando con dichiarazioni di rinuncia comunicate al comune.
4. La fondatezza degli appelli principali rende necessario l'esame dell'appello incidentale, con cui, nel procedimento sub a) promosso dal Comune di Ivano Fracena, gli appellati ripropongono i motivi di primo grado assorbiti dal primo giudice.
Infondato è il motivo concernente la mancata sottoscrizione della domanda edilizia da parte di Pasquazzo Elsa e Cecilia , comproprietarie del fondo edificando.
Infatti, alla data della concessione edilizia del 1991, in sanatoria, risulta che i sigg.ri Alfio e Fausto Pasquazzo avevano acquisito la comproprietà esclusiva del fondo.
5. Circa i due motivi concernenti il mancato rispetto del rapporto massimo volume/superficie di 0,30 mc/mq previsto dall'art. 29 del regolamento edilizio del Comune di Ivano Fracena, si osserva quanto segue.
L'atto di adesione al trasferimento della volumetria in ordine alla p.f. 99 era stato sottoscritto da una sola delle due comproprietarie, mentre invece si trattava di atto eccedente l'ordinaria amministrazione, che richiedeva la maggioranza qualificata di cui all'art. 1108, comma 2, c.c..
Né poteva essere valida come atto preparatorio la dichiarazione di adesione relativa alla precedente concessione edilizia del 1989.
Quando, come nella specie, l'autorità procedente ha deciso, per ragioni di legittimità, di rinnovare tutti gli atti del procedimento, il nuovo procedimento consta degli atti emessi o acquisiti ex novo, mentre gli atti della precedente serie procedimentale non hanno effetto sulla nuova sequenza.
La p.f. 99 nemmeno poteva essere computata in ragione di metà, sull'assunto che il trasferimento di volumetria era stato assentito da una sola delle due comproprietarie: la comunione nella titolarità di un diritto reale, infatti, consiste nella contitolarità per quote del diritto sull'intero bene, non nella titolarità esclusiva del diritto su una parte del bene.
La p.f. 99, pertanto, non poteva essere computata ai fini della volumetria assentibile.
Conseguentemente, restavano escluse altresì, per difetto di contiguità, le aree poste a monte e a valle di essa, come evidenziato nella relazione tecnica predetta: le pp.ff. 98, 73/2, 70/1, 74, 83 e 84/4, per un totale di mq. 5310.
La superficie disponibile era, pertanto, di mq. 17.096 [13.402 (superficie in proprietà) + (9720-716-5310=3694 superficie di terzi)=17.096].
Il rapporto volume /superficie era, dunque, di mc.6901,54/mq.17.096= 0,403 mc/mq., superiore a quello massimo consentito di 0,30 mc./mq.
6. Il motivo concernente le carenze progettuali è inammissibile per genericità.
7. Infondato in fatto è il motivo concernente la carenza del nulla osta paesaggistico: questo, infatti, era presente non soltanto nella concessione edilizia del 1989, ma anche in quella del 1991, in vista della quale risulta rinnovato con nota del 7.9.1990 della competente autorità provinciale.
8. Fondato è, invece, il motivo concernente le dimensioni della platea delle concimaie, inferiore a mq. 4 per bovino adulto, in violazione dell'art. 56 del regolamento edilizio vigente al momento del rilascio delle concessioni edilizie impugnate.
Tali dimensioni vanno ragguagliate obbiettivamente al numero delle poste per bovino (48) previste in progetto, a nulla rilevando la riserva dei richiedenti di ospitare nella stalla non più di 24 bovini alla volta, né gli indici volumetrici.
9. Quanto ai motivi concernenti l'osservanza delle distanze, è fondato quello concernente la sopraelevazione del muro di contenimento situato a distanza inferiore a m. 5 dal confine.
Secondo le acquisizioni della giurisprudenza, infatti, costituiscono costruzione il terrapieno ed il muro di contenimento che abbiano prodotto un dislivello ovvero abbiano accentuato quello già esistente per la natura dei luoghi (Cass., 21 maggio 1997, n. 4511; 6 maggio 1987, n. 4196).
A nulla, poi, rileva trattarsi della sopraelevazione di un muro preesistente: la sopraelevazione, infatti, costituisce nuova costruzione, nè è invocabile il principio della prevenzione, venendo in considerazione una distanza dal confine e non già tra costruzioni.
10. Quanto al motivo della inosservanza della distanza di m. 20 della stalla dall'abitazione dei ricorrenti, esso è fondato, essendosi accertata nella relazione tecnica una distanza di m. 18, 52 di progetto (m. 18, 65 reali).
A nulla rileva che la porzione della stalla più vicina all'abitazione dei ricorrenti sia destinata a deposito e che la sala mungitura abbia una distanza minima dall'abitazione dei ricorrenti di m. 22, 30: l'art. 56 del regolamento edilizio, infatti, per gli allevamenti di tipo agricolo prescrive in maniera indifferenziata che "tutte le stalle" devono distare dalle abitazioni non meno di m. 20, mentre soltanto per gli allevamenti di tipo industriale si riferisce ai "locali" di ricovero degli animali per stabilire l'obbligo della distanza di m. 250 dai centri abitati.
Per le suesposte considerazioni, vanno accolti sia gli appelli principali che l'appello incidentale.
Il caso della sentenza del TAR relativo alle spese di quel grado di giudizio può essere confermato.
Le spese del secondo grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza sostanziale degli appellanti principali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), così provvede:
1) Dispone la riunione dei procedimenti;
2) Accoglie gli appelli principali e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara infondato il motivo concernente il trasferimento della volumetria;
3) Accoglie l'appello incidentale e, per l'effetto, annulla nei sensi di cui in motivazione le concessioni edilizie 16.9.1989 e 21.1.1991 rilasciate dal sindaco del Comune di Ivano Fracena ai sigg.ri Alfio e Fausto Pasquazzo , salvi gli ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa;
4) Conferma la pronunzia sulle spese del giudizio di primo grado, compiuta dal TAR;
5) Condanna il Comune di Ivano Fracena ed i signori Alfio e Fausto PASQUAZZO , in solido fra loro, a rimborsare ai signori FABBRO le spese del secondo grado del giudizio, che liquida in lire 3.000.000 per FABBRO Dario , ed in lire 3.000.000 per FABBRO Luigia , Rina e Livio , disponendo che nei rapporti interni fra Comune e signori Pasquazzo il carico delle spese suddette sia mutato per L. 3.000.000 dal Comune, e per L. 3.000.000 dai due Pasquazzo .
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 21 marzo 2000 dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Giovanni Paleologo - Presidente
Stefano Baccarini - Consigliere estensore
Corrado Allegretta - Consigliere
Marcello Borioni - Consigliere
Aldo Fera - Consigliere

 

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