Il diritto di usufrutto è un diritto reale su cosa altrui che costituisce, in capo all’usufruttuario, il diritto di godere della cosa, traendone ogni utilità che la stessa può dare, rispettandone la destinazione economica; ne consegue che il diritto di usufrutto implica la spettanza dei frutti naturali e dei frutti civili (cfr. l’art. 984 c.c.) ed il diritto di conseguire il possesso della cosa (cfr. l’art. 982 c.c.), previa effettuazione, salvo dispensa da parte del proprietario, dell’inventario dei beni e previa prestazione di idonea garanzia (cfr. l’art. 1002 c.c.). Il diritto d’usufrutto si estende inoltre a tutte le accessioni della cosa e, così, sia alle costruzioni che alle piantagioni anche se realizzate dal proprietario nel corso dell’usufrutto (cfr. l’art. 983 c.c.). Il diritto dell'usufruttuario non si estende al tesoro che si scopra durante l'usufrutto, salve le ragioni che gli possono competere come ritrovatore. Il diritto d’usufrutto comprende il diritto di concedere in locazione il bene oggetto di usufrutto. In tal caso, l’art. 999 c.c. stabilisce che le locazioni concluse dall'usufruttuario (ove il diritto d’usufrutto non sia costituito a termine), in corso al tempo della cessazione dell'usufrutto, purchè risultino da atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore, continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto, mentre, in caso di cessazione dell’usufrutto costituito a termine, le locazioni non durano in ogni caso se non per l'anno. Salvo il caso in cui la cessione sia vietata dal titolo costitutivo del diritto d'usufrutto (nel qual caso si avrà nullità), il diritto di usufrutto può essere oggetto di cessione e la relativa vicenda (non qualificabile come aleatoria) deve essere notificata al nudo proprietario pena, in difetto, l'inopponibilità a quest'ultimo e la responsabilità solidale del dante causa per le obbligazioni nascenti dall'usufrutto.
A fronte del godimento della cosa oggetto del diritto d’usufrutto, l’usufruttuario è tenuto a fare l’inventario e a prestare idonea garanzia all’inizio dell’usufrutto stesso, nonchè a sostenere le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria e quelli relativi alle riparazioni straordinarie (che, di norma, competono al proprietario) rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione (cfr. artt. 1004 e 1005 c.c.). L'usufruttuario è, altresì, tenuto, per la durata del suo diritto, a pagare le imposte, i canoni, le rendite fondiarie e gli altri pesi che gravano sul reddito, nonchè l'ICI.
L'usufruttuario è, infine, tenuto a restituire le cose che formano oggetto del diritto, al termine dell'usufrutto e, nel godimento della cosa, deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.
L'usufruttuario può esercitare, a favore del fondo, le azioni confessoria e negatoria servitutis nonchè, secondo parte della dottrina, l'azione di regolamento dei confini; deve, inoltre, denunciare al proprietario le molestie dei terzi e le usurpazioni del fondo, pena, in difetto, l'obbligo di risarcire il danno. Può, naturalmente, anche valersi delle azioni possessorie.
Il diritto d’usufrutto può costituirsi per atto d’autonomia privata (vendita, permuta, donazione, datio in solutum), per atti d’ultima volontà (legati testamentari), a seguito di usucapione ovvero per legge (si pensi all’usufrutto legale di cui all’art. 324 c.c., anche se, al riguardo, si è osservato non trattarsi di un vero e prpprio usufrutto stante il vincolo di destinazione posto a favore dei figli, ovvero a quello di cui all’art. 194 2° comma che il Giudice può costituire in favore di uno dei coniugi in caso di separazione legale).
Il diritto di usufrutto può, altresì, costituirsi a seguito di alienazione della nuda proprietà di una cosa con la riserva di usufrutto in capo all’alienante.
Come chiarito, l’art. 324 c.c., che prevede, in via generale, l’usufrutto legale in favore dei genitori esercenti la potestà sui beni del figlio, con l’obbligo di destinare i frutti dell’usufrutto legale al mantenimento della famiglia e all'istruzione ed educazione dei figli, in considerazione del vincolo di destinazione, non può considerarsi, se non in senso atecnico, come un diritto d'usufrutto.
L’art. 194 c.c. secondo comma, poi, prevede un’ulteriore fattispecie d’usufrutto legale (rectius usufrutto giudiziale), che necessita tuttavia una pronuncia giudiziale costitutiva. Si tratta dell’usufrutto del coniuge affidatario su una parte dei beni spettanti all’altro coniuge in sede di separazione personale, in relazione alle necessità della prole. L’usufrutto in favore del coniuge affidatario non è volto a garantire l'adempimento dell'obbligo di mantenimento dei figli da parte del genitore non affidatario, essendo diretto a tutelare ed assicurare ai figli minorenni la conservazione del godimento di beni determinati, idonei a soddisfare loro specifici bisogni, morali o materiali. Ne consegue che il limite temporale di efficacia dell' usufrutto del coniuge affidatario coincide con il compimento della maggiore età da parte della prole (in tal senso Cassazione civile , sez. I, 09 aprile 1994 , n. 3350).
Il diritto d’usufrutto ha necessariamente una durata limitata nel tempo, nel senso che, ove non sia prevista una durata determinata, esso ha durata coincidente con la vita dell’usufruttuario (qualora questi proceda ad alienare il proprio diritto di usufrutto, la durata permarrà legata alla vita del primo usufruttuario). Nell’ambito della vicende successorie e negli atti di liberalità, sussiste essenzialmente il divieto di procedere ad usufrutti successivi, cioè, l’usufrutto attribuito ad una determinata persona e, dopo di essa, ad un’altra persona e così via. Con riferimento alla successioni l’art. 698 c.c. stabilisce che, ove sia disposto per testamento l’usufrutto successivo, esso varrà esclusivamente in favore della persona che, per prima, alla morte del testatore si trovi a godere della cosa. Nell’ambito delle donazioni, invece, la fattispecie dell’usufrutto successivo è configurabile allorché il donante riservi l’usufrutto per sé e, successivamente alla sua morte, a vantaggio di un’altra persona o anche di più persone ma non successivamente. Il diritto di usufrutto, ove costituito in favore di una persona giuridica ed ove non sia fissato pattiziamente il termine finale, si intende costituito per la durata di trenta anni. E' anche ammesso l'usufrutto congiuntivo a favore di più persone condiritto di accrescimento reciproco in caso di morte.
L’oggetto del diritto d’usufrutto può essere costituito da qualsiasi bene mobile o immobile. Per la peculiarità della relativa disciplina, debbono, tuttavia, essere separatamente considerati l’usufrutto che si costituisce sull’eredità o sulla quota ereditaria, l’usufrutto d’azienda di cui all’art. 2561 c.c. a mente del quale l’usufruttuario deve esercitare l’azienda sotto la ditta che la contraddistingue conservandone l’efficacia (e per il quale si discute se si tratti d’usufrutto sull’azienda considerata unitariamente come universalità di beni, oppure di tanti singoli usufrutti quanti sono i beni aziendali), l’usufrutto sui crediti di cui all’art. 1000 c.c., quello sui titoli di credito di cui all’art. 1998 c.c. e quello sulle azioni di società di cui all’art. 2352 c.c. Ancora deve ricordarsi la disciplina del quasi usufrutto che è il diritto di usufrutto costituito sopra cose consumabili. In tal caso l’usufruttuario diventa proprietario delle cose ed è obbligato a restituire il valore delle stesse al termine dell’usufrutto secondo il valore stimato (cfr. l’art. 995 c.c.)
Tra le cause estintive del diritto d’usufrutto debbono menzionarsi quelle previste dal contratto, la morte dell’usufruttuario, la scadenza del termine trentennale per le persone giuridiche, la prescrizione per effetto del non uso durato per venti anni, la riunione dell'usufrutto e della proprietà nella stessa persona (c.d. consolidazione), il totale perimento della cosa su cui è costituito il diritto d’usufrutto oppure la cessazione per gli abusi dell'usufruttuario consistenti nell’alienazione dei beni o nel loro deterioramento per mancanza di ordinarie riparazioni. Il diritto d’usufrutto, invece, si trasferisce sulle indennità dovute dall’assicurazione in caso di perimento di edificio assicurato o dalla PA in caso di espropriazione per pubblica utilità.
Successivamente all’estinzione del diritto di usufrutto, sorge l’obbligo per l’usufruttuario di restituire la cosa nello stato in cui si trova e quello, per il proprietario, di indennizzare l’usufruttuario per i miglioramenti e le addizioni che intenda trattenere secondo le disposizioni di cui agli artt. 985 e 986 c.c. (per i miglioramenti l'indennità è pari alla minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento di valore conseguito dalla cosa, per le addizioni che il proprietario intenda mantenere deve essere corrisposta all'usufruttuario un'indennità pari alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna, mentre, se le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e costituiscono miglioramento di essa, si applicano le disposizioni relative ai miglioramenti).
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