Il diritto d'autore: l'evoluzione sostanziale e della produzione normativa nazionale e sovranazionale, la tutela del diritto d'autore nella società dell'informazione
Approfondimento a cura di
avvocato del Foro di Trani
Negli ultimi anni, con l’eccezionale sviluppo della c.d. società dell’informazione, la disciplina relativa al diritto d’autore ha subito notevoli modifiche legate prevalentemente allo sviluppo e alla diffusione crescente dei computers e della comunicazione telematica ed informatica e degli aspetti problematici ad essi legati. Infatti, la comunicazione tradizionale, intesa in ogni suo aspetto, ha pian piano ceduto il passo alla comunicazione di tipo informatico, superando ostacoli, un tempo invalicabili, e offrendo una vasta gamma di servizi secondo tempistiche rapide. Si pensi al c.d. commercio elettronico, il quale ha visto una notevole espansione, grazie ai vantaggi che offre; si pensi ai pagamenti elettronici, che consentono una moltitudine di operazioni bancarie utilizzando il proprio pc da una posizione remota, senza doversi recare in filiale o senza dover andare in giro con somme di danaro di una certa consistenza. L’evoluzione informatica della società conosce il risvolto della medaglia, rappresentato da una serie di crimini prima sconosciuti o che, pur noti, avvengono secondo nuove modalità offerte proprio dallo sviluppo tecnologico o da questo rese più raffinate.
Il primo corpus normativo che disciplina in Italia il diritto d’autore è costituito dalla l. 633/41, successivamente novellata per le opportune integrazioni e modificazioni, sino alla più recente novella rappresentata dal d. lgs. 13 agosto 2010 n. 131, il c.d. Codice della Proprietà Industriale. Come ogni settore di produzione normativa nazionale, anche il settore in esame risente dell’influenza comunitaria e internazionale: la protezione del diritto d’autore ha generato, negli USA e nella UE, due discipline differenti circa i nuovi[1] diritti. Infatti, negli USA si parla di nuovi diritti in riferimento all’UCITA[2] mentre in Europa si tutela l’estrazione informazioni non coperte dal diritto esclusivo dell’autore contenute in banche dati che siano frutto di investimenti rilevanti dal punto di vista economico[3]
Queste prime osservazioni sono sufficienti da sé a dare un’idea della particolarità della materia, particolarità che tuttavia non rinchiude la medesima in una turris eburnea accessibile soltanto agli addetti agli autori – come probabilmente lo era fino a qualche decennio addietro – ma oggi il diritto d’autore lo si vive in molteplici dimensioni: ad esempio, l’utilizzo di un Iphone o un Smartphone esprime una scelta commerciale – più o meno consapevole – non solo di tipo economico ma anche di prestigio legato all’utilizzo di un prodotto o del diretto concorrente di esso, prodotto al centro di una guerra commerciale e legale dai risvolti milionari[4]. Un altro esempio è rappresentato dal fenomeno diffusissimo per cui le piccole e medie imprese, che costituiscono l’ossatura dell’economia italiana, sempre più spesso utilizzano il nome del titolare dell’impresa quale domain name la cui registrazione come marchio è, invece, vietata[5]. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi.
Le frontiere dell’evoluzione tecnologica spinge il diritto d’autore e i diritti di proprietà industriale verso lidi sconosciuti, sino a vederne sfumare i contorni: ad esempio, nell’esperienza degli States è permesso brevettare il software, in quanto frutto dell’ingegno, ed è consentito brevettare la modalità commerciale legata a Internet mentre ciò non è ammesso nell’esperienza continentale europea. Altro terreno di contrasto e confronto, a causa delle notevoli implicazioni opposte, di ordine etico, da un lato, e di ordine economico, dall’altro lato, è quello relativo alla veste giuridica (brevetto o diritto d’autore?) da dare ai prodotti biotecnologici: su questo piano, le tematiche ambientali e quelle relative alla salute hanno un peso tutt’altro che trascurabile nei confronti delle nuove tecnologie e delle prospettive di guadagno offerte dalle nuove cultivar, specialmente se si tratta di prodotti ogm, tanto sconosciuti quanto temuti.
Omettendo per scelta la premessa storica, occorre prendere le mosse dalla l. 633/41, che rappresenta, dopo tutte le modifiche e integrazioni resesi necessarie nel corso degli anni[6], il punto di partenza nella presente indagine. Questa legge tutela le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengo ai diversi ambiti in cui l’estro umano si può manifestare, spaziando dalla letteratura alla musica, dalle arti figurative al teatro e alla cinematografia e all’architettura, qualunque sia il modo o la forma d’espressione. La formula adottata dall’art. 1 l. 633/41 è volutamente ampia, per tutelare ogni libera manifestazione del pensiero umano, con l’unico limite rappresentato dal requisito della creatività, su cui fra breve si ritornerà.
Nella medesima disposizione, si appresta la tutela per i programmi per elaboratore, in conseguenza della ratifica ed esecuzione della Convenzione di Berna[7], nonché le banche dati le quali presentino carattere creativo per la disposizione operata dall’autore circa i materiali ivi raccolti o la scelta dei medesimi.
Le opere soggette a tutela devono presentare un carattere creativo: ciò non vuol dire che le opere devono rappresentare una novità assoluta ma è necessario che in esse sia riconoscibile l’apporto creativo proprio dell’autore, cioè un tratto personale che consenta di affermare che l’opera apporti un elemento nuovo, diverso rispetto all’esistente. Il concetto di creatività non coincide con quello di novità assoluta ma va individuato caso per caso, riconoscendolo in quell’elemento originale che, benchè minimo, consenta di caratterizzare quell’opera rispetto a tante altre[8].
Il Capo III del Titolo I della l. 633/41 si divide in tre Sezioni, la prima rubricata ‘Protezione dell’utilizzazione economica dell’opera’, la seconda ‘Protezione dei diritti sull’opera a difesa della personalità dell’autore. Diritto morale dell’autore’ e la terza ‘Durata dei diritti di utilizzazione economica dell’opera’. La normativa riconosce all’autore sia i diritti morali, derivanti dalla creazione dell’opera dell’ingegno, che i diritti patrimoniali, discendenti dall’esclusiva utilizzazione economica dell’opera medesima.
La maggiore differenza fra le due categorie di diritti che spettano all’autore, come messo in evidenzia dalla pervasiva previsione normativa della l. 633/41, sta nel fatto che i diritti morali sono inalienabili e perpetui, mentre i diritti patrimoniali hanno una durata limitata nel tempo – coincidente con la vita dell’autore e per 70 anni dopo la sua morte – e possono essere alienati. Ed è comprensibile una simile disciplina: se è vero che l’autore può decidere di cedere i diritti patrimoniali ad un editore – salva ogni valutazione sulla convenienza di un simile contratto, ovviamente! – è altrettanto vero che l’autore ha il diritto di intervenire ogni volta che la paternità della sua opera venga messa in pericolo, con la possibilità di agire in via cautelare per la cessazione del fenomeno abusivo e per ottenere il giusto ristoro per i danni subiti.
Come si è avuto modo di accennare, nella materia in esame è rilevante l’apporto della normativa e della giurisprudenza comunitarie. In primo luogo, l’attività legislativa dell’Unione europea si estrinseca attraverso molteplici strumenti a differente incidenza nei tessuti normativi nazionali. Il Trattato istitutivo della Comunità Europea del 25 marzo 1957 non prevedeva esplicitamente il diritto d’autore, fra gli ambiti d’intervento. Tuttavia, l’art. 36 del Trattato sul funzionamento dell’U.E. stabilisce che sono consentite restrizioni alla libera circolazione delle merci e dei servizi per tutelare le opere dell’ingegno[9]. A livello comunitario, si è spesso tentata la distinzione fra l’esistenza del diritto di privativa e il suo esercizio, sulla considerazione del fatto che l’esercizio possa incontrare limitazioni laddove si tratti di salvaguardare la libertà di concorrenza[10]. Va dato atto che le istituzioni comunitarie sono intervenute in molteplici occasioni sul tema della tutela delle opere dell’ingegno e del diritto d’autore, al fine di armonizzare le discipline nazionali degli Stati membri: tale opera di integrazione è perseguita sia attraverso l’emanazione di atti tipici che mediante l’attività della giurisprudenza della CGCE. Ad esempio, con la sentenza del 6 giugno 2002, la CGCE ha affermato che il divieto di discriminazione sancito dall’art. 12 Trattato deve essere applicato anche a tutela dei diritti d’autore, qualora un ordinamento nazionale accordi una tutela maggiore alle opere dei propri cittadini rispetto a quelle degli altri cittadini comunitari[11]. Una pronuncia che riguarda da vicino l’Italia è quella dell’8 novembre 2008 che ha disapplicato nei confronti di un cittadino comunitario l’obbligo previsto dalla normativa italiana circa l’apposizione del contrassegno S.I.A.E. per i prodotti della Società dell’Informazione, in quanto la relativa norma tecnica non era stata notificata alla Commissione europea, in conformità alla direttiva 98/34/CE.
Il riconoscimento del valore della proprietà intellettuale è sancito nell’art. 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea Generale dell’O.N.U. il 10 dicembre 1948, riconoscendone il valore intrinseco dello sforzo dell’ingegno umano. Infatti, in essa è previsto il diritto di ogni individuo di partecipare alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico; inoltre, ciascuno ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia l’autore.
Analogo riconoscimento è contenuto nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950: in essa sono contenuti in forma di decalogo i principi appartenenti alla sfera etica dell’essere umano. Pur non essendo previsto in forma esplicita, il diritto d’autore è ricavabile, sia dal Preambolo che dal testo della Convenzione, in quanto estrinsecazione della libertà di espressione, riconosciuta in via astratta.
La Convenzione di Berna, cui si è fatto cenno supra, è la fonte normativa internazionale da cui è dipeso lo sviluppo normativo nel settore: il Preambolo contiene l’invito rivolto ai Paesi aderenti di collaborare per giungere ad una disciplina del settore il più possibile uniforme. Il largo respiro cui sono ispirate le norme della convenzione si coglie sin dai primissimi articoli, come ad esempio l’art. 2, nel quale è stabilito che con la locuzione ‘opere letterarie ed artistiche’ si intende riferirsi a tutte le produzioni nei campi della letteratura, della scienza e dell’arte, a prescindere dal modo o dalla forma di espressione prescelta. Senza entrare nell’analisi della Convenzione di Berna, va evidenziato che essa afferma un principio che ha successivamente costituito l’ossatura della disciplina del diritto d’autore: si tratta del principio del trattamento nazionale o, altrimenti detto dell’assimilazione. In virtù di tale principio, le opere che hanno come Paese d’origine un Paese unionista devono godere negli altri Paesi contraenti lo stesso trattamento assicurato dalla legge nazionale ai propri cittadini, oltre ai diritti garantiti dalla Convenzione. Inoltre, per beneficiare della tutela prevista dalla Convenzione, non occorre procedere ad alcuna formalità; i diritti sono garantiti a prescindere dall’esistenza della protezione dell’opera nel Paese d’origine. La Convenzione, come successivamente modificata e integrata, a partire dall’Atto di Parigi del 4 maggio 1896, contiene poi il decalogo dei diritti di utilizzazione dell’opera, in ossequio all’esclusività dei medesimi a proprio beneficio.
Nella scia della Convenzione di Berna si pone la Convenzione universale per il diritto d’autore, firmata a Ginevra il 6 settembre 1952 e modificata nel 1971, la quale afferma il principio della protezione sufficiente ed efficace del diritto d’autore, nei vari Paesi aderenti, in uno al principio dell’assimilazione, già proclamato dalla Convenzione di Berna.
Ultima in ordine di tempo è stata la Convenzione che ha istituito l’OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale), firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967, avente l’ambizioso obiettivo di tutelare la proprietà intellettuale nel mondo. L’espressione ‘proprietà intellettuale’ utilizzata dalla Convenzione fa riferimento al complesso dei diritti relativi alle opere (letterarie, artistiche, scientifiche), alle prestazioni degli artisti (sia interpreti che esecutori), ai prodotti fonografici, alla radiodiffusione, alle invenzioni e scoperte scientifiche, ai marchi, ai disegni e ai modelli industriali. L’Italia ha ratificato la Convenzione con la l. 424/1976. L’OMPI si propone lo scopo duplice di promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo attraverso la cooperazione fra gli Stati aderenti e con altre organizzazioni internazionali e di sviluppare la cooperazione amministrativa fra le Unioni. Affinchè il raggiungimento di tali obiettivi sia possibile, tra le altre azoni idonee, l’OMPI promuove l’adozione di provvedimenti volti a migliorare la funzione di tutela della p.i. nel mondo attraverso l’armonizzazione delle legislazioni nazionali; si preoccupa di curare i servizi amministrativi delle Unioni di Parigi, di Berna e delle altre organizzazioni costituite in relazione alla tutela della p.i.; promuove ogni impegno internazionale volto alla promozione e alla tutela della p.i., assumendone, laddove occorra, la gestione amministrativa relativa; offre la sua cooperazione agli Stati che chiedono l’assistenza tecnica e giuridica nel settore della p.i. e diffonde le informazioni sulla p.i., promuovendone lo studio.
Con la legge 747/94, l’Italia ha ratificato l’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio del 15 aprile 1994. La Sezione I della Parte II dell’Accordo è dedicata al diritto d’autore e ai diritti connessi. Nell’Accordo si stabilisce il rispetto dei principi contenuti nella Convenzione di Berna.
Sin qui una rapida panoramica a volo d’uccello sulle principali fonti e organizzazioni il cui scopo specifico è la tutela della proprietà intellettuale. Per comprendere in cosa consiste tale tutela, vale la pena di fare cenno ai principali diritti patrimoniali elencati nella l. 633/41[12], come successivamente modificata e integrata. Intanto, l’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera e di trarne ogni utilità economica; accanto alla pubblicazione, l’autore ha il diritto di riprodurre l’opera in più copie, utilizzando ogni procedimento di riproduzione, ha il diritto di esecuzione, rappresentazione o comunicazione, di distribuzione, di elaborazione e di pubblicazione, per citarne qualcuno. Si tratta di diritti patrimoniali esclusivi dell’autore; tuttavia, essi sono suscettibili di cessione per atto inter vivos aut mortis causa tra l’autore e l’avente causa e sono limitati nel tempo. L’art. 19 l. 633/41 stabilisce il principio dell’indipendenza dei diritti patrimoniali nel senso che l’esercizio di uno di essi non pregiudica né esclude l’esercizio di uno fra gli altri diritti.
Come accennato, accanto ai diritti di utilizzazione economica esclusiva dell’opera, l’autore è titolare di un complesso di diritti, genericamente racchiusi nell’espressione ‘diritto morale’. Le maggiori differenze fra gli stati attiene proprio a questa sezione. All’interno della l. 633/41[13], l’elenco dei diritti morali dell’autore è lungo e si apre con l’affermazione che, indipendentemente dai diritti economici e anche dopo l’eventuale cessione degli stessi, l’autore ha il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi ad ogni tipo di modificazione cui sia sottoposta l’opera originaria che possano essere di pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione. Questi diritti, attenendo alla sfera della personalità dell’autore, non sono soggetti ad un limite temporale circa la loro tutela o il loro esercizio. Infatti, l’autore conserva il diritto di paternità sempre: esso si compone del diritto di identificazione, consistente nella libera scelta dell’autore di identificarsi o utilizzare uno pseudonimo o mantenere l’anonimato; e del diritto di rivendicazione, che permette all’autore di rivendicare la paternità dell’opera nei confronti di chiunque si qualifichi come autore della stessa. L’art. 2577 c.c., al comma 2, afferma quanto appena detto, ribadendo una disciplina dapprima prevista nella normativa di settore e poi trasfusa, l’anno successivo, nel codice civile del ’42, sottolineando la necessità di apprestare una tutela efficace contro ogni forma di aggressione al diritto d’autore. La falsa attribuzione di paternità dell’opera o la sua riproduzione in modo parziale e distorto costituiscono lesione del diritto alla paternità e alla integrità dell’opera: infatti, il diritto d’autore rappresenta un diritto della personalità, con conseguente risarcimento del danno a favore dell’autore.
La l. 633/41 prevede una serie di principi che ha indotto la maggior parte degli interpreti a ritenere che le norme ivi contenute sancissero il principio della territorialità[14]. Prima dell’entrata in vigore della l. 218/95, modificativa del sistema di diritto internazionale privato nazionale, esso non prevedeva alcuna disciplina dei beni immateriali. In assenza di un dato normativo, gli esegeti prendevano le mosse dall’art. 22 delle disposizioni sulla legge in generale, ritenendo di poter estendere ai beni immateriali il principio della lex rei sitae, ivi affermato in tema di beni materiali. Altra parte della dottrina, partendo dalla distinzione fra proprietà dei beni materiali e titolarità dei beni immateriali, riteneva inapplicabile il criterio contenuto nell’art. 22 preleggi, anche perché, non essendo possibile far riferimento a una collocazione materiale, non aveva senso parlare di lex rei sitae. La Cassazione aveva proposto il criterio della territorialità che andava desunto dalla legge del luogo ove si voleva godere o disporre del diritto d’autore[15]. La l. 218/95, introducendo l’art. 54, ha eliminato ogni dubbio imponendo che i diritti sui beni immateriali sono regolati dalla legge dello Stato in cui vengono utilizzati, avvalorando la tesi di chi sosteneva già da tempo che era preferibile adottare una soluzione improntata al criterio della territorialità.
La rete Internet per il diritto d’autore rappresenta un’occasione da non perdere, data la velocità con cui viaggiano le informazioni e la possibilità per i singoli autori di farsi conoscere dal grande pubblico e diffondere il frutto della propria attività intellettuale a costi inferiori – rispetto a un contratto di edizione ‘classico’ – o secondo modalità tipiche della Società dell’Informazione ma è anche un luogo in cui è facilissimo vedere violati i propri diritti: alcuni teorici della Società dell’informazione sostengono che la rete non è in grado di tutelare efficacemente l’opera dell’ingegno e perciò auspicano o comunque prevedono un mondo in cui il diritto d’autore non esisterà. Lungi dall’aderire ad una simile visione poco realistica, resta il fatto della difficile tutela a tutto tondo della proprietà intellettuale in rete: di sicuro, in un contesto del genere la titolarità del bene immateriale va valorizzata, utilizzando le opportunità offerte dalla rete medesima. Nei Paesi Bassi è stata avanzata la proposta di una nuova Convenzione dell’Aja di diritto internazionale privato per armonizzare le differenti normative nazionali e approntare una valida risposta ai tanti problemi proposti dalla rete Internet. Seppur con difficoltà, nelle more, l’art. 54 l. 633/41 può trovare applicazione anche in rete, affermandosi ancora una volta – non senza problemi applicativi di notevole portata – l’applicabilità della legge dello Stato di utilizzazione.
Bibliografia
Accanto alla bibliografia indicata nelle note, nella stesura del presente contributo si è fatto riferimento, fra gli altri, ai seguenti testi:
1. A. Sirotti Gaudenzi, Manuale pratico dei marchi e dei brevetti, IV ed., Maggioli, 2011;
2. A. Sirotti Gaudenzi, Il nuovo diritto d’autore, VI ed., Maggioli, 2010;
3. http://www.interlex.com/copyright/minotti3.htm;
4. http://www.intelex.com/copyright/ogm.htm;
5. Galli C., Codice della proprietà industriale: la riforma del 2010, a cura di C.G., IPSOA, Milano, 2010;
6. Ubertazzi L.C., Voce ‘Diritto d’autore’, in Digesto delle discipline privatistiche, sez. comm., vol. IV, Utet, 1989.
Nota a cura dell’avv. Domenico Di Leo – RIPRODUZIONE RISERVATA
[1] La denominazione ‘nuovi diritti’ vale a semplificare il riferimento a tutti i diritti connessi al diritto d’autore inteso in senso proprio: il riferimento è a tutti quei diritti che non sono collocabili esattamente nella protezione del diritto d’autore intesa in termini classici né all’interno dei diritti legati alla proprietà industriale. Cfr infra.
[2] L’Uniform Computer Information Transaction Act – cfr: http://europa.eu.int/ISPO/legal/en/lab/000518/LAB180500-3.pdf - prevede, se ratificato come legge nazionale dai vari Stati federali, prevede una tutela contrattuale a tutto tondo dei softwares, dei prodotti multimediali, delle banche dati, delle informazioni on line e di ogni altro prodotto della c.d. società dell’informazione.
[3] Direttiva 96/9/CE.
[4] Sia consentito un rinvio al contributo dal titolo ‘Apple c/Samsung’, presente in questo speciale.
[5] La piena equiparazione fra domain name e segno distintivo non trova spazio nel c.p.i.
[6] Le leggi che sono intervenute a novellare l’impianto predisposto dalla l. 633/41 sono indicate di seguito: d. lgs. 95/2001, attuativo della direttiva 98/71/CE, in tema di protezione giuridica dei disegni e dei modelli; d. lgs. 68/2003, attuativo della direttiva 2001/29/CE, per armonizzare alcuni aspetti del diritto d’autore e dei diritti ad esso connessi nella c.d. Società dell’Informazione; l. 128/2004, recante ‘Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell’ingegno e sostegno alle attività cinematografiche e dello spettacolo’; l. 43/2005 contenente ‘Disposizioni urgenti per l’Università e le opere strategiche, per la mobilità dei dipendenti pubblici [ … ]; d. lgs. 140/2006, attuativo della direttiva 2004/48/CE, recante norme per la tutela dei diritti d’autori di proprietà intellettuale; l. 2/2008, recante norme riguardanti la S.I.A.E. e la possibilità di diffondere attraverso la rete Internet immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate; d. lgs. 131/2010, recante modifiche e integrazioni al C.p.i. per armonizzare la disciplina nazionale in tema di protezione del modello ornamentale con la normativa comunitaria.
[7] La Convenzione di Berna è stata recepita e resa esecutiva in Italia con la legge 20 giugno 1978 n. 399 e predispone le norme volte a proteggere le opere letterarie ed artistiche. Anche sulla citata Convenzione si dirà oltre, nel corpo del testo. La convenzione di Berna, rectius, ‘Convenzione per la creazione di una Unione internazionale per le opere letterarie e artistiche’, fu firmata il 9 settembre 1866 da Belgio, Francia, Germania, Haiti, Italia, Liberia, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Tunisia ed è la più antica fonte di diritto internazionale in tema di protezione del diritto d’autore.
[8] Cfr. Cass. civ., sez. I, 2 dicembre 1993, n. 11953; Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2004, n. 5089. Inoltre, ‘l’accertamento se l’opera dell’ingegno abbia carattere originale o, comunque, creativo è rimesso all’incensurabile accertamento del giudice di merito, quando sia sorretto da congrua motivazione ed esente da errori logici e giuridici’: così, Cass. civ., sez. I, 25 gennaio 1968, n. 202.
[9] La disposizione cui si è fatto cenno prevede che ‘le disposizioni degli articoli precedenti lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nozionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio fra Stati membri’. A tal proposito, vale la pena ricordare la pronuncia Coditel del 1980, con la quale la Corte di Giustizia si è occupata di delimitare il diritto di rappresentazione rispetto alla libertà di prestazione dei servizi. In tempi recenti, la medesima Corte ha fatto riferimento alla predetta pronuncia per stabilire che l’acquisto dei diritti di trasmissione televisiva di un avvenimento non costituisce di per sé una restrizione del regime di concorrenza sussumibile sub art. 81 n.1 C.E. e può essere giustificato dalla peculiarità del prodotto e del mercato. Tuttavia, un esercizio di tali diritti in un contesto giuridico ben definito può, di fatto, importare una restrizione di questo tipo.
[10] Ballarino T., Manuale di diritto dell’Unione Europea, VI ed., Cedam, 2002, pag. 597.
[11] Si tratta dell’art. 12 Trattato sul funzionamento dell’U.E., il quale stabilisce: ‘ Nel campo di applicazione del presente Trattato, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dallo stesso previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità’.
[12] Artt. da 12 a 19 della l. 633/41.
[13] Artt. da 20 a 24 della l. 633/41.
[14] L’art. 185 l. 633/41, cui si rinvia per il testo, ne è un chiaro esempio.
[15] Cass. civ., 29 luglio 1958, n. 2754 afferma che ‘nel sistema di diritto internazionale privato italiano, il diritto d’autore, sia che venga ricondotto alla categoria dei diritti reali, secondo l’indirizzo prevalente che rende applicabile l’art. 22 delle disposizioni sulla legge in generali preliminari al codice civile, sia che, come sembra preferibile, lo si sottoponga ad un’apposita norma di diritto internazionale, desunta, oltre che dalle convenzioni, anche dalla nostra legislazione sostanziale sulle opere dell’ingegno, che ha carattere territoriale, risulta in ogni caso regolato dalla legge del luogo in cui si intende goderne e disporne’.