L'art. 1754 cc definisce non già il contratto di mediazione ma il mediatore che è colui che mette in contatto due o più parti per la conclusione di un contratto senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. L'aspetto saliente della mediazione è, dunque, quello della messa in relazione delle parti e dell'insussistenza di rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.
L'art. 1755 cc stabilisce poi che il mediatore ha diritto alla provvigione ove l'affare sia concluso per effetto del suo intervento.
Sulla mediazione, la dottrina ha manifestato diverse opinioni; secondo una prima tesi la mediazione dovrebbe considerarsi un contratto. Secondo tale impostazione non è dirimente che l'art. 1754 cc non parli di contratto in quanto sarebbe assorbente il rilievo della collocazione sistematica del contratto. L'art. 5 della Legge n 39 del 1989 che prevede l'utilizzabilità di moduli o formulari deporrebbe ancora per la riconduzione della mediazione nell'ambito dei contratti. Nell'ambito della tesi contrattuale, la mediazione, secondo una prima opinione, sarebbe un contratto bilaterale mentre, secondo altra tesi, sarebbe un contratto plurilaterale. Anche la Suprema Corte ha, con talune pronunce, aderito alla tesi della natura contrattuale della mediazione; in tal caso la volontà sarebbe manifestata nel momento in cui viene concluso l'affare.
La teoria della natura non negoziale della mediazione si fonda, essenzialmente sul tenore letterale delle norme codicistiche, e, in particolare, sulla previsione del diritto alla provvigione svincolata dalla stipula di un contratto formale. Anche tale tesi ha trovato un qualche avallo nella giurisprudenza, secondo tale tesi l'attività mediatoria non è giuridicamente dovuta ma deriva dall'attività interpositoria liberamente intrapresa dal mediatore, non essendo configurabile l'inadempienza del mediatore in caso di inattività dello stesso.
Secondo una terza impostazione, la mediazione è assimilabile ad un rapporto contrattuale di fatto. Nell'ambito della mediazione, secondo tale tesi, dal fatto della messa in relazione di due parti nasce un contatto qualificato dal quale nascono obbligazioni di matrice contrattuale (obblighi di informazione da parte del mediatore ed obbligo di pagare la provvigione da parte delle parti intermediate).
Con la sentenza n 16382 del 2009, la Suprema Corte di cassazione, occupandosi di mediazione, ha ritenuto potersi distinguere una mediazione tipica ed una mediazione atipica, la prima prescinde dalla sussistena di un contratto che lega le parti, in tal caso il rapporto che deriva dall'espletamento della mediazione è inquadrabile nell'alveo del rapporto contrattuale di fatto.
Diverso è il caso in cui sussista un contratto all'origine dell'attività mediatoria, in tale ipotesi il rapporto è contrattuale e non già di fatto.
Diverso dal contratto di mediazione è il contratto di brokeraggio che consiste nell'incarico di monitorare il mercato al fine di individuare la migliore compagnia assicurativa per conto del committente.
Il contratto di brokeraggio è atipico, secondo una prima tesi si tratterebbe di un contratto assimilabile alla mediazione e dovrebbe dunque aversi riguardo alla mediazione quanto alla disciplina applicabile.
Secondo parte della dottrina, invece, il brokeraggio sarebbe assimilabile ad un contratto d'opera professionale, sul rilievo che il broker svolge l'inncarico non in una posizione di equidistanza ma nell'interesse del committente.
Con riferimento ai contratti di brokeraggio che la PA stipula, la giurisprudenza amministrativa pressocchè unanime ritiene che debba svolgersi la gara nel rispetto della normative dell'evidenza pubblica.
L'art. 1755 cc stabilisce poi che il mediatore ha diritto alla provvigione ove l'affare sia concluso per effetto del suo intervento.
Sulla mediazione, la dottrina ha manifestato diverse opinioni; secondo una prima tesi la mediazione dovrebbe considerarsi un contratto. Secondo tale impostazione non è dirimente che l'art. 1754 cc non parli di contratto in quanto sarebbe assorbente il rilievo della collocazione sistematica del contratto. L'art. 5 della Legge n 39 del 1989 che prevede l'utilizzabilità di moduli o formulari deporrebbe ancora per la riconduzione della mediazione nell'ambito dei contratti. Nell'ambito della tesi contrattuale, la mediazione, secondo una prima opinione, sarebbe un contratto bilaterale mentre, secondo altra tesi, sarebbe un contratto plurilaterale. Anche la Suprema Corte ha, con talune pronunce, aderito alla tesi della natura contrattuale della mediazione; in tal caso la volontà sarebbe manifestata nel momento in cui viene concluso l'affare.
La teoria della natura non negoziale della mediazione si fonda, essenzialmente sul tenore letterale delle norme codicistiche, e, in particolare, sulla previsione del diritto alla provvigione svincolata dalla stipula di un contratto formale. Anche tale tesi ha trovato un qualche avallo nella giurisprudenza, secondo tale tesi l'attività mediatoria non è giuridicamente dovuta ma deriva dall'attività interpositoria liberamente intrapresa dal mediatore, non essendo configurabile l'inadempienza del mediatore in caso di inattività dello stesso.
Secondo una terza impostazione, la mediazione è assimilabile ad un rapporto contrattuale di fatto. Nell'ambito della mediazione, secondo tale tesi, dal fatto della messa in relazione di due parti nasce un contatto qualificato dal quale nascono obbligazioni di matrice contrattuale (obblighi di informazione da parte del mediatore ed obbligo di pagare la provvigione da parte delle parti intermediate).
Con la sentenza n 16382 del 2009, la Suprema Corte di cassazione, occupandosi di mediazione, ha ritenuto potersi distinguere una mediazione tipica ed una mediazione atipica, la prima prescinde dalla sussistena di un contratto che lega le parti, in tal caso il rapporto che deriva dall'espletamento della mediazione è inquadrabile nell'alveo del rapporto contrattuale di fatto.
Diverso è il caso in cui sussista un contratto all'origine dell'attività mediatoria, in tale ipotesi il rapporto è contrattuale e non già di fatto.
Diverso dal contratto di mediazione è il contratto di brokeraggio che consiste nell'incarico di monitorare il mercato al fine di individuare la migliore compagnia assicurativa per conto del committente.
Il contratto di brokeraggio è atipico, secondo una prima tesi si tratterebbe di un contratto assimilabile alla mediazione e dovrebbe dunque aversi riguardo alla mediazione quanto alla disciplina applicabile.
Secondo parte della dottrina, invece, il brokeraggio sarebbe assimilabile ad un contratto d'opera professionale, sul rilievo che il broker svolge l'inncarico non in una posizione di equidistanza ma nell'interesse del committente.
Con riferimento ai contratti di brokeraggio che la PA stipula, la giurisprudenza amministrativa pressocchè unanime ritiene che debba svolgersi la gara nel rispetto della normative dell'evidenza pubblica.
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