Art 23 dello Statuto dei Lavoratori i permessi retribuiti dei dirigenti delle Rappresentanze Sindacali aziendali annotato con la giurisprudenza di legittimità
ARTICOLO N.23
Permessi retribuiti (1).
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti.
Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 3.000 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero minimo di cui alla precedente lettera b) .
I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno per ciascun dipendente.
Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
(1) A norma dell'articolo 16-ter, del D.L.2 marzo 1974, n. 30, i periodi di aspettativa di cui al presente articolo, sono considerati come periodi di effettivo lavoro ai fini dell'applicazione delle norme sugli assegni familiari di cui al testo unico 30 maggio 1955, n. 797, o della corresponsione di altri trattamenti per i familiari a carico comunque denominati.
Cassazione civile sez. lav. 14/01/2003 n 454
Il diritto ai permessi sindacali è pieno ed incondizionato, non essendo configurabile alcun potere discrezionale di concessione o autorizzazione da parte del datore di lavoro, ed anche quando (come nel caso di specie) sia fissato un "monte ore", il lavoratore può far uso dei permessi per un periodo prolungato ed ininterrotto, senza neppure essere tenuto a far sì che la propria, benché limitata, prestazione lavorativa, conservi una sua utilità nell'ambito del rapporto contrattuale; tuttavia, non è consentito l'utilizzo dei permessi sindacali per fini personali o diversi da quelli per i quali essi vengono attribuiti, nè tanto meno è consentita la strumentalizzazione del potere di fruire dei permessi per una finalità diversa dalla tutela sindacale (consistente, nel caso di specie, nella semplice volontà di sottrarsi all'attività lavorativa, praticando un dissimulato ostruzionismo alle direttive del datore di lavoro).
Cassazione civile sez. lav. 15/12/1999 14128
La disposizione dell'art. 23 stat. lav. (l. n. 300 del 1970), che prevede il diritto dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali a permessi retribuiti per l'espletamento del loro mandato, non contiene alcuna indicazione circa le modalità della concreta utilizzazione dei permessi stessi ed in particolare non impone, nè prescrive che essa debba essere realizzata esclusivamente con brevi, molteplici ed intermittenti astensioni dal lavoro (nell'arco del complessivo monte ore prefissato) e tanto meno stabilisce criteri per determinare la durata di ogni singola astensione dal lavoro; sicché non può ritenersi esclusa la possibilità di una fruizione di permessi aventi ciascuno una durata non limitata soltanto ad ore od anche a pochi giorni, ma altresì corrispondente ad un periodo di giorni alquanto prolungato. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia del giudice del merito che - in un'ipotesi in cui l'art. 48 c.c.n.l. 1 ottobre 1991 per i dipendenti delle aziende municipalizzate di igiene urbana prevedeva, con disposizione più favorevole, un monte ore massimo di permessi retribuiti, comprensivi di quelli di cui al successivo art. 24 l. n. 300 del 1970, pari a otto ore e mezzo per dipendente in organico - aveva ritenuta legittima la fruizione, da parte di un dirigente di una rappresentanza sindacale aziendale, di un permesso retribuito della durata di trentatre giorni continuativi)
Cassazione civile sez. lav. 20/06/1998 n 6166
Non è ravvisabile nell'ordinamento alcuna norma, ordinaria o costituzionale, che imponga una parità di trattamento dei sindacati all'interno delle imprese, sussistendo solo divieti di discriminazione tra singoli lavoratori, o divieti di ostacolo e limitazione delle attività proprie del sindacato; ne consegue che non può ritenersi l'illegittimità della norma del regolamento del personale dell'Istituto Poligrafico dello Stato prevedente l'attribuzione delle aspettative retributive soltanto per i dirigenti delle associazioni sindacali che abbiano una rappresentatività estesa a tutte le strutture dell'Istituto.
Cassazione civile sez. lav. 20/11/1997 n 11573
La disposizione dell'art. 23 l. 20 maggio 1970 n. 300, che prevede il diritto dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali a permessi retribuiti per l'espletamento del loro mandato, configura, con prescrizione di carattere inderogabile, un vero e proprio diritto soggettivo, pieno ed incondizionato, che esclude ogni potere discrezionale di concessione o autorizzazione del datore di lavoro in ordine alla fruizione dei permessi suddetti, nonché di ogni subordinazione dei medesimi alle compatibilità con esigenze aziendali. L'esercizio di tale diritto è subordinato al solo adempimento dell'onere della comunicazione al datore di lavoro nelle forme e nei termini di cui al comma 4 dell'art. 23. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza che aveva accolto il ricorso per la repressione della condotta antisindacale proposto a seguito dell'inclusione nei turni settimanali, in tre successive occasioni, del lavoratore per cui era stata fatta la richiesta di permesso, qualificando tale comportamento dell'impresa come diniego del permesso).
La garanzia posta dall'art. 22 l. 20 maggio 1970 n. 300 - per cui il trasferimento del dirigente di una rappresentanza sindacale aziendale è consentito solo previo nulla - osta dell'associazione sindacale di appartenenza - riguarda i lavoratori che, a prescindere dalla qualificazione meramente nominalistica della loro posizione nell'organismo sindacale suddetto, svolgano, per le specifiche funzioni da essi espletate, un'attività tale da poterli far considerare responsabili della conduzione della rappresentanza sindacale; la norma ha come destinatari gli stessi dirigenti titolari del diritto a fruire del permessi previsti dall'art. 23 della stessa legge, trattandosi di coloro che per la qualità corrispondente al loro incarico debbono provvedere all'espletamento del loro mandato eseguendo le deliberazioni delle rispettive rappresentanze nonché trattando con i terzi o con il datore di lavoro.
Cassazione civile sez. lav. 02/09/1996 n 8032
Il principio della libertà sindacale esclude la possibilità di un sindacato, da parte del datore di lavoro, in merito alla natura dell'attività che si intende svolgere mediante i permessi, di cui all'art. 23 l. 20 maggio 1970 n. 300; resta salva, comunque, la possibilità di contestare l'uso di questi a fini diversi da quelli per i quali è stata formulata la richiesta. La sussistenza del presupposto necessario per l'esperibilità del procedimento previsto dall'art. 28 l. n. 300 del 1970, circa l'attualità della condotta antisindacale, non è esclusa dall'esaurirsi della singola azione antisindacale del datore di lavoro, ove - alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi - il comportamento illegittimo di questi risulta tuttora persistente ed idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, tale da determinare una restrizione o un ostacolo al libero svolgimento dell'attività sindacale.
Cassazione civile sez. lav. 02/09/1996 n 8032
L'esigenza di garantire concretamente il principio della libertà sindacale esclude la possibilità di una verifica da parte del datore di lavoro in merito alla natura dell'attività che si intende svolgere mediante i permessi sindacali, salva la possibilità di contestare l'uso di questi a fini diversi per i quali è stata formulata la richiesta.
Cassazione civile sez. lav. 05/01/1993 n 24
In tema di permessi ai lavoratori che svolgono attività sindacale esterna quali componenti di organi direttivi provinciali e nazionali di associazioni sindacali, l'utilizzazione dell'agevolazione dell'assenza retribuita costituisce oggetto di un diritto - che non tollera limitazioni da parte del datore di lavoro e che l'art. 30 della l. 20 maggio 1970 n. 300 attribuisce direttamente ai lavoratori aventi la suddetta qualità, non alle associazioni sindacali di appartenenza - le cui condizioni e modalità di esercizio sono rimesse alla contrattazione collettiva, la quale risulta sufficientemente specifica al riguardo - così da precludere un intervento sostitutivo del giudice, applicativo dei principi di correttezza ed equità di cui agli art. 1175 e 1374 c.c. - allorché preveda il cosiddetto "monte ore", cioè quel minimo garantito che è, nel contempo, anche idoneo a prevenire abusi e a salvaguardare le esigenze del datore di lavoro rispetto all'inesistenza di limiti in ordine al numero dei dipendenti legittimati alla fruizione dei permessi in questione, cui non si applicano le disposizioni degli art. 23 e 24 della citata legge n. 300 del 1970, concernenti il diverso caso dell'attività sindacale e non aziendale, senza che possano rilevare le dimensioni dell'unità produttiva di appartenenza dei dirigenti sindacali.
Cassazione civile sez. lav. 30/07/1992 9136
Il sistema di calcolo dei permessi sindacali retribuiti previsti dall'art. 23 l. 20 maggio 1970 n. 300 pur essendo correlato, nelle unità produttive che occupano fino a duecento dipendenti, al numero dei lavoratori occupati, nella misura di un'ora all'anno per ciascuno di essi, non risponde ad un principio di stretta proporzionalità all'entità della forza lavoro ma alla concreta garanzia del pluralismo sindacale nelle imprese di minori dimensioni, sicché il monte ore annuo dev'essere attribuito nella predetta quantità globale a ciascuna delle rappresentanze sindacali aventi diritto, e non ripartito tra tutte quelle esistenti nell'unità produttiva (nella specie, la suprema corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto comportamento antisindacale la concessione alla rappresentanza sindacale aziendale di permessi retribuiti per un numero di ore all'anno pari a quello dei dipendenti occupati nell'unità produttiva diviso che il numero delle rappresentanze sindacali in essa operanti).
Nel caso di aziende che occupano fino a duecento dipendenti, i permessi retribuiti, spettanti, ai sensi dell'art. 23 della legge n. 300 del 1970, ai dirigenti di rappresentanze sindacali, aziendali, devono essere attribuiti ad un dirigente di ciascuna delle rappresentanze presenti in azienda per l'intero "monte ore" risultante ai sensi del comma 3 di detta norma (cioè tante ore quanti sono i dipendenti) senza un frazionamento di tale numero di ore fra le rappresentanze suddette, atteso, in particolare, che l'interesse datoriale a non subire eccessivi oneri nello svolgimento dell'attività produttiva è adeguatamente salvaguardato (ai sensi del comma 2, lett. a), dello stesso articolo) dalla limitazione del diritto ai permessi retribuiti ad un solo dirigente per ciascuna r.s.a..
Cassazione civile sez. lav. 22/04/1992 n 4839
In relazione al godimento da parte dei dirigenti di rappresentanze sindacali aziendali di permessi retribuiti per l'espletamento del loro mandato, ai sensi dell'art. 23 legge n. 300 del 1970, non può essere riconosciuto al datore di lavoro alcun diritto a verificare la natura dell'attività che si intende svolgere mediante l'utilizzazione di detti permessi, salva la possibilità di contestare l'uso di questi a fini personali o comunque diversi da quelli per i quali è stata inoltrata la richiesta della r.s.a. (che non è peraltro tenuta ad indicare nella comunicazione le ragioni del permesso); l'esigenza di impedire lo sviamento dell'attività espletata durante i permessi dall'ambito della finalità sindacale non può essere infatti soddisfatta attribuendo al datore di lavoro un potere di controllo intrinseco - sia anteriore che successivo alla fruizione dei permessi - tale da legittimare nei confronti del dipendente l'adozione di provvedimenti disciplinari, obiettivamente diretti a pregiudicare non tanto la posizione di costui quanto il diritto dell'organizzazione sindacale ad espletare liberamente la propria attività.
Cassazione civile sez. lav. 09/10/1991 n 10593
La fruizione dei permessi sindacali retribuiti di cui all'art. 23 l. 20 maggio 1970 n. 300 è subordinata soltanto alla previa tempestiva comunicazione al datore di lavoro (nella forma scritta e tramite la rappresentanza sindacale aziendale) affinché questo ultimo sia reso edotto delle intenzioni del lavoratore di esercitare tale diritto, e non già per richiedere al medesimo provvedimenti concessivi, autorizzativi o comunque discrezionali, non spettando al datore di lavoro un controllo sulla inerenza del permesso all'attività sindacale da svolgere; pertanto, non è necessario che in tale comunicazione siano indicate le specifiche ragioni per cui venga richiesto il permesso, essendo sufficiente un generico riferimento al carattere sindacale dello stesso.