danno differenziale si toglie il liquidato o il liquidabile

danno differenziale si toglie il liquidato o il liquidabile?
 
Approfondimenti in tema di risarcimento del danno per violazione dell'art. 2087 c.c. e in tema di danno differenziale, la detrazione delle indennità liquidate o liquidabili dall'Inail e il danno biologico e patrimoniale a caricod el datore di lavoro
 
 
L'art. 10 del d.pr. n. 1165 del 1965 prevede quanto segue "L'assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro. Nonostante l'assicurazione predetta permane la responsabilità civile a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale l'infortunio è derivato. Permane, altresì, la responsabilità civile del datore di lavoro quando la sentenza penale stabilisca che l'infortunio sia avvenuto per fatto imputabile a coloro che egli ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro, se del fatto di essi debba rispondere secondo il Codice civile. Le disposizioni dei due commi precedenti non si applicano quando per la punibilità del fatto dal quale l'infortunio è derivato sia necessaria la querela della persona offesa. Qualora sia pronunciata sentenza di non doversi procedere per morte dell'imputato o per amnistia, il giudice civile, in seguito a domanda degli interessati, proposta entro tre anni dalla sentenza, decide se per il fatto che avrebbe costituito reato, sussista la responsabilità civile a norma dei commi secondo, terzo e quarto del presente articolo. Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo non ascende a somma maggiore dell'indennità che, per effetto del presente decreto, è liquidata all'infortunato o ai suoi aventi diritto. Quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti".
 
Dalle disposizioni della norma sopra trascritta si è desunta la fattispecie giuridica del danno differenziale; del danno, cioè, eccedente la copertura dell'Inail del quale il datore di lavoro può essere chiamato a rispondere concorrendo i presupposti di cui al richiamato art. 10.
 
Si è osservato, infatti, che il datore di lavoro, ove operi la copertura assicurativa INAIL, non potrebbe essere mai destinatario di un integrale ristoro del danno biologico, a meno di non ritenere abrogato l’art. 10 dpr 1124/65.
 
Ed infatti è tale norma (articolo 10, penultimo comma) che prevede la responsabilità datoriale ancorata al solo danno differenziale, fornendone praticamente una definizione positiva, la seguente: Quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli articoli 66 e seguenti.
 
Questa definizione fornisce all’interprete due importanti dati.
 
1) il danno differenziale è quello che eccede le indennità di cui all’art. 66 T.U. 1124/1965 (e l’indennizzo ex d.lgsl 38/2000 sostituisce proprio, per esplicita previsione del’art. 13, l’indennità da inabilità permanente di cui al n.2 dell’art 66  suddetto)
2) quando si faccia luogo a risarcimento (cioè quando l’esonero non operi perché il datore abbia commesso il reato) questo e’ dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti.
 
La norma dell’art. 10, dunque, a causa della sua formulazione infelice, che ne rende ostica l’interpretazione , nasconde due diverse modalità e accezioni di esonero:
a)esonero totale, configurabile in base ai principi generali, quando non sussiste affatto responsabilità del datore di lavoro ex 2087 c.c., 43 c.p.; ipotesi di scuola che precluderebbe la possibilità di agire contro il datore, astrattamente configurabile, ma concretamente non verificabile ad avviso di chi scrive, se non all’esito del procedimento giurisdizionale, che pervenga ad escludere il titolo di responsabilità datoriale (si veda chiaramente, per tutte CAss. 12467/2003)
b) esonero cd. parziale, quello disciplinato dall’art. 10 del TU INAIL tante volte sin qui esaminato, che fonda la responsabilità del datore di lavoro, anche quando sussista il titolo ex 2087 c.c., 43 c.p. (in astratto, come visto, agevolmente configurabili) per il solo  danno differenziale.
 
Resta, però, il dubbio se il datore di lavoro sia tenuto al risarcimento del danno integralmente o solo nei limiti del danno c.d. differenziale in una serie di ipotesi in cui, di fatto, l'Inail non abbia indennizzato il lavoratore, sempre che non operi l'esonero totale ex art. 10 del d.p.r. n. 1124/1965.
 
Insomma, il lavoratore può chiedere al datore di lavoro solo ciò che eccede le indennità "liquidate o liquidabili" dall'INAIL o anche l'intero risarcimento? e se chiede l'intero danno, si "toglie" solo ciò che è stato indennizzato o anche ciò che è o era indennizzabile nelle ipotesi in cui 1) non sia stato chiesto alcun indennizzo, 2) sia stato chiesto ma non riconosciuto dall'inail e poi la domanda non sia stata coltivata, 3) sia stato chiesto e riconosciuto dall'inail ma in misura inferiore a quanto dovuto e la domanda non sia stata poi coltivata?
 
La prevalente giurisprudenza di merito è orientata nel senso di dovere detrarre non solo quanto effettivamente liquidato ma anche quanto liquidabile anche in applicazione del generale principio di cui all'art. 1227 c.c.
 
Se Il lavoratore non ha coltivato la azione verso l’inail, non chiedendo l’indennizzo,  certamente non può chiedere al datore di pagare la parte di competenza dell’INAIL perché questi gli opporrebbe l’esonero (ed è questo il senso della transazione sociale). Ma nemmeno perderebbe il diritto all’integrale risarcimento per la parte ulteriore, in ragione di ciò. Perché il risarcimento è cosa diversa dall’indennizzo.
 
Se poi, in concreto, il lavoratore non abbia ottenuto niente perché l’inail ha ritenuto che sussistesse una lesione micro-permanente, o alcuna lesione, questo comunque non precluderebbe la possibilità dell’azione risarcitoria e degli accertamenti ai fini del danno civile (interamente a carico de datore, se fosse micropermanente, o comunque a carico per la parte eccedente, in caso diverso).
 
Per quanto riguarda il danno patrimoniale alla professionalità può sussistere il differenziale patrimoniale per le menomazioni pari al 16% mentre il danno è complementare (ossia  a carico del datore ) per le menomazioni inferiori al 16% (per le quali non opera l’indennizzo INAIL),
 
In tale ultimo caso si tratta di un  pregiudizio, di tipo patrimoniale, alla capacità lavorativa (specifica); “di tale pregiudizio potrà essere preteso (fornendone ovviamente la relativa e tendenzialmente rigorosa prova)  il risarcimento secondo le comuni regole civilistiche, a prescindere dall’eventuale indennizzo INAIL pure, in ipotesi, erogato (ma appunto, unicamente a ristoro del danno biologico in quanto tale) e al di fuori dei residui limiti dell’art. 10 del T.U.
 
Invece per le menomazioni pari o superiori al 16% il ricorrente che chiede nei confronti del datore di lavoro il differenziale patrimoniale deve allegare la sussistenza di una differenza tra il pregiudizio patrimoniale effettivamente subito e la capitalizzazione della rendita INAIL, considerato che ai fini del calcolo della rendita la retribuzione percepita dal soggetto non viene presa in considerazione nel suo intero ammontare ma solo per una percentuale rapportata alla gravità delle lesioni. Deve probabilmente essere oggetto non solo di allegazione ma di quantificazione o di allegazione degli elementi per la quantificazione secondo le regole del danno patrimoniale (prova lucro cessante).
 
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