detenzione e spaccio modica e igente quantità

Detenzione ai fini dello spaccio, l'attenuante del fatto di lieve entità e l'aggravante dell'ingente quantità una cornice edittale che, in dipendenza del quantitativo di sostanza stupefacente detenuta, abbraccia oltre trenta anni di reclusione....gli orientamenti della giurisprudenza

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L'art. 73 del DPR n 309/1990 prevede e punisce, come noto, la detenzione di sostanze stupefacenti ai fini dello spaccio individuando, quali criteri rivelatori della finalità criminosa, il superamento del livello soglia individuato con decreto del Ministro della salute, le specifiche modalità di presentazione della sostanza stupefacente, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato ed altre circostanze dell'azione rivelatrici della destinazione ad un uso non esclusivamente personale (ad es. la detenzione di bilancini di precisione, il possesso di ingenti somme di denaro contante di vario taglio).
 
La pena risulta particolarmente severa per l'ipotesi base essendo la cronice aedittale compresa tra i 6 e i 20 anni di reclusione. Risulta, pertanto, particolarmente rilevante, una volta acclarata la detenzione ai fini dello spaccio o, comunque, l'integrazione della fattispecie criminosa di cui all'art. 73 primo comma DPR cit, verificare la possibile applicabilità della attenuante di cui al quinto comma del medesimo articolo che riconduce i limiti di pena all'interno della cornice edittale da 1 a 6 anni ("Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni").
 
Val la pena, sempre in punto di valutazione della gravità del fatto di reato, ricordare come l'art. 80 del DPR n 309/90, preveda un'aggravante della pena, dalla metà a due terzi, se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope.
 
Come si vede, il quantitativo della sostanza stupefacente detenuto ha un ruolo di fatto particolarmente significativo in quanto può determinare l'oscillazione della pena da un minimo di un anno ad un massimo di oltre trenta anni di reclusione.
 
La giurisprudenza, a più riprese, si è occupata di stabilire il quantitativo di sostanza stupefacente necessario e sufficiente ai fini della prova della sussistenza del reato, nonchè ai fini  della ricorrenza dell'attenuante di cui al quinto comma dell'art. 73 o dell'aggravante di cui al comma 2 dell'art. 80 del DPR n 309/90.
 
Con riferimento all'integrazione del fatto di reato ed all'attenuante di cui al comma 5 dell'art. 73, si è osservato come il dato esclusivamente ponderale della sostanza stupefacente detenuta non sia, di per sè decisivo, nel senso che la modalità dell'azione potrà orientare diversi criteri di valutazione del fatto.
 
Così anche la detenzione di una quantità notevole di sostanza stupefacente potrà, in difetto di ulteriori elementi a supporto ed in considerazione di peculiari caratteristiche dell'imputato, risultare compatibile con l'uso personale laddove, al contrario, la detenzione, occasionale, di un quantitativo minimo di sostanza stupefacente, in presenza di una serie di circostanze del fatto che depongano per la sussistenza di un'attività organizzata e finalizzata allo spaccio, potrebbe non essere compatibile con l'applicazione dell'attenuante di cui al quinto comma.
 
Per quel che riguarda l'aggravante di cui al secondo comma dell'art. 80 del DPR n 309 del 1990, la giurisprudenza, sul rilievo che il bene giuridico protetto dalla norma è la salute pubblica, ha evidenziato come la valutazione della messa in pericolo di tale bene giuridico spetti al giudice del merito che dovrà, in tale prospettiva, parametrare il fatto con le specifiche caratteristiche dell'area sociale di riferimento.

Qui di seguito, oltre alle norme di riferimento, abbiamos egnalato la giurisprudenza più recente sotto il profilo della valutazione del dato ponderale ai fini della valutazione:
 
a) dell'esistenza del reato;
b) dell'applicabilità della circostanza attenuante di cui al quinto comma dell'art. 73 del DPR n 309 del 1990;
c) dell'applicabilità della circostanza aggravante di cui al comma secondo dell'art. 80.


Art.73
Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope .


1. Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall'articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000.
1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:
a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale;
b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà.
2. Chiunque, essendo munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui all'articolo 14, è punito con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro 300.000.
[2-bis. Le pene di cui al comma 2 si applicano anche nel caso di illecita produzione o commercializzazione delle sostanze chimiche di base e dei precursori di cui alle categorie 1, 2 e 3 dell'allegato I al presente testo unico, utilizzabili nella produzione clandestina delle sostanze stupefacenti o psicotrope previste nelle tabelle di cui all'articolo 14.]
3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione.
4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i medicinali ricompresi nella tabella II, sezioni A, B , C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell'articolo 14 e non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da un terzo alla metà.
5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000 .
5-bis. Nell'ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, su richiesta dell'imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l'Ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L'Ufficio riferisce periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto dall'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi dell'articolo 116, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dall'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, il giudice che procede, o quello dell'esecuzione, con le formalità di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale, tenuto conto dell'entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso per cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte.
6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata.
7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.


Art.80
Aggravanti specifiche.


1. Le pene previste per i delitti di cui all'articolo 73 sono aumentate da un terzo alla metà:
a) nei casi in cui le sostanze stupefacenti e psicotrope sono consegnate o comunque destinate a persona di età minore;
b) nei casi previsti dai numeri 2), 3) e 4) del primo comma dell'art. 112 del codice penale;
c) per chi ha indotto a commettere il reato, o a cooperare nella commissione del reato, persona dedita all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope;
d) se il fatto è stato commesso da persona armata o travisata;
e) se le sostanze stupefacenti o psicotrope sono adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva;
f) se l'offerta o la cessione è finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali da parte di persona tossicodipendente;
g) se l'offerta o la cessione è effettuata all'interno o in prossimità di scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti.
2. Se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono aumentate dalla metà a due terzi; la pena è di trenta anni di reclusione quando i fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 73 riguardano quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricorre l'aggravante di cui alla lettera e) del comma 1.
3. Lo stesso aumento di pena si applica se il colpevole per commettere il delitto o per conseguirne per sé o per altri il profitto, il prezzo o l'impunità ha fatto uso di armi.
4. Si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 112 del codice penale.


Cassazione penale  sez. IV 04 maggio 2011 n. 21799



In relazione alle condotte di detenzione di sostanza stupefacente, nelle quali quindi l'uso della sostanza non è ancora avvenuto, è richiesto al giudice di determinare quale fosse la finalità della detenzione, onde apprezzarne l'eventuale rilevanza penale. Al riguardo, essendo in questione un atteggiamento interiore, la sua ricostruzione non può che avvenire in chiave indiziaria e quindi valutando tutte le contingenze del caso concreto. A tal fine, l'indagine ricostruttiva non può mancare di attribuire forte rilievo al dato ponderale e al numero di dosi ricavabili, giacché, di fronte a quantitativi di rilievo, la destinazione a uso personale può essere ritenuta solo quando si sia in presenza di emergenze probatorie che spieghino in modo concludente le ragioni per cui l'agente si sia indotto a detenere, per uso personale, stupefacente che eccede i bisogni di un breve arco temporale. (Da queste premesse, la Corte ha ritenuto corretta e congruamente motivata la sentenza che aveva ravvisato il reato di cui all'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, escludendo quindi la finalità di uso personale, nei confronti di un soggetto che era stato sorpreso a detenere una quantità di hashish corrispondente a 960 dosi medie singole, confezionata in due panetti; in proposito valorizzandosi, a supporto della destinazione illecita, tra l'altro, anche il rinvenimento di un bilancino di precisione e le condizioni economiche del soggetto ritenute incompatibili con l'acquisto di un rilevante quantitativo di droga per esclusivo uso personale).


Cassazione penale  sez. IV 14 marzo 2012  n. 15445



In materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga va effettuata dal giudice di merito, ogniqualvolta la condotta non appaia indicativa dell'immediatezza del consumo, tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto e, in particolare, dei parametri indicati nell'art. 73 comma 1 bis, lett. a), d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 ("quantità", "modalità di presentazione", "altre circostanze dell'azione"), che appunto costituiscono criteri probatori idonei a orientare la valutazione del giudice in ordine alla dimostrazione della destinazione "a un uso non esclusivamente personale", tale da integrare l'illecito penale. Tale apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione.



Cassazione penale  sez. V 13 dicembre 2011  n. 34136


In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, i parametri di riferimento cui attenersi ai fini della configurabilità dell'aggravante speciale "dell'ingente quantità" sono rappresentati dai dati oggettivi della quantità e della qualità della sostanza detenuta in rapporto, in particolare, all'entità del principio attivo accertato; il tutto da valutarsi, con apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ovviamente incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato, nell'ottica dell'incremento dell'incidenza negativa sull'integrità della salute di un rilevante numero di potenziali consumatori e quindi del rilevante pericolo per la salute pubblica alla cui tutela presiede, in ultima analisi, l'intera disciplina repressiva della cessione e del traffico delle sostanze stupefacenti (confermata, nella specie, l'aggravante nei confronti dell'imputato che era stato scoperto in possesso di oltre venti chili di hashish e della rilevante entità di principio attivo, in esso contenuto, calcolato in circa chilogrammi due, pari al 10%).


Cassazione penale  sez. VI 25 gennaio 2011 n. 4613

In tema di stupefacenti, la detenzione di quantità inferiori ai limiti indicati nel d.m. richiamato dall'art. 73, comma 1 bis, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990, non costituisce un dato di per sé decisivo ai fini dell'esclusione della rilevanza penale della condotta, in quanto il superamento del limite ivi fissato rappresenta solo uno dei parametri normativi rilevanti ai fini dell'affermazione della responsabilità e l'esclusione della destinazione della droga ad un uso strettamente personale ben può essere ritenuta dal giudice anche in forza di ulteriori circostanze dell'azione, alcune delle quali sono espressamente tipizzate nella disposizione normativa sopra citata. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso il rilievo dell'omessa considerazione dell'ignoranza inevitabile del precetto penale).



Cassazione penale  sez. IV 22 dicembre 2011 n. 6732


In tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l'azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all'oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell'attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di 'lieve entità. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di appello, in riforma della decisione di primo grado, riconosceva l'attenuante di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 in ordine alla vendita in plurime occasioni di 200 pasticche di ecstasy, omettendo pertinente ed adeguata motivazione).


Cassazione penale  sez. VI 26 ottobre 2011 n. 40668

La divisione in dosi di uno stupefacente non è sufficiente per affermare che la sostanza sia destinata allo spaccio; i parametri utili per apprezzare la destinazione all'uso non esclusivamente personale sono da valutare nel caso concreto.


Cassazione penale  sez. VI 26 ottobre 2011 n. 5000


Il mero dato quantitativo del superamento dei limiti tabellari previsti dall'art. 73, comma 1 bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990, non vale ad invertire l'onere della prova a carico dell'imputato, ovvero ad introdurre una sorta di presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale. In questi casi, il giudice deve valutare globalmente, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta disposizione normativa, se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione.


In tema di illeciti in materia di sostanze stupefacenti, il superamento dei limiti massimi indicati nel decreto ministeriale cui fa riferimento l'art. 73, comma 1 bis, lett. a), d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 non costituisce una presunzione assoluta in ordine alla condotta di "spaccio" del detentore, ma occorre valutare anche altre circostanze che siano indicative di un uso non esclusivamente personale dello stupefacente detenuto, giacché tale superamento non vale a invertire l'onere della prova - che è a carico dell'accusa - in ordine alla destinazione della sostanza stupefacente a un uso non esclusivamente personale: in questa prospettiva, pur a fronte del superamento dei limiti tabellari, il giudice deve valutare globalmente, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella norma, se le "modalità di presentazione" e le "altre circostanze dell'azione" siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione. (Nella fattispecie, relativa alla detenzione di grammi 22,90 di marijuana, la Corte ha annullato senza rinvio, per insussistenza del fatto, la sentenza di condanna, evidenziando l'inidoneità degli elementi valorizzati dal giudice di merito per fondare la destinazione illecita della droga, tutti ritenuti privi di valenza dimostrativa: il generico riferimento a un non meglio precisato comportamento "anomalo" dell'imputato; l'avere l'imputato "negata" la detenzione della droga; l'avere l'imputato detenuto una somma di denaro, risultata però modesta e comunque proporzionata al reddito di lavoro).


Cassazione penale  sez. IV 29 settembre 2011  n. 38794

In tema di reati concernenti il traffico illecito di sostanze stupefacenti, non è consentito predeterminare i limiti quantitativi minimi che consentono di ritenere configurabile la circostanza aggravante prevista dall'art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990; tuttavia, detta fattispecie non viola il principio di determinatezza, dovendo aversi riguardo, perché possa configurarsi l'aggravante in questione all'oggettiva eccezionalità del quantitativo sotto il profilo ponderale, al grave pericolo per la salute pubblica che lo smercio di un tale quantitativo comporta, alla possibilità di soddisfare le richieste di numerosissimi consumatori per l'elevatissimo numero di dosi ricavabili. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che ha ritenuto integrata l'aggravante di cui all'art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990, avuto riguardo al rilevantissimo quantitativo di hashish, da cui erano ricavabili quasi 48 mila dosi, rappresentante notevole pericolo per la salute pubblica).


Cassazione penale  sez. IV 17 giugno 2011  n. 33448

A seguito della nuova disciplina in materia di sostanze stupefacenti, introdotta dalla l. 21 febbraio 2006 n. 49, che ha soppresso la distinzione tabellare fra droghe leggere e droghe pesanti introducendo un'unica tabella delle sostanze stupefacenti, la contestuale detenzione di sostanze stupefacenti di tipo e natura diversi integra un unico reato.


Cassazione penale  sez. VI 25 maggio 2011 n. 27128


In tema di stupefacenti, tenuto conto del pericolo per la salute pubblica che informa le disposizioni incriminatrici in materia di sostanze stupefacenti, può definirsi "ingente" la "quantità di sostanza tossica che superi notevolmente, con accento di eccezionalità, la quantità usualmente trattata in transazioni del genere nell'ambito territoriale nel quale il giudice di fatto opera, così da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicofili e conseguentemente un incremento del pericolo per la salute pubblica, dovendo la relativa valutazione, costituente un apprezzamento di fatto, essere necessariamente rimessa al giudice del merito, il quale è in grado di formarsi una esperienza fondata sul dato reale presente nella comunità nella quale vive.


Cassazione penale  sez. VI 19 maggio 2011 n. 31351


In tema di stupefacenti, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante di cui all'art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990, non possono, di regola, definirsi "ingenti" i quantitativi di droghe "pesanti" (ad es., eroina e cocaina) o "leggere" (ad es., hashish e marijuana) che, sulla base di una percentuale media di principio attivo per il tipo di sostanza, siano rispettivamente al di sotto dei limiti di due chilogrammi e cinquanta chilogrammi. (In motivazione la Corte ha precisato che tali soglie devono ritenersi indicativamente calcolate in relazione alla corrente realtà del mercato degli stupefacenti così come apprezzata dal giudice di legittimità, ben potendo quello di merito non ritenerli confacenti al caso oggetto della sua cognizione, purché lo stesso offra specifica indicazione dei diversi criteri di riferimento impiegati).


Cassazione penale  sez. IV 17 febbraio 2011 n. 25674


È punibile, ex art. 26, comma 1, e 73, comma 1, d.P.R. 309/90, ogni attività di coltivazione (non autorizzata) di piante, da cui passano estrarsi sostanze stupefacenti, salvo che - per la sua modestia e le oggettive circostanze di fatto - sia del tutto inoffensiva dei beni giuridici protetti (nella specie, è stata ritenuta non punibile la coltivazione di una piantina, collocata in un piccolo vaso sul terrazzo dell'abitazione dell'imputato, contenente un principio attivo di 16 mg.).
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