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Delitti contro l'amministrazione della giustizia (artt. 361 - 401 c.p.)
Rifiuto di uffici legalmente dovuti
Simulazione di reato
Calunnia
Autocalunnia
Falsa testimonianza
Frode processuale
Patrocinio o consulenza infedele
Evasione
Procurata evasione
Colpa del custode
Esercizio arbitrario ragioni
Subornazione
Art. 371 bis False informazioni al pubblico ministero
Chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, cio' che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, e' punito con la reclusione fino a quattro anni (1). Ferma l'immediata procedibilita' nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere (2).
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 25, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 332.
(2) Articolo aggiunto dall'art. 11, comma 1, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. Successivamente l'art. 25, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332, ha aggiunto il presente comma.
Sul rapporto di specialità del delitto di false informazioni al pubblico ministero rispetto a quello di favoreggiamento personale
Cassazione Penale Sez. VI del 17 febbraio 2000 n. 5255
La fattispecie criminosa di cui all'art. 371 bis c.p. è stata
introdotta dal legislatore allo scopo di colmare la lacuna derivante
dalla mancata previsione di sanzione penale nel caso in cui la falsità
o la reticenza siano commesse dalla persona informata sui fatti in
dichiarazioni rese al p.m. La norma è quindi del tutto analoga a quella
dell'art. 372 c.p. che punisce la falsa testimonianza. Da ciò deriva
che anche il reato di false informazioni al p.m. costituisce una
ipotesi delittuosa specifica rispetto al reato di favoreggiamento
personale che prevede qualsiasi condotta idonea a frustrare le
investigazioni o le ricerche dell'autorità, mentre l'art. 372 c.p.
contempla la specifica condotta di colui che depone come testimone.
(Nel caso di specie la Corte suprema ha ritenuto l'esattezza della
decisione secondo la quale era stata riconosciuta la sussistenza del
favoreggiamento nel comportamento di più persone che si erano accordate
per nascondere circostanze rilevanti idonee a favorire l'impunità di
terzi e che poi avevano reso false dichiarazioni al p.m., escludendo,
conseguentemente, la causa di non punibilità della ritrattazione, non
prevista per il reato di favoreggiamento).
Cassazione Penale Sez. VI del 12 ottobre 1998 n. 13398
Qualora l'aiuto che taluno intenda prestare a talaltro per eludere le investigazioni dell'autorità relative ad un delitto si concretizzi nel rendere false dichiarazioni al p.m., a carico del responsabile di una tale condotta non è configurabile il generico reato di favoreggiamento personale di cui all'art. 378 c.p. ma, per il principio di specialità, solo quello appositamente previsto dall'art. 371 bis stesso codice.
Fra il delitto previsto dall'art. 378 c.p. e quello di cui all'art. 371 bis dello stesso codice esiste un rapporto di specialità unilaterale per specificazione, che esclude il concorso giacché alla norma generale dettata dall'art. 378, che prevede una fattispecie a forma libera, se ne accosta un'altra che, tra le molteplici condotte potenzialmente idonee a pregiudicare il regolare svolgimento delle indagini, incrimina soltanto quella che si materializza in dichiarazioni false o reticenti rese al p.m.. (Fattispecie nella quale la S.C., in applicazione di detto principio, ha ritenuto errata la condanna per il reato di favoreggiamento personale intervenuta in appello e corretta la decisione del primo giudice che, qualificato il fatto ai sensi dell'art. 371 bis c.p., aveva dichiarato l'imputata non punibile per la successiva ritrattazione).
Un caso particolare: false informazioni a PM e attività giornalistica
Cassazione Penale Sez. VI del 21 gennaio 2004 n. 22397
Non commette il reato di false dichiarazioni al p.m. (art. 371 bis
c.p.) il giornalista che si astiene dal deporre opponendo il segreto
professionale in ordine all'indicazione di informazioni (nella specie,
le utenze telefoniche) che possono condurre all'identificazione di
coloro che gli hanno fornito fiduciariamente le notizie.
L'attività giornalistica secondo la previsione dell'art. 200 comma
ultimo c.p.p. è tutelata dal segreto professionale per cui il
giornalista professionista iscritto all'albo non può essere obbligato a
deporre relativamente ai nomi delle persone dalle quali ha ricevuto
notizie di carattere fiduciario nell'esercizio della sua professione.
La tutela deve ritenersi necessariamente estesa a tutte le indicazioni
che possono condurre all'identificazione di coloro che hanno fornito
fiduciariamente le notizie. Rientra pertanto nel segreto professionale
anche l'indicazione relativa alle utenze telefoniche di cui il
giornalista disponeva nel periodo in cui ha ricevuto le notizie
fiduciarie perché la stessa è dichiaratamente funzionale rispetto
all'identificazione di coloro che tali notizie hanno fornito e la
relativa richiesta è quindi in contrasto con il divieto posto dall'art.
200 c.p.p. cit. Ne deriva che il giornalista il quale, sentito come
testimone, si astiene dal deporre opponendo legittimamente il segreto
professionale, anche in ordine a indicazioni che comunque possono
essere utilizzate per risalire alla fonte delle notizie pubblicate, non
si rende colpevole del reato previsto dall'art. 371 bis c.p.p. per aver
taciuto, in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti su cui viene
sentito.