Ai fini dell'applicazione delle norme di cui all'art. 2 cp in materia di succesione delle leggi penali nel tempo, è essenziale verificare il tempus commissi delicti, il momento, cioè, in cui si considera realizzata la fattispecie di reato onde individuare la disciplina normativa da applicare al caso concreto.
Onde individuare il tempus delicti si può fare riferimento al criterio della condotta, al criterio dell'evento o ad un criterio misto che utilizzi, a seconda dei casi, il criterio della condotta o quello dell'evento a seconda degli effetti più o meno favorevoli per il reo.
Nell'ambito della giurisprudenza, prevale, ai fini dell'individuazione del tempus delicti, il criterio della condotta nel senso che, ai fini dell'individuazione della disciplina normativa applicabile al caso di specie, occorre riferirsi al momento in cui sia stata posta in essere l'azione o l'omissione integrante il fatto di reato.
Delicati problemi si pongono, posto tale criterio orientativo per l'individuazione del tempus commissi delicti, con riferimento ai reati permanenti in quanto, in relazione a tali fattispecie ed in caso di successione delle leggi penali nel corso della permanenza, si è affacciato il dubbio se la norma penale successiva sfavorevole, entrata in vigore durante la permanenza del reato, sia applicabile a condotte di reato iniziate prima.
La giurisprudenza ha concluso per l'applicazione della norma successiva sfavorevole, sul rilievo che, in caso di reato permanente, la volontà colpevole si protrae nel tempo per cui, piuttosto che di momento consumativo, dovrebbe parlarsi di periodo consumativo.
La dottrina, al riguardo, ha osservato che l'applicazione della norma sfavorevole successiva a fatti di reato permanenti iniziati prima che si protraggano sino all'epoca dell'entrata in vigore della norma penale meno favorevole, appare contraria ai principi di cui all'art. 2 cp e a quello di cui all'art. 25 Cost ove non sia previsto uno spazio temporale entro il quale il reo possa cessare la condotta criminosa.