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Gli effetti dell'ignorantia legis sulla responsabilità penale trovano la disciplina positiva nel combinato disposto degli artt. 5 e 47, 3° comma del codice penale, nonchè nell'art. 27 della costituzione e nella rilettura costituzionalmente orientata dell'art. 5 cp fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 364 del 1988.
In via generale, l'art. 5 cp esprime il noto principio per il quale, nell'ambito del diritto penale, l'ignorantia legis non scusa mentre l'art. 47, 3° comma esprime un principio, parzialmente derogatorio rispetto a quello di cui all'art. 5 cp, per cui l'ignorantia legis, ove abbia ad oggetto legge diversa da quella penale e si risolva in un errore sul fatto, esclude il dolo e la punibilità a tale titolo, salva l'eventuale responsabilità per colpa ove la fattispecie astratta di reato preveda tale titolo di responsabilità.
Sia la disposizione di cui all'art. 5 cp che quella di cui all'art. 47 cp sono state oggetto di un vivace dibattito dottrinale e di una cospicua elaborazione giurisprudenziale.
Con riferimento all'art. 5 cp, la Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 364 del 1988 ha precisato come l'ignorantia legis inevitabile sia idonea ad escludere la punibilità e la colpevolezza in quanto l'art. 27 cost, prescrivendo che la responsabilità sia personale e colpevole, presuppone che l'agente abbia consepevolezza di tutti gli elementi più significativi della fattispecie penale sicchè, con riguardo alle fattispecie criminose di pura creazione legislativa, l'ignoranza inevitabile della norma penale, stante l'assenza di un corrispondente comune sentimento di antisocialità del fatto contemplato dalla norma penale, esclude la rimproverabilità della condotta posta in essere dall'agente.
L'ignorantia legis può, dunque, a seguito della sentenza n. 364 del 1988 della Corte Costituzionale, escludere la responsabilità penale solo in relazione ai reati di pura creazione legislativa in quanto, con riferimento ai reati comuni, la coscienza dell'antisocialità del fatto rende superflua la conoscenza specifica della norma penale ai fini dell'individuazione di una responsabilità personale colpevole in capo all'autore del fatto tipico.
Naturalmente, il problema pratico di maggior rilievo, a seguito della sentenza n. 364 della Corte è quello di stabilire quando l'ignorantia legis possa essere considerata inevitabile ed atta ad escludere la colpevolezza per il fatto commesso.
In tale prospettiva, la Suprema Corte ha osservato come l'ignorantia legis non sia mai inevitabile allorchè si tratti di un reato specifico di un determinato settore d'attività e l'autore sia un professionista o, in ogni caso, svolga attività lavorativa in quel campo.
L'errore scusabile è, invece, individuabile in caso di errore delle fonti o di errati pareri sulla norma penale da parte di fonti qualificate (si pensi, ad esempio, a contrasti giurisprudenziali o a circolari interpretative successivamente rivelatesi erronee).
Nell'ambito della generale previsione di cui all'art. 5 cp dell'inescusabilità dell'errore di legge, si inserisce la disposizione contenuta nel terzo comma dell'art. 47, secondo cui l'errore su legge diversa da quella penale esclude la punibilità allorchè si risolva in un errore sul fatto.
Secondo una prima impostazione teorica, l'art. 47 cp, terzo comma, conterrebbe una deroga al principio dell'inescusabilità dell'ignorantia legis di cui all'art. 5 cp.
Secondo altra impostazione teorica, invece, la norma di cui all'art. 47 cp non conterrebbe una deroga all'art. 5 cp in quanto si riferirebbe sempre all'errore sul fatto e, più precisamente, ai casi in cui l'errata rappresentazione della realtà consegua all'ignoranza di legge diversa da quella penale incriminatrice.
In via preliminare, occorre precisare che il riferimento alla legge extrapenale di cui all'art. 47 cp include l'errore sugli elementi normativi della fattispecie penale astratta che trovino la loro fonte nelle norme sociali.
La giurisprudenza ha fornito della norma un'interpretazione sostanzialmente abrogatrice per la quale l'errore su legge extrapenale cui si riferisce l'art. 47 cp deve riguardare norma che non sia richiamata, ab origine, nè espressamente nè implicitamente dalla norma incriminatrice di parte speciale (ad esempio, la norma di matrice civilistica che definisce la nozione di altruità della cosa, siccome richiamata implicitamente dalla fattispecie astratta del furto, secondo tale impostazione giurisprudenziale, non costituisce legge extrapenale ex art. 47, 3° comma cp).
Una parte della dottrina ha, invece, tentato di distinguere tra il caso in cui la legge extrapenale richiamata dalla norma penale incriminatrice integri il precetto, nel qual caso l'errore sulla stessa non potrà scusare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 47, 3° comma cp, ed il caso in cui la legge extrapenale richiamata non concorra a definire la fattispecie astratta, nel qual caso l'errore potrebbe, alle condizioni fissate dall'art. 47 cp, escludere la punibilità dell'agente (si fa l'esempio del furto, con riferimento alla cui definizione del fatto tipico, la legge extrapenale che individua la nozione di altruità della cosa, non apporta alcun elemento d'integrazione).
Altra parte della dottrina, individua il criterio distintivo tra errore su legge extrapenale idoneo ad escludere la colpevolezza ex art. 47 cp ed errore rientrante nel generale divieto di cui all'art. 5 cp nel risultato dell'errore stesso.
Se, secondo tale impostazione teorica, l'errore su legge extrapenale si traduce in un errore sul fatto tipico di reato esso rientrerà nella previsione di cui all'art. 47, 3° comma; se, invece, l'errore su legge extrapenale si traduce in un errore sul divieto, si verterà in un errore sul precetto inescusabile (salve le precisazioni fornite dalla Consulta sull'errore inevitabile con riferimento ai reati di pura costruzione legislativa).
La problematica dell'errore su legge extrapenale è stata affrontata dalla dottrina con riferimento alle norme penali in bianco e con riferimento ai reati omissivi propri e impropri.
In relazione alle norme penali in bianco, si è osservato come, se alla legge extrapenale viene demandato il compito di definire il comportamento vietato, l'errore sulla stessa si tradurrà necessariamente in un errore sul precetto e, come tale, non sarà idoneo a scusare; ove, invece, la norma penale in bianco sia interpretata come norma che rimetta alla fonte extrapenale la determinazione di aspetti specificativi della fattispecie astratta definita dalla legge penale, allora potrà ammettersi l'ipotesi che l'errore sulla legge extrapenale, risolvendosi in un errore sul fatto, escluda la colpevolezza a mente dell'art. 47 cp, terzo comma.
Con riferimento ai reati omissivi propri, la dottrina usa distinguere il caso in cui l'obbligo di agire sia definito integralmente dalla norma penale incriminatrice o dalla norma extrapenale, dal caso in cui l'obbligo di agire sia definito in massima parte dalla norma penale incriminatrice con rinvio alla norma extrapenale per gli aspetti di dettaglio.
Nel primo caso, occorre distinguere tra il caso in cui l'errore sulla norma si traduca in un'errata percezione dei presupposti di fatto dai quali scaturisce l'obbligo di attivarsi ed il caso in cui l'errore non incida sulla percezione della situazione di fatto dalla quale scaturisca l'obbligo di attivarsi ma sulla sussistenza stessa di tale obbligo. Solo nella prima delle due ipotesi, infatti, l'errore sarà idoneo ad escludere la colpevolezza.
Nel caso in cui la legge extrapenale descriva solo aspetti di dettaglio, invece, secondo la dottrina, l'errore che cada su di essa sarebbe sempre idoneo ad escludere la colpevolezza in quanto è solo la legge penale che stabilisce il precetto e, cioè, l'obbligo di agire.
Con riferimento ai reati omissivi impropri (o commissivi mediante omissione), secondo la dottrina, l'errore sulla legge extrapenale sarebbe sempre un errore sulla fonte che definisce la posizione di garanzia da cui scaturisce l'obbligo di attivarsi, sicchè l'errore sulla stessa, risolvendosi in errore sui presupposti di fatto della fattispecie omissiva astratta, escluderebbe sempre la colpevolezza a mente dell'art. 47 cp, terzo comma.
Secondo una parte della dottrina, tuttavia, occorrerebbe distinguere tra il caso in cui l'errore cada solo sulla sussistenza stessa della fonte (errore considerato inescusabile in quanto non implicante un'errata rappresentazione della situazione di fatto) ed il caso in cui l'errore cada sulla ricorrenza in concreto della situazione di garanzia individuata dalla norma extrapenale o sulla portata di questa (errore che, risolvendosi, in un'errata rappresentazione della situazione di fatto dalla quale scaturisce l'obbligo di agire, sarebbe, invece, idoneo a scusare ex art. 47 cp terzo comma)