la disciplina del nesso di causalità nel codice penale

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Nell'ambito dell'accertamento del fatto oggettivo di reato, un profilo di particolare problematicità è quello dell'individuazione del nesso di causalità tra la condotta e l'evento dannoso (o pericoloso) che integra il fatto di reato.
 
La necessità del nesso di causalità tra condotta ed evento è sancita, innanzi tutto, dall'art. 40 cp a mente del quale nessuno può essere chiamato a rispondere di un fatto di reato se l'evento dannoso o pericoloso da cui il reato dipende non sia causa della sua azione o della sua omissione.
 
La necessità del nesso di causalità è, peraltro, desumibile dalla stessa Carta Costituzionale che, all'art. 27, sancisce il principio della personalità della responsabilità penale con la conseguente esclusione della possibilità di configurare una responsabilità per fatto altrui.
 
Ciò posto, il nodo problematico di maggiore complessità con riferimento al nesso di causalità, è costituito dal fatto che, alla determinazione dell'evento dannoso o pericoloso da cui dipende l'esistenza del reato, concorrono numerosi fattori causali e, tra di essi, si colloca la condotta del presunto autore del reato.
 
Ai fini della verificazione dell'elemento oggettivo del fatto di reato e, in particolare, al fine di ritenere integrato il requisito del nesso di causalità, ocorrerà stabilire se sia sufficiente che la condotta dell'agente rappresenti una delle condizioni del verificarsi dell'evento dannoso o pericoloso sul piano strettamente naturalistico (teoria della condicio sine qua non) ovvero se sia necessario un quid pluris e, cioè, che l'eveto dannoso o pericoloso rientri in un processo causale dominabile in quanto conforme alle conoscenze della migliore scienza ed esperienza del momento.
 
Tali aspetti problematici relativi al nesso di causalità sono affrontati dal codice nell'art. 41 cp e, implicitamente, secondo parte della dottrina, nell'art. 45 cp (che si riferisce al caso fortuito ed alla forza maggiore).
 
Il 1° comma dell'art. 41 cp stabilisce che il nesso di causalità tra azione od omissione ed evento non viene meno per la susistenza di concause preesistenti contestuali o sopravvenute. Il primo comma dell'art. 41 sembrerebbe, dunque, con riferimento al nesso di causalità, accogliere una concezione rigorosamente naturalistica del medesimo, sì da ritenere causa dell'evento dannoso o pericoloso ogni azione od omissione che abbia concorso alla sua determinazione; tale interpretazione del nesso di causalità trova conferma nel 3° comma dell'art. 41 che, tra le concause, individua esplicitamente anche il fatto illecito altrui. Un temperamento, secondo la giurisprudenza e parte della dottrina, di tale ampia concezione dl nesso di causalità è, invece, rappresentata dal 2° comma dell'art. 41 a mente del quale esclude il nesso di causalità il fatto sopravvenuto che sia, di per sè, idoneo a determinare l'evento dannoso o pericoloso da cui dipende il fatto di reato.
 
Secondo una parte della dottrina, il 2° comma dell'art. 41 non rappresenterebbe una mitigazione della portata del nesso di causalità quale desumibile dell'art. 41, 1° comma, in quanto esso si riferirebbe alle serie causali del tutto autonome (l'esempio di scuola è l'avvenelamento letale e la morte che sopraggiunga  a causa di un incidente quando il veleno non ha ancora prodotto alcuno dei suoi effetti).
 
Secondo altra dottrina, invece, il 2° comma dell'art. 41 si riferirebbe alle serie causali apparentemente autonome nelle quali l'evento dannoso o pericoloso dipende logicamente e cronologicamente dall'azione od omissione in quanto, senza di esse, non si sarebbe prodotta neppure la successiva serie causale produttiva dell'evento dannoso o pericoloso (l'esempio di scuola è quello delle lesioni non mortali che determinano l'intervento dell'autoambulanza che, successivamente, rimane coinvolta in un sinistro che determina la morte del soggetto vittima di lesioni).
 
In chiave sistematica, poi, autorevole dottrina ha sottolineato come l'art. 41 2° comma cp sia volto ad escludere il nesso di causalità allorchè alla produzione dell'evento concorrano fattori eccezionali. Tali fattori eccezionali, infatti, rendono l'evento medesimo come una conseguenza non prevedibile, seocndo la migliore scienza ed esperienza del momento, dell'azione o dell'omissione.
 
In senso critico, si è osservato che la norma di cui all'art. 41, 2° comma fa solo riferimento alle cause sopravvenute mentre i fattori eccezionali sarebbero anche quelli preesistenti o contestuali. Esclusa l'applicabilità del procedimento analogico stante il complessivo tenore testuale dell'art. 41 e l'esplicita menzione delle concause antecedenti e contestuali nel 1° comma e il solo riferimento alle cause sopravvenute nel 2° comma, la dottrina ha ritenuto che l'esclusione del nesso di causalità sulla base dei fattori eccezionali antecedenti o contestuali possa desumersi dall'art. 45 cp che regola le fattispecie del caso fortuito e della forza maggiore (mentre, secondo la giurisprudenza e per la dottrina dominante, caso fortuito e forza maggiore opererebbero solo sul versante della colpevolezza al fine di escluderla).
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