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Articolo dell’Avvocato Carlo Alberto Zaina sulla modifica dell’art. 52 cp
La legittima difesa è prevista e disciplinata dall'art. 52 cp che testualmente dispone: "non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa".
La logica della scriminante della legittima difesa è, secondo l'impostazione tradizionale, quella della prevalenza dell'interesse dell'aggredito rispetto a quello dell'aggressore che, volontariamente, si è posto contra legem; secondo altra tesi, invece, la legittima difesa originerebbe da una delega di potere repressivo dello Stato in favore del soggetto che subisce l'aggressione; secondo un'ulteriore impostazione, invece, la logica della legittima difesa sarebbe da rinvenire nel difetto del requisito della colpevolezza in capo all'aggredito.
Dalla lettura della norma, si comprende come la scriminante della legittima difesa ruoti intorno ai poli dell'offesa ingiusta e della reazione legittima.
L'offesa ingiusta
Per quanto riguarda l'offesa ingiusta, essa deve conseguire ad una condotta umana o a un fatto di animali o cose sulle quali un soggetto abbia il potere di signoria (non è invocabile, dunque, la legittima difesa avverso atti o fatti di animali o cose prive di un dominus).
Dall'analisi della norma, il primo elemento da evidenziare è che l'aggressione può anche non consistere in un atto di violenza potendo concretarsi in un atteggiamento passivo dell'aggressore ovvero in una sua condotta omissiva (si pensi alla minaccia rivolta ad un soggetto che ometta di fornire il soccorso dovuto).
Dall'analisi della norma, il primo elemento da evidenziare è che l'aggressione può anche non consistere in un atto di violenza potendo concretarsi in un atteggiamento passivo dell'aggressore ovvero in una sua condotta omissiva (si pensi alla minaccia rivolta ad un soggetto che ometta di fornire il soccorso dovuto).
L'offesa deve essere arrecata a un diritto che può anche non appartenere al soggetto che pone in essere la reazione legittima.
La Suprema Corte, sotto il profilo della consistenza della posizione soggettiva legittimante la reazione, ha evidenziato che deve trattarsi di un diritto soggettivo non essendo ammessa la legittima difesa a tutela di situazioni di mero fatto.
Il soccorso difensivo, che si verifica allorchè il diritto posto in pericolo non appartenga al soggetto che pone in essere la reazione legittima, non è mai obbligatorio in quanto, in considerazione dell'attualità dell'aggressione, lo stesso potrebbe mettere in pericolo anche chi offre il soccorso.
Sempre con riferimento all'offesa essa deve essere attuale (se del caso perdurante) mentre non è ammessa la legittima difesa avverso un'offesa futura o un'offesa già passata.
Sempre con riferimento all'offesa essa deve essere attuale (se del caso perdurante) mentre non è ammessa la legittima difesa avverso un'offesa futura o un'offesa già passata.
L'offesa non deve, poi, essere stata volontariamente causata in quanto, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, ove la stessa sia addebitabile al soggetto che pone in essere la reazione, ciò significa che difetta il presupposto della necessità della codotta difensiva atteso che la situazione di pericolo è stata determinata proprio dall'aggredito. La legittima difesa torna, tuttavia, a scriminare ove l'offesa sia assolutamente sproporzionata ed imprevedibile rispetto all'azione che l'abbia provocata.
Ulteriore requisito esplicitamente richiesto dalla norma è che l'offesa sia ingiusta. Tradizionalmente il requisito dell'ingiustizia dell'offesa veniva individuato nella sua incidenza su un diritto soggettivo. Onde non rendere pleonastico il riferimento all'ingiustizia dell'offesa deve, invece, ritenersi che il Legislatore abbia inteso escludere l'effetto scriminante di atti di reazione posti in essere per difendere propri o altrui diritti da offese che siano, tuttavia, legittimate in quanto poste in essere nell'esercizio di un diritto o nell'adempimento di un dovere. In una prospettiva diversa, tuttavia, deve sottolinearsi come, agli effetti della scriminante, non è necessario che l'offesa integri un fatto penalmente rilevante nè che il soggetto che la pone in essere sia imputabile (si pensi all'offesa posta in essere da un soggetto incapace di intendere e di volere) o punibile (si pensi all'offesa posta in essere da un soggetto che goda di immunità).
Oltre al requisito dell'offesa ingiusta, per la ricorrenza della scriminante della legittima difesa, è, altresì, necessario che ricorra l'ulteriore requisito della reazione legittima.
La reazione legittima
La reazione dell'aggredito, per essere legittima, deve essere inevitabile con riferimento al pericolo d'offesa legato alla situazione concreta.
In tale prospettiva, si è, sin da epoca risalente, posta la questione dei rapporti tra la scriminante della legittima difesa e la fuga; se, cioè, sia astrattamente ipotizzabile il ricorrere della causa di giustificazione ove l'aggredito abbia a disposizione la possibilità alternativa della fuga. Secondo l'opinione più risalente, la scriminante opererebbe anche laddove la fuga sia possibile ma sarebbe percepita come atto di viltà (in tale prospettiva la fuga comprimerebbe il diritto alla legittima difesa solo laddove sia possibile senza costringere l'aggredito ad un comportamento percepibile come segno di viltà). L'evoluzione dei costumi sociali, ha modificato tale impostazione, sichè, ove possibile, l'aggredito dovrà sempre scegliere la fuga salvo che la stessa non metta in pericolo beni propri o altrui comparabili, sotto il profilo della qualità e dell'intensità della lesione, a quelli che formano oggetto della reazione legittima.
Problemi ulteriori sono, poi, posti dall'eventualità dell'aberratio ictus nella reazione legittima. La questione è quella di individuare le conseguenze penali di un errore nella reazione dell'aggredito che destini la propria reazione legittima su un soggetto diverso da quello che abbia posto in essere l'ingiusta offesa. In tal caso, si è esclusa l'applicabilità dell'art. 82 cp e dell'art. 52 cp. Si ritiene, invece, che l'aggredito non risponda del fatto penale tipico posto in essere ai danni del terzo non aggressore ove la condotta dell'aggredito non sia qualificabile come colposa. Ove, invece, nella condotta dell'aggredito sia ravvisabile il requisito della colpevolezza, il fatto penalmente rilevante gli sarà attribuito con tale titolo di responsabilità ove la fattispecie astratta preveda la punibilità del fatto anche a tale titolo.
Ulteriore fondamentale presupposto ai fini della scriminante della legittima difesa è quello della proporzionalità tra offesa e reazione. Originariamente la relazione di proporzionalità era valutata con riferimento agli strumenti difensivi a disposizione dell'aggredito, sicchè, a prescindere dalla comparazione tra i beni, si riteneva che, in caso di offesa ingiusta, ricorresse la legittima difesa, qualsivoglia fosse il grado d'offesa arrecato all'aggressore, ove l'aggredito avesse a disposizione un solo strumento di difesa e tale strumento fosse suscettibile di determinare offese di rilevante intensità. Oggi, la dottrina dominante ritiene che sia sempre necessario effettuare una comparazione in concreto tra il bene sottoposto a pericolo di lesione ed il bene che forma l'oggetto della reazione difensiva, nonchè in ordine al grado della lesione minacciata ed il grado della lesione arrecata con la reazione difensiva medesima.
Ove manchi la proporzione tra reazione ed offesa si configurerà la fattispecie dell'eccesso colposo ove tale sproporzione sia dovuta ad errore nella valutazione della situazione o nell'uso del mezzo difensivo; ove la sproporzione sia consapevolmente posta in essere, invece, la sussistenza dell'offesa ingiusta sarà solo il pretesto per delinquere e l'autore della reazione sarà punito a titolo di dolo.
La legittima difesa putativa si verifica allorchè l'autore del fatto ponga in essere una reazione nella supposizione erronea della sussistenza di un pericolo d'offesa ingiusta per un bene proprio o altrui. In tal caso, la giurisprudenza ha precisato che, ai fini dell'operatività della scriminante putativa, è necessario che la convinzione in ordine alla sua ricorrenza sia giustificata da fatti materiali e non origini da una mera percezione soggettiva disancorata da presupposti concreti.
Deve, infine, sottolinearsi come, di recente, il Legislatore sia intervenuto in materia di legittima difesa con la legge n. 59 del 2006 che ha aggiunto due commi all'art. 52 cp prevedendo che: "nei casi previsti dall'art. 614 cp, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza o vi è pericolo di aggressione" e che tale previsione sia estesa anche al caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Come ha avuto modo di sottolineare di recente la Suprema Corte (cfr. la sentenza n. 25339 del 2006), la norma pone, in favore dell'aggredito in uno dei luoghi di cui al secondo ed al terzo comma dell'art. 52 cp, una presunzione di proporzionalità della reazione a patto che sussistano i presupposti di fatto indicati nel medesimo comma 2 e, cioè, che il soggetto che ponga in essere la reazione legittima si trovi nel luogo dell'aggressione legittimamente, che detenga lo strumento con il quale pone in essere la reazione legittimamente, che non vi sia stata desistenza e che vi sia ancora il pericolo d'aggressione.