Le condizioni obiettive di punibilità sono contemplate dal codice penale all'art. 44 che così testualmente recita: "quando, per la punibilità del reato la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento da cui dipende il verificarsi della condizione non è da lui voluto".
La punibilità, in via generale, viene definita dalla dottrina come una situazione giuridica complessa caratterizzata dalla compresenza della potestà punitiva statuale e dalla situazione di soggezion alla pena del reo; afinchè tale situazione omplessa si verifichi è necessario il concorso di tre elementi: 1) la realizzazione di un fatto di reato; l'insussistenza di cause personali di non punibilità; l'eventuale sussistenza delle condizioni obiettive di punibilità contemplate dalla fattispecie astratta.
Sotto il profilo dogmatico dell'inquadramento delle condizioni obiettive di punibilità, a fronte di una tesi che le considera come elementi integrativi del fatto tipico di reato futuri ed incerti e non avvinti da un necessario legame psicologico con l'autore nè da un necessario nesso eziologico con la sua condotta, la dottrina prevalente ritiene che le medesime non entrino, invece, a far parte del fatto tipico di reato ma ne condizionino solo la punibilità in relazione a considerazioni di politica criminale del Legislatore.
I caratteri delle condizioni obiettive di punibilità sono:
1) il non necessario legame psicologico con l'autore del reato (anche se, per una parte della dottrina, detto legame, almeno sotto il profilo dell'imputabilità a titolo di colpa, dovrebbe sussistere con riferimento alle condizioni obiettive cc.dd. intrinseche);
2) il non necessario legame causale con la condotta integrativa del fatto di reato;
3) la loro distinzione con l'evento del reato, così come desumibile dall'art. 158 cp, che fissa un termine prescrizionale distinto rispetto alla consumazione del reato ove sussistano condizioni obiettive di punibilità; in tal caso la presrizione, infatti, decorre dal momento della realizzazione della condizione obiettiva di punibilità;
4) il fatto che le stesse non debbono consistere nel risultato offensivo punito dalla norma penale potendo esclusivamente concorrere ad aggravarne l'offensività (le cc.dd condizioni di punibilità intrinseche);
5) la loro collocazione in tempo contestuale o successivo alla realizzazione del fatto di reato;
6) l'incertezza in ordine alla loro verificazione.
La dottrina usa distinguere le condizioni obiettive di punibilità intrinseche, che aggravano il risultato offensivo della condotta (ad esempio la dichiarazione di fallimento nei reati di bancarotta prefallimentare, il pericolo di malattia nell'abuso dei mezzi di correzione di cui all'art. 571 cp, il nocumento nei delitti contro l'inviolabilità dei segreti, il pubblico scandalo nel delitto di incesto ex art. 564 cp) dalle condizioni di punibilità estrinseche che, invece, sono slegate dal risultato offensivo e rappresentano il frutto di mere scelte di politica criminale (ad esempio, l'annullamento del matrimonio nell'induzione al matrimonio mediante inganno).
L'aspetto più delicato delle condizioni obiettive di punibilità è quello relativo alla comunemente ritenuta non necessarietà del legame psicologico con l'autore del fatto tipico. Ed infatti, specie con riferimento alle condizioni obiettive di punibilità intrinseche che, come visto, concorrono a determinare il risultato offensivo della condotta,la mancata riferibilità psicologica delle medesime sembrerebbe configurare una responsabilità oggettiva contrastante con l'art. 27 cost e con il relativo principio della responsabilità personale colpevole.
Anche per questa ragione, di ordine costituzionale, parte della dottrina ritiene che fatti che comunemente vengono considerati come condizioni obiettive di punibilità (ad esempio il publico scandalo nel delitto di incesto o il pericolo di malattia nell'abuso dei mezzi di correzione di cui all'art. 571 cp), costituiscano, in realtà, eventi di reato e, come tali, debbano essere avvinti dal nesso psichico con l'autore del fatto.
La punibilità, in via generale, viene definita dalla dottrina come una situazione giuridica complessa caratterizzata dalla compresenza della potestà punitiva statuale e dalla situazione di soggezion alla pena del reo; afinchè tale situazione omplessa si verifichi è necessario il concorso di tre elementi: 1) la realizzazione di un fatto di reato; l'insussistenza di cause personali di non punibilità; l'eventuale sussistenza delle condizioni obiettive di punibilità contemplate dalla fattispecie astratta.
Sotto il profilo dogmatico dell'inquadramento delle condizioni obiettive di punibilità, a fronte di una tesi che le considera come elementi integrativi del fatto tipico di reato futuri ed incerti e non avvinti da un necessario legame psicologico con l'autore nè da un necessario nesso eziologico con la sua condotta, la dottrina prevalente ritiene che le medesime non entrino, invece, a far parte del fatto tipico di reato ma ne condizionino solo la punibilità in relazione a considerazioni di politica criminale del Legislatore.
I caratteri delle condizioni obiettive di punibilità sono:
1) il non necessario legame psicologico con l'autore del reato (anche se, per una parte della dottrina, detto legame, almeno sotto il profilo dell'imputabilità a titolo di colpa, dovrebbe sussistere con riferimento alle condizioni obiettive cc.dd. intrinseche);
2) il non necessario legame causale con la condotta integrativa del fatto di reato;
3) la loro distinzione con l'evento del reato, così come desumibile dall'art. 158 cp, che fissa un termine prescrizionale distinto rispetto alla consumazione del reato ove sussistano condizioni obiettive di punibilità; in tal caso la presrizione, infatti, decorre dal momento della realizzazione della condizione obiettiva di punibilità;
4) il fatto che le stesse non debbono consistere nel risultato offensivo punito dalla norma penale potendo esclusivamente concorrere ad aggravarne l'offensività (le cc.dd condizioni di punibilità intrinseche);
5) la loro collocazione in tempo contestuale o successivo alla realizzazione del fatto di reato;
6) l'incertezza in ordine alla loro verificazione.
La dottrina usa distinguere le condizioni obiettive di punibilità intrinseche, che aggravano il risultato offensivo della condotta (ad esempio la dichiarazione di fallimento nei reati di bancarotta prefallimentare, il pericolo di malattia nell'abuso dei mezzi di correzione di cui all'art. 571 cp, il nocumento nei delitti contro l'inviolabilità dei segreti, il pubblico scandalo nel delitto di incesto ex art. 564 cp) dalle condizioni di punibilità estrinseche che, invece, sono slegate dal risultato offensivo e rappresentano il frutto di mere scelte di politica criminale (ad esempio, l'annullamento del matrimonio nell'induzione al matrimonio mediante inganno).
L'aspetto più delicato delle condizioni obiettive di punibilità è quello relativo alla comunemente ritenuta non necessarietà del legame psicologico con l'autore del fatto tipico. Ed infatti, specie con riferimento alle condizioni obiettive di punibilità intrinseche che, come visto, concorrono a determinare il risultato offensivo della condotta,la mancata riferibilità psicologica delle medesime sembrerebbe configurare una responsabilità oggettiva contrastante con l'art. 27 cost e con il relativo principio della responsabilità personale colpevole.
Anche per questa ragione, di ordine costituzionale, parte della dottrina ritiene che fatti che comunemente vengono considerati come condizioni obiettive di punibilità (ad esempio il publico scandalo nel delitto di incesto o il pericolo di malattia nell'abuso dei mezzi di correzione di cui all'art. 571 cp), costituiscano, in realtà, eventi di reato e, come tali, debbano essere avvinti dal nesso psichico con l'autore del fatto.