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Delitti contro la Pubblica Amministrazione (artt. 314-360 c.p.)
Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato
Malversazione a danno dello Stato
Corruzione atti ufficio
Corruzione in atti giudiziari
Istigazione alla corruzione
Rifiuto di atti di ufficio. Omissione
Violazione o minaccia a un pubblico ufficiale
Resistenza a un pubblico ufficiale
Usurpazione di funzioni pubbliche
Abusivo esercizio di una professione
Turbata liberta' degli incanti
Inadempimenti di contratti di pubbliche forniture
Frode nelle pubbliche forniture
Esercente servizio pubblica necessita'
Art. 314 Peculato
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilita' di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, e' punito con la reclusione da tre a dieci anni. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, e' stata immediatamente restituita (1). (1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art. 316 Peculato mediante profitto dell'errore altrui
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per se' o per un terzo, denaro od altra utilita', e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (1).
(1) Articolo cosi' sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Cassazione penale sez. VI del 26 febbraio 2008 n. 12306
Integra la fattispecie incriminatrice del peculato continuato, e non quelle di truffa o di abuso d'ufficio, la condotta dell'ufficiale giudiziario che nel corso di una procedura di pignoramento versa su conti correnti bancari intestati a se medesimo, ovvero cointestati anche al proprio coniuge, le somme di denaro portate da assegni bancari sottoscritti dai debitori esecutati e, successivamente, tramuta le relative somme in assegni circolari versati in favore dei legittimi destinatari (ufficio del registro, creditori, ecc.). (Nel caso di specie, la S.C. ha escluso la configurabilità dei reati di abuso d'ufficio e di truffa aggravata, poiché la violazione dei doveri d'ufficio ha costituito esclusivamente la modalità della condotta di appropriazione e la disponibilità delle somme portate dai titoli ne ha preceduto la temporanea appropriazione dei relativi importi).
Cassazione penale sez. VI del 01 febbraio 2005 n. 9216
In tema di peculato, deve ritenersi che nell'ipotesi di cui al comma 2 dell'art. 314 c.p., uso momentaneo non significa istantaneo, ma temporaneo, ossia protratto per un tempo limitato così da comportare una sottrazione della cosa alla sua destinazione istituzionale tale da non compromettere seriamente la funzionalità della pubblica amministrazione. (Fattispecie in cui un dipendente comunale addetto alla vigilanza era stato visto, in un'unica occasione, utilizzare l'autovettura di servizio per il trasporto di familiari).
Cassazione penale sez. VI del 24 marzo 2005 n. 13064
Il carattere plurioffensivo del peculato (posto a tutela, oltre che del patrimonio, anche della legalità, dell'efficienza, della probità e della imparzialità della pubblica amministrazione) non vale a rendere irrilevante il valore e/o l'utilità economicamente apprezzabile o comunque sfruttabile a fini patrimoniali della cosa sottratta. Sebbene l'interesse giuridico di fondo tutelato dalla disposizione attenga al dovere di fedele e onesta amministrazione, lo specifico oggetto giuridico si identifica proprio nella tutela del patrimonio della pubblica amministrazione. (Fattispecie in tema di uso momentaneo della autovettura di servizio per fini privati).
Cassazione penale sez. VI del 24 maggio 2007 n. 24709
Non sono configurabili gli elementi costitutivi del peculato d'uso (art. 314, comma 2, c.p.) nella condotta del pubblico dipendente che, in situazioni eccezionali d'urgenza, con caratteri di sporadicità ed episodicità, utilizzi il telefono d'ufficio per comunicazioni private.
Cassazione penale sez. VI del 29 aprile 2009 n. 21165
privato dell'apparecchio telefonico, di cui l'impiegato ha disponibilità per ragioni d'ufficio, comporta l'appropriazione (non restituibile) delle energie necessarie alla comunicazione e per questo l'uso smodato e non episodico del telefono aziendale per fini privati rientra nella fattispecie punita dall'art. 314 c.p. (nella specie, la Corte ha confermato la condanna per peculato nei confronti di un impiegato amministrativo di un'azienda ospedaliera che aveva fatto numerose telefonate private, anche in paesi esteri. Per la Suprema corte, infatti, nel caso in esame non si verteva in quella utilizzazione episodica ed economica del telefono fatta per contingenti e rilevanti esigenze personali, che rende la condotta inoffensiva, ma si trattata piuttosto di impiego privato del telefono d'ufficio che comportava, uscendo dalla sporadicità per un utilizzo personale, una responsabilità per peculato).
Cassazione penale sez. VI del 13 maggio 2009 n. 20952
La condotta del cancelliere che si appropria di assegno circolare intestato alla pretura, destinato al pagamento di somme versate a titolo di pene pecuniarie o spese processuali e da far pervenire all'ufficio del registro, ricevuto in applicazione di una prassi conforme, costituisce delitto di peculato. Il possesso qualificato dalla ragione d'ufficio o di servizio non è solo quello che rientri nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio: le ragioni di ufficio o di servizio hanno come esclusivo riferimento l'esistenza di un rapporto - fondato anche sulla prassi o su consuetudini invalse in un ufficio determinato - che consenta al soggetto di inserirsi di fatto nel maneggio o disponibilità materiale del bene, trovando nelle proprie pubbliche funzioni o servizio l'occasione per un tale comportamento.
Cassazione penale sez. VI del 14 febbraio 2008 n. 12291
Le sezioni provinciali della Lega per la lotta contro i Tumori hanno natura pubblicistica; pertanto, chi le presiede commette concussione e peculato se, a fini personali, approfitta della forza lavoro in dotazione all'ente (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha confermato la condanna nei confronti di un presidente provinciale della Lega Tumori che aveva utilizzato per la propria attività professionale il lavoro di alcuni obiettori di coscienza e di alcuni borsisti, incaricati di prestare servizio all'associazione che si occupa della lotta ai tumori).
Corte appello Catanzaro sez. I del 07 gennaio 2008 n. 1814
Il curatore fallimentare che, per effetto di talune vendite o a seguito della stipula di atti di transazione, abbia ricevuto in più soluzioni somme di denaro versandole su un libretto intestato alla procedura fallimentare soltanto a distanza di diversi anni e comunque dopo il disvelamento della sua inadempienza, il tutto in violazione dell'art. 34 l. fall. che indica in giorni cinque il termine perentorio per provvedervi, risponde del reato di peculato previsto e punito dall'art. 314 c.p. e non del reato di omessa consegna o deposito di cose del fallimento di cui all'art. 230 l.fall. La differenza fra i due reati va infatti individuata nella cosiddetta interversione del possesso del denaro in questione, essendo fondamentale, per distinguere l'una ipotesi dall'altra, valutare il tempo trascorso fra il ricevimento delle somme e la messa a disposizione delle stesse, nel caso straordinariamente rilevante, e rilevando al contempo anche la spontaneità o meno del successivo, intempestivo versamento.