comma 488 Legge di stabilita e contenzioso casse previdenziali dei professionisti

Art 1 comma 488 della Legge di Stabilità 2014 - la portata della norma di sanatoria degli atti e dei regolamenti degli enti previdenziali privatizzati, l'incidenza sul contenzioso relativo alla riliquidazione dei trattamenti pensionistici da parte delle Casse e, in particolare, della Cassa Commercialisti e della Cassa Ragionieri 
 
Il comma 488 della legge n 147 del 2013 prevede che "L'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine".
 
Tale ultimo periodo dell'art. 1 comma 763 della legge n 296 del 2006 prevedeva, di seguito a talune modifiche contestualmente apportate all'art. 3 comma 12 della legge n 335 del 1995 che fossero "fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge".
 
La giurisprudenza di legittimità, con indirizzo costante, ha ritenuto che la norma di cui al comma 763 dell'art. 1 della legge n 296 del 2006 non fosse una norma di sanatoria.
 
Ora, il comma 488 della l. n. 147 del 2013, autoqualificandosi norma di interpretazione autentica, conferisce a detta norma il significato, precedentemente negato dalla giurisprudenza di legittimità, di  una sanatoria stabilendo la legittimità ed efficacia degli atti e dei regolamenti  individuati nell'ultimo inciso dell'art. 1 comma 763 della l. n. 296/2006.
 
La nuova norma, tuttavia, pur qualificandosi come di interpretazione autentica non può essere considerata tale.
 
Essa, infatti, condiziona la legittimità ed efficacia degli atti e delle deliberazioni al fatto che esse siano destinate al perseguimento dell'equilibrio di lungo periodo e tale condizione non era affatto prevista dall'art. 1 comma 763 della l. n. 296/2006. Inoltre, si tratta di interpretazione che contrasta palesemente con quella che si era consolidata in seno alla giurisprudenza della Corte della nomofilachia.
  
 
Al di là della questione, invero, non dirimente se la norma possa intendersi come interpretativa, occorre sottolineare come la stessa non abbia altra funzione se non quella di determinare l'esito del contenzioso giudiziale aperto (parzialmente deifnito con sentenze passate in giudicato ma in gran parte ancora pendente) avente ad oggetto le domande di prestazioni pensionistiche da parte di iscritti agli enti previdenziali privatizzati di cui al d.lgs. n. 509/94 e 103/96.
 
D'altronde, ove alcun dubbio fosse sorto in merito alla legittimità delle delibere regolamentari oggetto di questo duplice intervento normativo (peraltro sempre nel contesto di Leggi Finanziarie e mediante proposte di emendamento al relativo disegno di legge), non avrebbe avuto alcun senso introdurre una  norma di sanatoria.
 
Visto, dunque, che la sanatoria, ove interpretata in senso retroattivo, e, cioè, nel senso che gli atti e i regolamenti già adottati si intendono legittimi ab origine, determinerebbe, per volontà d'imperio del Legislatore, le sorti del contenzioso che, allo stato attuale, almeno dinanzi alla Corte di Cassazione, ha visto gli enti previdenziali dei professionisti sempre soccombenti, non potrebbe non dubitarsi della sua legittimità costituzionale ai sensi del combinato disposto dell'art. 117 cost e dell'art. 6 della CEDU.
 
Occorre, infatti, al riguardo ricordare in relazione a una sovrapponibile vicenda caratterizzata dall'introduzione in finanziaria di una norma di interpretazione avente l'effetto di definire i procedimenti giurisdizionali pendenti ( si trattava dell'art. 1, comma 777 della L. n. 296 del 2007 - sempre la stessa Finanziaria!), la Corte EDU ha espresso i seguenti principi:
 
- benchè non sia precluso al legislatore disciplinare, mediante nuove disposizioni retroattive, diritti derivanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo contenuti nell'art. 6 precludono, tranne che per impellenti motivi di interesse generale, l'interferenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia con il proposito di influenzare la determinazione giudiziaria di una controversia (p. 43);
 
- benchè le regole pensionistiche previste dalla legge possano cambiare e non si possa fare affidamento su una sentenza come garanzia contro tali cambiamenti in futuro, anche se tali cambiamenti sono svantaggiosi per alcuni beneficiari di prestazioni previdenziali, lo Stato non può interferire in modo arbitrario nella procedura giudiziaria (p. 43);
 
- nel caso in esame, la legge ha escluso espressamente dal suo ambito di applicazione le sentenze diventate irrevocabili (trattamenti pensionistici già liquidati) e ha fissato retroattivamente i termini delle controversie davanti ai tribunali ordinari. Invero la promulgazione della L. n. 296 del 2006, mentre i procedimenti erano pendenti, in realtà ricadeva sul merito delle controversie, e la sua applicazione da parte dei vari tribunali ordinari ha privato di rilievo, per un intera categoria di persone che si trovavano nella posizione dei ricorrenti, la prosecuzione del giudizio. Perciò, la legge aveva l'effetto di modificare definitivamente l'esito del giudizio pendente, nel quale lo Stato era parte, approvando la posizione dello Stato a svantaggio dei ricorrenti (p. 44);
 
- al fine di determinare se vi è stato un motivo impellente di interesse generale in grado di giustificare tale misura, il rispetto della preminenza del diritto e delle regole del processo equo impone che le ragioni addotte per giustificare tale misura siano valutate con il massimo grado di cautela possibile (p. 45);
 
- considerazioni di carattere finanziario non possono, da sole, giustificare che il legislatore si sostituisca al giudice al fine di risolvere le controversie (p. 47);
 
Ora, nel caso di specie, appare evidente che la norma, non incidendo nella sostanza sulla disciplina dei trattamenti previdenziali, ma rendendo legittima la normativa regolamentare sino ad oggi costantemente disapplicata dai giudici di legittimità (in quanto ritenuta in contrasto con la fonte primaria costituita dall'art. 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995) non ha altro scopo se non quello di paralizzare il contenzioso pendente e quello futuro.
 
E se così è, e non si vede come così potrebbe non essere, la norma contrasta con l'art. 117 cost in combinato disposto con l'art. 6 della CEDU in quanto il legislatore, come chiarito dalla Corte dei Diritti dell'Uomo, non può interferire  nell'amministrazione della giustizia con il proposito di influenzare la determinazione giudiziaria di una controversia, tranne che per impellenti motivi di interesse generale.
 
A tale ultimo riguardo va poi ricordato che, al fine di determinare se vi è stato un motivo impellente di interesse generale in grado di giustificare tale misura, il rispetto della preminenza del diritto e delle regole del processo equo impone che le ragioni addotte per giustificare tale misura siano valutate con il massimo grado di cautela possibile e che considerazioni di carattere finanziario non possono, da sole, giustificare che il legislatore si sostituisca al giudice al fine di risolvere le controversie.
 
Stante, dunque, la palese incostituzionalità della norma ove interpretata in senso retroattivo e la necessità di una rimessione alla Corte Costituzionalità, occorre verificare se sia percorribile la via di un'interpretazione costituzionalmente conforme.
 
Orbene, ove la norma di cui al comma 488 della l. n 147/2013 sia interpretata come una sanatoria ex nunc dei regolamenti e degli atti adottati dagli enti previdenziali privatizzati entro il 31.12.2006, essa, pur criticabile sotto molti profili, potrebbe sottrarsi agli altrimenti ineludibili vizi sopra enunciati.
 
Il legislatore avrebbe, in sostanza, legificato, con decorrenza dall'1.1.2014 tutti gli atti e i regolamenti adottati dagli enti previdenziali privatizzati entro il 31.12.2006 se diretti alla sostenibilità di lungo periodo.
 
Ne conseguirebbe che, per i pensionamenti attuati entro il 31.12.2013, i regolamenti emanati entro il 31.12.2006 continuerebbero ad essere valutati sulla base delle fonti primarie di riferimento (cfr. art. 3 comma 12 della l. n. 335 del 1995) mentre, per i pensionamenti attuati a decorrere dall'1.1.2014, la fonte di riferimento sarebbe da considerare la combinazione dei predetti regolamenti con la norma di sanatoria di cui all'art. 1 comma 488 della l. n. 147 del 2007.
 
E' di tutta evidenza come tale interpretazione consentirebbe di evitare che la norma di sanatoria in questione si sovrapponga al contenzioso pendente determinandone l'esito, con la già evidenziata violazione degli artt. 117 cost e 6 CEDU.
 
A questo punto non resta che attendere le prime decisioni dei giudici.  
 
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