Le sentenze del Tribunale di Parma sotto riportate, nel solco della più recente giurisprudenza della Corte d'Appello di Torino e di quella di Genova, hanno affrontato la problematica riguardante le recenti riforme dei sistemi previdenziali della Cassa Ragionieri e della Cassa Commercialisti e, in particolare, il profilo del necessario rispetto del principio del pro rata ex art. 3 comma 12 della L. n. 335/95.
Le sentenze hanno ribadito l'obbligo di rispettare il pro rata e disapplicato le norme regolamentari che il principio del pro rata avevano disatteso (nella specie si trattava dell'incremento "secco" della base pensionabile e del "coefficiente di riduzione" delle pensioni).
Le sentenze hanno, inoltre, disatteso l'interpretazione dell'art. 1 comma 763 della Legge Finanziaria 2007 "richiesta" dalla Cassa Ragionieri a mente della quale l'inciso : "sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale e adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministri vigilanti prima della data di tratta in vigore della presente legge” avrebbe significato la sanatoria di tutti i regolamenti già adottati e, quindi, il non necessario rispetto del principio del pro rata.
Il Giudice di Parma ha, infatti, accolto l'interpretazione già accolta dalla Corte d'Appello di Torino e dalla Corte d'Appello di Genova secondo cui la predetta norma non è configurata come una norma interpretativa della previgente disciplina né pare possibile attribuirle il carattere di norma innovativa con efficacia retroattiva, con la conseguenza che i regolamenti adottati sino all'entrata in vigore della Legge finanziaria dovranno rispettare il principio del pro rata secondo le modalità ed i termini di cui al previgente art. 3 comma 12 della L. n. 335/95.
L'ultimo inciso della norma in questione non ha, secondo il Giudice del Lavoro di Parma, "inteso dare validità ad atti adottati in contrasto con il testo precedente del prec. art. 3, comma 12 legge n. 335 del 1995 sia perché sarebbe in contrasto con la irretroattività della norma in esame sia perché "fare salvo" un atto significa semplicemente che tale atto non perde efficacia per effetto della nuova norma di legge e non anche che tale atto viene comunque reso legittimo dalla nuova normativa, anche se tale legittimità non può dirsi sussistente sulla base della disciplina precedente. In altri termini ed in sintesi, gli atti ed i provvedimenti adottati dalla CASSA convenuta prima della entrata in vigore della predetta modifica dell'art. 3 comma 12 della legge n. 335 del 1995 restano efficaci e produttivi di effetti se ed in quanto legittimi sulla base della normativa in vigore al momento della loro adozione."
R.S. n. 223/07
R.G. n. 890/05
CRONOL. n. 1971
COMUNICAZ. n. 2
DEP. MINUTA 14.6.07
STAT.
REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI PARMA
SETTORE LAVORO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice dott. Stefano Brusati ha pronunciato la seguente
sentenza nella causa civile iscritta al n.890/2005 R.G. controversie di lavoro promossa
da
XXXXX, rappresentato e difeso dall'Avv.ssa Anna Campilii ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo difensore, in Parma, via Zarotto n. 47
- ricorrente -
contro
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore dott. Paolo Salvatori, rappresentata e difesa dall'Avv. Silvano Piccininno ed elettivamente domiciliata in Parma, strada Farmi n. 5 presso l'avv.ssa Maria Francesca Albertini
- resistente -
OGGETTO: riliquidazione pensione di anzianità
All'udienza del 16 maggio 2007 i difensori delle parti presenti concludevano come in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Parma Sezione Lavoro (proc. n. 890/05 RG) XXXX esponeva di avere presentato in data 25 giugno 2004 domanda di pensione di anzianità alla Cassa Nazionale di previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali ( di seguito CASSA), avendo maturato con un’anzianità effettiva presso la CASSA pari e 37 anni.
Con lettera 4 marzo 2005 la CASSA gli comunicava che la Giunta esecutiva aveva deliberato di erogare in suo favore la pensione provvisoria di anzianità con decorrenza 1 luglio 2004 per un importo annuo di euro 26.815,68, con conseguente riduzione della pensione dell’importo di euro 53.036,53 ad euro 33.519,09.
Allegava che nel prospetto di calcolo della pensione fiera l’indicazione di una decurtazione annua di euro 19.517,44 per l’applicazione di un “coefficiente di neutralizzazione” che era stato introdotto con la delibera del Comitato dei delegati del giorno 7 giugno 2003, oggetto di osservazioni dei Ministeri vigilanti del 2 dicembre 2003, modificata con delibera della CASSA in data 20 dicembre 2003, modificata con delibera della CASSA in data 20 dicembre 2003 e divenuta efficace mediante decreto ministeriale del 22 aprile 2004, delibera recepita nell’art. 53 del nuovo Regolamento di esecuzione in vigore dal 1 gennaio 2004.
Allegava, inoltre, che una ulteriore decurtazione della pensione era stata fatta calcolandone l’importo annuo con le modalità stabilite dall’art. 50 del Regolamento di esecuzione come modificato dalla delibera 22 giugno 2002 del Comitato dei Delegati della CASSA ( approvato in modo condizionale dal D.M. del Ministero del Lavoro 3 marzo 2003), e così facendo riferimento alla media degli ultimi 24 redditi professionali, anziché alla media degli ultimi 15 anni stabiliti dalla normativa previgente, approvata con Decreto Interministeriale del 29 gennaio 2001 (in G.U. n. 45 del 23 febbraio 2001). Tutto ciò aveva determinato una ulteriore decurtazione pari ad € 6.073,82, con riduzione totale dell’importo pensionistico ad € 26.815,27 a fronte dell’importo dovuto di € 53.036,53.
IL ricorso amministrativo presentato in data 20 giugno 2005 era stato respinto.
Tutto ciò premesso deduceva la non legittimità di tale riduzione dell'importo del suo trattamento pensionistico per violazione dei diritti acquisiti.
Deduceva, inoltre, la illegittimità delle norme regolamentari sopra richiamate per violazione del principio di gradualità (principio del pro rata).
Deduceva, ainfine, l'erronea applicazione dell'art. 53 4° comma lett. a del Regolamento novellato con delibera 7 giugno 2003 e reso efficace con D.M. 22 aprile 2004 perché in contrasto con l'art. 71 dello stesso Regolamento. In particolare deduceva la ingiustizia della applicazione da parte della CASSA convenuta del cd. coefficiente di neutralizzazione in danno di quei professionisti che avevano già maturato il requisito contributivo di 40 anni per la pensione di anzianità in epoca anteriore che, per disposizione dell'art. 71 Regolamento, entrava in vigore dal 1 gennaio 2004.
Eccepiva la violazione del principio di razionalità ed uguaglianza relativa in quanto il coefficiente di neutralizzazione intendeva incentivare con la stessa penalizzazione sia coloro che avevano maturato i 35 anni sufficienti a configurare il requisito contributivo minimo sia coloro che avevano maturato oltre 40 anni di anzianità contributiva con la conseguenza che, nel rispetto del principio di gradualità anche nella introduzione del cd. coefficiente di neutralizzazione, il taglio della pensione doveva incidere solo sui contributi versati dopo il 1 gennaio 2004 e, quindi nel caso del ricorrente (pensionato dal 1 luglio 2004) solo per il primo semestre di tale anno.
Tutto ciò premesso chiedeva che, previo accertamento della illegittimità del calcolo della pensione come operata dalla convenuta CASSA sia con riferimento alla media reddituale sia con riferimento al cd. coefficiente di neutralizzazione, parte convenuta venisse condannata al pagamento in favore di esso ricorrente della pensione annua nella misura di euro 53.036,53a o, in subordine, nella misura risultante dalla applicazione del pro rata di cui all'art. 3 comma 12° della legge n. 335 del 1995; vinte le spese di causa.
Si costituiva in giudizio la CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI (di seguito CASSA) che contestava integralmente la fondatezza del proposto ricorso di cui chiedeva il rigetto.
La causa, di natura documentale, è stata decisa all'udienza del giorno 16 maggio 2007 come da dispositivo di cui veniva data lettura.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il proposto ricorso risulta essere fondato.
I fatti di cui è causa sono sostanzialmente pacifici e possono così riassumersi.
Il ricorrente ha presentato alla menzionata CASSA domanda di pensione di anzianità in data 25 giugno 2004.
La CASSA, con lettera datata 4 marzo 2005, liquidava la pensione provvisoria di anzianità con decorrenza 1 luglio 2004 e nell'importo annuo complessivo di euro 28.714,83.
La stessa lettera dava atto (v. doc.1 produzioni parte ricorrente con specifico riferimento ai conteggi effettuati e comunicati al ricorrente) che la pensione "ante delibera 22.06.2002" sarebbe ammontata ad euro 55.036,53.
Infatti, la delibera adottata dalla CASSA in data 22 giugno 2002 ed approvata in modo condizionale con Decreto del Ministro del Lavoro in data 3 marzo 2003, modificativa dell'art. 50 del Regolamento di esecuzione, includeva nella media valutabile ai fini pensionistici i redditi professionali degli ultimi 24 anni anziché i redditi degli ultimi 15 anni stabiliti dalla normativa previgente, approvata con Decreto Interministeriale del 29 gennaio 2001.
A seguito di ciò la riduzione della pressione in esame risultava pari ad euro 5.704,16.
A tale pensione è stata poi applicata una ulteriore decurtazione a titolo di "coefficiente di neutralizzazione". La CASSA aveva adottato una nuova delibera del Comitato dei delegati in data 7 giugno 2003, recepita dall'art. 53 del nuovo Regolamento ed approvata con D.M. 22 aprile 2004 con la quale ha previsto tale “coefficiente di neutralizzazione” consistente in una riduzione della pensione tanto più alta quanto più giovane è l'età del pensionato, con una riduzione -nel caso del ricorrente- pari ad euro19.517,44.
Il ricorrente ha contestato la legittimità dei criteri utilizzati per il calcolo della pensione de qua, deducendo, tra l'altro la violazione di quanto previsto dall'art. 3 comma 12° della legge n. 335 del 1995.
Tale eccezione risulta essere fondata.
L'art. 3 comma 12 della predetta legge così recita:"...in esito alle risultanze ed in attuazione di quanto disposto dall'art. 2 comma del predetto decreto ( vale a dire il decr. leg.vo n. 509 del 1994, ndr) sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico".
Il legislatore, peraltro, ha introdotto un limite esterno all’esercizio di tali poteri di intervento, ovvero il “rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”.
Tale disposizione costituisce norma primaria, inderogabile ad opera della disciplina privatistica da essa regolata, che rende sostanzialmente irrilevante, come si legge in alcune sentenze citate dalla difesa di parte ricorrente, la discussione in ordine all’esistenza di principi costituzionali o legislativi da cui possa ricavarsi la tutela dei diritti quesiti nel caso di modifiche peggiorative delle modalità di calcolo delle pensioni e proprio alla luce della norma di cui all’art. 3, comma 12 legge n. 335 del 1995.
Né appare condivisibile la tesi enunciata nella pure assai articolata difesa della convenuta CASSA volta, sostanzialmente, ad affermare che con le precisiate delibere non vi è stata una violazione della “pro rata” poiché tale principio può e deve trovare applicazione solo qualora l’anzianità assicurativa e/o contributiva sia frazionabile nel tempo, come è a dirsi nei casi di riparametrazione dei coefficienti di rendimento del resto espressamente previsti dalla norma, con la conseguenza che laddove ciò non sia, deve restare fermo il principio dell’autonomia dell’Ente rispetto al quale il principio legislativo del pro rata costituisce pur sempre una deroga.
Tale argomentazione, però, non viene condivisa e ciò in quanto si pone in contrasto con 1'inequivoco e tassativo dettato della legge sopra portata, e ciò anche alla luce non solo delle decisioni di merito citate dalla difesa di parte ricorrente ma anche delle più recenti decisioni della Corte di Cassazione.
Si intende fare riferimento, in particolare, a quanto affermato dalla Corte di Cassazione Sezione Lavoro n. 2240/2004 (" gli enti previdenziali privatizzati non possono adottare, in funzione dell'obiettivo di assicurare equilibri di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, provvedimenti che -lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico-impongono un massimale (tetto) allo stesso trattamento e, come tali, risultino incompatibili con il rispetto del pro rata, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti") che ha, poi, trovato sostanziale conferma nelle successive decisione di Corte Cassazione n. 11792 del 2005 e n. 7010 del 2005.
Nello stesso senso si sono pronunciati - come detto- i vari giudici di merito citati dalla difesa di parte ricorrente che, sostanzialmente, hanno affermato che la interpretazione proposta dalla difesa dell'odierna ricorrente appare essere l'unica interpretazione legittima della normativa sopra richiamata e conforme alla cd. ratio legis che - pur nella realizzazione dell'obiettivo rappresentato dall'equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni- intende salvaguardare le posizioni già maturate degli assicurati mediante il rispetto del c.d. pro rata.
Proprio sulla base di tale posizione interpretativa la domanda del ricorrente appare essere fondata -con riferimento al cd. an debeatur- dal momento che la convenuta CASSA, con la introduzione dei criteri di calcolo della pensione del ricorrente sopra ricordati non risulta avere fatto salva l'applicazione dei principi stabiliti dalla disciplina precedente in relazione alle anzianità già maturate.
Sempre con riferimento al cd. an debeatur della domanda del ricorrente è stato invocato dalla difesa di parte convenuta anche quanto previsto dall'art. 1, comma 763 della legge 27 dicembre 2007 n. 296 (la cd. legge Finanziaria anno 2007) che così dispone:
"All'art. 3 comma 12 della L. 8 agosto 1995 n. 335, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: "Nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal D.lgs. 30.6.1994 n. 509 e dal D.Lgs.10.2.1996 n. 103 e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell'assicurazione generale obbligatoria, allo scopo di assicurare l'equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall'art. 2 comma 2 del predetto D.lgs. n. 509 del 1994, la stabilità delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi è da ricondursi ad un arco temporale di trenta anni. Il bilancio tecnico di cui comma 2 è redatto secondo criteri determinati dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sentite le Associazioni e le Fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dal Consiglio Nazionale degli Attuari nonché dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale. In esito alle risultanze ed in attuazione di quanto disposto dal suddetto art. 2comma 2 sono adottati dagli enti medesimi i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell 'equilibrio finanziario di lungo termine,avendo presente il principio del pro-rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di equità e gradualità fra generazioni. Qualora le esigenze di equilibrio non vengano affrontate, dopo avere sentito l'ente interessato e la valutazione del Nucleo di one della spesa previdenziale, possono essere adottate le misure di cui all'art. 2 comma 4 del D. Lgs. 30.6.1994 n. 509. Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale e adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministri vigilanti prima della data di tratta in vigore della presente legge”.
Secondo l'articolata difesa della CASSA con la predetta normativa il legislatore ha disposto la salvezza degli atti e delle deliberazioni nel cui novero rientrano senza contestazioni di sorta le sopra ricordate delibere della convenuta CASSA e tale retroattività sarebbe giustificata dal cd. principio di ragionevolezza dal momento che le delibere adottate dalla CASSA, anticipando i criteri fatti propri dal legislatore di gradualità e di intergenerazionale, ai fini di riequilibrio finanziario di lungo termine hanno realizzato una riforma pensionistica che, sostituendo il sistema retributivo con quello contributivo, ha posto le basi della stabilità della gestione.
Tale interpretazione non viene condivisa da questo giudice.
Appare, infatti, maggiormente condivisibile quella interpretazione ( v. ad es. Corte di Appello di Torino n. 135 del 2007; Corte di Appello di Genova 28 marzo 2007) secondo la quale la predetta norma non è configurata ( né espressamente né sostanzialmente) come una norma interpretativa della previgente disciplina né pare possibile attribuirle il carattere di norma innovativa con efficacia retroattiva, nulla disponendo al riguardo la predetta disposizione di legge, con la conseguenza che solo a fare tempo dal 1 gennaio 2007 l'autonomia regolamentare della convenuta CASSA non incontra più limiti previsti dal vecchio testo dell'art. 3 co. 12 della legge n. 335 del 1995.
L'ultimo inciso della norma in questione non ha poi inteso dare validità ad atti adottati in contrasto con il testo precedente dell’ art. 3, comma 12 legge n. 335 del 1995 sia perché sarebbe in contrasto con la irretroattività della norma in esame sia perché "fare salvo" un atto significa semplicemente che tale atto non perde efficacia per effetto della nuova norma di legge e non anche che tale atto viene comunque reso legittimo dalla nuova normativa, anche se tale legittimità non può dirsi sussistente sulla base della disciplina precedente.
In altri termini ed in sintesi, gli atti ed i provvedimenti adottati dalla CASSA convenuta prima della entrata in vigore della predetta modifica dell'art. 3 comma 12 della legge n. 335 del 1995 restano efficaci e produttivi di effetti se ed in quanto legittimi sulla base della normativa in vigore al momento della loro adozione.
Circa, poi, il cd. quantum debeatur, non appare necessario farsi luogo a C.T.U. contabile poiché l’importo richiesto in ricorso, dove la difesa di parte ricorrente ha chiaramente esplicitato non solo tra le importo ma anche le ragioni poste alla base dello stesso suffragandole con documentazione proveniente dalla stessa parte odierna convenuta (v. documentazione prodotta sub n. 1) non risulta avere formato oggetto di specifica contestazione da parte della difesa di parte convenuta che ( v. punto 27 della memoria di costituzione) ha contestato genericamente quanto allegato in ricorso producendo un conteggio che si discosta sia pure di poco con il conteggio indicato in ricorso senza una sostanziale enunciazione delle ragioni di tale scostamento.
Il proposto ricorso, pertanto, deve essere accolto con statuizioni come da dispositivo.
La natura della causa, la oggettiva opinabilità delle questioni trattate, i contrastanti orientamenti giurisprudenziali consentono di compensare integralmente tra le parti le spese di causa.
P.Q.M.
il Giudice del Lavoro del Tribunale di Parma,
definitivamente pronunciando disattesa ogni contraria o diversa istanza, eccezione e deduzione, così decide:
a) accoglie il proposto ricorso e per l'effetto condanna parte convenuta come in atti rappresentata al pagamento in favore del ricorrente a fare tempo dal 1/7/2004 della pensione provvisoria di anzianità per l'importo lordo annuale pari ad euro 36.680,24 oltre interessi legali a fare tempo dal dì del dovuto al saldo;
b) compensa integralmente tra le parti le spese di causa.
Parma, 16 maggio 2007.
Il Giudice del Lavoro
Dott. Stefano Brusati
Il Cancelliere B3
(Lucia Magri)
Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2007
Il Cancelliere B3
(Lucia Magri)
R.G. n. 889/05
R.S. n. 222/07
CRONOL. n. 1970
COMUNICAZ. n. 2
DEP. MINUTA 14.6.07 STAT.
REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI PARMA
SETTORE LAVORO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice dott. Stefano Brusati ha pronunciato la seguente
sentenza nella causa civile iscritta al n.889/2005 R.G. controversie di lavoro promossa
da
XXXX, rappresentato e difeso dall'Avv.ssa Anna Campilii ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo difensore, in Parma, via Zarotto n. 47
- ricorrente -contro
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore dott. Paolo Salvatori, rappresentata e difesa dall'Avv. Silvano Piccininno ed elettivamente domiciliata in Parma, strada Farmi n. 5 presso l'avv.ssa Maria Francesca Albertini
- resistente -
OGGETTO: riliquidazione pensione di anzianità
All'udienza del 16 maggio 2007 i difensori delle parti presenti concludevano come in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Parma Sezione Lavoro (proc. n. 889/05 RG) XXXX esponeva di avere presentato in data 12 maggio 2004 domanda di pensione di anzianità alla Cassa Nazionale di previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali ( di seguito CASSA), avendo maturato alla data dell'11 giugno 2004 l'età anagrafica di 64 anni ed una anzianità contributiva di 38 anni.
Con lettera 11 novembre 2004 la CASSA gli comunicava che la Giunta esecutiva aveva deliberato di erogare in suo favore la pensione provvisoria di anzianità con decorrenza 1 luglio 2004 per un importo annuo di euro 28.714,83.
Nel prospetto di calcolo della pensione l'importo annuo era stato calcolato con le modalità stabilite dall'art. 50 Regolamento di esecuzione come modificato dalla delibera 22 giugno 2002 del Comitato dei Delegati della CASSA ( approvato in modo condizionale dal D.M. del Ministero del Lavoro 3 marzo 2003), facendo così riferimento alla media degli ultimi 24 redditi professionali, anziché alla media degli ultimi 16 anni stabiliti dalla normativa previgente, approvata con Decreto Interministeriale del 29 gennaio 2001 (in G.U. n. 45 del 23 febbraio 2001).
Lamentava che tale pensione era stata così decurtata di una percentuale pari 15,55% (complessivi euro 5.740,16) rispetto a quanto spettategli in basi ai criteri vigenti in epoca anteriore al 22 giugno 2002 e ciò per effetto della sola incidenza dell'annacquamento della media reddituale. Lamentava, inoltre, che lo stesso prospetto di calcolo recava manoscritta la indicazione di una ulteriore decurtazione annua di euro 2.261,25 per applicazione di un "coefficiente di neutralizzazione" consistente in un taglio annuo della pensione del 7,3% con riduzione ulteriore dell'importo di tale pensione. Il ricorso amministrativo presentato in data 3 ottobre 2005 era stato respinto.
Tutto ciò premesso deduceva la non legittimità di tale riduzione dell'importo del suo trattamento pensionistico per violazione dei diritti acquisiti.
Deduceva, inoltre, la illegittimità delle norme regolamentari sopra richiamate per violazione del principio di gradualità (principio del pro rata).
Deduceva, infine, l'erronea applicazione dell'art. 53 4° comma lett. a del Regolamento novellato con delibera 7 giugno 2003 e reso efficace con D.M. 22 aprile 2004 perché in contrasto con l'art. 71 dello stesso Regolamento. In particolare deduceva la ingiustizia della applicazione da parte della CASSA convenuta del cd. coefficiente di neutralizzazione in danno di quei professionisti che avevano già maturato il requisito contributivo di 40 anni per la pensione di anzianità in epoca anteriore che, per disposizione dell'art. 71 Regolamento, entrava in vigore dal 1 gennaio 2004.
Eccepiva la violazione del principio di razionalità ed uguaglianza relativa in quanto il coefficiente di neutralizzazione intendeva incentivare con la stessa penalizzazione sia coloro che avevano maturato i 35 anni sufficienti a configurare il requisito contributivo minimo sia coloro che avevano maturato oltre 40 anni di anzianità contributiva con la conseguenza che, nel rispetto del principio di gradualità anche nella introduzione del cd. coefficiente di neutralizzazione, il taglio della pensione doveva incidere solo sui contributi versati dopo il 1 gennaio 2004 e, quindi nel caso del ricorrente (pensionato dal 1 luglio 2004) solo per il primo semestre di tale anno.
Tutto ciò premesso chiedeva che, previo accertamento della illegittimità del calcolo della pensione come operata dalla convenuta CASSA sia con riferimento alla media reddituale sia con riferimento al cd. coefficiente di neutralizzazione, parte convenuta venisse condannata al pagamento in favore di esso ricorrente della pensione annua nella misura di euro 36.680,24 o, in subordine, nella misura risultante dalla applicazione del pro rata di cui all'art. 3 comma 12° della legge n. 335 del 1995; vinte le spese di causa.
Si costituiva in giudizio la CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI (di seguito CASSA) che contestava integralmente la fondatezza del proposto ricorso di cui chiedeva il rigetto.
La causa, di natura documentale, è stata decisa all'udienza del giorno 16 maggio 2007 come da dispositivo di cui veniva data lettura.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il proposto ricorso risulta essere fondato.
I fatti di cui è causa sono sostanzialmente pacifici e possono così riassumersi.
Il ricorrente ha presentato alla menzionata CASSA domanda di pensione di anzianità in data 12 maggio 2004.
La CASSA, con lettera datata 11 novembre 2004, liquidava la pensione provvisoria di anzianità con decorrenza 1 luglio 2004 e nell'importo annuo complessivo di euro 28.714,83.
La stessa lettera dava atto (v. doc.1 produzioni parte ricorrente con specifico riferimento ai conteggi effettuati e comunicati al ricorrente) che la pensione "ante delibera 22.06.2002" sarebbe ammontata ad euro 36.68,24.
Infatti, la delibera adottata dalla CASSA in data 22 giugno 2002 ed approvata in modo condizionale con Decreto del Ministro del Lavoro in data 3 marzo 2003, modificativa dell'art. 50 del Regolamento di esecuzione, includeva nella media valutabile ai fini pensionistici i redditi professionali degli ultimi 24 anni anziché i redditi degli ultimi 15 anni stabiliti dalla normativa previgente, approvata con Decreto Interministeriale del 29 gennaio 2001.
A seguito di ciò la riduzione della pressione in esame risultava pari ad euro 5.704,16.
A tale pensione è stata poi applicata una ulteriore decurtazione a titolo di "coefficiente di neutralizzazione". La CASSA aveva adottato una nuova delibera del Comitato dei delegati in data 7 giugno 2003, recepita dall'art. 53 del nuovo Regolamento ed approvata con D.M. 22 aprile 2004 con la quale ha previsto tale “coefficiente di neutralizzazione” consistente in una riduzione della pensione tanto più alta quanto più giovane è l'età del pensionato, con una riduzione -nel caso del ricorrente- pari ad euro 2.261,25.
Il ricorrente ha contestato la legittimità dei criteri utilizzati per il calcolo della pensione de qua, deducendo, tra l'altro la violazione di quanto previsto dall'art. 3 comma 12° della legge n. 335 del 1995.
Tale eccezione risulta essere fondata.
L'art. 3 comma 12 della predetta legge così recita:"...in esito alle risultanze ed in attuazione di quanto disposto dall'art. 2 comma del predetto decreto ( vale a dire il decr. leg.vo n. 509 del 1994, ndr) sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico".
Il legislatore, peraltro, ha introdotto un limite esterno all’esercizio di tali poteri di intervento, ovvero il “rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”.
Tale disposizione costituisce norma primaria, inderogabile ad opera della disciplina privatistica da essa regolata, che rende sostanzialmente irrilevante, come si legge in alcune sentenze citate dalla difesa di parte ricorrente, la discussione in ordine all’esistenza di principi costituzionali o legislativi da cui possa ricavarsi la tutela dei diritti quesiti nel caso di modifiche peggiorative delle modalità di calcolo delle pensioni e proprio alla luce della norma di cui all’art. 3, comma 12 legge n. 335 del 1995.
Né appare condivisibile la tesi enunciata nella pure assai articolata difesa della convenuta CASSA volta, sostanzialmente, ad affermare che con le precisiate delibere non vi è stata una violazione della “pro rata” poiché tale principio può e deve trovare applicazione solo qualora l’anzianità assicurativa e/o contributiva sia frazionabile nel tempo, come è a dirsi nei casi di riparametrazione dei coefficienti di rendimento del resto espressamente previsti dalla norma, con la conseguenza che laddove ciò non sia, deve restare fermo il principio dell’autonomia dell’Ente rispetto al quale il principio legislativo del pro rata costituisce pur sempre una deroga.
Tale argomentazione, però, non viene condiva e ciò in quanto si pone in contrasto con 1'inequivoco e tassativo dettato della legge sopra portata, e ciò anche alla luce non solo delle decisioni di merito citate dalla difesa di parte ricorrente ma anche delle più recenti decisioni della Corte di Cassazione.
Si intende fare riferimento, in particolare, a quanto affermato dalla Corte di Cassazione Sezione Lavoro n. 2240/2004 (" gli enti previdenziali privatizzati non possono adottare, in funzione dell'obiettivo di assicurare equilibri di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, provvedimenti che -lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico-impongono un massimale (tetto) allo stesso trattamento e, come tali, risultino incompatibili con il rispetto del pro rata, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti") che ha, poi, trovato sostanziale conferma nelle successive decisione di Corte Cassazione n. 11792 del 2005 e n. 7010 del 2005.
Nello stesso senso si sono pronunciati - come detto- i vari giudici di merito citati dalla difesa di parte ricorrente che, sostanzialmente, hanno affermato che la interpretazione proposta dalla difesa dell'odierna ricorrente appare essere l'unica interpretazione legittima della normativa sopra richiamata e conforme alla cd. ratio legis che - pur nella realizzazione dell'obiettivo rappresentato dall'equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni- intende salvaguardare le posizioni già maturate degli assicurati mediante il rispetto del c.d. pro rata.
Proprio sulla base di tale posizione interpretativa la domanda del ricorrente appare essere fondata -con riferimento al cd. an debeatur- dal momento che la convenuta CASSA, con la introduzione dei criteri di calcolo della pensione del ricorrente sopra ricordati non risulta avere fatto salva l'applicazione dei principi stabiliti dalla disciplina precedente in relazione alle anzianità già maturate.
Sempre con riferimento al cd. an debeatur della domanda del ricorrente è stato invocato dalla difesa di parte convenuta anche quanto previsto dall'art. 1, comma 763 della legge 27 dicembre 2007 n. 296 (la cd. legge Finanziaria anno 2007) che così dispone:
"All'art. 3 comma 12 della L. 8 agosto 1995 n. 335, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: "Nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal D.lgs. 30.6.1994 n. 509 e dal D.Lgs.10.2.1996 n. 103 e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell'assicurazione generale obbligatoria, allo scopo di assicurare l'equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall'art. 2 comma 2 del predetto D.lgs. n. 509 del 1994, la stabilità delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi è da ricondursi ad un arco temporale di trenta anni. Il bilancio tecnico di cui comma 2 è redatto secondo criteri determinati dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sentite le Associazioni e le Fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dal Consiglio Nazionale degli Attuari nonché dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale. In esito alle risultanze ed in attuazione di quanto disposto dal suddetto art. 2comma 2 sono adottati dagli enti medesimi i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell 'equilibrio finanziario di lungo termine,avendo presente il principio del pro-rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di equità e gradualità fra generazioni. Qualora le esigenze di equilibrio non vengano affrontate, dopo avere sentito l'ente interessato e la valutazione del Nucleo di one della spesa previdenziale, possono essere adottate le misure di cui all'art. 2 comma 4 del D. Lgs. 30.6.1994 n. 509. Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale e adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministri vigilanti prima della data di tratta in vigore della presente legge”.
Secondo l'articolata difesa della CASSA con la predetta normativa il legislatore ha disposto la salvezza degli atti e delle deliberazioni nel cui novero rientrano senza contestazioni di sorta le sopra ricordate delibere della convenuta CASSA e tale retroattività sarebbe giustificata dal cd. principio di ragionevolezza dal momento che le delibere adottate dalla CASSA, anticipando i criteri fatti propri dal legislatore di gradualità e di intergenerazionale, ai fini di riequilibrio finanziario di lungo termine hanno realizzato una riforma pensionistica che, sostituendo il sistema retributivo con quello contributivo, ha posto le basi della stabilità della gestione.
Tale interpretazione non viene condivisa da questo giudice.
Appare, infatti, maggiormente condivisibile quella interpretazione ( v. ad es. Corte di Appello di Torino n. 135 del 2007; Corte di Appello di Genova 28 marzo 2007) secondo la quale la predetta norma non è configurata ( né espressamente né sostanzialmente) come una norma interpretativa della previgente disciplina né pare possibile attribuirle il carattere di norma innovativa con efficacia retroattiva, nulla disponendo al riguardo la predetta disposizione di legge, con la conseguenza che solo a fare tempo dal 1 gennaio 2007 l'autonomia regolamentare della convenuta CASSA non incontra più limiti previsti dal vecchio testo dell'art. 3 co. 12 della legge n. 335 del 1995.
L'ultimo inciso della norma in questione non ha poi inteso dare validità ad atti adottati in contrasto con il testo precedente del prec. art. 3, comma 12 legge n. 335 del 1995 sia perché sarebbe in contrasto con la irretroattività della norma in esame sia perché "fare salvo" un atto significa semplicemente che tale atto non perde efficacia per effetto della nuova norma di legge e non anche che tale atto viene comunque reso legittimo dalla nuova normativa, anche se tale legittimità non può dirsi sussistente sulla base della disciplina precedente.
In altri termini ed in sintesi, gli atti ed i provvedimenti adottati dalla CASSA convenuta prima della entrata in vigore della predetta modifica dell'art. 3 comma 12 della legge n. 335 del 1995 restano efficaci e produttivi di effetti se ed in quanto legittimi sulla base della normativa in vigore al momento della loro adozione.
Circa, poi, il cd. quantum debeatur, non appare necessario farsi luogo a C.T.U. contabile poiché l’importo richiesto in ricorso, dove la difesa di parte ricorrente ha chiaramente esplicitato non solo tra le importo ma anche le ragioni poste alla base dello stesso suffragandole con documentazione proveniente dalla stessa parte odierna convenuta (v. documentazione prodotta sub n. 1) non risulta avere formato oggetto di specifica contestazione da parte della difesa di parte convenuta che ( v. punto 27 della memoria di costituzione) ha contestato genericamente quanto allegato in ricorso producendo un conteggio che si discosta sia pure di poco con il conteggio indicato in ricorso senza una sostanziale enunciazione delle ragioni di tale scostamento.
Il proposto ricorso, pertanto, deve essere accolto con statuizioni come da dispositivo.
La natura della causa, la oggettiva opinabilità delle questioni trattate, i contrastanti orientamenti giurisprudenziali consentono di compensare integralmente tra le parti le spese di causa.
P.Q.M.
il Giudice del Lavoro del Tribunale di Parma,
definitivamente pronunciando disattesa ogni contraria o diversa istanza, eccezione e deduzione, così decide:
a) accoglie il proposto ricorso e per l'effetto condanna parte convenuta come in atti rappresentata al pagamento in favore del ricorrente a fare tempo dal 1/7/2004 della pensione provvisoria di anzianità per l'importo lordo annuale pari ad euro 36.680,24 oltre interessi legali a fare tempo dal dì del dovuto al saldo;
b) compensa integralmente tra le parti le spese di causa.
Parma, 16 maggio 2007.
Il Giudice del Lavoro
Dott. Stefano Brusati
Il Cancelliere B3
(Lucia Magri)
Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2007
Il Cancelliere B3
(Lucia Magri)