Articolo 5 della Legge fallimentare annotato con la giurisprudenza di legittimità rilevante - lo stato di insolvenza
Stato d'insolvenza.
Art. 5
L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza
è dichiarato fallito.
Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od
altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado
di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Cassazione civile sez. I 07 giugno 2012 n. 9253
Lo stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale deve essere accertato, ai fini della dichiarazione di fallimento, attraverso una valutazione globale, sia quantitativa che qualitativa, dei suoi debiti e dei suoi crediti ed a prescindere dalle cause che l'hanno determinato. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione di merito, la quale, nel dichiarare il fallimento, ha ritenuto irrilevante che l'attività imprenditoriale fosse stata ridimensionata dall'assoggettamento ad un sequestro, disposto illegittimamente dall'autorità giudiziaria).
Cassazione civile sez. I 04 giugno 2012 n. 8930
Ai fini della sussistenza del presupposto dell'insolvenza, l'ordinamento italiano non distingue tra i debiti di un imprenditore individuale, in ragione della natura civile o commerciale di essi, in quanto non consente limitazioni della garanzia patrimoniale in funzione della causa sottesa alle obbligazioni contratte, tutte ugualmente rilevanti sotto il profilo dell'esposizione del debitore al fallimento; solo l'alterità soggettiva (ad esempio, in caso di impresa gestita tramite una società di capitale unipersonale) introduce un criterio diverso di imputazione dei rapporti obbligatori, in base al principio dell'autonomia patrimoniale perfetta. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso avverso la sentenza, che aveva ritenuto raggiunto il limite di indebitamento richiesto dall'art. 1 legge fall., nonostante la dedotta natura civile e non commerciale del debito costituito da fideiussioni rilasciate prima dell'inizio dell'attività imprenditoriale).
Cassazione civile sez. I 05 dicembre 2011 n. 25961
La dichiarazione di fallimento trova il suo presupposto, dal punto di vista obiettivo, nello stato d'insolvenza del debitore, il cui riscontro prescinde dall'indagine sull'effettiva esistenza dei crediti fatti valere nei confronti del debitore (essendo sufficiente, a tal fine, l'accertamento di uno stato d'impotenza economico-patrimoniale, idoneo a privare tale soggetto della possibilità di far fronte con mezzi "normali" ai propri debiti) e può, quindi, essere legittimamente effettuato dal giudice ordinario, anche quando i crediti derivino da rapporti riservati alla cognizione di un giudice diverso.
Cassazione civile sez. I 18 novembre 2011 n. 24310
In sede di opposizione alla dichiarazione di fallimento, ferma restando l'applicabilità del principio generale sull'onere delle parti di fornire la prova delle rispettive allegazioni, sussiste il potere-dovere del giudice di riscontrare, anche d'ufficio, la sussistenza dello stato d'insolvenza e di ogni altro presupposto del fallimento medesimo, avvalendosi di tutti gli elementi comunque acquisiti, ivi inclusi quelli relativi alla fase processuale conclusasi con detta dichiarazione; tale officiosità non è limitata al giudizio di primo grado, ma è proiettata anche nel grado di appello, salve le preclusioni verificatesi su punti già decisi con statuizioni non impugnate. (Fattispecie anteriore alla riforma di cui al d.lg. n. 5 del 2006).
Cassazione civile sez. I 04 maggio 2011 n. 9760
Nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la sussistenza dello stato di insolvenza può essere correttamente desunta anche dalle risultanze dello stato passivo.
Cassazione civile sez. I 18 novembre 2010 n. 23344
Ai fini della dichiarazione di fallimento di una società, che sia inserita in un gruppo, cioè in una pluralità di società collegate ovvero controllate da un'unica società holding, l'accertamento dello stato di insolvenza deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, poiché, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti.
Cassazione civile sez. I 06 agosto 2010 n. 18437
Qualora, a seguito di una verifica "a posteriori", venga accertato, con la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, che lo stato di crisi in base al quale ha chiesto l'ammissione al concordato preventivo era in realtà uno stato di insolvenza, l'efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta a seguito della declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, deve essere retrodatata alla data di presentazione di tale domanda, atteso che la ritenuta definitività anche dell'insolvenza che è alla base della procedura minore, come comprovata, "ex post", dalla sopravvenienza del fallimento, e, quindi, l'identità del presupposto, porta a escludere la possibilità di ammettere, in tal caso, l'autonomia delle due procedure.
Lo stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale deve essere accertato, ai fini della dichiarazione di fallimento, attraverso una valutazione globale, sia quantitativa che qualitativa, dei suoi debiti e dei suoi crediti ed a prescindere dalle cause che l'hanno determinato. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione di merito, la quale, nel dichiarare il fallimento, ha ritenuto irrilevante che l'attività imprenditoriale fosse stata ridimensionata dall'assoggettamento ad un sequestro, disposto illegittimamente dall'autorità giudiziaria).
Cassazione civile sez. I 04 giugno 2012 n. 8930
Ai fini della sussistenza del presupposto dell'insolvenza, l'ordinamento italiano non distingue tra i debiti di un imprenditore individuale, in ragione della natura civile o commerciale di essi, in quanto non consente limitazioni della garanzia patrimoniale in funzione della causa sottesa alle obbligazioni contratte, tutte ugualmente rilevanti sotto il profilo dell'esposizione del debitore al fallimento; solo l'alterità soggettiva (ad esempio, in caso di impresa gestita tramite una società di capitale unipersonale) introduce un criterio diverso di imputazione dei rapporti obbligatori, in base al principio dell'autonomia patrimoniale perfetta. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso avverso la sentenza, che aveva ritenuto raggiunto il limite di indebitamento richiesto dall'art. 1 legge fall., nonostante la dedotta natura civile e non commerciale del debito costituito da fideiussioni rilasciate prima dell'inizio dell'attività imprenditoriale).
Cassazione civile sez. I 05 dicembre 2011 n. 25961
La dichiarazione di fallimento trova il suo presupposto, dal punto di vista obiettivo, nello stato d'insolvenza del debitore, il cui riscontro prescinde dall'indagine sull'effettiva esistenza dei crediti fatti valere nei confronti del debitore (essendo sufficiente, a tal fine, l'accertamento di uno stato d'impotenza economico-patrimoniale, idoneo a privare tale soggetto della possibilità di far fronte con mezzi "normali" ai propri debiti) e può, quindi, essere legittimamente effettuato dal giudice ordinario, anche quando i crediti derivino da rapporti riservati alla cognizione di un giudice diverso.
Cassazione civile sez. I 18 novembre 2011 n. 24310
In sede di opposizione alla dichiarazione di fallimento, ferma restando l'applicabilità del principio generale sull'onere delle parti di fornire la prova delle rispettive allegazioni, sussiste il potere-dovere del giudice di riscontrare, anche d'ufficio, la sussistenza dello stato d'insolvenza e di ogni altro presupposto del fallimento medesimo, avvalendosi di tutti gli elementi comunque acquisiti, ivi inclusi quelli relativi alla fase processuale conclusasi con detta dichiarazione; tale officiosità non è limitata al giudizio di primo grado, ma è proiettata anche nel grado di appello, salve le preclusioni verificatesi su punti già decisi con statuizioni non impugnate. (Fattispecie anteriore alla riforma di cui al d.lg. n. 5 del 2006).
Cassazione civile sez. I 04 maggio 2011 n. 9760
Nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la sussistenza dello stato di insolvenza può essere correttamente desunta anche dalle risultanze dello stato passivo.
Cassazione civile sez. I 18 novembre 2010 n. 23344
Ai fini della dichiarazione di fallimento di una società, che sia inserita in un gruppo, cioè in una pluralità di società collegate ovvero controllate da un'unica società holding, l'accertamento dello stato di insolvenza deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, poiché, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti.
Cassazione civile sez. I 06 agosto 2010 n. 18437
Qualora, a seguito di una verifica "a posteriori", venga accertato, con la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, che lo stato di crisi in base al quale ha chiesto l'ammissione al concordato preventivo era in realtà uno stato di insolvenza, l'efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta a seguito della declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, deve essere retrodatata alla data di presentazione di tale domanda, atteso che la ritenuta definitività anche dell'insolvenza che è alla base della procedura minore, come comprovata, "ex post", dalla sopravvenienza del fallimento, e, quindi, l'identità del presupposto, porta a escludere la possibilità di ammettere, in tal caso, l'autonomia delle due procedure.
Cassazione civile sez. I 14 ottobre 2009 n. 21834
Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l. fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, ed alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte .
Cassazione civile sez. I 27 febbraio 2008 n. 5215
Nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la verifica, ex art. 5 l. fall., dello stato d'insolvenza dell'imprenditore commerciale esige la prova di una situazione d'impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni,valutate nel loro complesso, in quanto già scadute all'epoca della predetta dichiarazione e ragionevolmente certe; ne consegue, quanto ai debiti, che il computo non si limita alle risultanze dello stato passivo nel frattempo formato, ma si estende a quelli emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrati, anche se oggetto di contestazione, quando (e nella misura in cui) il giudice dell'opposizione ne riconosca incidentalmente la ragionevole certezza ed entità; quanto all'attivo, i cespiti vanno considerati non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in rapporto all'attitudine ad essere adoperati per estinguere tempestivamente i debiti, senza compromissione - di regola - dell'operatività dell'impresa, salvo che l'eventuale fase della liquidazione in cui la stessa si trovi renda compatibile anche il pronto realizzo dei beni strumentali e dell'avviamento.
Cassazione civile sez. I 28 gennaio 2008 n. 1760
Lo stato d'insolvenza richiesto ai fini della pronuncia dichiarativa del fallimento dell'imprenditore costituisce situazione obiettiva dipendente da impotenza economica, sussistente quando l'imprenditore stesso non sia in grado di adempiere regolarmente, tempestivamente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, essendo venute meno le condizioni di liquidità e di credito nelle quali un'impresa deve operare. Tale insolvenza non è esclusa dalla circostanza che l'attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili. In particolare, il significato oggettivo dell'insolvenza, che è quello rilevante agli effetti dell'art. 5 l. fall., deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie all'esercizio di attività economiche, si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all'impresa e si esprime nell'incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa, nonché nell'impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio.
Cassazione civile sez. I 23 luglio 2007 n. 16215
In tema di dichiarazione di fallimento nel corso della procedura di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 173 l. fall., non è necessaria una nuova indagine ai fini dell'accertamento del presupposto oggettivo, in quanto lo stato di insolvenza è contenuto nel provvedimento di ammissione al concordato e non si differenzia da quello richiesto per il fallimento, se non sotto il profilo che nel primo l'insolvenza non deve essere tale da impedire una prognosi favorevole in ordine al pagamento dei creditori almeno nei tempi e nelle misure minime previste dalla legge.
Cassazione civile sez. I 28 febbraio 2007 n. 4766
In tema di azione revocatoria fallimentare, la prova della disponibilità da parte del fallito di un consistente patrimonio azionario ed immobiliare non è sufficiente ad escludere la sussistenza dello stato d'insolvenza, né la conoscenza dello stesso da parte del terzo contraente: l'esistenza di un cospicuo attivo, ancorché in ipotesi sufficiente ad assicurare l'integrale soddisfacimento dei creditori, non esclude infatti di per sé la sussistenza dello stato di insolvenza, consistendo quest'ultimo in una situazione di impotenza economica che si realizza allorquando l'imprenditore non è più in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, in quanto sono venute meno le necessarie condizioni di liquidità e di credito; lo stato d'insolvenza del fallito costituisce d'altronde un requisito oggettivo della domanda soltanto dal punto di vista logico, in quanto dal punto di vista giuridico esso rimane assorbito nel requisito soggettivo della conoscenza dei relativi segni esteriori, la cui mancanza o insufficienza rileva non come prova della mancanza dello stato d'insolvenza (che potrebbe anche non sussistere), ma come prova della mancanza della relativa conoscenza.
Cassazione civile sez. I 06 settembre 2006 n. 19141
Nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la sussistenza dello stato di insolvenza può essere correttamente desunta anche dalle risultanze non contestate dello stato passivo, oltre che in genere dagli atti del fascicolo fallimentare.
Cassazione civile sez. I 28 aprile 2006 n. 9856
Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell'imprenditore è configurabile anche in assenza di protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti, i quali non costituiscono parametro esclusivo del giudizio sul dissesto, posto che invece è la situazione di incapacità del debitore a fronteggiare con mezzi ordinari le proprie obbligazioni a realizzare quello stato, secondo la previsione dell'art. 5 l. fall., quali che siano gli "inadempimenti" in cui si concretizza e i "fatti esteriori" con cui si manifesta.
Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l. fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, ed alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte .
Cassazione civile sez. I 27 febbraio 2008 n. 5215
Nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la verifica, ex art. 5 l. fall., dello stato d'insolvenza dell'imprenditore commerciale esige la prova di una situazione d'impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni,valutate nel loro complesso, in quanto già scadute all'epoca della predetta dichiarazione e ragionevolmente certe; ne consegue, quanto ai debiti, che il computo non si limita alle risultanze dello stato passivo nel frattempo formato, ma si estende a quelli emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrati, anche se oggetto di contestazione, quando (e nella misura in cui) il giudice dell'opposizione ne riconosca incidentalmente la ragionevole certezza ed entità; quanto all'attivo, i cespiti vanno considerati non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in rapporto all'attitudine ad essere adoperati per estinguere tempestivamente i debiti, senza compromissione - di regola - dell'operatività dell'impresa, salvo che l'eventuale fase della liquidazione in cui la stessa si trovi renda compatibile anche il pronto realizzo dei beni strumentali e dell'avviamento.
Cassazione civile sez. I 28 gennaio 2008 n. 1760
Lo stato d'insolvenza richiesto ai fini della pronuncia dichiarativa del fallimento dell'imprenditore costituisce situazione obiettiva dipendente da impotenza economica, sussistente quando l'imprenditore stesso non sia in grado di adempiere regolarmente, tempestivamente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, essendo venute meno le condizioni di liquidità e di credito nelle quali un'impresa deve operare. Tale insolvenza non è esclusa dalla circostanza che l'attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili. In particolare, il significato oggettivo dell'insolvenza, che è quello rilevante agli effetti dell'art. 5 l. fall., deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie all'esercizio di attività economiche, si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all'impresa e si esprime nell'incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa, nonché nell'impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio.
Cassazione civile sez. I 23 luglio 2007 n. 16215
In tema di dichiarazione di fallimento nel corso della procedura di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 173 l. fall., non è necessaria una nuova indagine ai fini dell'accertamento del presupposto oggettivo, in quanto lo stato di insolvenza è contenuto nel provvedimento di ammissione al concordato e non si differenzia da quello richiesto per il fallimento, se non sotto il profilo che nel primo l'insolvenza non deve essere tale da impedire una prognosi favorevole in ordine al pagamento dei creditori almeno nei tempi e nelle misure minime previste dalla legge.
Cassazione civile sez. I 28 febbraio 2007 n. 4766
In tema di azione revocatoria fallimentare, la prova della disponibilità da parte del fallito di un consistente patrimonio azionario ed immobiliare non è sufficiente ad escludere la sussistenza dello stato d'insolvenza, né la conoscenza dello stesso da parte del terzo contraente: l'esistenza di un cospicuo attivo, ancorché in ipotesi sufficiente ad assicurare l'integrale soddisfacimento dei creditori, non esclude infatti di per sé la sussistenza dello stato di insolvenza, consistendo quest'ultimo in una situazione di impotenza economica che si realizza allorquando l'imprenditore non è più in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, in quanto sono venute meno le necessarie condizioni di liquidità e di credito; lo stato d'insolvenza del fallito costituisce d'altronde un requisito oggettivo della domanda soltanto dal punto di vista logico, in quanto dal punto di vista giuridico esso rimane assorbito nel requisito soggettivo della conoscenza dei relativi segni esteriori, la cui mancanza o insufficienza rileva non come prova della mancanza dello stato d'insolvenza (che potrebbe anche non sussistere), ma come prova della mancanza della relativa conoscenza.
Cassazione civile sez. I 06 settembre 2006 n. 19141
Nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la sussistenza dello stato di insolvenza può essere correttamente desunta anche dalle risultanze non contestate dello stato passivo, oltre che in genere dagli atti del fascicolo fallimentare.
Cassazione civile sez. I 28 aprile 2006 n. 9856
Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell'imprenditore è configurabile anche in assenza di protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti, i quali non costituiscono parametro esclusivo del giudizio sul dissesto, posto che invece è la situazione di incapacità del debitore a fronteggiare con mezzi ordinari le proprie obbligazioni a realizzare quello stato, secondo la previsione dell'art. 5 l. fall., quali che siano gli "inadempimenti" in cui si concretizza e i "fatti esteriori" con cui si manifesta.