il punto sulla cedolare secca sugli affitti

La cedolare secca sugli affitti, la disciplina legislativa, l'ambito di applicazione, locazioni ad uso abitativo, l'esclusione delle locazioni ad uso diverso, le inasprite sanzioni per gli affitti in nero
 

 

La c.d. cedolare secca sugli affitti è stata introdotta con il decreto legislativo del 14 marzo 2011 n. 23, recante disposizioni in materia di Federalismo Fiscale Municipale, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 67 del 23 marzo 2011, in vigore, una volta decorso il termine di vacatio legis, dal 7 aprile u.s..

La cedolare secca consiste in “un'imposta… sostitutivadi quella “sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonche' delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione” che “sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione” (art. 3, comma 2, d.lgs.14 marzo 2011, n.23).

Va da subito chiarito, come si evince dal primo comma della disposizione sopra citata, che il regime della c.d. “cedolare secca sugli affitti” è “alternativo” e “facoltativo” a quello ordinario, ovvero, in mancanza di esercizio dell’”opzione”, permane nei confronti dell’avente diritto il precedente sistema di imposizione fiscale.

Vediamo innanzitutto di delineare quelli che sono i confini soggettivi e oggettivi della disciplina normativa.

Si applica al “proprietario o al titolare di diritto reale di godimento di unita' immobiliari locate ad uso abitativo”; quindi non riguarda le c.d. locazioni ad uso commerciale.

Ciò che viene peraltro ribadito, nel comma 6 dell’art. 3, laddove, con una formulazione a mio parere quanto mai infelice del legislatore, si prevede che le disposizioni dei commi precedenti (da 1) a 5)) “non si applicano(hino) alle locazioni di unita' immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attivita' d'impresa, o di arti e professioni”.

Ma non era sufficiente quanto già precisato nel primo comma?

E poi: non si poteva dire “alle locazioni ad uso commerciale” o “diverse da quelle ad uso abitativo”, secondo la distinzione di cui alla legge 1978/392?

D’altronde: se sono ad uso abitativo non possono al contempo concernere attività di impresa!

Passando oltre - ed in particolare interrogandosi circa il confine temporale di vigenza della disciplina – quest’ultima riguarda – e si applica – alle locazioni che sorgono o, comunque sono in corso, nell’anno 2011.

Definiti quelli che possono essere individuati gli elementi che fanno da contorno alla materia, è opportuno menzionare in cosa consista la cedolare secca: è un’aliquota del 21% sul canone annuo, con possibilità di essere ridotta al 19% nei comuni ad alta densità (v. legge 21 febbraio 1989, n. 61)  o in altri specificati con provvedimento apposito dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE).

Detta imposta dovrà essere versata entro i termini previsti per quella corrisposta ai fini della registrazione, o entro i termini della presentazione della dichiarazione dei redditi per quei contratti non soggetti a registrazione, e non ammette la ripetizione “delle imposte di bollo e di registro eventualmente gia' pagate” (cfr. art. 3, comma 4, d.lgs. cit.).

Le modalità di esercizio dell’opzione sono disciplinate con protocollo (n.2011/55394), emanato dall’Agenzia delle Entrate - delegata dal Governo ad intervenire sul punto (cfr.art. 3, comma 4, d.lgs. cit.)- e sul cui sito è possibile scaricare i relativi modelli.

A tal proposito è opportuno menzionare la circostanza che il locatore che voglia avvalersi dell’opzione dovrà, ai sensi del comma 11 dell’articolo 3 d. lgs. citato, a pena di inefficacia della stessa, comunicare preventivamente, con lettera raccomandata, al conduttore la rinuncia per il periodo corrispondente alla sua durata, alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente.

Si precisa, inoltre, che tali norme sono inderogabili.

Va inoltre ricordato che la scelta effettuata dal locatore lo vincola per l’intera durata del contratto in essere, ma può essere revocata annualmente, salvo il versamento, ovviamente, dell’imposta relativa alla registrazione, nei casi di corresponsione obbligatoria della stessa.

Il decreto in oggetto prevede inoltre sanzioni raddoppiate, rispetto a quella già sancite nell’art. 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 e nell'articolo 13, comma 1, per i c.d. affitti in nero, oltre a modalità di regolarizzazione di quest’ultimi.

E’ difatti previsto che il locatore che non abbia registrato - o registrato per una somma inferiore a quella effettivamente percepita o, ancora, in ipotesi di comodati fittizi - il contratto entro il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto, possa “mettersi in regola”, evitando così le ulteriori conseguenze sanzionatorie previste nell’art. 8 del decreto legislativo in esame ed in particolare:l’applicazione automatica al contratto non “regolare” del regime del c.d. 4+4, ivi comprese le previsioni di rinnovo di cui all'articolo 2, comma 1, legge n. 431 del 1998; nonché l’adozione di un canone annuo pari al triplo del valore catastale dell’immobile.

Pertanto – e così concludendo – il consiglio da dare agli “irregolari” è di affrettarsi: hanno tempo sino al 6 giugno p.v. (60 giorni dall’entrata in vigore del decreto) per sanare la loro posizione; dopo detta data potrebbero vedere i loro inquilini chiedere l’adozione di un contratto di locazione ad uso abitativo soggetto alla disciplina del c.d. 4+4, con l’applicazione ex re di un canone pari ad una somma quasi…da “vecchio equo canone”!


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