Spesso il libero professionista non è in grado di orientarsi bene nella scelta del sistema di tenuta della contabilità più conveniente tra i regimi contabili previsti dal Fisco italiano. Questa difficoltà deriva dalla complessità e dalla continua evoluzione caratterizzante la normativa fiscale italiana. Spesso però a queste difficoltà si aggiunge la possibilità di un conflitto di interessi tra il cliente ed il proprio Commercialista di fiducia.
Tradizionalmente la contabilità semplificata è sempre stata considerata la contabilità naturale per i liberi professionisti; essa prevede la tenuta di due registri: registro iva acquisti e registro iva vendite in cui è possibile registrare tutte le operazioni contabili svolte dal libero professionista. A chiusura dell’anno solare la tenuta dei due registri ci permette di pervenire all’elaborazione di un conto economico che riporta le entrate e le uscite dell’anno e l’utile d’esercizio su cui verranno conteggiate le imposte. Storicamente questo regime negli anni passati aveva visto un calo di favore da parte del Fisco italiano: l’introduzione degli Studi di settore prima e la tracciabilità dei compensi poi avevano spinto molti Commercialisti a suggerire ai loro clienti il passaggio alla contabilità ordinaria. La contabilità ordinaria è notoriamente più costosa di una contabilità semplificata in quanto comporta una mole di lavoro di gran lunga superiore. Oggi giorno, e già da alcuni anni, le problematiche connesse agli Studi di settore e alla tracciabilità dei compensi sono venute meno, pertanto, laddove non vi sia la possibilità del ricorso al regime dei minimi, in quanto si ha un fatturato annuo superiore ai 30.000,00 €, il regime più conveniente per il professionista è il regime semplificato. Eppure molti Studi di Commercialisti continuano a mantenere i loro clienti Professionisti in contabilità ordinaria per ovvi motivi di convenienza interna. Un problema analogo ma con Soggetti diversi lo troviamo tra il regime nuove iniziative imprenditoriali che prevede una tassazione del 10% ed il regime dei minimi che prevede una tassazione del 20%. Spesso ho visto l’Amministrazione finanziaria promuovere il regime dei minimi tralasciando il regime nuove iniziative imprenditoriali. Quest’ultimo regime è particolarmente appetibile per i giovani liberi professionisti che hanno appena aperto l’attività e che si trovino a non dover pagare l’IRAP in quanto non hanno la stabile organizzazione richiesta dall’imposta. Anche qui una mancata informazione è forse dovuta da un scarso interesse del Fisco a promuovere questo regime per ovvi motivi di cassa interna.
Tradizionalmente la contabilità semplificata è sempre stata considerata la contabilità naturale per i liberi professionisti; essa prevede la tenuta di due registri: registro iva acquisti e registro iva vendite in cui è possibile registrare tutte le operazioni contabili svolte dal libero professionista. A chiusura dell’anno solare la tenuta dei due registri ci permette di pervenire all’elaborazione di un conto economico che riporta le entrate e le uscite dell’anno e l’utile d’esercizio su cui verranno conteggiate le imposte. Storicamente questo regime negli anni passati aveva visto un calo di favore da parte del Fisco italiano: l’introduzione degli Studi di settore prima e la tracciabilità dei compensi poi avevano spinto molti Commercialisti a suggerire ai loro clienti il passaggio alla contabilità ordinaria. La contabilità ordinaria è notoriamente più costosa di una contabilità semplificata in quanto comporta una mole di lavoro di gran lunga superiore. Oggi giorno, e già da alcuni anni, le problematiche connesse agli Studi di settore e alla tracciabilità dei compensi sono venute meno, pertanto, laddove non vi sia la possibilità del ricorso al regime dei minimi, in quanto si ha un fatturato annuo superiore ai 30.000,00 €, il regime più conveniente per il professionista è il regime semplificato. Eppure molti Studi di Commercialisti continuano a mantenere i loro clienti Professionisti in contabilità ordinaria per ovvi motivi di convenienza interna. Un problema analogo ma con Soggetti diversi lo troviamo tra il regime nuove iniziative imprenditoriali che prevede una tassazione del 10% ed il regime dei minimi che prevede una tassazione del 20%. Spesso ho visto l’Amministrazione finanziaria promuovere il regime dei minimi tralasciando il regime nuove iniziative imprenditoriali. Quest’ultimo regime è particolarmente appetibile per i giovani liberi professionisti che hanno appena aperto l’attività e che si trovino a non dover pagare l’IRAP in quanto non hanno la stabile organizzazione richiesta dall’imposta. Anche qui una mancata informazione è forse dovuta da un scarso interesse del Fisco a promuovere questo regime per ovvi motivi di cassa interna.