Una peculiare questione che si è posta con riferimento ai prodotti informatici ed in particolare al software è quella relativa alla possibilità di brevettarlo.
La questione cui, sin da ora è possibile sottolineare, l'opinione prevalente ritiene di rispondere in senso negativo, impone una preliminare indagine in ordine all'inquadramento giuridico del software, se nell'ambito delle opere dell'ingegno o nell'ambito delle invenzioni industriali.
Il diritto d'autore si applica alle opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, ecc. qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono altresì protetti i programmi per elaboratore, equiparati alle opere letterarie, ai sensi della convenzione di Berna, ratificata e resa esecutiva con legge 399/1978, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una "creazione intellettuale dell'autore", come recita la legge n. 633/1941 (Legge sul Diritto d'Autore).
Il diritto d'autore sorge per effetto della creazione e/o della pubblicazione dell'opera; il successivo deposito dell'opera presso un ente preposto o l'applicazione di contrassegni, infatti, incidono sulla tutela del diritto d'autore ma non hanno effetto costitutivo della situazione soggettiva.
I diritti di brevetto per invenzione consistono nella "facoltà esclusiva di attuare l'invenzione e di trarne profitto", secondo il Regio decreto n. 1127/1939.
Il brevetto viene concesso, a pagamento, a fronte di una ponderata valutazione della richiesta che deve contenere una descrizione dettagliata dell'invenzione e del suo funzionamento; l'invenzione industriale determina la nascita del diritto al brevetto mentre il diritto di brevetto nasce solo con l'accoglimento della richiesta da parte degli enti preposti. La tesi che ritiene la non brevettabilità del software argomenta dal fatto che il suo valore non risiede nel supporto su cui è registrato, ma nel suo contenuto creativo-ideativo: l’autore del software, infatti, non corre il rischio che qualcuno gli sottragga il supporto, ma che gli plagi il contenuto.
Prima del 1992, la giurisprudenza si poneva il problema della tutela del software applicando analogicamente la disciplina in tema di diritto d’autore (estensione analogica limitata ai profili civilistici non potendo riguardare anche le sanzioni penali di cui all’art. 171 legge 633/1941, stante il divieto di analogia in malam partem che è proprio del diritto penale).
Il D.Lvo 518/92 ha espressamente inserito il software tra le opere dell’ingegno tutelate con la legge sul diritto d’autore e anche i programmi per l’elaboratore elettronico sono stati espressamente contemplati nelle fattispecie penali previste dalla legge 633/41.
Il D.Lvo 518/92 ha espressamente inserito il software tra le opere dell’ingegno tutelate con la legge sul diritto d’autore e anche i programmi per l’elaboratore elettronico sono stati espressamente contemplati nelle fattispecie penali previste dalla legge 633/41.
La qualificazione del software come opera dell’ingegno, alla stregua di un’opera letteraria, per vero contestata da una certa dottrina che l’ha ritenuta “una forzatura”, ha spinto la giurisprudenza a domandarsi che cosa possa ritenersi effettivamente tutelato nel software.
Oggetto di tutela, secondo la giurisprudenza prevalente, può essere la forma espressiva del programma, non certo il suo contenuto rappresentato dall’algoritmo anche se bisogna osservare come, in materia di software, l’idea creativa (vale a dire il problema al quale offrire una soluzione con il programma) si confonde con il suo contenuto: forma e contenuto, in altre parole, non sono facilmente distinguibili (a differenza di quanto avviene con le opere letterarie).
Tornando alla domanda se il software sia brevettabile, deve sottolinearsi come una fondamentale differenza tra il diritto d'autore e il brevetto risieda nel fatto che il primo protegge un'opera dell'ingegno nella sua forma espressiva talchè chi acquisisce il diritto ha la possibilità di utilizzare l'opera così com'è; il brevetto, invece, concerne un'invenzione che, per essere sfruttata, deve essere applicata in un processo produttivo o di altra natura.
La tesi della non brevettabilità del software sostiene che la maggior parte dei software non contengono alcun passo inventivo; inoltre garantire un monopolio di vent’anni può avere senso nel campo delle invenzioni meccaniche, ma tale arco di tempo non ha la minima correlazione con il ciclo di vita di un prodotto software che si misura, per lo più in due o tre anni al massimo.
Tuttavia gli Uffici brevetti di diversi Paesi dell'Unione, negli ultimi anni, hanno concesso brevetti per programmi informatici, sollevando forti reazioni soprattutto negli ambienti accademici. E qualcuno ha giustamente osservato che la maggior parte dei brevetti rilasciati “coprono” realizzazioni che sono obsolete al momento stesso della richiesta, tanto più lo sono nel momento in cui vengono rilasciate.