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Con la sentenza n. 7830/05 che si commenta, la Suprema Corte di Cassazione affronta, nell’ambito del sistema previdenziale della Cassa Commercialisti, la delicata problematica dei limiti temporali per l’esercizio della verifica della continuità dell’esercizio professionale costituente uno dei requisiti per poter conseguire i trattamenti pensionistici da parte dell’ente di previdenza.
La problematica ha, in particolare, interessato il sistema previdenziale della Cassa Forense e di Inarcassa ed è stata posta all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro e a Sezioni Unite, sotto il profilo della sussistenza di un termine decadenziale quinquennale per l’effettuazione del controllo.
Con la sentenza n. 13289/2005 delle Sezioni Unite, resa nei confronti della Cassa Forense e con quella n. 3319/06 della Sezione Lavoro resa nei confronti di Inarcassa, la Suprema Corte ha espresso il principio per il quale sussiste un termine di decadenza quinquennale per la verifica della continuità dell’esercizio della professione, anche in relazione alla necessità di tutelare la buona fede dell’iscritto che abbia regolarmente inoltrato le proprie comunicazioni reddituali alla Cassa di Previdenza consentendo, quindi, una tempestiva verifica dei livelli delle produzioni reddituali e dei volumi d’affari.
Tali principi sono stati espressi con riferimento alle norme di cui all’art. 21 coma sesto della L. n. 6 del 3 gennaio 1981 (Inarcassa) e di cui all’art. 3 della L. n. 319/1975 (Cassa Forense) a mente delle quali la Giunta esecutiva della Cassa può provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell’esercizio professionale nel quinquennio, rendendo inefficaci agli effetti dell’anzianità d’iscrizione i periodi per i quali, entro il medesimo termine, detta continuità non risulti dimostrata.
Tale norma, all’evidenza, pone un termine di decadenza per la verifica della continuità dell’esercizio professionale, talchè, decorso il quinquennio, l’iscritto deve poter fare affidamento sulla validità, agli effetti previdenziali e pensionistici, dei trascorsi periodi di iscrizione e contribuzione.
Sulla scorta del diverso tenore testuale della norma che, nel sistema previdenziale della Cassa Commercialisti, disciplina le modalità per la verifica della continuità dell’esercizio professionale i principi di cui alle richiamate sentenze non sembrano automaticamente trasponibili nell’ambito dell’ordinamento previdenziale della Cassa Commercialisti.
L’art. 22, comma 3, della l. n. 21/86 prevede, infatti, che l’accertamento della sussistenza del requisito dell’esercizio della professione avviene sulla base dei criteri stabiliti dal comitato dei delegati ed è effettuato dalla Cassa periodicamente e comunque prima dell’erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali.
La norma testè riportata, diversamente da quelle relative ad Inarcassa e Cassa Forense, non prevede alcun termine decadenziale quinquennale all’esercizio del potere di verifica ma espressamente dispone che la verifica avvenga prima dell’erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali.
E proprio con riferimento all’inciso: “prima dell’erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali”, la Suprema Corte, con la pronuncia n. 7830/2005, sembrerebbe aver qualificato il momento del pensionamento come un termine finale (di natura sostanzialmente decadenziale), per l’esercizio del potere di verifica della continuità dell’esercizio professionale.
Nella fattispecie sottoposta alla cognizione della Suprema Corte, in effetti, la Cassa Commercialisti aveva effettuato la verifica prima del pensionamento del ricorrente ma, nella parte motiva della sentenza, sembra concludere nel senso che, laddove, il controllo fosse stato effettuato successivamente al pensionamento, l’eventuale revoca della pensione sarebbe stata illegittima così come il sottostante provvedimento di cancellazione.
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