Aumento base pensionabile e pro rata

 
Con il nuovo Regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con D.I. del 14 luglio 2004 la C.N.P.A.D.C. ha optato per il sistema contributivo ai sensi dell’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 che testualmente dispone: “gli enti possono optare per l’adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge”.

La pensione viene, dunque, liquidata, ai sensi del nuovo Regolamento di disciplina del regime previdenziale, in due quote delle quali la prima, relativa alle anzianità contributive maturate sino al 31.12.2003, calcolata con il previgente sistema di calcolo reddituale e la seconda, relativa alle anzianità contributive maturate successivamente, calcolata con il nuovo sistema contributivo.
Più in particolare, ai sensi dell’art. 10 punto 8 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale, la pensione viene calcolata: “ sommando la quota calcolata secondo il metodo contributivo per il periodo dal 1° gennaio 2004 ad una quota che si continua a calcolare con il metodo reddituale, come regolato dalla normativa vigente al momento dell’entrata in vigore del presente Regolamento (dall’art. 3.5 all’art. 3.7bis del Regolamento di disciplina delle funzioni di previdenza così come modificato dall’AdD del 28/11/01 ed approvato dai Ministeri vigilanti in data 06/03/2002) e con riferimento ai redditi professionali, per un numero di anni così come individuati nell’allegata Tabella “B” prodotti fino all’anno 2002, convenzionali per il periodo precedente il 1987 ai sensi dell’art. 27 della L. n. 21/86…

La tabella “B” richiamata dal citato art. 10, prevede, poi, che le pensioni con decorrenza dal 1.1.2004 siano calcolate, quanto alla quota reddituale, prendendo in considerazione, come base reddituale, i 15 redditi dichiarati nel periodo antecedente al 01/01/2004; che le pensioni con decorrenza dal 1.1.2005 siano calcolate, quanto alla quota reddituale, prendendo in considerazione, come base reddituale, i 18 redditi dichiarati nel periodo antecedente al 01/01/2004; che le pensioni con decorrenza dal 1.1.2006 siano calcolate, quanto alla quota reddituale, prendendo in considerazione, come base reddituale, i 20 redditi dichiarati nel periodo antecedente al 01/01/2004; che le pensioni con decorrenza dal 1.1.2007 siano calcolate, quanto alla quota reddituale, prendendo in considerazione, come base reddituale, i 22 redditi dichiarati nel periodo antecedente il 01/01/2004.
Deve, tuttavia, osservarsi come, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 15 della L. n. 21/86 e dell'art. 3 del previgente Regolamento di disciplina delle funzioni di previdenza, alla data di entrata in vigore del Nuovo Regolamento di disciplina del Regime previdenziale, la pensione si calcolava prendendo in considerazione, come reddito di riferimento, la media dei 15 redditi dichiarati dall’iscritto negli anni anteriori alla maturazione del diritto a pensione, rivalutati ai sensi dell’art. 15 della L. n. 21/86 ed applicando al suddetto reddito medio rivalutato l’aliquota del 2% per tutte le anzianità contributive maturate sino al 31.12.2001 e l’aliquota del 1,75% per le anzianità contributive successive.
Il presente contributo intende approfondire in chiave critica le disposizioni del Nuovo Regolamento di disciplina del Regime previdenziale relative al calcolo della quota pensionistica riferibile alle anzianità maturate sino al 31.12.2003, in particolare, sotto il profilo della possibile violazione del principio del pro rata che, pure, ha rappresentato un espresso principio ispiratore della riforma.
La presente indagine implica, in via preliminare, l’esame dell’ambito della potestà normativa riconosciuta agli enti previdenziali privatizzati dal D.Lgs. n. 509/94 e dall’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95.
L’art. 1 del D.Lgs. n. 509/94 che ha disposto la privatizzazione delle Casse di previdenza dei liberi professionisti ha stabilito che gli enti privatizzati: “continuano a svolgere le attività previdenziali e assistenziali in atto riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione” e il successivo art. 2 che: “le associazioni o le fondazioni hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei princìpi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto”.
Sotto il profilo dell’autonomia normativa, l’art. 3 del D.Lgs. n. 509/94 ha previsto che gli enti possano adottare lo Statuto ed i regolamenti nonchè delibere in materia di contributi e prestazioni solo laddove la relativa potestà sia prevista dai singoli ordinamenti vigenti.
Con l’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95 (nel testo vigente all’epoca dell’entrata in vigore del Regolamento di disciplina del Regime previdenziale) è stato previsto, ampliando il ventaglio dei poteri riconosciuti dal decreto istitutivo, che gli enti possano adottare: “provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del princìpio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti” e che gli stessi possano: “optare per l'adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge”.
La Suprema Corte di Cassazione, con orientamento unanime, ha, a più riprese, affrontato il tema dell'ambito dei poteri normativi degli enti previdenziali privatizzati confinandolo nell'alveo dei provvedimenti elencati nell’art. 3 comma 12 della L. n. 335/95, costituenti un "numerus clausus" che impongono, tutti, il rispetto del principio del pro rata con riferimento alle anzianità contributive maturate sino alla data dell’ entrata in vigore dei provvedimenti medesimi (si vedano Cass. Civ. Sez. Lav. n. 22240/2004; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 7010/2005; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 17783/2005 e Cass. Civ. Sez. Lav. n. 11792/2005).
Cass. Civ. Sez. Lav. n. 22240 del 25 novembre 2004 ha esplicitamente qualificato come un “numerus clausus” il novero dei provvedimenti adottabili dagli enti previdenziali privatizzati con il severo limite del pro rata (dichiarando illegittimo e disapplicando un provvedimento normativo con il quale la Cassa Ragionieri aveva imposto un tetto ad ogni trattamento pensionistico) mentre Cass. Civ. Sez. Lav n. 7010/2005 e Cass. Civ. Sez. Lav. n. 17783/05 (nel dichiarare l’illegittimità e conseguentemente disapplicare un provvedimento normativo della Cassa Geometri che aveva inciso sui criteri d’accesso alla pensione d’anzianità) ha chiaramente ripercorso le norme attributive dei poteri normativi degli enti previdenziali privatizzati enucleandone in modo puntuale l’ambito ed i relativi confini.
Del tema del pro rata si è occupata in particolare Cass. Civ. Sez. Lav. n. 22240/04, evidenziando come l’opzione, riservata agli enti previdenziali privatizzati (ed esercitata dalla C.N.P.A.D.C. con il nuovo Regolamento di disciplina del regime previdenziale) per il sistema contributivo “definito ai sensi della presente legge” implichi, di per sé, l’obbligo di rispetto del principio del pro rata (così testualmente recita Cass. n. 22240/04: “Né può essere trascurato che l’adozione del sistema contributivo – siccome “definito ai sensi della presente legge” e, quindi, con il rispetto del principio del pro rata ( ai sensi dell’art. 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335 cit.) – risulta contestualmente prevista (dall’ultimo periodo dello stesso articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335 cit.), sia pure come intervento strutturale, riservato all’autonomia degli enti previdenziali privatizzati” ).
Cass. 22240/2004 ha, infatti, puntualmente osservato come: “il principio del pro rata risulta, poi, esplicitamente enunciato (dall’art. 1 comma 12 della stessa legge 8 agosto 1995 n. 335, cit.) – con riferimento specifico al passaggio, dal sistema retributivo al sistema contributivo di calcolo della pensione, per i lavoratori soggetti ad entrambi i sistemi…nel senso che la pensione è determinata dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) dalla quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo” .
Insomma, il rispetto del principio del pro rata è imposto agli enti previdenziali privatizzati direttamente ed espressamente con riferimento a tutti i provvedimenti di variazione dei coefficienti di rendimento e dei criteri di determinazione delle pensioni ed indirettamente, nel caso dell’opzione per il sistema contributivo “definito ai sensi della presente legge”, considerando che l’art. 1 comma 12 della L. n. 335/95, nel disciplinare le modalità di calcolo delle pensioni “miste” (soggette, cioè, sia al sistema contributivo che al sistema retributivo), ha imposto che tutte le anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 siano calcolate: “con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data”.
Il rispetto integrale del pro rata ha rappresentato, quindi, un principio cardine ed irrinunciabile imposto dal legislatore del 1995 in una prospettiva di tutela dell’affidamento del cittadino, tanto più necessaria in sistemi, come quelli libero professionali, ove le deliberazioni in materia previdenziale vengono concretamente adottate da uno scarno gruppo di professionisti, a maggioranza (sia pure qualificata) e senza la vigilanza di organizzazioni, come quelle sindacali, che nel sistema pubblico rappresentano un necessario presidio dei diritti pensionistici dei lavoratori.
Ed il rispetto del principio del pro rata ha un unico semplice ed inequivocabile significato e, cioè, che ogni modificazione normativa riguardi esclusivamente il futuro e non incida sul passato e che perciò le anzianità contributive maturate sino all’entrata in vigore delle modifiche normative siano calcolate secondo la previgente normativa di legge o regolamentare.
Alla luce del delineato quadro normativo e di giurisprudenza, appare evidente che il Nuovo Regolamento di disciplina del regime previdenziale, approvato con D.I. del 14 luglio 2004, non ha rispettato integralmente il principio del pro rata quanto al calcolo della quota pensionistica relativa alle anzianità contributive anteriori al 01.01.2004 in quanto, contrariamente alle disposizioni vigenti al momento dell'entrata in vigore del Nuovo Regolamento di disciplina del Regime previdenziale, la suddetta quota viene calcolata con riferimento ad una base pensionabile sempre più estesa rispetto a quella prevista al 31.12.2004 e con riferimento ai redditi dichiarati sino al 31.12.2003 anzichè con riferimento ai redditi dichiarati sino alla maturazione del diritto a pensione.
Ai sensi della previgente normativa di legge e regolamentare, che avrebbe dovuto essere integralmente applicata nel rispetto del principio del pro rata, invece, il calcolo della quota pensionistica relativa alle anzianità contributive maturate sino al 01.01.2004 avrebbe dovuto avvenire, ai sensi degli artt. 2 e 15 della L. n. 21/86 e dell’art. 3 del Regolamento di disciplina delle funzioni di previdenza, prendendo in considerazione, come reddito di riferimento, la media dei 15 redditi dichiarati dall’iscritto negli anni anteriori alla maturazione del diritto a pensione, rivalutati ex art. 15 della L. n. 21/86 ed applicando al suddetto reddito medio rivalutato l’aliquota del 2% per tutte le anzianità contributive maturate sino al 31.12.2001 e l’aliquota del 1,75% per le anzianità contributive successive.

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