Reiscrizione e ripristino del periodo contributivo
La reiscrizione alla Cassa Commercialisti e l'esercizio della facoltà di ripristino del periodo contributivo annullato a seguito della restituzione dei contributi: termini per l'esercizio del diritto
La L. 29 gennaio 1986, n. 21, art. 21, comma 3 di riforma della previdenza per la categoria dei dottori commercialisti, dispone "In caso di nuova iscrizione, l'iscritto che abbia richiesto il rimborso dei contributi ai sensi del comma 1 può ripristinare il pregresso periodo di anzianità, restituendo alla Cassa la somma dei contributi di cui ha ottenuto il rimborso, rivalutata a norma dell'art. 15, u.c. per il periodo dall'anno di rimborso all'anno di reiscrizione e maggiorata degli interessi al tasso del 10 per cento a decorrere dalla data dell'ottenuto rimborso".
La facoltà di ripristino del precedente periodo di iscrizione e contribuzione va letta in combinazione con la facoltà di ottenere, all'atto della eventuale cancellazione dalla Cassa Commercialisti, la restituzione della contribuzione versata.
Secondo la tesi della Cassa, non condivisa dalla S.C., tuttavia, la facoltà di ripristinare il periodo di contribuzione con riferimento al quale sia stata chiesta, all'atto della cancellazione, la restituzione dei contributi versata va necessariamente esercitata all'atto della reiscrizione, non potendo essere esercitata successivamente.
Di diverso avviso, invece, la S.C. la quale ha ritenuto che non potesse inferirsi alcun termine di decadenza dalla norma richiamata la quale stabilisce esclusivamente la possibilità di ottenere il ripristino del periodo contributivo in caso di nuova iscrizione, senza, però, stabilire la necessaria contestualità tra reiscrizione e ripristino. Ne consegue che, in caso di nuova iscrizione all'ente di previdenza, la facoltà di ripristino può essere eserciatata entro il termine di prescrizione del diritto. Resta, però, il problema di individuare il termine di prescrizione applicabile in quanto, ove detto termine dovesse riferirsi ai contributi oggetto di ripristino, esso sarebbe quinquennale mentre, ove, dovesse riferirsi al distinto diritto di conseguire il ripristino (sia pure attraverso il versamento di somme originariamente versate a titolo di contributi) dovrebbe, in mancanza di specifiche disposizioni al riguardo, applicarsi l'ordinario termine decennale.
Cassazione civile, sez. lav., 23/03/2017, n. 7517
In materia di contribuzione previdenziale per i dottori commercialisti, l’art. 21, comma 3, della l. n. 29 del 1986 non prevede alcun termine per l'esercizio della facoltà di ripristino dei periodi di anzianità già rimborsati, né la contestualità tra la domanda di reiscrizione e la domanda di ripristino, consentendo, anzi, il rimborso rivalutato nell’anno della reiscrizione; né dal richiamato disposto normativo può ricavarsi una sanzione di decadenza in via interpretativa, in quanto la contestualità è stata introdotta espressamente soltanto dalla disciplina successiva (dal regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa del 2004).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza n. 126/2010, la Corte d'Appello di Firenze rigettava il gravame proposto da V.R. avverso la pronuncia del Tribunale di Firenze che aveva respinto la sua domanda diretta a conseguire il diritto al "ripristino", presso la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti, del pregresso periodo di anzianità contributiva 1.1.1973 - 31.12.1986, per il quale lo stesso V. aveva ottenuto il rimborso nel 1987.
A fondamento della decisione la Corte osservava che la regola stabilita dalla legge (L. n. 21 del 1986, art. 21, comma 3) andava intesa nel senso che il ripristino andasse richiesto al momento stesso della nuova iscrizione; e che, pur essendo inappropriato il riferimento fatto dal primo giudice all'istituto della decadenza, la necessaria contestualità della reiscrizione con il ripristino dei periodi già rimborsati si evinceva dall'interpretazione logica e complessiva della norma, anche per la necessità di evitare alla Cassa un eccessivo dispendio di risorse. Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione V.R., affidandosi a due motivi di censura. La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1: nella specie, della L. 29 gennaio 1986, n. 21, art. 21, comma 3 il quale non prevede, contrariamente a quanto affermato dalla Corte, che la domanda di ripristino debba essere contestuale alla domanda di reiscrizione alla Cassa.
2. Con il secondo motivo il ricorso lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la tesi secondo cui la contestualità si evinceva pure dalla necessità di evitare oneri eccessivi per la Cassa è in contraddizione con l'art. 1224 c.c. che garantisce la riparazione del danno con l'adeguamento dei valori dal di del dovuto al saldo, anche per il periodo successivo alla reiscrizione; oltre che con la stessa domanda riconvenzionale azionata in subordine dalla Cassa allo scopo di ottenere, in caso di accoglimento della domanda principale, la maggiorazione per rivalutazione ed interessi sulla somma da restituire per il periodo dall'anno di rimborso all'anno di effettivo versamento della somma stessa.
3. I motivi di ricorso, da esaminare unitariamente per ragioni di connessione, sono fondati.
4. la L. 29 gennaio 1986, n. 21, art. 21, comma 3 di riforma della previdenza per la categoria dei dottori commercialisti, dispone "In caso di nuova iscrizione, l'iscritto che abbia richiesto il rimborso dei contributi ai sensi del comma 1 può ripristinare il pregresso periodo di anzianità, restituendo alla Cassa la somma dei contributi di cui ha ottenuto il rimborso, rivalutata a norma dell'art. 15, u.c. per il periodo dall'anno di rimborso all'anno di reiscrizione e maggiorata degli interessi al tasso del 10 per cento a decorrere dalla data dell'ottenuto rimborso".
5. La norma, come risulta in base al suo tenore letterale, non prevede espressamente alcun termine entro cui esercitare la prevista facoltà del ripristino dei periodi di anzianità già rimborsati.
6. Nè prevede, in particolare, la contestualità tra domanda di reiscrizione e domanda di ripristino.
7. La pretesa regola della contestualità tra ripristino e reiscrizione neppure si può ricavare indirettamente, con la necessaria certezza, dalla disposizione che stabilisce la rivalutazione della somma, relativa ai contributi rimborsati, per il periodo dall'anno del rimborso fino all'anno di reiscrizione. Giacchè, per un verso, tale disposizione si occupa di un aspetto diverso che attiene al quantum della somma oggetto della restituzione; e, per altro verso, consentendo il rimborso rivalutato nell'anno della reiscrizione, contraddice espressamente la tesi della contestualità dell'esercizio della stessa facoltà nel momento unico della medesima reiscrizione, erroneamente sostenuta dai giudici del merito.
8. Ora, deve pure considerarsi che la funzione del termine di decadenza è di contrassegnare con chiarezza lo spazio temporale entro cui può esercitarsi un diritto; mentre nel caso in esame la contestualità affermata dai giudici di merito (tra ripristino e reiscrizione) introduce una vera e propria decadenza all'esercizio di un diritto, senza che la norma consenta di individuare alcun riferimento temporale certo per il soggetto titolare del medesimo diritto.
9. Il che contraddice i principi più volte sanciti in materia dalla giurisprudenza di legittimità (sentenza n. 16512 del 28/09/2012) sostenendo che per affermare che una norma di legge abbia introdotto un termine di decadenza all'esercizio di un diritto, è necessario non già che tale previsione sia esplicita (potendo essa desumersi anche in via interpretativa) ma che sia inequivoca.
10. Nel caso in esame deve escludersi che una sanzione decadenziale sia ricavabile dal tessuto normativo evocato, non solo perchè l'esercizio della facoltà "contestualmente" alla domanda di reiscrizione non è previsto dalla norma, tanto meno a pena di decadenza; ma anche perchè la stessa norma non consente di ricavare alcuna altra termine decadenziale in via interpretativa; ancor meno prendendo a riferimento il fatto che il calcolo della rivalutazione debba valere fino all'anno di reiscrizione, trattandosi di un riferimento temporale che si riferisce al quantum della restituzione e che contraddice la tesi secondo cui il ripristino debba essere effettuato nel momento stesso della reiscrizione.
10. D'altra parte la contestualità di cui si discute, tra reiscrizione e ripristino, è stata bensì prevista espressamente, ma dalla regolamentazione successiva a quella applicabile alla fattispecie (Regolamento della Cassa del 2004); a conferma dell'esistenza di una lacuna nella normativa precedente in discussione, non colmabile dall'interprete in mancanza di chiari agganci testuali.
12. Infine, va pure chiarito che il paventato pregiudizio economico per la Cassa, discendente dalla possibilità di ripristino dei periodi di anzianità contributiva già rimborsati nel più ampio termine di prescrizione in mancanza di quello decadenziale, doveva essere fronteggiato, non già individuando un termine di decadenza non previsto dalla legge, ma attraverso il giudizio sulla domanda riconvenzionale con la quale la stessa Cassa aveva chiesto l'estensione del meccanismo di rivalutazione fino al momento dell'effettivo pagamento della somma dovuta.
13. In base a quanto fin qui espresso risulta evidente che la sentenza impugnata non si sia attenuta ai principi sopra indicati, sicchè deve essere cassata con rinvio della causa al giudice indicato nel dispositivo; il quale provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017