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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIARELLI Guglielmo - Presidente -
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - rel. Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere -
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CATANZARO 9, presso lo studio dell'avvocato PAPADIA ALBERTO MARIA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
ricorrente
contro
CNPAF - CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE G. ROSSINI 18, presso lo studio dell'avvocato VACCARI GIOIA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
controricorrente –
avverso la sentenza n. 3567/03 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 15/09/03 - R.G.N. 2720/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/07 dal Consigliere Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI;
udito l'Avvocato VACCARI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'avv. P.D., iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, ha presentato domanda di pensione di anzianità il 30 gennaio 1998, con il compimento del 60 anno di età ed un'anzianità contributiva di 39 anni. La Cassa gli ha attribuito la pensione dal 1 febbraio 1999, e l'avv. P. ha chiesto in giudizio il riconoscimento del diritto al trattamento pensionistico con decorrenza dal 1 luglio o dal 1 novembre 1998.
Il giudice adito ha rigettato la domanda con decisione che il Tribunale di Roma ha confermato in appello con la sentenza oggi denunciata, affermando l'applicabilità, per le forme di previdenza dei liberi professionisti gestiti da enti privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994, della previsione della L. n. 449 del 1997, art. 59, relativa al differimento di quattro mesi dell'accesso alla pensione nel periodo dal 1 gennaio 1998 al 31 dicembre 2000.
L'avv. P. propone ricorso per cassazione con sette motivi.
La CNAPF resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo mezzo, denunciandosi violazione degli artt. 112, 132 e 156 cod. proc. civ., si deduce che la Corte territoriale ha omesso l'esame del motivo di appello con il quale era stata dedotta la nullità della sentenza di primo grado, priva di motivazione in quanto il Tribunale, ignorando le deduzioni della parte, non aveva indicato le ragioni in base alle quali aveva affermato l'applicabilità al caso di specie della disciplina per i lavoratori autonomi.
1.2. Il motivo è inammissibile, in considerazione dell'effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d'appello e del principio secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione. Posto che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve decidere nel merito, non può essere denunciato in cassazione il vizio della sentenza di primo grado - per la quale si deduce la mancanza di motivazione - non rilevato dal giudice d'appello (cfr. Cass. 28 dicembre 1996 n. 11537, 16 febbraio 1998 n. 1612).
2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 disp. gen. in relazione alla L. n. 449 del 1997 art. 59 commi 6 e 8. L'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, della operatività per gli iscritti alla Cassa Forense delle disposizioni di cui alla seconda parte del citato comma 8, in virtù del rinvio contenuto nel comma 20 a quanto previsto dal quarto periodo della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, viene contestata sostenendosi che la finalità di questa previsione, correlata alla "ingerenza della spesa pubblica nelle varie categorie del lavoro autonomo" imponeva di considerare le differenze sotto il profilo giuridico, economico e normativo, delle gestioni per gli artigiani, commercianti e coltivatori diretti a carico dell'INPS e le casse degli enti previdenziali privatizzati, che erogano prestazioni senza oneri a carico dello Stato. All'uso di diverse locuzioni per indicare i destinatari della citata disciplina corrisponde una diversità di trattamento.
3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 449 del 1997, art. 59, commi 6, 8 e 20 e delle norme richiamate, nonchè dei "principi fondamentali della riforma pensionistica di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, artt. 1 e segg. e dell'art. 14 disp. gen.".
Si assume che la previsione del quarto periodo della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, richiamato dal comma 20 della L. n. 449 del 1997, art. 59, regola per i lavoratori autonomi iscritti all'assicurazione obbligatoria unicamente i requisiti di età e contribuzione per il conseguimento della pensione di anzianità;
posto che i termini di accesso sono regolati dal successivo comma 29, risulta che il legislatore del 1995 con questa norma ha dettato una disciplina assolutamente uniforme dei termini dell'accesso.
Il legislatore del 1997" derogando al principio generale introdotto con il della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 29, ha inteso introdurre unicamente per le previste categorie di lavoratori diversi e più lunghi termini per l'accesso; ma questa disposizione non è suscettibile di interpretazione estensiva o analogica, e il comma 20 della L. n. 447 del 1997, art. 59 non introduce alcuna regola alle disposizioni della Legge del 1995, richiamando invece espressamente, sia per i requisiti che per i termini dell'accesso, i criteri da questa previsti. La normativa impone dunque di far riferimento, per la disciplina del caso di specie, alla prima ipotesi del comma 8, che prevede le stesse finestre introdotte come principio di carattere generale dalla Legge del 1995, art. 1 comma 29.
4. Con il quarto motivo si denuncia ancora la violazione delle norme richiamate nel precedente mezzo, nonchè dell'art. 15 delle disp. gen.. La parte afferma che la L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 2 (secondo cui "le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
Le successive leggi della Repubblica non possono introdurre eccezioni o deroghe alla presente legge se non mediante espresse modificazioni delle sue disposizioni") impedisce di ritenere abrogata ad opera della L. n. 449 del 1997, comma 8, in difetto di modificazione espressa, la precedente norma di carattere generale contenuta nella stessa L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 29.
Si sostiene che il giudice è tenuto a "disapplicare" la diversa disciplina posteriore, in quanto non accompagnata dalla esplicita abrogazione della disciplina preesistente.
5. Anche il quinto motivo contiene la denuncia di violazione e falsa applicazione della L. n. 449 del 1997, art. 59, commi 6, 8 e 20, proponendo una interpretazione "costituzionalmente orientata" di questa normativa diretta a riconoscere l'applicazione del principio generale già sancito dalla Legge del 1995, art. 1, comma 29 confermato nel primo periodo della Legge del 1997, art. 59, comma 8 per gli iscritti agli enti privatizzati, tenuto conto della particolare natura delle casse da questi gestite.
6. Il sesto motivo contiene la denuncia di nullità della sentenza ex art. 360 cod. proc. civ., n. 4, in relazione all'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'affermazione della Corte territoriale secondo cui prima del 30 gennaio 1998, data di presentazione della domanda, il ricorrente non poteva vantare alcun diritto di natura pensionistica nei confronti della Cassa. Si afferma che questa enunciazione non riguarda il caso concreto sottoposto all'esame del giudice di merito, posto che il ricorrente non ha formulato alcuna richiesta per il periodo antecedente il 30 gennaio 1998, e che la domanda riguardava solo la decorrenza del trattamento dal 1 luglio 1998 o in subordine dal 1 novembre 1998.
Si deduce pertanto un vizio di extrapetizione della sentenza impugnata, in cui è stato riprodotto lo stesso errore della decisione del primo giudice.
7. Con l'ultimo motivo si denuncia un vizio di motivazione della sentenza della Corte di Appello, che riporta alla lettera le considerazioni svolte dal primo giudice, riferite - come già indicato nel mezzo precedente - ad un problema diverso da quello posto dal ricorrente.
8.1. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto attinenti alla stessa questione della normativa in tema di accesso alla pensione di anzianità, non meritano accoglimento.
8.2. Nell'ordine logico, va rilevata anzitutto l'inammissibilità delle censure svolte con il sesto e settimo motivo. In proposito è sufficiente osservare che il giudice dell'appello ha esattamente identificato l'oggetto della domanda svolta dall'avv. P., su cui si è pronunciato, sicchè in ordine a tale statuizione non è possibile rilevare un vizio di extrapetizione (essendo irrilevanti le eventuali argomentazioni estranee al thema decidendum) nè un vizio di motivazione, (denunciabile come motivo di ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ., n. 5) che può concernere esclusivamente l'accertamento e la valutazione dei fatti, non anche l'interpretazione di norme giuridiche (v. per tutte Cass. 22 dicembre 2003 n. 19618).
8.3. La questione sottoposta all'esame di questa Corte riguarda la disciplina dettata in materia di accesso alla pensione di anzianità dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, con specifico riguardo al regime transitorio, relativo ai trattamenti decorrenti dal 1 gennaio 1998, delle "uscite programmate" (cd. finestre).
Si deve in primo luogo considerare che la disciplina posta sia dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1 (comma 25 e segg.), sia dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, detta ai fini dell'effettivo accesso al pensionamento regole differenziate per i lavoratori dipendenti e per i lavoratori autonomi. Secondo la regola uniforme dettata dalla Legge del 1995, art. 1, comma 29, alla prestazione si accedeva nel mese di luglio o ottobre dello stesso anno, ovvero dal gennaio o aprile dell'anno successivo, a seconda che i requisiti fossero maturati nel primo, nel secondo, nel terzo o nel quarto trimestre del 1998.
Tale disciplina è stata modificata dalla L. n. 449 del 1997, che per la categoria dei lavoratori autonomi - dopo aver stabilito, all'art. 59, comma 6, i requisiti di 35 anni di anzianità contributiva e 58 anni di età- dispone quanto segue: "per il periodo dal 1 gennaio 1998 al 31 dicembre 2000 resta fermo il requisito anagrafico di 57 anni ed i termini di accesso di cui al comma 8 sono differiti di quattro mesi".
Detti termini, che riguardano il regime delle "finestre", sono diversamente regolati dal suddetto comma 8 per i "lavoratori, per i quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti" e per i "lavoratori che conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti". Per questi ultimi, scompare (nella disciplina a regime) la finestra di accesso fissata nel mese di luglio e le nuove date di accesso sono dall'ottobre dello stesso anno, ovvero dal gennaio, aprile o luglio dell'anno successivo a seconda della data di maturazione dei requisiti nel primo, secondo, terzo o quarto trimestre dell'anno; secondo la regola transitoria - che riguarda gli anni dal 1998 al 2000 - il requisito dell'età anagrafica si conferma ai 57 prescritti dalla Legge del 1995, mentre i termini di accesso alla prestazione, ossia le finestre, subiscono uno slittamento di quattro mesi.
Rileva poi nel caso in esame la disposizione del comma 20 dello stesso art. 59, secondo cui "agli enti privatizzati di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni ed integrazioni, trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi da 6 ad 8 del presente articolo, concernenti i requisiti di accesso al pensionamento di anzianità, da applicarsi in conformità a quanto previsto dal quarto periodo dell'articolo 3, comma 12, della citata L. n. 335 del 1995, a seconda che l'ente gestisca o meno forme di previdenza sostitutive".
La richiamata norma della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 (nel testo originario, vigente prima della modifica introdotta dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763) prevede, al quarto e penultimo periodo, che "ai fini dell'accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità, trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 1, commi 25 e 26, per gli enti che gestiscono forme di previdenza sostitutiva, e al medesimo art. 1, comma 28 per gli altri enti" In virtù di quest'ultimo rinvio bisogna dunque fare ulteriormente riferimento, data la natura della forma di previdenza gestita dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, al citato L. n. 335 del 1995, comma 28, che così dispone: «per i lavoratori autonomi iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, oltre che nell'ipotesi di cui al comma 25, lettera b), il diritto alla pensione di anzianità si consegue al raggiungimento di un'anzianità contributiva non inferiore a 35 anni ed al compimento del cinquantasettesimo anno di età. Per il biennio 1996-1997 il predetto requisito di età anagrafica è fissato al compimento del cinquantaseiesimo anno di età.".
8.4. La ricostruzione di questo assetto normativo, attraverso un complesso sistema di successivi rinvii, porta a concludere - per l'univoco significato del riferimento alla categoria dei "lavoratori autonomi" destinatari della previsione della citata della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 28 - che il richiamo a questa disposizione comporta l'estensione agli iscritti alla Cassa Forense della disciplina dettata per la medesima categoria (e cioè i lavoratori autonomi iscritti all'assicurazione generale obbligatoria) dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, anche se designata in termini diversi nei commi 6 e 8 (rispettivamente "lavoratori autonomi" e "lavoratori che conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti").
8.5. Le considerazioni svolte dalla parte non forniscono alcun argomento idoneo a confutare questa interpretazione. Va anzitutto disatteso l'assunto secondo cui la disposizione della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 2 (riportata sub 4.) impedirebbe di riconoscere gli effetti modificativi introdotti, quanto al regime delle finestre di accesso, dalla successiva Legge del 1997. Posto che il precetto enunciato con questa disposizione non può comunque vincolare la discrezionalità del legislatore per successivi interventi normativi, la volontà di modificare l'assetto normativo di tale regime, con specifico riferimento ai trattamenti pensionistici di anzianità decorrenti dal 1 gennaio 1998, risulta chiaramente espressa nella Legge del 1997 con le disposizioni esaminate, che si inseriscono nel quadro già delineato dalla precedente riforma del 1995 - senza modificarne l'impianto complessivo - dettando in particolare regole specifiche destinate a trovare applicazione transitoria in un arco di tempo determinato.
La particolare natura degli enti previdenziali privatizzati risulta poi espressamente considerata, come si è visto, dalla Legge del 1997, art. 59, comma 20, sicchè la distinzione della natura delle forme di previdenza da essi gestite rispetto a quelle dell'assicurazione obbligatoria non può assumere alcun rilievo ai fini della ricostruzione del sistema, che nelle linee qui indicate non utilizza alcun criterio di interpretazione estensiva o analogica.
A sostegno del proposto riconoscimento della regola prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 29, come "principio generale" (tale da renderne necessaria l'applicazione anche nel quadro della L. n. 449 del 1997) non viene invocato alcun precetto costituzionale, tale da vincolare la discrezionalità del legislatore nella regolamentazione di situazioni giuridiche differenziate.
9. Risulta dunque conforme al diritto la sentenza impugnata, che ha affermato l'applicabilità nel caso di specie - secondo la previsione della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 8 - dell'accesso al trattamento pensionistico dal 1 ottobre 1998, con l'ulteriore slittamento fino al l febbraio 1999 secondo la disposizione di cui al comma 6 dello stesso articolo.
Il ricorso deve essere respinto. Non ricorrono i presupposti di legge per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2007
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