Nell’ambito della previdenza forense, la Suprema Corte, con le pronunce rese negli ultimi anni, ha avuto modo di occuparsi di numerose tematiche connesse al tema della prescrizione. Sgomberato definitivamente il campo in ordine alla durata del termine prescrizionale passato da decennale a quinquennale per la diretta applicabilità dei commi 9 e 10 della L. n. 335 del 1995 la Suprema Corte si è occupata della questione dell’inizio della decorrenza della prescrizione con riferimento alle sanzioni per omesso invio della comunicazione reddituale (sentenze nn 14779/08 e 20343/06) e in relazione ai crediti contributivi (sentenze nn. 24414/08 e 18698/07). Inoltre ha affrontato la questione se l’infedeltà della comunicazione reddituale sia idonea a sospendere il corso della prescrizione in applicazione della normativa civilistica (sentenza n 2007 n. 9113 )
La Suprema Corte ha avuto modo, poi, con due pronunce, di occuparsi della tematica relativa alla base reddituale per il calcolo dell’indennità di maternità nel regime antecedente alla Legge n. 289 del 2003 che, al riguardo, ha introdotto un massimale d’importo erogabile a tale titolo (sentenze nn 3515/ 08 e 26568/07)
Si segnalano, poi, la sentenza 27 giugno 2006 n. 14801 in materia di incompatibilità che stabilisce il principio della non retroattvità della norma di cui all’art. 2 della L. n. 319 del 1975 che stabilisce l’invalidità a fini previdenziali dei periodi di attività professionale svolta in situazione d’incompatibilità e la sentenza n.17072 del 03 agosto 2007 in tema d’applicazione del regime delle finestre di cui all’art. 59 della L. n. 449 del 1997 alla pensione d’anzianità riconosciuta dalla Cassa Forense.
Sui limiti temporali al potere della Cassa Forense di rettificare l’importo della pensione già riconosciuta
Cassazione civile - Sez. lav. - 13 gennaio 2009 n. 501
In materia di previdenza forense, in assenza di specifica norma che consenta alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense - ente con personalità di diritto privato - di rettificare senza limiti di tempo la misura della pensione da essa liquidata (a differenza di quanto è previsto dall'art. 52 l. n. 88 del 1989 in riferimento alle gestioni previdenziali affidate all'Inps), siffatto potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale, secondo quanto è dato desumere dall'art. 20 l. n. 876 del 1980, che prevede la facoltà dell'ente previdenziale di controllare, all'atto della domanda di pensione, la corrispondenza tra le dichiarazioni annuali dei redditi e le comunicazioni annualmente inviate dallo stesso iscritto, limitatamente agli ultimi dieci anni, così da far prevalere l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici rispetto all'esigenza di far valere, senza limiti temporali, l'esatta corrispondenza della posizione contributiva-previdenziale delle regole disciplinanti la sua configurazione.
Il diritto della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense di rettificare la liquidazione della pensione non è imprescrittibile; il "dies a quo" della prescrizione è costituito dalla liquidazione della pensione, che è l'atto su cui incide la rettifica. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata con la quale era stato ritenuto che il diritto alla rettifica si fosse prescritto in dieci anni).
Sulla base reddituale per il calcolo dell’importo dell’indennità di maternità nel regime anteriore alle modifiche legislative del 2003 (legge n. 289 del 2003)
Cassazione civile - Sez. lav. - 13 febbraio 2008 n. 3515
L'indennità di maternità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense deve essere commisurata all'intero ammontare del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla professionista iscritta, e non già soltanto alla parte di reddito professionale soggetta al contributo del dieci per cento.
Sulle norme procedimentali per l’iscrizione a ruolo di crediti per sanzioni amministrative per tardivo o omesso invio delle comunicazioni reddituali
Cassazione civile - Sez. lav. - 26 maggio 2008 n. 13545
La cartella esattoriale non può sostituirsi all’ordinanza-ingiunzione, quando la Cassa di previdenza forense pretende dall’iscritto il pagamento della sanzione prevista per la mancata comunicazione annuale dei redditi professionali.
Le norme procedimentali di cui alla l. n. 689 del 1981 trovano applicazione anche per l'irrogazione della sanzione amministrativa relativa all'omesso invio della comunicazione reddituale alla Cassa forense, salvo che per quegli aspetti espressamente derogati (o espressamente disciplinati in modo diverso) da altre norme speciali di pari grado (con conseguente irrilevanza di disposizioni regolamentari contrastanti con la normativa primaria).
Con riferimento alle violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, l'art. 35 della legge n. 689 del 1981 distingue tre ipotesi: a) quelle in cui la violazione consiste in una evasione contributiva; b) quelle in cui la violazione non consiste in sé in una evasione, ma può determinarla; c) quelle in cui la violazione non consiste in una omissione di contributi e la sanzione prescinde dall'accertamento del fatto che abbia determinato o no un'evasione contributiva. Nei primi due casi (art. 35, commi 2 e 3), l'opposizione all'ordinanza ingiunzione è proposta ai sensi dell'art. 22 della stessa legge n. 689 e il procedimento si svolge secondo il rito del lavoro; nel terzo caso (art. 35, comma 7), l'opposizione è interamente regolata dalla citata legge n. 689 del 1981. Ne consegue che, nell'ipotesi (come nella specie) di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione dell'obbligo di comunicazione dei redditi professionali di cui all'articolo 17 della legge n. 576 del 1980, la quale prescinde dall'esistenza e dall'accertamento di una violazione contributiva, dovendo detta comunicazione essere presentata anche là dove nessun contributo, oltre quello minimo, sia dovuto, deve trovare applicazione l'art. 35, comma 7, della legge n. 689 del 1981 e, dunque, la disciplina, ivi richiamata, della stessa legge n. 689 in tema di accertamento e contestazione della violazione ed applicazione della sanzione amministrativa, nonché quella sul giudizio di opposizione prevista dall'art. 23 e, segnatamente, quanto ai rimedi avverso la sentenza che definisce il relativo giudizio, la regola che stabilisce l'inappellabilità della sentenza e la sua ricorribilità per cassazione.
Natura della sanzione per omesso invio della comunicazione reddituale e decorrenza del termine di prescrizione
Cassazione civile - Sez. lav. - 04 giugno 2008 n. 14779
La sanzione comminata per inottemperanza all'obbligo di comunicazione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense dell'ammontare del reddito professionale (entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi) ha natura di sanzione amministrativa pecuniaria e, come tale, è soggetta alla prescrizione quinquennale che decorre dal giorno in cui è sta commessa la violazione.
Inizio decorrenza dei termini di prescrizione dei contributi presso la Cassa Forense
Cassazione civile - Sez. lav. - 02 ottobre 2008 n. 24414
La l. n. 335/95 ha unificato i termini di prescrizione dei contributi previdenziali afferenti ad enti di previdenza anche diversi dall’Inps, ma non ha inciso sulla previgente disposizione di cui all’art. 19 comma 2 l. n. 576/80, in virtù della quale la prescrizione in tema di previdenza forense inizia a decorrere dalla trasmissione della dichiarazione prevista dagli art. 17 e 23 della stessa legge (e, segnatamente, della cd. denuncia "Mod. 5", contenente l'indicazione del volume d'affari). Non si tratta di sospensione della prescrizione, ma di inizio della decorrenza della stessa dal momento in cui la Cassa è posta in grado di verificare la debenza e l'ammontare dei contributi.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, della legge n. 576 del 1980 (riforma del sistema previdenziale forense) in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui dispone che il termine di prescrizione decennale dei contributi in favore della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza in favore degli avvocati e procuratori decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell' obbligato, della dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della medesima legge, trattandosi di norma dettata con riferimento ad una particolare categoria di professionisti, non paragonabile, né assimilabile ad altre, per le quali non si ravvisa la presenza di un datore di lavoro obbligato a liquidare periodicamente i contributi, a denunciarli all'Inps ed a pagarli, derivando l'adempimento contributivo da un comportamento spontaneo dell'interessato, valendo il principio generale secondo il quale contra non valentem agere non currit praescriptio, non ravvisandosi alcuna disparità di trattamento, né irrazionalità tale da inficiare la scelta legislativa.
Infedeltà della comunicazione reddituale e termini di prescrizione
Cassazione civile - Sez. lav.- 17 aprile 2007 n. 9113
Nel caso di comunicazione annuale non veritiera del reddito professionale e del volume d'affari è applicabile la prescrizione prevista dal comma 2 dell'art. 19 l. 20 settembre 1980 n. 576 decorrente dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell'obbligato, della dichiarazione, differenziandosi l'ipotesi da quella delle comunicazioni mancanti o incomplete.
L'art. 19 l. 20 settembre 1980 n. 576, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell'obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l'ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all'anzidetta cassa previdenziale della menzionata dichiarazione. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha confermato l'impugnata sentenza con la quale era stata accolta l'eccezione di prescrizione dei crediti previdenziali azionati dalla Cassa nazionale forense nei confronti di alcuni avvocati sul presupposto che l'erroneità e l'infedeltà della comunicazione effettuata dai professionisti non avrebbe potuto determinare lo spostamento del termine iniziale di decorrenza della prescrizione di cui all'art. 19 della citata legge n. 576 del 1980, riferito dalla data di trasmissione della comunicazione prevista dall'art. 17 della medesima legge).
L'art. 2941, n. 8, c.c., che prevede la sospensione della prescrizione nel caso di occultamento doloso del credito da parte del debitore, non è applicabile in materia di previdenza forense nel caso di comunicazione annuale non veritiera del reddito professionale e del volume d'affari, in cosiderazione dei poteri di controllo spettanti alla Cassa forense a norma del penultimo comma dell'art. 17 l. 576/1980.
L'operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941, n. 8, c.c. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la conseguenza che tale criterio non impone, in altri termini, di far riferimento ad un'impossibilità assoluta di superare l'ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli. (Nella specie, relativa a controversia in materia di opposizione a cartelle esattoriali per il recupero di crediti riconducibili al pagamento di contributi e sanzioni pretesi dalla Cnpaf nei confronti di alcuni avvocati, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che si era uniformata al principio di diritto enunciato, rilevando come il contenuto delle dichiarazioni inviate dai professionisti non avrebbe potuto impedire alla Cassa previdenziale di controllare la veridicità dei dati trasmessi, acquisendo le necessarie informazioni dai competenti uffici finanziari ai sensi dell'art. 17 della legge n. 576 del 1980).
Nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale conseguente alla formazione del ruolo dei crediti degli enti previdenziali (nella specie della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense) il concessionario - soggetto destinatario del pagamento, ma non contitolare del diritto di credito - non assume la qualità di contraddittore necessario, per cui l'adempimento della notifica anche nei suoi confronti del ricorso in opposizione, richiesta dall'art. 24, comma 5, del d.lg. n. 46 del 1999, assolve alla funzione di una mera "denuntiatio litis", per portare a sua conoscenza la pendenza della controversia, ma non costituisce una vocatio in jus.
La controversia inerente agli obblighi contributivi previdenziali facenti carico ad un libero professionista rientra nella competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione risiede l'attore.
Non esclude il decorso del termine prescrizionale la comunicazione alla cassa forense di una dichiarazione reddituale (c.d. mod. 5) contenente dati non conformi al vero, ipotesi che ricorre quando riporta l'ammontare del reddito. professionale dichiarato ai fini dell'i.r.p.e.f. o l'ammontare del volume dichiarato ai fini dell'i.v.a. in misura diversa da quella dichiarata al fisco.
L'omessa o incompleta (in uno dei suoi dati essenziali) comunicazione alla cassa forense di una dichiarazione reddituale (c.d. mod. 5) esclude il decorso del termine prescrizionale.
La sospensione del termine di prescrizione, prevista dall'art. 2941 c.c., nel caso di occultamento doloso del credito da parte del debitore, non è applicabile in materia di previdenza forense nel caso di comunicazione annuale non veritiera del reddito professionale e del volume d'affari, in considerazione dei poteri di controllo spettanti alla Cassa forense a norma del penultimo comma dell'art. 17 l. n. 576/1980. Pertanto nel caso di comunicazione non veritiera del reddito professionale e del volume d'affari la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa della dichiarazione da parte dell'obbligato.
L'art. 19 l. 20 settembre 1980 n. 576, recante la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime prescrizionale a seconda che la comunicazione da parte dell'obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l'ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda ipotesi, il decorso del termine è riconducibile al momento della data di trasmissione della dichiarazione alla Cassa.
Decorrenza pensione anzianità Cassa Forense, applicabilità finestre ex art. 59 L. n. 449 del 1997
Cassazione civile - Sez. lav. - 03 agosto 2007 n. 17072
Ai fini della decorrenza del diritto alla pensione di anzianità di avvocato iscritto alla Cassa nazionale forense, trova applicazione la previsione dell'art. 59 l. n. 449 del 1997, che differisce di quattro mesi l'accesso alla pensione nel periodo 1° gennaio 1998 - 31 dicembre 2000. Infatti, per la previdenza forense, erogata da ente di previdenza privatizzato, in forza del richiamo effettuato dal comma 20 dello stesso art. 59, trova applicazione il combinato disposto degli art. 3, comma 12, e 1, comma 28, l. n. 335 del 1995 (secondo cui "per i lavoratori autonomi iscritti all'a.g.o. il diritto alla pensione si consegue al raggiungimento di un'anzianità contributiva non inferiore a 35 anni ed al compimento del cinquantasettesimo anno di età). Da questo assetto normativo - per l'univoco significato del riferimento alla categoria dei "lavoratori autonomi" destinatari del detto comma 28 dell'art. 1 l. n. 335 del 1995 - deriva che il richiamo a questa disposizione comporta l'estensione agli iscritti alla Cassa forense della disciplina dettata per i lavoratori autonomi iscritti all'a.g.o. dal citato art. 59 l. n. 449 del 1997.
In virtù dell'effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d'appello e del principio secondo cui le nullità della sentenza soggetta ad appello si convertono in motivi di impugnazione, non può essere denunciato in cassazione il vizio della sentenza di primo grado - per la quale si deduce la mancanza di motivazione - non rilevato dal giudice di appello.
Ai fini dell'accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità, la disciplina delle «uscite programmate» (cd. finestre) dettata dall'art. 59 l. n. 449 del 1997 per i lavoratori autonomi, si applica anche alla pensione di anzianità erogata dalla cassa forense.
Inizio decorrenza dei termini di prescrizione dei contributi presso la Cassa Forense
Cassazione civile - Sez. lav. 06 settembre 2007 n. 18698
Poiché la l. 8 agosto 1995 n. 335 ha unificato la durata dei termini di prescrizione dei contributi previdenziali, ma non anche le regole in ordine alla decorrenza dei medesimi, non è incisa dalla predetta legge la previgente disposizione di cui all'art. 19, comma 2, l. 20 settembre 1980, la quale, per la previdenza forense, dispone che la prescrizione inizia a decorrere dalla trasmissione alla Cassa nazionale di assistenza e previdenza forense della dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della stessa l. n. 576 (e, segnatamente, della cd. denuncia "Mod. 5", contenente l'indicazione del volume d'affari). (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto prescritto il debito contributivo, relativo a talune annualità, di un assicurato alla Cassa di previdenza Forense, errando però sull'individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione stessa, assumendolo nella data di insorgenza dell'obbligo di contribuzione e non già, come invece avrebbe dovuto reputare, dalla comunicazione alla Cassa del predetto "Mod. 5", indicante il volume d'affari annuo).
Il giudicato che consegue al decreto ingiuntivo concesso (erroneamente) al fine di ottenere l'esecuzione di una sentenza di appello e divenuto esecutivo per mancata opposizione attiene unicamente alla debenza della somma chiesta in ragione della provvisoria esecutorietà della sentenza di appello, non anche alla definitiva ed incontestabile debenza della somma stessa, sicché avverso la sentenza di appello rimane proponibile il ricorso per cassazione avente ad oggetto la sussistenza definitiva del credito portato dal decreto ingiuntivo. (Nella specie, il controricorrente, al fine di paralizzare la pretesa creditoria, a titolo di contribuzione omessa, dell'ente previdenziale presso il quale era assicurato, aveva sostenuto essersi formato il giudicato esterno/interno sull'insussistenza dell'obbligo contributivo secondo quanto statuito, in difformità dalla sentenza di primo grado, dalla sentenza d'appello, giacché, in forza della provvisoria esecutorietà della seconda decisione, aveva ottenuto decreto ingiuntivo per la restituzione delle somme "medio tempore" corrisposte al predetto titolo e tale decreto era divenuto inopponibile; la S.C., enunciando l'anzidetto principio di diritto, ha respinto l'eccezione di giudicato, precisando che la "causa petendi" azionata in via monitoria andava individuata e circoscritta all'esecuzione della sentenza d'appello e cioè al diritto alla restituzione di quanto pagato in esecuzione della sentenza di primo grado, che non poteva precludere l'impugnazione della sentenza d'appello in punto di effettiva sussistenza del credito contestato).
Nella previdenza forense, in base al disposto dell'art. 19, comma 2, l. n. 576 del 1980, la prescrizione dei contributi inizia a decorrere dalla trasmissione alla cassa forense della dichiarazione reddituale obbligatoria (cd. mod. 5).
La Suprema Corte ha avuto modo, poi, con due pronunce, di occuparsi della tematica relativa alla base reddituale per il calcolo dell’indennità di maternità nel regime antecedente alla Legge n. 289 del 2003 che, al riguardo, ha introdotto un massimale d’importo erogabile a tale titolo (sentenze nn 3515/ 08 e 26568/07)
Si segnalano, poi, la sentenza 27 giugno 2006 n. 14801 in materia di incompatibilità che stabilisce il principio della non retroattvità della norma di cui all’art. 2 della L. n. 319 del 1975 che stabilisce l’invalidità a fini previdenziali dei periodi di attività professionale svolta in situazione d’incompatibilità e la sentenza n.17072 del 03 agosto 2007 in tema d’applicazione del regime delle finestre di cui all’art. 59 della L. n. 449 del 1997 alla pensione d’anzianità riconosciuta dalla Cassa Forense.
Sui limiti temporali al potere della Cassa Forense di rettificare l’importo della pensione già riconosciuta
Cassazione civile - Sez. lav. - 13 gennaio 2009 n. 501
In materia di previdenza forense, in assenza di specifica norma che consenta alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense - ente con personalità di diritto privato - di rettificare senza limiti di tempo la misura della pensione da essa liquidata (a differenza di quanto è previsto dall'art. 52 l. n. 88 del 1989 in riferimento alle gestioni previdenziali affidate all'Inps), siffatto potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale, secondo quanto è dato desumere dall'art. 20 l. n. 876 del 1980, che prevede la facoltà dell'ente previdenziale di controllare, all'atto della domanda di pensione, la corrispondenza tra le dichiarazioni annuali dei redditi e le comunicazioni annualmente inviate dallo stesso iscritto, limitatamente agli ultimi dieci anni, così da far prevalere l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici rispetto all'esigenza di far valere, senza limiti temporali, l'esatta corrispondenza della posizione contributiva-previdenziale delle regole disciplinanti la sua configurazione.
Il diritto della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense di rettificare la liquidazione della pensione non è imprescrittibile; il "dies a quo" della prescrizione è costituito dalla liquidazione della pensione, che è l'atto su cui incide la rettifica. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata con la quale era stato ritenuto che il diritto alla rettifica si fosse prescritto in dieci anni).
Sulla base reddituale per il calcolo dell’importo dell’indennità di maternità nel regime anteriore alle modifiche legislative del 2003 (legge n. 289 del 2003)
Cassazione civile - Sez. lav. - 13 febbraio 2008 n. 3515
L'indennità di maternità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense deve essere commisurata all'intero ammontare del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla professionista iscritta, e non già soltanto alla parte di reddito professionale soggetta al contributo del dieci per cento.
Sulle norme procedimentali per l’iscrizione a ruolo di crediti per sanzioni amministrative per tardivo o omesso invio delle comunicazioni reddituali
Cassazione civile - Sez. lav. - 26 maggio 2008 n. 13545
La cartella esattoriale non può sostituirsi all’ordinanza-ingiunzione, quando la Cassa di previdenza forense pretende dall’iscritto il pagamento della sanzione prevista per la mancata comunicazione annuale dei redditi professionali.
Le norme procedimentali di cui alla l. n. 689 del 1981 trovano applicazione anche per l'irrogazione della sanzione amministrativa relativa all'omesso invio della comunicazione reddituale alla Cassa forense, salvo che per quegli aspetti espressamente derogati (o espressamente disciplinati in modo diverso) da altre norme speciali di pari grado (con conseguente irrilevanza di disposizioni regolamentari contrastanti con la normativa primaria).
Con riferimento alle violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, l'art. 35 della legge n. 689 del 1981 distingue tre ipotesi: a) quelle in cui la violazione consiste in una evasione contributiva; b) quelle in cui la violazione non consiste in sé in una evasione, ma può determinarla; c) quelle in cui la violazione non consiste in una omissione di contributi e la sanzione prescinde dall'accertamento del fatto che abbia determinato o no un'evasione contributiva. Nei primi due casi (art. 35, commi 2 e 3), l'opposizione all'ordinanza ingiunzione è proposta ai sensi dell'art. 22 della stessa legge n. 689 e il procedimento si svolge secondo il rito del lavoro; nel terzo caso (art. 35, comma 7), l'opposizione è interamente regolata dalla citata legge n. 689 del 1981. Ne consegue che, nell'ipotesi (come nella specie) di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione dell'obbligo di comunicazione dei redditi professionali di cui all'articolo 17 della legge n. 576 del 1980, la quale prescinde dall'esistenza e dall'accertamento di una violazione contributiva, dovendo detta comunicazione essere presentata anche là dove nessun contributo, oltre quello minimo, sia dovuto, deve trovare applicazione l'art. 35, comma 7, della legge n. 689 del 1981 e, dunque, la disciplina, ivi richiamata, della stessa legge n. 689 in tema di accertamento e contestazione della violazione ed applicazione della sanzione amministrativa, nonché quella sul giudizio di opposizione prevista dall'art. 23 e, segnatamente, quanto ai rimedi avverso la sentenza che definisce il relativo giudizio, la regola che stabilisce l'inappellabilità della sentenza e la sua ricorribilità per cassazione.
Natura della sanzione per omesso invio della comunicazione reddituale e decorrenza del termine di prescrizione
Cassazione civile - Sez. lav. - 04 giugno 2008 n. 14779
La sanzione comminata per inottemperanza all'obbligo di comunicazione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense dell'ammontare del reddito professionale (entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi) ha natura di sanzione amministrativa pecuniaria e, come tale, è soggetta alla prescrizione quinquennale che decorre dal giorno in cui è sta commessa la violazione.
Inizio decorrenza dei termini di prescrizione dei contributi presso la Cassa Forense
Cassazione civile - Sez. lav. - 02 ottobre 2008 n. 24414
La l. n. 335/95 ha unificato i termini di prescrizione dei contributi previdenziali afferenti ad enti di previdenza anche diversi dall’Inps, ma non ha inciso sulla previgente disposizione di cui all’art. 19 comma 2 l. n. 576/80, in virtù della quale la prescrizione in tema di previdenza forense inizia a decorrere dalla trasmissione della dichiarazione prevista dagli art. 17 e 23 della stessa legge (e, segnatamente, della cd. denuncia "Mod. 5", contenente l'indicazione del volume d'affari). Non si tratta di sospensione della prescrizione, ma di inizio della decorrenza della stessa dal momento in cui la Cassa è posta in grado di verificare la debenza e l'ammontare dei contributi.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, della legge n. 576 del 1980 (riforma del sistema previdenziale forense) in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui dispone che il termine di prescrizione decennale dei contributi in favore della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza in favore degli avvocati e procuratori decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell' obbligato, della dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della medesima legge, trattandosi di norma dettata con riferimento ad una particolare categoria di professionisti, non paragonabile, né assimilabile ad altre, per le quali non si ravvisa la presenza di un datore di lavoro obbligato a liquidare periodicamente i contributi, a denunciarli all'Inps ed a pagarli, derivando l'adempimento contributivo da un comportamento spontaneo dell'interessato, valendo il principio generale secondo il quale contra non valentem agere non currit praescriptio, non ravvisandosi alcuna disparità di trattamento, né irrazionalità tale da inficiare la scelta legislativa.
Infedeltà della comunicazione reddituale e termini di prescrizione
Cassazione civile - Sez. lav.- 17 aprile 2007 n. 9113
Nel caso di comunicazione annuale non veritiera del reddito professionale e del volume d'affari è applicabile la prescrizione prevista dal comma 2 dell'art. 19 l. 20 settembre 1980 n. 576 decorrente dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell'obbligato, della dichiarazione, differenziandosi l'ipotesi da quella delle comunicazioni mancanti o incomplete.
L'art. 19 l. 20 settembre 1980 n. 576, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell'obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l'ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all'anzidetta cassa previdenziale della menzionata dichiarazione. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha confermato l'impugnata sentenza con la quale era stata accolta l'eccezione di prescrizione dei crediti previdenziali azionati dalla Cassa nazionale forense nei confronti di alcuni avvocati sul presupposto che l'erroneità e l'infedeltà della comunicazione effettuata dai professionisti non avrebbe potuto determinare lo spostamento del termine iniziale di decorrenza della prescrizione di cui all'art. 19 della citata legge n. 576 del 1980, riferito dalla data di trasmissione della comunicazione prevista dall'art. 17 della medesima legge).
L'art. 2941, n. 8, c.c., che prevede la sospensione della prescrizione nel caso di occultamento doloso del credito da parte del debitore, non è applicabile in materia di previdenza forense nel caso di comunicazione annuale non veritiera del reddito professionale e del volume d'affari, in cosiderazione dei poteri di controllo spettanti alla Cassa forense a norma del penultimo comma dell'art. 17 l. 576/1980.
L'operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941, n. 8, c.c. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la conseguenza che tale criterio non impone, in altri termini, di far riferimento ad un'impossibilità assoluta di superare l'ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli. (Nella specie, relativa a controversia in materia di opposizione a cartelle esattoriali per il recupero di crediti riconducibili al pagamento di contributi e sanzioni pretesi dalla Cnpaf nei confronti di alcuni avvocati, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che si era uniformata al principio di diritto enunciato, rilevando come il contenuto delle dichiarazioni inviate dai professionisti non avrebbe potuto impedire alla Cassa previdenziale di controllare la veridicità dei dati trasmessi, acquisendo le necessarie informazioni dai competenti uffici finanziari ai sensi dell'art. 17 della legge n. 576 del 1980).
Nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale conseguente alla formazione del ruolo dei crediti degli enti previdenziali (nella specie della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense) il concessionario - soggetto destinatario del pagamento, ma non contitolare del diritto di credito - non assume la qualità di contraddittore necessario, per cui l'adempimento della notifica anche nei suoi confronti del ricorso in opposizione, richiesta dall'art. 24, comma 5, del d.lg. n. 46 del 1999, assolve alla funzione di una mera "denuntiatio litis", per portare a sua conoscenza la pendenza della controversia, ma non costituisce una vocatio in jus.
La controversia inerente agli obblighi contributivi previdenziali facenti carico ad un libero professionista rientra nella competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione risiede l'attore.
Non esclude il decorso del termine prescrizionale la comunicazione alla cassa forense di una dichiarazione reddituale (c.d. mod. 5) contenente dati non conformi al vero, ipotesi che ricorre quando riporta l'ammontare del reddito. professionale dichiarato ai fini dell'i.r.p.e.f. o l'ammontare del volume dichiarato ai fini dell'i.v.a. in misura diversa da quella dichiarata al fisco.
L'omessa o incompleta (in uno dei suoi dati essenziali) comunicazione alla cassa forense di una dichiarazione reddituale (c.d. mod. 5) esclude il decorso del termine prescrizionale.
La sospensione del termine di prescrizione, prevista dall'art. 2941 c.c., nel caso di occultamento doloso del credito da parte del debitore, non è applicabile in materia di previdenza forense nel caso di comunicazione annuale non veritiera del reddito professionale e del volume d'affari, in considerazione dei poteri di controllo spettanti alla Cassa forense a norma del penultimo comma dell'art. 17 l. n. 576/1980. Pertanto nel caso di comunicazione non veritiera del reddito professionale e del volume d'affari la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa della dichiarazione da parte dell'obbligato.
L'art. 19 l. 20 settembre 1980 n. 576, recante la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime prescrizionale a seconda che la comunicazione da parte dell'obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l'ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda ipotesi, il decorso del termine è riconducibile al momento della data di trasmissione della dichiarazione alla Cassa.
Decorrenza pensione anzianità Cassa Forense, applicabilità finestre ex art. 59 L. n. 449 del 1997
Cassazione civile - Sez. lav. - 03 agosto 2007 n. 17072
Ai fini della decorrenza del diritto alla pensione di anzianità di avvocato iscritto alla Cassa nazionale forense, trova applicazione la previsione dell'art. 59 l. n. 449 del 1997, che differisce di quattro mesi l'accesso alla pensione nel periodo 1° gennaio 1998 - 31 dicembre 2000. Infatti, per la previdenza forense, erogata da ente di previdenza privatizzato, in forza del richiamo effettuato dal comma 20 dello stesso art. 59, trova applicazione il combinato disposto degli art. 3, comma 12, e 1, comma 28, l. n. 335 del 1995 (secondo cui "per i lavoratori autonomi iscritti all'a.g.o. il diritto alla pensione si consegue al raggiungimento di un'anzianità contributiva non inferiore a 35 anni ed al compimento del cinquantasettesimo anno di età). Da questo assetto normativo - per l'univoco significato del riferimento alla categoria dei "lavoratori autonomi" destinatari del detto comma 28 dell'art. 1 l. n. 335 del 1995 - deriva che il richiamo a questa disposizione comporta l'estensione agli iscritti alla Cassa forense della disciplina dettata per i lavoratori autonomi iscritti all'a.g.o. dal citato art. 59 l. n. 449 del 1997.
In virtù dell'effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d'appello e del principio secondo cui le nullità della sentenza soggetta ad appello si convertono in motivi di impugnazione, non può essere denunciato in cassazione il vizio della sentenza di primo grado - per la quale si deduce la mancanza di motivazione - non rilevato dal giudice di appello.
Ai fini dell'accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità, la disciplina delle «uscite programmate» (cd. finestre) dettata dall'art. 59 l. n. 449 del 1997 per i lavoratori autonomi, si applica anche alla pensione di anzianità erogata dalla cassa forense.
Inizio decorrenza dei termini di prescrizione dei contributi presso la Cassa Forense
Cassazione civile - Sez. lav. 06 settembre 2007 n. 18698
Poiché la l. 8 agosto 1995 n. 335 ha unificato la durata dei termini di prescrizione dei contributi previdenziali, ma non anche le regole in ordine alla decorrenza dei medesimi, non è incisa dalla predetta legge la previgente disposizione di cui all'art. 19, comma 2, l. 20 settembre 1980, la quale, per la previdenza forense, dispone che la prescrizione inizia a decorrere dalla trasmissione alla Cassa nazionale di assistenza e previdenza forense della dichiarazione di cui agli art. 17 e 23 della stessa l. n. 576 (e, segnatamente, della cd. denuncia "Mod. 5", contenente l'indicazione del volume d'affari). (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto prescritto il debito contributivo, relativo a talune annualità, di un assicurato alla Cassa di previdenza Forense, errando però sull'individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione stessa, assumendolo nella data di insorgenza dell'obbligo di contribuzione e non già, come invece avrebbe dovuto reputare, dalla comunicazione alla Cassa del predetto "Mod. 5", indicante il volume d'affari annuo).
Il giudicato che consegue al decreto ingiuntivo concesso (erroneamente) al fine di ottenere l'esecuzione di una sentenza di appello e divenuto esecutivo per mancata opposizione attiene unicamente alla debenza della somma chiesta in ragione della provvisoria esecutorietà della sentenza di appello, non anche alla definitiva ed incontestabile debenza della somma stessa, sicché avverso la sentenza di appello rimane proponibile il ricorso per cassazione avente ad oggetto la sussistenza definitiva del credito portato dal decreto ingiuntivo. (Nella specie, il controricorrente, al fine di paralizzare la pretesa creditoria, a titolo di contribuzione omessa, dell'ente previdenziale presso il quale era assicurato, aveva sostenuto essersi formato il giudicato esterno/interno sull'insussistenza dell'obbligo contributivo secondo quanto statuito, in difformità dalla sentenza di primo grado, dalla sentenza d'appello, giacché, in forza della provvisoria esecutorietà della seconda decisione, aveva ottenuto decreto ingiuntivo per la restituzione delle somme "medio tempore" corrisposte al predetto titolo e tale decreto era divenuto inopponibile; la S.C., enunciando l'anzidetto principio di diritto, ha respinto l'eccezione di giudicato, precisando che la "causa petendi" azionata in via monitoria andava individuata e circoscritta all'esecuzione della sentenza d'appello e cioè al diritto alla restituzione di quanto pagato in esecuzione della sentenza di primo grado, che non poteva precludere l'impugnazione della sentenza d'appello in punto di effettiva sussistenza del credito contestato).
Nella previdenza forense, in base al disposto dell'art. 19, comma 2, l. n. 576 del 1980, la prescrizione dei contributi inizia a decorrere dalla trasmissione alla cassa forense della dichiarazione reddituale obbligatoria (cd. mod. 5).
Sulla base reddituale per il calcolo dell’importo dell’indennità di maternità nel regime anteriore alle modifiche legislative del 2003 (legge n. 289 del 2003)
Cassazione civile - Sez. lav. - 17 dicembre 2007 n. 26568
In tema di indennità di maternità spettante ad una avvocatessa nel regime di cui all'art. 70 del d.lg. n. 151 del 2001 (precedente alle modificazioni introdotte, con disposizioni innovative e non retroattive, dalla l. n. 289 del 2003), occorre fare riferimento all'intero reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali, non trovando applicazione il massimale previsto dalle successive norme quale tetto di reddito professionale pensionabile, il quale rileva solo ai fini del calcolo della pensione a carico della cassa di previdenza categoriale.
Per il calcolo dell'indennità di maternità ai sensi dell’art. 70 del D.Lgs 151/01 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla legge 289/03) occorre fare riferimento all’intero reddito percepito e denunciato ai fini fiscali, a differenza di quanto avviene per il calcolo della pensione, per il quale le casse di previdenza categoriali fanno riferimento esclusivamente ad un tetto di reddito professionale pensionabile.
Mentre ai fini del calcolo della pensione le casse di previdenza categoriali fanno riferimento ad un tetto di reddito pensionabile, per il calcolo dell'indennità di maternità, ai sensi dell'art. 70 d.lg. n. 151 del 2001, nel testo anteriore alle modificazioni introdotte dalla l. n. 289 del 2003, occorre fare riferimento all'intero reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali, senza alcun massimale.
Sui rapporti tra incompatibilità e pensione nel regime antecedente all’entrata in vigore della L. n. 319 del 1975
Cassazione Civile - Sez. lav. - 27 giugno 2006 n. 14801
Con riguardo al sistema di previdenza ed assistenza in favore degli avvocati e procuratori, il principio della non valutabilità ai fini pensionistici dei periodi di esercizio professionale espletato in situazioni d'incompatibilità, stabilito dall'art. 2 l. 22 luglio 1975 n. 319, trova applicazione solo per il periodo successivo all'entrata in vigore di tale legge, la quale non ha efficacia retroattiva. Peraltro, il beneficio della retrodatazione degli effetti dell'iscrizione, previsto dall'art. 12 della legge n. 141 del 1992, è direttamente connesso, attraverso il rinvio all'art. 29 della legge n. 576 del 1980 (che fa riferimento all'art. 2 della legge n. 319 citata) al possesso dei requisiti stabiliti da quest'ultima norma per l'iscrizione alla Cassa.
Il principio della non valutabilità ai fini pensionistici dei periodi di esercizio professionale espletato in situazioni d'incompatibilità, introdotto per la prima volta dall'art. 2 l. 319/1975, trova applicazione soltanto per il periodo successivo all'entrata in vigore di detta legge, che non ha efficacia retroattiva.
Cassazione civile - Sez. lav. - 27 giugno 2006 n. 14802
Il riscatto, con il quale si consente di far confluire nella posizione assicurativa contributi aggiuntivi per periodi non lavorati, e la ricongiunzione, che concreta un meccanismo di trasferimento di contributi già accreditati presso altre gestioni previdenziali, con oneri a carico dell'assicurato, sono istituti distinti, sicché proposta domanda per l'accertamento del diritto al riscatto di annualità richieste per il raggiungimento del requisito assicurativo, l'allegazione di specifici elementi costitutivi della fattispecie della ricongiunzione delinea, inammissibilmente, una causa petendi diversa e nuova rispetto a quella formulata nell'atto introduttivo del giudizio.
Sulla natura della sanzione per omesso invio della comunicazione reddituale e sulla decorrenza del relativo termine di prescrizione
Cassazione civile - Sez. lav. - 20 settembre 2006 n. 20343
Ha natura amministrativa la sanzione pecuniaria comminata dall'art. 17, comma 4, primo periodo, della legge n. 576 del 1980, per inottemperanza all'obbligo di comunicazione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense dell'ammontare del reddito professionale entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi e, come tale, è soggetta alla prescrizione quinquennale decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, correggendone la motivazione in diritto sul punto della qualificazione giuridica del credito, essendo risultato conforme al diritto il dispositivo laddove aveva ritenuto estinto per prescrizione quinquennale il credito erroneamente qualificato come credito contributivo, anziché come sanzione amministrativa pecuniaria) .
Ha natura di sanzione amministrativa pecuniaria la sanzione comminata per inottemperanza all'obbligo di comunicazioni alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense del dall'ammontare del reddito professionale e, come tale, è soggetta alla prescrizione quinquennale di cui all'art. 28 l. n 689 del 1981, che decorre "dal giorno in cui è stata commessa la violazione".
La prescrizione quinquennale di cui all'art. 3, commi 9 e 10, l. 8 agosto 1995 n. 335 riguarda anche i crediti contributivi degli enti previdenziali privatizzati (nella specie, Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense) e si estende agli accessori ed alle sanzioni per le omissioni contributive.