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Il ricorso alla Cassa Avvocati avverso provvedimenti che si assumano illegittimi e pregiudizievoli dei propri interessi prevede, in linea generale, una prima fase amministrativa necessaria ed una seconda fase eventuale dinanzi al Tribunale del Lavoro competente per territorio ex art. 444 c.p.c.
In questo articolo ci occupiamo della fase amministrativa (cioè quella del ricorso al Cda della Cassa Avvocati) rinviando, per tutto ciò che riguarda la successiva fase giudiziale, all'articolo di carattere generale presente su questo stesso sito che tratta i profili della procedibilità e della proponibilità della domanda giudiziale nonchè quello relativo all'individuazione del Giudice competente per territorio.
La prima fonte di disciplina del ricorso amministrativo al Cda della Cassa Avvocati è la norma di cui all'art. 12 della L. n. 6 del 1952 (Legge istitutiva della Cassa Avvocati) che prevede la possibilità di promuovere reclamo avverso le deliberazioni adottate dalla Giunta Esecutiva concernenti la concessione delle prestazioni pensionsitiche o del "valore capitale" corrispondente nonchè in materia di iscrizione e cancellazione dall'ente di previdenza.
Il ricorso al Cda della Cassa Avvocati, a mente dell'art. 12 richiamato, deve essere promosso entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione della deliberazione della Giunta Esecutiva. Quanto previsto dall'art. 12 della L. n. 6 del 1952 è stato sostanzialmente riprodotto nello Statuto della Cassa che, all'art. 23, stabilisce: "contro le deliberazioni della Giunta in materia di iscrizione e di cancellazione, di erogazione di prestazioni e di restituzione di contributi è ammesso reclamo, nel termine di un mese dalla comunicazione, al Consiglio di Amministrazione, che decide sulla base di quanto previsto dal regolamento in conformità dei criteri e principi analoghi a quelli contenuti nella legge 241/90 ed eventuali successive modifiche ed integrazioni".
Si può notare che, tra i provvedimenti ricorribili dinanzi al Cda della Cassa Avvocati, sono stati espressamente inseriti quelli concernenti la restituzione dei contributi.
Il richiamo, operato dalla disposizione statutaria, ai principi di cui alla L. n. 241/90 e successive modificazioni ed integrazioni pone particolari problematiche in tema di termine per la conclusione del procedimento. L'art. 2 prevede, infatti, che, in difetto di uno specifico termine, ogni procedimento debba concludersi con un provvedimento espresso nel termine di 90 e che, avverso l'eventuale silenzio dell'amministrazione, sia proponibile ricorso al TAR ex art. 21 bis della L. n. 1034/1971.
Probabilmente, nella specie, vertendosi in tema di diritti soggettivi soccorre la previsione dell'art. 443 c.p.c. che stabilisce la proponibilità della domanda giudiziale in materia di previdenza una volta spirato il termine di cento ottanta giorni dalla presentazione del ricorso amministrativo.
Con riferimento specifico a problematiche riguardanti richieste di contributi che si assumano illegittime, non è prevista espressamente una fase amministrativa, anche se lo Statuto prevede, ma non disciplina, la possibilità di ricorrere alla Giunta Esecutiva avverso i "provvedimenti" degli uffici (non si comprende, tuttavia, quali possano essere i poteri "provvedimentali" degli uffici).
A fronte di richieste di pagamento di contributi che si assumano illegittime è, pertanto, inoltrare una lettera - ricorso di contestazione sul merito della pretesa contributiva alla Giunta Esecutiva ed attendere l'eventuale successiva iscrizione a ruolo onde promuovere l'opposizione giudiziale nel termine di 40 giorni dalla notificazione della cartella esattoriale.
Alternativamente si potrebbe seguire la via di agire giudizialmente con un'azione c.d. di accertamento negativo (ma il Giudice potrebbe ritenere l'azione carente della condizione dell'interesse ad agire - per approfondire la questione relativa ai ricorsi in opposizione a cartelle esattoriali clicca qui)