Come noto il tema giurisprudenziale controverso involge la questione relativa ai presupposti dell’insorgenza dell’obbligo di iscrizione alla Cassa Geometri e, in particolare, quello, connesso, relativo alla legittimità delle delibere di fonte regolamentare con le quali la Cassa Geometri ha ampliato la platea dei professionisti tenuti all’iscrizione e, conseguentemente, obbligati al pagamento della contribuzione soggettiva e integrativa anche a prescindere da produzioni reddituali.
L’art. 22 della l. n. 773 del 1982 prevede(va) che l’iscrizione fosse obbligatoria solo per i professionisti che esercitassero la professione con continuativa e, comunque, che essa fosse solo facoltativa per quanti fossero già iscritti a distinta forma di previdenza obbligatoria in dipendenza di distinta attività di lavoro contestualmente svolta ovvero per quanti fossero pensionati in dipendenza di attività di lavoro precedentemente svolta stabilendo quanto segue “1. L'iscrizione alla Cassa è obbligatoria per gli iscritti agli albi professionali dei geometri, che esercitano la libera professione con carattere di continuità, se non iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria. 2. L'iscrizione alla Cassa è facoltativa per gli iscritti agli albi dei geometri che esercitano la libera professione con carattere di continuità, se iscritti a forma di previdenza obbligatoria o beneficiari di altra pensione in conseguenza di diversa attività da loro svolta, anche precedentemente alla iscrizione all'albo professionale…”.
Con delibere di natura regolamentare del Comitato dei Delegati in data 27/5/2002 e 27/11/2002, la Cassa ha, tuttavia, innovato i presupposti di fatto integranti l’obbligo di iscrizione all’associazione, cosicchè l’art. 5 dello Statuto, nella versione attuale stabilisce che “Sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa i geometri e geometri laureati iscritti all’Albo professionale dei Geometri che esercitano, anche senza carattere di continuità ed esclusività, la libera professione”.
Numerose corti di merito ed anche la Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 5375 del 2019 e successive due pronunce conformi, avevano affermato il principio secondo il quale non è legittimo l’ampliamento, per via regolamentare, della platea dei soggetti tenuti all’iscrizione e, conseguentemente, alla contribuzione in favore della Cassa Geometri.
Con la sentenza della Suprema Corte n. 4568 del 2021 e successive conformi, tuttavia, l’indirizzo inaugurato da Cass. n. 5375 del 2019 è stato parzialmente rimeditato e disatteso. In base al nuovo indirizzo della Suprema Corte, non rileva l’occasionalità dell’esercizio professionale ai fini dell’obbligo di iscrizione alla Cassa, sicchè legittimamente l’art. 5 dello Statuto, nella parte in cui ha stabilito che “Sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa i geometri e geometri laureati iscritti all’Albo professionale dei Geometri che esercitano, anche senza carattere di continuità ed esclusività, la libera professione”, avrebbe previsto l’automaticità dell’iscrizione alla Cassa in presenza dell’iscrizione all’albo professionale, tanto essendo già previsto dall’art. 1 della legge n. 37 del 1967 (cfr. i seguenti brani della sentenza n. 4568 del 2021, “in tale contesto legale, l’iscrizione all’albo professionale è condizione sufficiente al fine dell’obbligatorietà della iscrizione alla cassa, e l’ipotetica natura occasionale dell’esercizio della professione è irrilevante ai fini dell’obbligatorietà dell’iscrizione e del pagamento della contribuzione minima”; - “nell’esercizio del potere regolamentare la Cassa, a decorrere dal 2003, ha ribadito l’automatismo di iscrizione di cui alla legge del 1967 e specificato che l’obbligo di contribuzione minima sussiste nel caso di attività effettiva, ancorché saltuaria e occasionale. Per i soggetti tenuti all’iscrizione alla Cassa, dunque, non rileva la mancata produzione effettiva di reddito professionale, essendo comunque dovuto un contributo minimo, e ciò in ogni caso e anche nell’ipotesi di dichiarazioni fiscali negative”; “il sistema regolamentare della Cassa, dunque, non ha esteso l’obbligo di iscrizione a nuove categorie di soggetti, ma si è limitato a definire, nell’ambito del nuovo assetto, il sistema degli obblighi contributivi, peraltro in linea con i principi di cui alla legge 335 del 1995 che ha consentito interventi finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine degli enti”).
Sul rilievo che il nuovo indirizzo aveva essenzialmente evidenziato che non si porrebbe un problema di contrasto tra la norma primaria di cui all’art. 22 della l. n. 773 del 1982 e il nuovo art. 5 dello Statuto in quanto l’art. 22 non esclude[rebbe] i professionisti che esercitano la libera professione in modo sporadico dall’obbligo associativo ma solo, eventualmente, dalla tutela previdenziale, si è, tuttavia, rilevato che la questione della legittimità della disposizione regolamentare per avere esteso l’obbligo associativo nei confronti di soggetti non tenuti in base alla normativa di fonte primaria (che aveva indotto Cass. n. 5375 del 2019 a ritenere l’illegittimità della fonte subprimaria ed a disapplicarla) si pone necessariamente con riferimento alla fattispecie nella quale sussista una contestuale copertura assicurativa in dipendenza di una distinta attività di lavoro contestualmente svolta ovvero un’attuale copertura pensionistica in funzione di distinta attività di lavoro precedente in quanto l’art. 22 della l. n. 773 del 1982, per tali distinte casistiche, prevede espressamente, non già un obbligo, ma solo la facoltà di iscriversi alla Cassa.
La Suprema Corte, cui la relativa questione controversa è stata posta, con la sentenza n. 28128 del 2022, ha concluso nel senso che l’obbligo di iscrizione e di contribuzione sussisterebbe anche in tale caso eludendo, in larga parte, ad avviso di chi scrive, tutti i profili giuridici problematici sollevati.
Secondo la Corte l’iscrizione a diversa forma di previdenza obbligatoria in dipendenza di distinta attività di lavoro contestualmente svolta non renderebbe, come espressamente previsto dall’art. 22 della l. n. 773 del 1982, l’iscrizione facoltativa in quanto, in via generale, la l. n. 335 del 1995 ha sancito il principio della possibilità della compresenza di una pluralità di forme di assicurazione in presenza di una pluralità di attività di lavoro.
In tal senso, sulla base di tale generico riferimento normativo e di una valutazione sostanzialmente avulsa dal concreto confronto con la norma di cui all’art. 22 della l. n. 773 del 1982, la Suprema Corte ha concluso nel senso che, a fronte della mera iscrizione all’albo, insorge l’obbligo di iscrizione all’ente previdenziale con le conseguenti obbligazioni contributive.
Ora, il percorso ermeneutico seguito dalla Suprema Corte sembrerebbe avere implicitamente ritenuto abrogata la norma di cui all’art. 22 della l. n. 773 del 1982 che prevedeva la facoltatività dell’iscrizione in presenza dell’iscrizione ad una diversa forma di previdenza obbligatoria e, tuttavia, si tratterebbe di una valutazione priva di alcuna giustificazione giuridica posto che a mente dell’art. 15 delle Preleggi “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore”.
D’altronde neppure convince la tesi per la quale l’eventuale occasionale attività di lavoro professionale e produttiva di reddito svolta dal geometra che non fosse iscritto alla Cassa, non essendovi tenuto in quanto facoltizzato a farlo, risulterebbe priva di copertura previdenziale in quanto subentrerebbe la copertura residuale della Gestione Separata presso la quale, tuttavia, correttamente il contributo dovuto sarebbe esclusivamente commisurato al reddito effettivamente prodotto senza che si produca l’ingiustificato arricchimento che consegue all’imposizione dell’esosa contribuzione minima.
In conclusione, si evidenzia che la recentissima pronuncia della Suprema Corte, pur lasciando pochi margini per auspicare un futuro ripensamento, risulta, sul piano strettamente giuridico, poco lineare, non esaustiva ed essenzialmente immotivata su una serie di profili di diritto in merito ai quali si attendeva una risposta.