L'incompetenza l'eccesso di potere e la violazione di legge

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I vizi di legittimità dell'atto amministrativo indicati dall'art. 26 del R.D. n. 1054/1924 sono l'incompetenza, l'eccesso di potere e la violazione di legge. Oggi tali vizi sono espressamente individuati come cause d'annullamento dell'atto amministrativo nell'art. 21 octies, primo comma introdotto dalla L. n. 241 del 1990.

Incompetenza e eccesso di potere sono delle ipotesi specifiche di violazione di legge, sicchè quest'ultimo vizio di legittimità si  atteggia come residuale rispetto agli altri due.

Il vizio dell'incompetenza si verifica quando l'organo che adotta l'atto non è quello competente per grado, materia  (valore) o per territorio; secondo parte della dottrine e girisprudenza rientrerebbe nel vizio dell'incompetenza anche l'irregolare composizione dell'organo collegiale. Ove, invece, l'atto venga adottato da autorità appartenente ad altro ordine di poteri o ad altro settore della PA, si verifica la fattispecie dell'incompetenza assoluta (e/o di difetto d'attribuzioni) che determina, ai sensi dell'art. 21 septies della L. n. 241 del 1990, la nullità dell'atto amministrativo. Ancora non sia avrà incompetenza relativa ma inesistenza (o nullità assoluta) in caso di adozione di un provvedimento da parte di soggetto privo di competenze amministrative (c.d. acompetenza). Secondo la più recente dottrina e giurisprudenza, peraltro, si avrebbe incompetenza relativa e non assoluta allorchè l'atto sia adottato da un organo appartenente a diverso plesso amministrativo ma che abbia competenza nella materia costituente l'oggetto del provvedimento adottato.

L'eccesso di potere si realizza in tutti quei casi in cui vi sia uno sviamento del potere nel senso che, nella tipica fattispecie procedimentale, si accerta il mancato perseguimento del fine cui l'esercizio del potere stesso deve tendere sulla base di una serie di indici sintomatici. In tale prospettiva il vizio dell'eccesso di potere viene, dalla più recente dottrina e giurisprudenza, individuato come vizio della funzione. L'eccesso di potere è configurabile solo con riferimento agli atti discrezionali in quanto solo con riferimento ad essi si può profilare uno sviamento del potere che non si concretizzi in una violazione di legge.

Sono state individuate figure sintomatiche di eccesso di potere. Esse, secondo parte della giurisprudenza e della dottrina, integrerebbero, di per sè, l'illegittimità dell'atto amministrativo, avrebbero, cioè, una valenza sostanziale; secondo la giurisprudenza prevalente, invece, le figure sintomatiche sarebbero, per l'appunto, sintomi dell'eccesso di potere ed avrebbero mera valenza probatoria costituendo estrinsecazioni dello sviamento del potere.

Sono, dunque, figure sintomaiche dell'eccesso di potere:

il travisamento dei fatti, che si realizza allorquando la PA ponga a base del provvedimento fatti inesistenti o abbia dato ai fatti un significato erroneo;

l'illogicità o la contraddittorietà della motivazione allorchè il dispositivo o il preambolo contrasti con la motivazione o quando la motivazione risulti intrinsecamente illogica o contraddittoria;

il difetto o l'insuficienza dell'istruttoria allorchè questa si riveli carente sotto il profilo dell'acquisizione degli interessi pertinenti alla vicenda procedimentale ed al provvedimento finale;

la contraddittorietà tra più atti endoprocedimentali o tra diversi provvedimenti della PA;

inosservanza di circolari (e di altri atti interni), allorchè la PA, discostandosi nel caso concreto dalla norma di condotta generale individuata nella circolare violata, dà vita ad una contraddittorietà di comportamenti;

la disparità di trattamento, allorchè casi analoghi ricevano diverso trattamento;

l'ingiustizia manifesta;

la mancanza di idonei parametri di riferimento che si realizza allorchè la PA incida su posizioni giuridiche del privato in assenza di adeguati parametri di riferimento che rendano giustificato il sacrificio del privato.

La violazione di legge costituisce l'ultimo dei vizi di legittimità dell'atto amministrativo tra quelli indicati dal più volte richiamato art. 26 del R.D. n. 1054/1924 ed oggi dall'art. 21 octies della L. n. 241 del 1990. La violazione d legge indica il contrasto tra l'atto e l'ordinamento giuridico e può estrinsecarsi in un vizio della forma, in un vizio della motivazione, in un vizio del procedimento in un vizio della composizione dei collegi, in un vizio del contenuto, oppure può originare dalla violazione dei principi di efficacia, trasparenza e pubblicità dell'azione amministrativa di cui all'art. 1 della L. n. 241/1990 o dei principi del giusto procedimento e della leale cooperazione di cui alla medesima legge. La violazione di legge, per concretare un'ipotesi d'annullabilità dell'atto amministrativo deve essere di tipo diverso rispetto alle ipotesi individuate nell'art. 21 sepries della L. n. 241 del 1990 (violazione o elusione di giudicato, difetto dei requisiti struturali del provvedimento, difetto d'attribuzione) che determinano la nullità dell'atto. Per converso, ove non ricomprese nell'ambito dell'art. 21 septies, tutte le violazioni di legge possono solo determinare l'annullabilità dell'atto amministrativo, ove il provvedimento sia impugnato nel termine decadenziale di sessanta giorni. Deve, peraltro, soggiungersi che, a mente dell'art. 21 octies secondo comma, non tutte le violazioni di legge possono dar vita all'annullabilità dell'atto amministrativo. In particolare, costituiscono vizi non invalidanti quelli che riguardano la forma ed il procedimento relativi ad atti amministartivi vincolati ove il GA accerti che il contenuto dispositivo di tali atti non avrebbe potuto essere diverso.

I vizi d'incompetenza, dell'eccesso di potere e della violazione di legge, come sottolineato, non privano, di per sè, l'atto della sua efficacia; è necessario, a tal fine, che l'atto venga annullato dalla PA che lo ha adottato ovvero a seguito di tempestivo ricorso giudiziale. In tal caso l'atto amministrativo annullato perde efficacia ex tunc.

Con riferimento specifico alla normativa comunitaria, l'atto amministrativo conforme alla normativa nazionale e contrastante con norme UE è da considerarsi nullo o annullabile a seconda che la norma comunitaria riguardi l'attribuzione del potere o il suo esercizio. Secondo la giurisprudenza, poi, non sussiste un obbligo di ritiro di un atto in contrasto con la normativa comunitaria stante in ogni caso il principio dell'affidamento.

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