la disciplina dei provvedimenti di annullamento d'ufficio

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L'annullamento d'ufficio è un provvedimento di secondo grado con il qual la PA rimuove, con effetto retroattivo, un suo precedente atto ab origine illegittimo. Il potere d'annullamento d'ufficio di atti illegittimi è un potere che la PA possiede in via generale non essendo, dunque, necessario che una norma positiva lo attribuisca espressamente, il suo generale riconoscimento e la sua disciplina si rinviene nell'art. 21 nonies della L. n. 241 del 1990 introdotto dalla L. n. 15 del 2005 ; secondo parte della dottrina, inoltre, tale potere sarebbe espressione dello stesso potere d'amministrazione attiva sul cui esito provvedimentale va ad incidere l'atto d'annullamento.

 L'art. 21 nonies della L. n. 241/1990 stabilisce che il potere di annullamento d'ufficio dell'atto illegittimo  deve essere esercitato entro un termine ragionevole, a condizione che sussista un interesse pubblico alla rimozione dell'atto dal mondo giuridico e che tale interesse pubblico sia prevalente rispetto agli interessi dei destinatari dell'atto stesso e a quelli degli eventuali controinteressati. Ove sussista, peraltro, un interesse al mantenimento dell'atto illegittimo ed entro un termine ragionevole è, peraltro,  doveroso, per la PA, vagliare la possibilità di adottare un atto di convalida del provvedimento illegittimo.

L'annullamento d'ufficio è un provvedimento che può essere alternativamente discrezionale, e si tratta dell'ipotesi generale, oppure doveroso. L'annullamento d'ufficio è doveroso quando debba essere adottato in esecuzione di un giudicato, oppure in esecuzione delle determinazioni di un organo di controllo, oppure nell'ipotesi in cui la legge espressamente lo qualifichi tale.

Ne consegue che l'annullamento d'ufficio facoltativo non potrà mai essere coartato dal privato il quale ha una mera facoltà di denuncia e d'impulso e non un interesse legittimo all'esercizio del potere d'autotutela da parte della PA. In tale prospettiva, il privato non potrà, dunque, a fronte dell'inerzia della PA, attivare il procedimento per la formazione del silenzio inadempimento di cui all'art. 21 bis della Legeg TAR.

Diverso il caso in cui il provvedimento in autotutela richiesto incida su posizioni di terzi; in tale ipotesi sussiste un interesse dell'istante a un provvedimento espresso in ordine all'istanza sollecitatoria di un provvedimento in autotutela e, conseguentemente, anche la possibilità di esperire l'azione ex art. 21 bis Legge Tar avverso il silenzio rifiuto serbato dall'amministrazione. Una parte della giurisprudenza amministrativa ha, in tale guisa, riconosciuto tutela al terzo con riferimento ad istanze sollecitatorie rivolte al Comune in relazione ad attività edificatorie intraprese a mezzo DIA da parte di altri privati.

L'annullamento d'ufficio è previsto con riferimento ai provvedimenti che siano affetti dai vizi d'illegittimità di cui all'art. 21 octies. Il riferimento all'art. 21 octies ha posto problematiche interpretative nel senso che, da un canto, si è sostenuta la valenza esclusivamente processuale del riferimento ai vizi non invalidanti di cui al secondo comma del mentovato articolo con la conseguenza che anche con riferimento ad essi sarebbe esercitabile il potere d'annullamento d'ufficio. Secondo altra tesi, invece, l'art. 21 octies secondo comma avrebbe anche valenza sostanziale sicchè il potere d'annullamento d'ufficio sarebbe esercitabile solo con riferimento a vizi dell'atto diversi da quelli riconducibili nell'alveo dei vizi di forma e procedimentali non invalidanti.

Di recente, con la L. n . 311/2004 (Finanziaria 2005), si è stabilito che il provvedimento d'annullamento d'ufficio di precedenti provvedimenti amministrativi che comportino aggravi di spesa per la PA possano essere sempre adottati mentre, in caso d'incidenza su rapporti convenzionali o contrattuali con privati, solo laddove non sia decorso un termine superiore a tre anni , e soltanto previo indennizzo dei privati stessi.

A seconda dell'autorità che pone in essere il provvedimento d'annullamento d'ufficio, si distingue l'autoannullamento, di competenza del medesimo organo che ha adottato il provvedimento di primo grado ed espressione dell'esercizio del medesimo potere, dall'annullamento gerarchico, di competenza dell'organo gerarchicamente superiore. A tale riguardo, si discute in dottrina se il potere d'annullamento d'ufficio in via gerarchica debba essere considerato un potere riconosciuto in via generale all'organo gerarchicamente sovraordinato o se debba essere un potere espressamente riconosciuto dalla legge. Una posizione intermedia è quella che ritiene il potere d'annullamento d'ufficio gerarchico un potere riconosciuto in via generale agli organi gerarchicamente sovraordinati, salvo che il provvedimento oggetto d'annullamento rientri tra le competenze funzionali dell'organo sottordinato gerarchicamente.

Non ogni atto amministrativo può essere oggetto di un provvedimento d'annullamento; in particolare non ne possono costituire l'oggetto gli atti preparatori, gli atti decisori di ricorsi amministrativi e gli atti consultivi.

Come sottolineato, i provvedimenti d'annullamento d'ufficio hanno effetto ex tunc, con la salvezza delle posizioni giuridiche dei terzi di buona fede.

Con riferimento agli effetti, i provvedimenti d'annullamento d'ufficio sono demolitori della precedente attività provvedimentale illegittima e ripristinatori della situazione antecedente all'adozione del provvedimento illegittimo.

Si discute, in dottrina, se sia ammissibile un provvedimento d'annullamento d'ufficio per vizi di merito; a fronte di una posizione che ammette questa tipologia provvedimentale, vi è la posizione di chi la contesta sulla scorta della considerazione che essa interferirebbe, così, con il diverso provvedimento della revoca.

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