Cassazione civile sez. III 24 aprile 2008 n. 10656 in materia di limiti del diritto di satira

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZA   Fabio     -  Presidente   - 
Dott. SEGRETO Antonio  -  Consigliere  - 
Dott. URBAN   Giancarlo  -  Consigliere  - 
Dott. SPIRITO Angelo       -  Consigliere  - 
Dott. BISOGNI Giacinto   -  rel. Consigliere  -

ha pronunciato la seguente:

                                                 sentenza sul ricorso proposto da:                                            

NEUE SUDTIROLER TAGESZEITUNG s.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, via GRAMSCI 36, presso lo studio dell'avvocato CALO' Maurizio,  che la rappresenta e difende, unitamente agli avv.ti Manfred  SCHULLIAN e Christoph SENONER, giusta delega in atti;

- ricorrente –

e

E.T., elettivamente domiciliato in Roma via F. Confalonieri 5,  presso lo studio dell'avvocato Luigi Manzi, rappresentato e difeso dall'avvocato KOLLENSPERGER JURGEN, giusta delega in atti;

-controricorrente –

nonché T.A.;

- intimato - 

avverso la sentenza n. 208/02 della Corte d'Appello di Trento,  sezione distaccata di Bolzano, emessa il 12/06/2002, depositata il  22/07/02; RG. 305/01;                                        

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/01/08 dal Consigliere Dott. Giacinto BISOGNI;                    
udito l'Avvocato Maurizio Calò;                                
udito l'Avvocato Albini (per delega avv.to Manzi);                  
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 21 settembre 1999 il signor E.T., caporedattore del quotidiano (OMISSIS), chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Bolzano la (OMISSIS), proprietaria dell'omonimo quotidiano e il sig. T.A., curatore della sua pubblicazione, deducendo i seguenti fatti da cui derivava il suo diritto al risarcimento dei danni e alla riparazione prevista dalla L. 8 febbraio 1947, n. 48, art. 12. Il 22 aprile 1999 il quotidiano (OMISSIS) aveva pubblicato un articolo su quattro colonne dedicato alla transazione intercorsa fra il sig. E.T., nella sua qualità di caporedattore del quotidiano (OMISSIS), e il Comune di (OMISSIS) a seguito di una lunga campagna giornalistica condotta dal (OMISSIS) relativamente a un'opera pubblica progettata dal Comune altoatesino e molto controversa a livello locale. Il titolo dell'articolo (OMISSIS) ((OMISSIS)) e un fotomontaggio raffigurante, nel corpo dell'articolo, il sig. E. in mutande, dovevano considerarsi gravemente offensivi della dignità del sig. E..

Si costituiva la società proprietaria del quotidiano (OMISSIS) mentre restava contumace il sig. T.. La società convenuta chiedeva il rigetto della domanda ritenendo che l'articolo nella sua interezza fosse da considerare pienamente legittimo in quanto espressivo dell'esercizio del diritto di cronaca e di critica anche attraverso una rappresentazione satirica del sig. E. che comunque non eccedeva i limiti della continenza e del rispetto dell'intimità e del decoro della persona.

Il Tribunale di Bolzano con sentenza n. 232/2000 rigettava la domanda.

Proponeva appello il sig. E. di cui la Neue Sudtiroler Tageszeitung srl chiedeva il rigetto, mentre il sig. T. si costituiva eccependo l'inesistenza di una sua giuridica responsabilità quanto ai fatti oggetto della controversia.

La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza n. 208/02, accoglieva l'impugnazione del sig. E. ritenendo l'articolo lesivo della persona e dell'onore dell'appellante. La Corte alto-atesina riteneva che la responsabilità civile dell'appellata Neue Sudtiroler Tageszeitung srl era desumibile dall'art. 11, della legge sulla stampa e la condannava al pagamento a titolo di risarcimento del danno della somma di Euro 7.500,00 oltre interessi a decorrere dal 31 ottobre 2000. Rigettava invece la domanda di riparazione fatta valere nei confronti della società proprietaria del giornale, ai sensi della L. n. 48 del 1947, art. 12, trattandosi di una pena privata applicabile soltanto ai responsabili del reato. Rigettava inoltre le domande proposte nei confronti del sig. T.. Condannava la società appellata a corrispondere le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio in misura pari a due terzi, compensando la residua quota. Condannava il sig. E. al pagamento delle spese processuali in favore del sig. T..

Ricorre per cassazione la Neue Sudtiroler Tageszeitung srl affidandosi a tre motivi di ricorso.

Si difende con controricorso il sig. E..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all'art. 112 c.p.c., nonchè agli artt. 10 e 2059 c.c., L. n. 633 del 1941, artt. 96 e 97, e art. 185 c.p.. Ritiene la ricorrente che avendo l'attore richiesto il risarcimento solo con riferimento al reato di diffamazione, la pubblicazione dell'immagine poteva essere valutata soltanto con riferimento alla normativa penale.

Il motivo è infondato. Correttamente la Corte di appello ha rilevato che l'esplicito riferimento alle disposizioni per la tutela del diritto all'immagine (contenuto nell'atto di appello), su cui si basa altresì la pretesa fatta valere con la domanda di risarcimento dei danni, non costituisce una domanda nuova ma, piuttosto, la rinnovazione di una domanda già proposta dall'attore in primo grado, rigettata dal primo giudice e pertanto sicuramente ammissibile. La Corte di appello ha anche fatto rilevare che il bene della dignità umana garantito dalle norme a tutela del diritto all'immagine rientra in ogni caso nell'ambito di tutela su cui si fonda l'art. 595 c.p., che sanziona penalmente le lesioni di tale diritto arrecate a mezzo della stampa.

Deve pertanto ritenersi che la Corte di appello ha esercitato nella specie il potere di qualificare la domanda rispettando i limiti del divieto di ultrapetizione (cfr. Cassazione civile, sezione 2^, n. 15925 del 27 luglio 2007, Rv. 600436 secondo cui il giudice ha il potere - dovere di qualificare giuridicamente l'azione e anche di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti, purchè non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio tra le parti).

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) con riferimento alla sussistenza degli illeciti di cui agli artt. 595 e 596 c.p., e art. 79, legge sul diritto di autore, in relazione all'art. 21 Cost.. Rileva in particolare la ricorrente che la Corte contraddicendo le stesse deduzioni del sig. E. aveva valutato la gravità della violazione del decoro personale del fotomontaggio in relazione al testo dell'articolo non contestato dall' E. sotto il profilo della veridicità, rilevanza e continenza della notizia scritta. Inoltre la Corte aveva stimato, senza alcuna adeguata motivazione, di scarsissima rilevanza e priva di interesse pubblico la notizia riportata nell'articolo che invece rivestiva indubbio interesse in ambito locale. Infine la ricorrente rileva una contraddizione logica della motivazione nel punto in cui giudica il testo dell'articolo come rispettoso dei limiti del diritto di critica e di cronaca mentre l'illustrazione che prende spunto proprio dall'espressione del titolo dell'articolo (calare i pantaloni) viene ritenuta lesiva dell'onore della persona.

Il motivo è inammissibile nella misura in cui appare rivolto a una rinnovazione del giudizio di merito e comunque infondato sotto il profilo dei vizi di motivazione dedotti. Infatti non si vede come la Corte potesse valutare la lesività dell'immagine senza riferirla al contesto dell'articolo cui era legata. D'altra parte l'aver valutato il testo sostanzialmente corretto nella rappresentazione del fatto e il titolo e l'immagine del fotomontaggio lesiva dell'onore personale del sig. E. non costituisce di certo una contraddizione logica ma una constatazione di merito sulla diversità dei due elementi che hanno composto la rappresentazione giornalistica del fatto. Infine l'aver ritenuto la notizia di scarsissima rilevanza costituisce una valutazione di parte che non risulta dal testo della motivazione in cui si legge piuttosto che il fotomontaggio difetta del requisito del legittimo interesse pubblico in relazione alla assoluta irrilevanza dell'evento "illustrato" e cioè le metafore linguistiche dell'arresa e del calarsi i pantaloni.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento agli artt. 595 e 596 c.p., art. 2059 c.c., art. 185 c.p., L. n. 633 del 1941, art. 97, in relazione agli artt. 9, 21, 33 Cost.. Rileva la ricorrente che la raffigurazione fotomontata del Dott. E. in pantaloncini boxer non evocava alcun disprezzo per la persona ma significava simbolicamente che il potente (OMISSIS) aveva dovuto arrendersi e fare una brutta figura. Conseguentemente essa non rappresentava una lesione del diritto all'immagine e quanto meno una diffamazione trattandosi di una rappresentazione satirica del tutto innocua e rispettosa dei limiti di fissati dalla giurisprudenza.

Anche questo motivo si presenta inammissibile nella misura in cui propone sostanzialmente una riedizione del giudizio di merito e infondato laddove deduce delle violazioni di legge con riferimento ai limiti di legittimità che la Corte di appello avrebbe compiuto.

La giurisprudenza di legittimità afferma che in tema di diffamazione a mezzo stampa, la satira costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica e può realizzarsi anche mediante l'immagine artistica come accade per la vignetta o per la caricatura, consistenti nella consapevole ed accentuata alterazione dei tratti somatici, morali e comportamentali delle persone ritratte. Diversamente dalla cronaca, la satira è sottratta al parametro della verità in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su un fatto ma rimane assoggettata al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito. Conseguentemente nella formulazione del giudizio critico, possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo anche lesive della reputazione altrui, purchè siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall'opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un'aggressione gratuita e distruttiva dell'onore e della reputazione del soggetto interessato (cfr. fra le altre, Cassazione civile sezione 3^, n. 23314 dell'8 novembre 2007, Rv. 600377). La valutazione del limite della continenza e della funzionalità dell'immagine e dell'espressione usata nel titolo costituisce espressione del potere del giudice di merito di valutare i fatti a lui sottoposti. Nella specie tale valutazione è stata compiuta dalla Corte di appello che ha rilevato la arbitrarietà dell'interpretazione dei fatti, illustrati nel testo dell'articolo, compiuta con il titolo e il fotomontaggio, il carattere denigratorio e lesivo, in sè, delle espressione usata nel titolo e del fotomontaggio e comunque l'astrattezza di tali espressioni e illustrazioni satiriche rispetto al contesto dell'articolo e dello stesso contesto generale informativo e non satirico del giornale su cui è avvenuta la pubblicazione.

Il ricorso va pertanto respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in complessivi 2.100,00 Euro, di cui 100,00 Euro per spese, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 gennaio 2008.

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