Equità e buona fede sono criteri individuati dal codice in due norme successive (artt 1374 e 1375 cc) come fonti di integrazione del regolamento contrattuale.
E' arduo distinguere l'equità dalla buona fede risultando entrambi parametri di valutazione del regolamento contrattuale volti ad individuarne l'esatta portata in chiave di interpretazione della volontà dei paciscenti o di sua integrazione e/o correzione.
Secondo l'impostazione dottrinale prevalente, la distinzione andrebbe ricercata nel fatto che mentre l'equità è rivolta alla perimetrazione degli obblighi contrattualmente assunti dalle parti, la buona fede sarebbe fonte di obblighi ulteriori.
L'equità di cui all'art. 1374 cc opera solo in via subordinata rispetto alla legge ed agli usi normativi; non ha trovato ingresso in giurisprudenza una diversa tesi, di matrice dottrinale, secondo la quale, invece, l'equità sarebbe stato un parametro di carattere generale operante anche in senso correttivo della volontà negoziale dei paciscenti come, ad esempio, nel caso dell'art. 1374 cc con riferimento alla penale manifestamente eccessiva.
L'equità integrativa di cui all'art. 1374 cc deve, poi, distinguersi dall'equità formativa e creativa che è criterio alternativo al diritto con il quale possono essere decise le controversie; essa si sostanzia nel giusto contemperamento dei diversi interessi dei contraenti.
La buona fede oggettiva di cui all'art. 1375 cc, secondo l'opinione prevalente, coincide con il parametro della correttezza individuato all'art. 1175 cc come criterio cui devono ispirarsi le parti nella fase attuativa del rapporto di obbligazione.
Deve, invece, distinguersi dalla buona fede in senso soggettivo, individuata in varie norme del codice, che si sostanzia nell'ignoranza di ledere l'altrui diritto.
La buona fede oggettiva è fonte di obblighi ulteriori rispetto a quelli puntualmente disciplinati dal regolamento contrattuale, obblighi volti alla tutela delle aspettative della controparte nei limiti in cui tale tutela non importi un apprezzabile sacrificio.
Tra tali obblighi ulteriori sono stati individuati:
quello della tolleranza di parziali variazioni del contenuto della prestazione attesa ove si tratti di variazioni che non siano idonee a scalfire l'interesse del creditore;
il contrapposto obbligo di modificare la prestazione dovuta, ove tale modifica non comporti apprezzabili sacrifici e laddove la prestazione originariamente pattuita non sia più idonea a soddisfare l'interesse del creditore;
il divieto di abusare del diritto, di esercitarlo, cioè, non in senso difforme dal titolo contrattuale ma in modo strumentale e senza altro interesse se non quello di nuocere alla controparte;
l'obbligo di informazione su circostanze idonee ad incidere sulla soddisfazione dell'interesse della controparte;
gli obblighi di protezione qualora l'adempimento della prestrazione comporti necessariamente l'ingresso del debitore nella sfera personale del creditore e la necessaria tutela di interessi ulteriori rispetto a quelli oggetto di attenzione in sede contrattuale.
Ricca è la casistica giurisprudenziale in materia di abuso del diritto; di recente, in particolare, la Suprema Corte ha avuto modo di occuparsi delle questioni dell'esercizio abusivo del diritto di recesso e dell'esercizio frazionato del credito.
L'esercizio frazionato del credito
l'esercizio abusivo del diritto di recesso