Fideiussione surrogazione e cessione di credito

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Rif: Corriere giuridico n.11/2009  pagg 1521 e ss

La Suprema Corte, con la sentenza che brevemente si annota, afferma il principio secondo cui, allorchè il debito sia contestualmente assistito da una garanzia fideiussoria e da una garanzia atipica che si sia sostanziata nella cessione del credito e laddove la fideiussione sia stata escussa per inadempimento del debitore principale, il fideiussore subentrerà, per effetto della surrogazione legale, nella posizione del creditore soddisfatto nei riguardi del debitore garantito e, tuttavia, non subentrerà nella titolarità del credito ceduto a scopo di garanzia.
Al riguardo, infatti, secondo la Suprema Corte, la cessione del credito a scopo di garanzia non possiede il requisito dell'accessorietrà che costituisce, a suo avviso, requisito indefettibile perchè operi il meccanismo di cui all'art. 1204 cc, a tenore del quale la surrogazione "ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore".
Al contrario la cessione del credito a scopo di garanzia pur essendo caratterizzata dalla sua causa concreta di garanzia, rappresenta pur sempre un negozio autonomo sotto il profilo causale rispetto a quello relativo al credito garantito. In altre parole il vincolo obbligatorio che grava sul debitore ceduto ha causa autonoma e non riconducibile a quella relativa al rapporto obbligatorio di base.
Il difetto di tale requisito di accessorietà e la sussistenza di un collegamento negoziale in forza del quale la soddisfazione del credito garantito comporta la risoluzione del negozio di cessione, secondo la Suprema Corte ha, quale effetto, che il fideiussore escusso, pur surrogato legalmente nel credito, non potrà, similmente, ritenersi cessionario del credito.

Cassazione Civile  Sez. III del 12 dicembre 2008  n. 29216
In tema di surrogazione legale, il fideiussore che intenda surrogarsi al creditore garantito nei diritti vantati verso il debitore subentra ai sensi dell'art. 1204 c.c. anche nelle garanzie concesse da terzi in favore del creditore originario solo a condizione che queste ultime siano accessorie e dipendenti dall'obbligazione principale adempiuta dal fideiussore. Pertanto deve escludersi l'applicazione di tale ipotesi di surrogazione legale quando, oltre che con il negozio fideiussorio, il finanziamento concesso per l'esecuzione di un appalto sia stato garantito anche mediante la cessione dei crediti vantati nei confronti del committente, non essendo il debitore ceduto (committente del debitore) qualificabile come «garante» dell'obbligazione adempiuta dal fideiussore, attesa l'autonomia tra i due contratti (la fideiussione e la cessione di credito), ancorché stipulati con il medesimo scopo di garanzia.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. VARRONE     Michele                         -  Presidente   - 
Dott. PETTI       Giovanni Battista               -  Consigliere  - 
Dott. FILADORO    Camillo                         -  Consigliere  - 
Dott. FINOCCHIARO Mario                           -  Consigliere  - 
Dott. URBAN       Giancarlo                  -  rel. Consigliere  - 
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
SOCIETA' REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, in persona del legale  rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via del Corso n.  525, presso lo studio dell'avv. CASCINO GIOVANNI, che lo rappresenta  e difende unitamente all'avv. Carlino Scofone, giusta delega in atti;

ricorrente –

contro

IRFIS - MEDIOCREDITO DELLA SICILIA s.p.a., in persona del legale  rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via Granisci n.  9, presso lo studio dell'avv. Sergio Lupinacci, rappresentato e  difeso dall'avv. LEONE VINCENZO, giusta delega in atti;

controricorrente –

e contro

FERROVIE DELLO STATO s.p.a., in persona del legale rappresentante,  domiciliato in Roma, Piazza della Croce Rossa n. 1;

intimata –

e contro

FALLIMENTO A.A., in persona del curatore, dott.C.A. con studio in (OMISSIS);

intimato –

avverso la sentenza n. 882/04 della Corte d'Appello di Palermo in data 18 giugno 2004 e pubblicata il 13 luglio 2004;
Udita la relazione del Consigliere Dott. Giancarlo Urban;
udito l'avv. Filippo Sciuto per delega dell'avv. Carlino Scofone;
udito il P.M. in persona del Cons. Dott. IANNELLI Domenico, che ha  concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 10 maggio 1997 la Società Reale Mutua di Assicurazioni conveniva avanti il Tribunale di Palermo l'Irfis - Mediocredito della Sicilia s.p.a., e le Ferrovie dello stato s.p.a.. Esponeva di avere emesso il (OMISSIS) in favore dell'Irfis la polizza fideiussoria n. (OMISSIS) a garanzia (sino alla concorrenza di L. 295.000.000) delle obbligazioni contratte con tale istituto dalla impresa A.A. in conseguenza di finanziamento concesso dall'Irfis per l'esecuzione di contratto di appalto stipulato dall'impresa con le Ferrovie dello Stato. L'Irfis aveva conseguito, quale ulteriore garanzia per la restituzione del mutuo, la cessione parziale dei crediti portati dalle fatture relative all'esecuzione dell'appalto.
A seguito di dichiarazione di fallimento della impresa A., il contratto con le Ferrovie dello Stato era stato risolto; in adempimento della propria obbligazione fideiussoria, la Reale Mutua aveva pagato all'Irfis la somma di L. 295.000.000: a seguito del pagamento si era determinata la surroga dell'attrice - fino alla concorrenza delle somme corrisposte - nella posizione del creditore originario e dunque anche nella cessione pro solvendo, in quanto garanzia afferente al credito dell'Irfis nei confronti dell'Impresa A.. Con nota del 25 giugno 1996 la Reale Mutua aveva pertanto rappresentato all'Irfis ed alle Ferrovie dello Stato che le residue fatture in corso di liquidazione per il pagamento dei corrispettivi dell'appalto (ammontanti a circa L. 177 milioni), avrebbero dovuto essere versate direttamente alla stessa, stante la propria qualità di creditore surrogato nella posizione e nelle garanzie dell'Istituto finanziatore. L'Irfis, che con nota del 17 luglio 1996 aveva prestato parziale consenso a tale ipotesi, rappresentando che con i pagamenti avrebbe dovuto essere soddisfatta proporzionalmente (ai sensi dell'art. 1205 c.c.) anche quella parte del suo credito non coperta dalla garanzia fideiussoria, con nota del 7 ottobre 1996 aveva mutato avviso e aveva richiesto l'integrale pagamento dei corrispettivi alle Ferrovie dello Stato.
La Reale Mutua di Assicurazioni s.p.a. aveva quindi chiesto accertarsi sia l'avvenuto integrale adempimento alle obbligazioni nascenti dalla polizza, sia la surroga nelle ragioni creditorie dell'Irfis anche con riferimento ad ogni forma di garanzia acquisita e quindi alla cessione di credito nei confronti delle Ferrovie dello Stato - fino alla concorrenza della somma pagata in forza della polizza stessa ed in proporzione della quota di credito da questa garantita, ai sensi dell'art. 1205 c.c..
L'Irfis chiedeva venisse chiamato in causa il fallimento di A.A., avendo questo richiesto il pagamento delle somme portate dalle fatture assumendone la spettanza alla massa. Nel merito, contestava sia la fondatezza della pretesa alla invocata efficacia liberatoria del pagamento di L. 295.000.000 da parte della Reale Mutua (effettuato soltanto il (OMISSIS) senza corresponsione di interessi, dovuti a termini di polizza sin dal (OMISSIS)); sia la estensione della surroga ai crediti oggetto della cessione. Osservava a quest'ultimo proposito che la cessione del credito era prevista dalla normativa regionale, applicata dall'istituto, che disciplinava finanziamenti alle commesse. La polizza, poi, aveva soltanto funzione integrativa della cessione del credito, nel senso che garantiva la parte del finanziamento non recuperata grazie alla cessione stessa.
Le Ferrovie dello Stato chiedevano accertarsi l'entità dell'importo residuo dovuto in relazione all'appalto e la individuazione del soggetto legittimato a ricevere il pagamento.
Il Tribunale, con sentenza del 22 febbraio 2001, nella contumacia del curatore del fallimento di A.A., rigettava le domande proposte dalla Reale Mutua Assicurazioni e dichiarava interamente compensate tra le parti le spese processuali.
La Corte d'Appello di Palermo con sentenza del 13 luglio 2004 in parziale accoglimento dell'appello proposto da Reale Mutua Assicurazioni, dichiarava quest'ultima liberata dagli obblighi scaturenti dalla polizza fideiussoria; confermava nel resto la sentenza impugnata e condannava l'Irfis al pagamento di un terzo delle spese, dichiarando compensati i restanti due terzi.
Propone ricorso per cassazione la Reale Mutua Assicurazioni s.p.a. con sei motivi.
Resiste con controricorso l'IRFIS - Mediocredito della Sicilia s.p.a..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si rileva, in primo luogo, la regolarità della costituzione del contraddittorio nel presente giudizio di cassazione, ritenuto che la notifica del ricorso al fallimento A.A. risulta regolarmente perfezionata, dal momento che l'impiegata dello studio del curatore Dott. C.A., si limitò a dichiarare che il predetto Dott. C. non si sarebbe più occupato del fallimento.
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c.; la Corte d'Appello non aveva tenuto conto degli argomenti e delle eccezioni delle parti senza fornire alcuna motivazione, appiattendosi su quanto deciso dal giudice di primo grado. In realtà, con il pagamento della fideiussione in favore della IRFIS, la Reale Mutua si era surrogata nella posizione del creditore beneficiario e quindi legittimamente aveva richiesto alle FF.SS. il pagamento delle fatture maturate nel periodo successivo: in particolare, si precisa che l'IRFIS, nel contestare il diritto della Reale Mutua di surrogarsi nei diritti del creditore beneficiario, avrebbe dovuto contestare la legittimità della escussione della polizza in quanto avvenuta senza il rispetto delle previsioni di cui all'art. 10, comma 2, delle condizioni generali di assicurazione. Su tale aspetto la Corte d'Appello aveva omesso di pronunziarsi.
Il motivo è inammissibile perchè non risulta soddisfatto il requisito dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, stabilito dall'art. 366 c.p.c., non essendo stato indicato nè il testo nè il contenuto di tale disposizione contrattuale. In ogni caso, la sentenza impugnata, sul punto, ha ampiamente motivato sulle ragioni che hanno portato ad escludere la sussistenza al diritto della Reale Mutua di surrogarsi nelle ragioni della beneficiaria.
Con il secondo motivo si denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1949, 1203, 1204 e 1263 c.c., nel senso che al fideiussore che abbia subito l'escussione della garanzia, spetta la surroga per il credito principale, con diritto di subingresso anche sulle altre forme di garanzia personale o reale, quali la cessione del credito.
Con il terzo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1204 c.c., con riguardo alla sentenza n. 916 del 1997, citata nella sentenza impugnata ed erroneamente interpretata dalla Corte d'Appello.
Il secondo e il terzo motivo debbono essere trattati congiuntamente, in quanto connessi tra loro.
Sul punto, tanto la sentenza del Tribunale, che quella della Corte d'Appello hanno ampiamente motivato sulla mancanza del vincolo della accessorietà tra contratto di appalto stipulato dalla impresa A. e FF.SS. e finanziamento concesso da IRFIS alla stessa impresa: con la conseguenza che il terzo nei confronti del quale era stata fatta valere la garanzia prestata a tutela del finanziamento, non poteva assumere la veste di garante della obbligazione già soddisfatta dal solvens.
Richiamando un importante precedente di questa Corte (Cass. 29 gennaio 1997 n. 916), si deve ribadire che la surrogazione del fideiussore nella posizione giuridica del creditore soddisfatto, al pari di qualsiasi altra ipotesi di surrogazione legale, da luogo, secondo l'opinione della più accreditata dottrina, ad una forma di successione a titolo particolare nel credito. Ne consegue che il credito non si estingue, ma si trasferisce in capo a colui che quel pagamento ha eseguito, secondo un meccanismo volto a tutelare la posizione di quest'ultimo in modo più diretto ed efficace di quanto non consenta la semplice attribuzione del diritto di regresso (inteso, quest'ultimo, come diritto di credito che sorge invece ex novo in favore del solvens), che pure compete al fideiussore a norma dell'art. 1950 c.c.. Tale fenomeno successorio, proprio in quanto limitato al singolo diritto di credito che precedentemente faceva capo al creditore principale, è destinato ad attrarre nella propria orbita anche le eventuali garanzie da cui quel diritto era originariamente assistito, secondo la regola stabilita dal già citato art. 1204 c.c, a tenore del quale la surrogazione "ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore". E questa norma rispecchia il medesimo principio cui si ispira, in tema di cessione negoziale del credito, l'art. 1263 c.c., il cui comma 2, è infatti espressamente richiamato dallo stesso art. 1204 c.c., a proposito della particolare disciplina del subentro nella garanzia pignoratizia. Ora è vero che, come sostiene la ricorrente, per l'operatività della disposizione da ultimo menzionata non occorre che colui il quale intenda surrogarsi in una garanzia accessoria inerente al credito soddisfatto sia stato egli stesso partecipe del rapporto dal quale quella garanzia ha tratto origine. Un simile requisito non pare infatti ricavabile nè dal testo letterale, nè dalla ragione ispiratrice della norma in esame. Quel che però davvero occorre è che possa configurarsi un nesso di accessorietà tra il credito soddisfatto ed il rapporto dal quale trae origine la garanzia che il solvens vorrebbe ora volgere a proprio favore: tale per cui il terzo contro il quale tale garanzia venga fatta valere possa appunto essere definito, a propria volta, un garante dell'obbligazione in precedenza soddisfatta dal solvens.
Proprio questo aspetto difetta, invece, nella particolare fattispecie sottoposta all'esame di questa Corte, quale riferita nell'impugnata sentenza nonchè, in termini sostanzialmente coincidenti, sia nel ricorso che nel controricorso. La circostanza che la impresa A. (debitrice principale) avesse ceduto a scopo di garanzia a IRFIS (creditrice, poi soddisfatta dal fideiussore Reale Mutua) il credito che essa a propria volta vantava, per il corrispettivo dell'appalto, nei confronti della committente Ferrovie dello Stato, non vale a rendere questo secondo rapporto un semplice accessorio del primo, nè consente di attribuire a detta committente, debitrice in base all'appalto, la qualifica di garante delle obbligazioni ex finanziamento della impresa A. verso l'IRFIS. Non è in discussione il fatto che un credito possa essere ceduto a scopo di garanzia dell'adempimento di una diversa obbligazione del cedente verso il cessionario. E può convenirsi che ciò comporta l'instaurarsi di un collegamento tra il debito garantito e quello che forma oggetto della cessione, consistendo proprio in tale collegamento il modo in cui le parti tendono a realizzare lo scopo di garanzia e perciò, in definitiva, la ragion d'essere, in simili casi, del negozio di cessione. Ma questo non consente affatto di accostare - e tanto meno di assimilare agli effetti giuridici - la posizione del debitore ceduto a quella di fideiussore dell'obbligazione a garanzia della quale la cessione dei credito è avvenuta. Al contrario, ciò che caratterizza la cessione del credito è proprio che il debitore ceduto diviene, sì, obbligato nei confronti del cessionario, in luogo che verso il cedente, ma pur sempre in via principale e pur sempre in forza del medesimo rapporto che lo legava al cedente; ed, infatti, egli può opporre al cessionario le eventuali eccezioni inerenti a quest'ultimo rapporto, mentre si mantiene del tutto estraneo alle vicende del diverso rapporto obbligatorio a garanzia del quale la cessione è intervenuta. Lungi dall'essere un'obbligazione di garanzia, la sua resta, quindi, un'obbligazione dipendente dalla stessa matrice causale per cui era originariamente sorta.
Non è dunque possibile ravvisare, nel debitore del credito ceduto a scopo di garanzia, uno di quei "terzi che hanno prestato garanzia", ai quali si riferisce il citato art. 1204 c.c.. Di conseguenza, deve escludersi che nella titolarità di tale credito possa subentrare per surrogazione colui il quale, essendovi tenuto in forza di un distinto rapporto fideiussorio, abbia soddisfatto il credito garantito.
Con il quarto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. e segg., e la omessa pronunzia su un punto essenziale della controversia. La Corte d'Appello aveva erroneamente ritenuto che non sussistesse alcun vicolo di accessorità tra i rapporti dedotti (restituzione del finanziamento concesso da IRFIS, credito ceduto (il corrispettivo del contratto di appalto) e lo stesso rapporto si appalto tra ditta A. e FF.SS. Dal tenore degli accordi intervenuti, era evidente la connessione tra i rapporti indicati, nel senso che tanto la cessione del credito che la polizza fideiussoria erano funzionalmente finalizzate a garantire l'adempimento del finanziamento concesso alla ditta appaltatrice. Di tale aspetto non vi è alcun approfondimento nella sentenza impugnata.
In tema di interpretazione del contratto ed ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, con la conseguente preclusione del ricorso ad altri criteri interpretativi, quando la comune volontà delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate e sia talmente chiara da precludere la ricerca di una volontà diversa; il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va poi verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale e le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al rispettivo coordinamento a norma dell'art. 1363 c.c., e con riguardo a tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni parte e parola che la compone, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (in tal senso: Cass. 28 agosto 2007 n. 18180).
Sul punto, la chiara ed inequivoca interpretazione letterale delle disposizioni contrattuali sopra richiamate, porta ad escludere la possibilità di ricorrere a criteri d'altro tipo e di carattere sussidiario, dovendosi ritenere che l'individuazione della comune volontà delle parti, nel senso prospettato dalla ricorrente, non può avere effetti proprio perchè non ha trovato in concreto alcuna manifestazione nella realtà contrattuale. Tale valutazione complessiva risulta chiaramente espressa nella motivazione della sentenza impugnata, pur senza soffermarsi su tutti i singoli punti trattati nel ricorso.
Con il quinto motivo si denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1371 c.c., con riferimento a clausole della polizza fideiussoria, nonchè l'omessa pronunzia su un punto decisivo della controversia. Le clausole contrattuali erano chiaramente volte a consentire alla Reale Mutua di surrogarsi nella posizione dell'IRFIS anche nei confronti delle FF.SS. In particolare, gli artt. 10 e 11 delle condizioni generali prevedevano espressamente tali eventualità e quindi la surroga della Reale Mutua nei confronti sia della ditta finanziata, sia di eventuali responsabili o terzi in qualsiasi modo obbligati.
Con il sesto motivo si denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1201 c.c., e dell'art. 1362 c.c. e segg., nonchè l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto si sarebbe prevista in via contrattuale il meccanismo della surroga.
Gli ultimi due motivi sono infondati per le stesse ragioni sopra tratte.
Il ricorso merita quindi il rigetto.
Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 4.000,00, per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2008.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2008

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