La norma cardine relativa ai diritti della personalità è quella di cui all'art. 2 della Cost. a mente del quale: " La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità".
Peraltro la norma rientra, secondo la giurisprudenza della Consulta, tra i principi supremi dell'ordinamento con la conseguenza di non poter essere modificata neppure con il procedimento di revisione costituzionale.
Una delle principali questioni dibattute in ordine ai diritti della personalità è se essi, riconosciuti come inviolabili dalla Costituzione, siano solo quelli esplicitamente previsti dal Legislatore o se la norma di cui all'art. 2 della Cost. sia, di per sè, fonte di riconoscimento e tutela dei diritti della personalità, con la conseguenza di lasciare alla magistratura ordinaria il compito di enucleare le singole fattispecie (si pensi ai diritti alla riservatezza ed all'identità personale).
Ha prevalso la teoria monistica che riconduce tutti i diritti della personalità all'art. 2 della Cost. lasciando, poi, al Legislatore o alla Magistratura il compito di individuare le singole fattispecie da ricondurre al predetto articolo.
La Costituzione riconosce il carattere di inviolabilità dei diritti della personalità, sia nei confronti della pubblica autorità (nell'esercizio della funzione legislativa, esecutiva o giudiziaria) sia nei confronti degli altri uomini.
Tra gli ulteriori caratteri distintivi dei diritti della personalità vi sono: l'indisponibilità e l'imprescrittibilità.
Discorso a parte, poi, merita la diversa questione del contemperamento di diversi diritti della personalità che la giurisprudenza ha risolto, di volta in volta, con la comparazione degli interessi in conflitto.
Tipica, a quest'ultimo riguardo, è la tematica del contemperamento tra il diritto all'onore o all'identità personale ed il diritto di cronaca. Per la Suprema Corte la prevalenza del diritto di cronaca sussiste solo laddove siano rispettati i criteri della: verità, continenza ed interesse sociale della notizia, laddove la continenza attiene alla forma civile dell'esposizione dei fatti e della loro valutazione improntata all'obiettività con l'esclusione di ogni intento diffamatorio.
Peraltro la norma rientra, secondo la giurisprudenza della Consulta, tra i principi supremi dell'ordinamento con la conseguenza di non poter essere modificata neppure con il procedimento di revisione costituzionale.
Una delle principali questioni dibattute in ordine ai diritti della personalità è se essi, riconosciuti come inviolabili dalla Costituzione, siano solo quelli esplicitamente previsti dal Legislatore o se la norma di cui all'art. 2 della Cost. sia, di per sè, fonte di riconoscimento e tutela dei diritti della personalità, con la conseguenza di lasciare alla magistratura ordinaria il compito di enucleare le singole fattispecie (si pensi ai diritti alla riservatezza ed all'identità personale).
Ha prevalso la teoria monistica che riconduce tutti i diritti della personalità all'art. 2 della Cost. lasciando, poi, al Legislatore o alla Magistratura il compito di individuare le singole fattispecie da ricondurre al predetto articolo.
La Costituzione riconosce il carattere di inviolabilità dei diritti della personalità, sia nei confronti della pubblica autorità (nell'esercizio della funzione legislativa, esecutiva o giudiziaria) sia nei confronti degli altri uomini.
Tra gli ulteriori caratteri distintivi dei diritti della personalità vi sono: l'indisponibilità e l'imprescrittibilità.
Discorso a parte, poi, merita la diversa questione del contemperamento di diversi diritti della personalità che la giurisprudenza ha risolto, di volta in volta, con la comparazione degli interessi in conflitto.
Tipica, a quest'ultimo riguardo, è la tematica del contemperamento tra il diritto all'onore o all'identità personale ed il diritto di cronaca. Per la Suprema Corte la prevalenza del diritto di cronaca sussiste solo laddove siano rispettati i criteri della: verità, continenza ed interesse sociale della notizia, laddove la continenza attiene alla forma civile dell'esposizione dei fatti e della loro valutazione improntata all'obiettività con l'esclusione di ogni intento diffamatorio.