La disciplina dell'usucapione, eredità e servitù

 

L'usucapione è un modo d'acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento a titolo originario che si realizza attraverso il possesso continuato di un bene mobile, mobile registrato, di un'universalità di beni mobili o di un immobile per un determinato lasso temporale.

Il possesso del bene deve essere inequivoco e non essere affetto da vizi; non deve, cioè, essere esercitato con violenza o clandestinamente, ove, invece, il possesso sia stato acquistato con violenza o clandestinamente esso non è idoneo ad usucapire se non dal momento in cui lo stato di clandestinità o la violenza sono cessati; non è peraltro rilevante l'effettiva conoscenza della nuova situazione possessoria da parte del titolare del diritto usucapito giacchè è sufficiente che il possesso sia esercitato pubblicamente. D'altronde lo stesso possesso valido ai fini dell'usucapione è interrotto dall'eficace esperimento dell'azione di reintegrazione entro l'anno dal sofferto spoglio. Con riferimento al requisito della non equivocità del possesso, particolare incidenza la valutazione di tale presupposto riveste nell'ambito di fattispecie acquisitive di diritti comuni in quanto deve risultare la volontà di escludere dal godimento del bene gli altri comunisti. L'altrui tolleranza, in tal senso, è elemento che impedisce di qualificare la situazione come possessoria e che, conseguentemente, esclude la giuridica ammissibilità di un acquisto a titolo originario per usucapione.

Sotto il profilo dell'oggetto dell'usucapione, come accennato, essa può riguardare la proprietà o altro diritto reale di godimento su un bene mobile, mobile registrato, di un'universalità di beni mobili o di un immobile.

Si è posta in giurisprudenza ed in dottrina la questione dell'usucapione delle servitù. Si deve, al riguardo distinguere, l'usucapione della servitù apparente, l'usucapione della servitù non apparente, l'usucapione della servitù discontinua e l'usucapione della servitù negativa.

Per quanto concerne l'usucapione delle servitù non apparenti, delle servitù, cioè, che non constino di opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, l'art. 1061 c.c. la esclude espressamente (l'esclusione ben si comprende ove si ponga attenzione al fatto che il possesso idoneo ad usucapire deve essere non equivoco e esercitato pubblicamente).

Per quanto riguarda l'acquisto per usucapione delle servitù apparenti, deve rilevarsi come le opere destinate al loro esercizio debbono sussistere durante tutto il corso dell'usucapione.

Secondo la giurisprudenza, è ammessibile l'acquisto per usucapione delle servitù discontinue apparenti; delle servitù, cioè, che si esercitano ad intervalli di tempo e non continuativamente.

E' da escludersi, infine, l'acquisto per usucapione della servitù negativa apparente o non apparente in quanto difetta l'elemento possessorio in capo al proprietario del fondo dominante; al riguardo deve, tuttavia, rimarcarsi che, secondo parte della dottrina, una situazione possessoria sarebbe riferibile anche a tali diritti mediante l'espressa volontà di coartare la libertà di godimento del titolare del ondo dominante.

In giurisprudenza si è posto, altresì, il problema dell'acquisto per usucapione dei beni dell'eredità. Il possesso valido ai fini dell'usucapione dell’eredità spetta al chiamato all’eredità, ex art. 460 c.c. senza la necessità della materiale apprensione e, nel caso in cui vi sia una pluralità di chiamati all’eredità, con l’apertura della successione si verifica una situazione di compossesso che abilita ciascun chiamato all’esercizio delle eventuali azioni possessorie da esercitarsi anche a carico di uno dei coeredi qualora impedisca agli altri di partecipare al godimento di un cespite (si veda Cassazione civile , sez. II, 28 gennaio 2005 , n. 1741). Ne consegue che, ove uno dei coeredi chiamati, intenda far valere l'usucapione su un bene dell'eredità, dovrà fornire la prova dell'estensione del possesso medesimo in termini di esclusività (o mediante atti di interversione del possesso). A tale fine, non è sufficiente che gli altri partecipanti si siano astenuti dall'uso della cosa, occorrendo altresì che il coerede ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, cosi evidenziando una inequivoca volontà di possedere "uti dominus" (così Cassazione civile , sez. II, 20 agosto 2002 , n. 12260).

Come analiticamente esaminato nell'articolo che tratta dei termini necessari per usucapire, essi variano a seconda della caratterizzazione psicologica del possesso, se di buona fede o di mala fede, e a seconda della sussistenza di un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà o altro diritto reale (con l'eccezione dei fondi rustici ed annessi fabbricati per i quali è prevista l'usucapione abbreviata della sola proprietà) sul bene oggetto della situazione possessoria.

La disciplina dell'usucapione è mutuata da quella della prescrizione nei limiti della compatibilità ai sensi dell'art. 1165c.c. a mente del quale: "le disposizioni generali sulla prescrizione, quelle relative alle cause di sospensione e d'interruzione e al computo dei termini, si osservano, in quanto applicabili rispetto all'usucapione".

Con riferimento agli atti interruttivi della prescrizione, occorre evidenziare come, in particolare, non siano idonei ad interrompere l'usucapione dei semplici atti di messa in mora essendo la situazione possessoria esercitabile nolente domino; è, dunque, necessario alternativamente che la situazione possessoria sia interrotta mediante uno spoglio (salvo l'esperimento, da parte del possessore spogliato, dell'azione di reintegrazione) ovvero che essa sia esclusa da un esplicito atto di riconoscimento dell'altruità del diritto (tale non sarebbe la manifestazione di uno stato di dubbio). Sono, poi, idonee, ove esperite vittoriosamente, ad interrompere il possesso valido ai fini dell'usucapione, le azioni di rivendica e/o restituzione.

La rinuncia alla prescrizione, secondo taluni, sarebbe istituto trasponibile nell'ambito dell'usucapione dove, tuttavia, si atteggerebbe in termini diversi; mentre la rinuncia alla prescrizione in nulla inciderebbe sul diritto esplicando i propri effetti esclusivamente sul piano processuale, la rinuncia all'usucapione (che, in tale prospettiva, richiederebbe la forma di cui all'art. 1350 cc), avrebbe effetto abdicativo traslativo del diritto.

 Con riferimento alle cause di sospensione della prescrizione, l'applicabilità di quelle relative alle condizioni personali delle parti di cui all'art. 2942 cc è espressamente esclusa con riferimento all'usucapione ventennale così come escluse sono le cause di sospensione derivanti da termini o condizioni che influiscano sulla possibilità di esercitare il diritto da parte del titolare usucapito (della proprietà o di altro diritto reale limitato).

Problematiche di raccordo si pongono tra la disciplina dell'usucapione e quella dell'estinzione dei diritti reali minori insistenti sul bene usucapito in quanto questi si estinguono per non uso proptratto per venti anni mentre l'usucapione abbreviata può verificarsi in un tempo minore; si parla, in tale ipotesi, di usucapio libertatis e la sua giuridica configurabilità, sostenuta da parte della dottrina è, invece, esclusa dalla giurisprudenza.

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